N. 867 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 luglio 1998
N. 867 Ordinanza emessa il 7 luglio 1998 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Perugia nel procedimento penale a carico di Mimouni Chokry Processo penale - Procedimento per la convalida dell'arresto davanti al tribunale - Necessaria presenza all'udienza di "un rappresentante della polizia giudiziaria che ha partecipato alle operazioni di arresto" - Mancata previsione - Incidenza sul convincimento del giudice, posta la preclusione di poter chiedere agli organi di polizia giudiziaria chiarimenti sui fatti - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto nell'analogo procedimento davanti al pretore (art. 566 c.p.p.) - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio di buon andamento degli uffici giudiziari. (C.P.P. 1988, art. 391). (Cost., artt. 3, 24 e 97).(GU n.49 del 9-12-1998 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza dichiarativa di non manifesta infondatezza di eccezione d'incostituzionalita'. Visti gli atti relativi al procedimento penale r.g.i.p. n. 98/1341 r.g.n.r. n. 98/1599 a carico di Mimouni Chokry nato il 30 giugno 1970 a Wajdia (Marocco), sedicente e di altro per il delitto di cui agli artt. 110 c.p. e 73 d.P.R. n. 309/1990. Letta la richiesta di convalida dell'arresto del predetto e l'ulteriore richiesta di irrogazione della custodia cautelare in carcere. R i l e v a Nel presente procedimento di convalida di arresto, operato nella flagranza del delitto suindicato, l'indagato negava di aver detenuto la sostanza (gr. 11 circa di eroina) che a suo dire era in possesso dell'altro coindagato e negava, pertanto, di essersene, quindi, liberato (cosa che era stata compiuta dall'altro soggetto) mentre veniva inseguito dai Carabinieri. Questi ultimi, viceversa, in sede di verbale di arresto dei due indagati, e negli ulteriori atti in fascicolo, evidenziavano come fosse stato proprio il Mimouni Chokry a disfarsi della sostanza e non l'altro arrestato. Tale circostanza, come narrata dai Carabinieri, veniva negata pero' anche dall'altro arrestato, che escludeva ogni coinvolgimento del Mimouni nel fatto in questione, sostenendo di essere l'unico detentore della sostanza e di essersene lui sbarazzato alla vista dei Carabinieri. Ad avviso di questo g.i.p., come in analoghi altri casi, lo scrivente si trova dinanzi al dilemma di dover discernere fra due tesi opposte e contrastanti, entrambe credibili (anche in relazione alle circostanze di tempo e luogo in cui il fatto si e' svolto - piena notte -) in relazione al loro contenuto, dovendo accedere all'una o all'altra senza poter in alcun modo compiere un minimo di attivita' d'indagine, o, meglio, di verifica dei fatti che, da un lato provengono da atti della polizia giudiziaria (e, quindi, muniti di un contenuto di, quanto meno, presunta obbiettivita'), e dall'altro dall'arrestato il cui interrogatorio e' previsto proprio al fine di potersi difendere e opporsi al provvedimento di convalida ed eventuale irrogazione di misura cautelare. Dinanzi a situazioni analoghe alla presente il g.i.p., una volta esclusa la palese, o comunque, rilevante insostenibilita' della tesi difensiva o accusatoria, se escludesse ogni credibilita' circa quanto affermato dall'arrestato poiche' lo stesso "non puo' far prova a proprio favore" trasformerebbe l'interrogatorio dell'arrestato in un adempimento del tutto inutile e prettamente formale, viceversa, vanificherebbe in radice l'operato della polizia giudiziaria rilevando, come anche in numerosi altri casi, che l'arrestato ha fornito concludenti dichiarazioni escludenti la propria responsabilita' e negando la fondatezza dell'arresto. Al fine di evitare tale "impasse" l'ordinamento, in ipotesi analoga, ma processualmente riferita ad altro tipo di procedimento, ha previsto un incombente quanto mai opportuno, consistente nell'audizione dell'agente o ufficiale di polizia giudiziaria che relaziona, verbalmente, ed in presenza delle parti e del difensore, circa l'arresto operato. Tale adempimento, proprio del rito di convalida pretorile (art. 566 c.p.p.), consente al pretore di chiedere chiarimenti circa i fatti e di poter instaurare un minimo di contraddittorio su circostanze dubbie o incerte, cosi' da potersi formare, immediatamente, un convincimento sui fatti, sia pure limitati a tale fase procedimentale e da rivalutare in sede dibattimentale. Per contro tutto cio' e' precluso al g.i.p. che dalla lettura di atti vergati dalla polizia giudiziaria e da parte del p.m. che ad essi si rifa' e dalle, come nella specie, contrapposte affermazioni dell'arrestato, deve prima decidere sulla convalida dell'arresto e poi, come anche in questo caso, sulla richiesta di irrogazione di misura cautelare in carcere, o altra misura. E' palese che tale modo di procedere impedisce un serio e convinto giudizio sulla realta' dei fatti poiche', se si deve tener fermo quanto affermato dalla p.g., salvo ipotesi di manifesta incongruenza dei fatti che, come detto in questa sede non si ravvisa, l'interrogatorio dell'arrestato non ha alcun senso e, sostanzialmente, lungi dall'essere momento serio difensivo resta un mero orpello di "garantismo formale". Per contro, assegnando ad esso un valore in mancanza di replica contraria, si svuota di applicazione l'istituto della convalida dell'arresto in flagranza e, sovente, come nella specie, l'applicabilita' stessa di una misura cautelare nell'immediatezza del fatto. Ad avviso dello scrivente, pertanto, la formulazione dell'art. 391 c.p.p., laddove non prevede la necessaria presenza di un rappresentante della polizia giudiziaria che ha partecipato alle operazioni di arresto e con diretta cognizione dei fatti o, comunque, non consente al g.i.p. procedente di chiedere l'intervento del predetto per essere sentito, anche a chiarimento dei fatti, preclude al giudice di formarsi un convincimento serio sia sulla richiesta di convalida che sulla, come nella specie, istanza di misura cautelare contestualmente avanzata. Tale convincimento non puo', sempre nella specie, come in casi analoghi, essere raggiunto diversamente dal momento che lo stesso p.m., la cui presenza non e' richiesta, ne' e' presente, non ha - comunque - una cognizione piu' ampia dei fatti. Tenuto, quindi conto di quanto osservato sin qui, lo scrivente ravvisa che il menzionato art. 391 c.p.p. si pone in contrasto con i precetti costituzionali in tema di: uguaglianza (art. 3 della Costituzione) in quanto discrimina fra cittadini (ed in genere i soggetti che non possono in tema di liberta' personale essere distinti in relazione a detto status) a seconda che gli stessi siano arrestati per reati di pretura o tribunale; difesa (art. 24 della Costituzione) poiche' l'arrestato/indagato si trova nella sostanziale impossibilita' di controbattere a quanto risulta in atti in un momento determinante per la propria liberta' personale (come detto, infatti, alla richiesta di convalida segue, anche in questo caso la richiesta di misura cautelare che va valutata sulla base dei medesimi riscontri); buon andamento degli uffici (art. 97 della Costituzione) poiche' si preclude il principale fine dell'attivita' del giudice che e' quello di compiere quanto necessario per raggiungere un serio e maturato convincimento, nonche' agli organi di polizia di fornire a chiarimento di un'attivita' legittima spiegazioni dinanzi a contestazioni o, magari, mere scritturazioni non perfettamente chiare e comprensibili. Infine, ma non meno rilevante si viola l'ulteriore principio generale di: ragionevolezza poiche' non si comprende una diversita' di disciplina fra il rito pretorile e quello di cui all'art. 391 c.p.p. dinanzi a provvedimenti analoghi (convalida) con l'ulteriore aggravante collegata alla circostanza che, mentre dinanzi al pretore il dibattimento viene (di regola) subito celebrato, dinanzi a g.i.p., all'esito dell'arresto e della irrogazione di misura cautelare, il dibattimento segue a lunga distanza.
P. Q. M. Ritenuta la pertinenza e rilevanza delle questioni indicate e la loro non manifesta infondatezza; Solleva per violazione degli artt. 24 e 97 della Costituzione questione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 391 c.p.p. nel punto in cui non impone, ne' consente la necessaria presenza di un rappresentante della polizia giudiziaria che ha partecipato alle operazioni di arresto e con diretta cognizione dei fatti o, comunque, non consente al g.i.p. procedente di chiedere l'intervento del predetto per essere sentito, anche a chiarimento dei fatti, preclude al giudice di formarsi un convincimento serio sia sulla richiesta di convalida che sulla, come nella specie, istanza di misura cautelare contestualmente avanzata; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Dispone inoltre che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento; Manda la Cancelleria per gli ulteriori incombenti. Perugia, addi' 7 luglio 1998 Il giudice per le indagini preliminari: Petrazzini 98C1318