N. 872 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 agosto 1998

                                N. 872
  Ordinanza emessa il 3 agosto  1998  dal  tribunale  di  Vicenza  nel
 procedimento  civile  vertente  tra Belluzzo S.r.l. e H.B. S.r.l., in
 liquidazione volontaria e in concordato preventivo
 Privilegio - Privilegio generale sui mobili - Riconoscimento a favore
    delle provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia, con esclusivo
    riguardo,  secondo  il  diritto  vivente, alla natura e al tipo di
    obbligazione derivante da un  rapporto  di  agenzia,  da  chiunque
    instaurato  -  Mancata previsione, invece, circa il riconoscimento
    del privilegio alle provvigioni dovute all'agente - Disparita'  di
    trattamento  tra  agente  che  opera  sotto  forma  di societa' di
    capitali e "tutti gli altri imprenditori che non godono  di  alcun
    privilegio"  - Lesione del principio di eguaglianza - Richiamo, in
    particolare, alle sentenze della Corte costituzionale nn.  55/1996
    e 1/1998.
 ((C.C. artt. 2751-bis, n. 3 e 2777, lett. b)).
 (Cost., art. 3).
(GU n.49 del 9-12-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di appello
 iscritta a ruolo al  n.  1819  r.g.  1996  e  promossa  con  atto  di
 citazione  di  appello  da  Belluzzo  S.r.l,  in  persona  del legale
 rappresentante   pro-tempore   Giampaolo   Belluzzo,    elettivamente
 domiciliato   presso   lo   studio  dell'avv.  M.  Fiorella,  che  la
 rappresenta e difende in causa unitamente all'avv.to  G.  Fasano,  in
 forza   di  mandato  a  margine  dell'atto  di  citazione  d'appello,
 appellante;
   Contro H.B. S.r.l., in  liquidazione  volontaria,  in  persona  del
 liquidatore   dott.   Igino  Rapino  e  H.B.  S.r.l.,  in  concordato
 preventivo, in  persona  del  commissario  liquidatore  dott.  Renato
 Meneghini   ambedue   elettivamente   domiciliate  presso  lo  studio
 dell'avv. P. De Luca, che le rappresenta e difende in causa, in forza
 di mandato a margine  della  comparsa  di  costituzione  in  appello,
 appellate.
    Premesso:
    che  la  Belluzzo  S.r.l.,  ha  proposto avanti a questo tribunale
 appello avverso la sentenza n. 385 emessa dal v.p.o.  di  Vicenza  in
 data  14  luglio  1997  lamentando, tra l'altro, che il primo giudice
 aveva erroneamente negata la natura privilegiata del  credito  (e  la
 debenza   dei  relativi  interessi)  per  provvigioni  derivanti  dal
 rapporto di agenzia intercorso con la  H.B.  S.r.l.,  attualmente  in
 concordato preventivo con cessione dei beni omologato;
     che,  secondo  l'appellante,  tale  decisione,  motivata  con  la
 considerazione  che  l'attivita'  era  stata  svolta  da  un   agente
 costituito  in forma di societa' di capitali, era in contrasto con la
 giurisprudenza della suprema Corte;
     che non vi e' dubbio che l'interpretazione  costante  della  S.C.
 e'  nel  senso  indicato  dall'appellante  in  quanto in tutti i suoi
 interventi, dal 1986, la S.C. ha affermato che l'art. 2751-bis  n.  3
 del  codice  civile,  nel testo fissato dalla legge 25 luglio 1975 n.
 426,  allorche'  accorda  il  privilegio  generale  sui  mobili  alle
 provvigioni  e  indennita'  derivanti  dal rapporto di agenzia, trova
 applicazione indipendentemente dal fatto che l'agente  creditore  sia
 una  persona  fisica  o  una  societa',  tenuto conto che la norma, a
 differenza delle altre disposizioni contenute nel medesimo  articolo,
 non contiene alcupa specificazione sui soggetti titolari del credito,
 facendo  esclusivo  riferimento  al  rapporto  di  agenzia  cui  esso
 consegue (Cass. 10 gennaio 1986, n.  75,  in  fallimento  1986,  743;
 Cass.  5  settembre  1992,  n.  10241, ivi, 1993, 68; Cass. 20 luglio
 1992,  n.  8756,  ivi,  1993, 140; Cass.   7 agosto 1996, n. 7257, in
 Mass. giur. lav. 1997, 155);
     che il tribunale, con sentenza di  pari  data,  ha  deciso  sugli
 altri   motivi   di   impugnazione,  e,  preso  atto  della  costante
 giurisprudenza della suprema Corte nel  senso  sopra  richiamato,  ha
 ritenuto   non   manifestamente   infondato   il  dubbio  che  questa
 interpretazione sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per
 cui si e' riservato di contestualmente sollevare d'ufficio  questione
 di  legittimita'  costituzionale dell'art.  2751-bis, n. 3 del codice
 civile,   con   separata   ordinanza   di   rimessione   alla   Corte
 costituzionale,  ed  ha  sospeso  il  giudizio  sul punto e su quelli
 strettamente da esso dipendenti;
     che il tribunale e' ben a conoscenza che la  questione  e'  stata
 gia'  proposta  a questa Corte ed e' stata ritenuta inammissibile con
 decisione  27  febbraio   1996,   n.   55,   in   conseguenza   della
 prospettazione contenuta nel provvedimento di remissione, con cui era
 stata  invocata  una  pronuncia  additiva  per delimitare il campo di
 applicazione del privilegio di cui all'art. 2751-bis, n. 3 del Codice
 civile ai soli agenti persone fisiche o  societa'  di  persone  nelle
 quali  l'attivita'  lavorativa sia direttamente svolta dal socio e il
 lavoro sia preminente sul capitale;
     che, con la presente  ordinanza,  il  tribunale  non  chiede  una
 pronuncia  additiva  sulla  base di un modello normativo dell'agente,
 diverso da quello prescelto dal legislatore in tema di riconoscimento
 del privilegio, tra i tanti modelli adottati in  relazione  ad  altre
 fattispecie,  ma  chiede  di  verificare,  se sia conforme al dettato
 costituzionale la disposizione del n.  3,  dell'art.  2751-bis    del
 codice  civile,  nella  parte  in  cui attribuisce il privilegio alle
 provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia e non alle  provvigioni
 dovute  all'agente,  in  modo  da  consentire, poi, all'interprete di
 individuare i limiti entro  cui  tale  soggetto  possa  godere  della
 prelazione;
     che  la questione cosi' prospettata si collega al diritto vivente
 derivante dalla costante  interpretazione  della  Cassazione  per  il
 fatto  che  questa  si fonda sulla esclusiva considerazione della non
 equivoca formulazione letterale dell'art. 2751-bis, n. 3  del  codice
 civile  secondo cui il privilegio di cui si parla e' riconosciuto non
 a favore di determinati soggetti, da discriminare a seconda che siano
 persone fisiche o giuridiche, come negli altri  numeri  della  stessa
 norma,   ma   con  esclusivo  riguardo  alla  natura  e  al  tipo  di
 obbligazione  derivante  da  un  rapporto  di  agenzia  da   chiunque
 instaurato (cui poi vengono aggiunte altre considerazioni di contorno
 a sostegno);
     che  contro  questa  considerazione  si  sono  infrante  tutte le
 diverse interpretazioni della norma codicistica tentate  dai  giudici
 di  merito  (tra  cui  il  tribunale  di  Vicenza  con le sentenze 10
 novembre 1987 e 3 giugno 1993, in fallimento 1988, 497 e 1993,  1166)
 e  dalla  dottrina,  per cui e' parso utile al collegio non insistere
 nel suo precedente orientamento, e, sebbene non  del  tutto  convinto
 della  bonta'  dell'interpretazione  della  Corte,  si e' adeguata al
 diritto vivente che viene posto a base della  presente  richiesta  di
 verifica costituzionale;
     che,  pertanto,  la  sollevata questione non e' volta ad ottenere
 dalla Corte costituzionale (attribuendole un ruolo  impugnatorio  che
 non  le  e'  proprio)  una  revisione  di quella interpretazione, ma,
 assunta l'interpretazione medesima in termini di  "diritto  vivente",
 se  ne  chiede  la  verifica  di  compatibilita'  con  dati parametri
 costituzionali, o meglio si chiede la verifica della norma  che  tale
 interpretazione, divenuta costante e diritto vivente, consente.
   Tutto  cio'  premesso  e ricordato che, per costante giurisprudenza
 della Corte costituzionale, e' possibile  sindacare,  all'interno  di
 una  specifica  norma attributiva di un privilegio, la ragionevolezza
 della inclusione o della mancata  inclusione  di  un  privilegio,  la
 disposizione  di  cui  all'art. 2751-bis, n. 3, c.c. e la conseguente
 interpretazione della Cassazione contrastano, a parere del  collegio,
 con l'art. 3 della Carta costituzionale perche' non vi e' coincidenza
 tra la disposizione in esame e quelle contenute nella stessa norma in
 cui la prima e' inserita, giacche' in tutte le altre ipotesi elencate
 dall'art.  2751-bis  la  disciplina  e'  dettata  con  riferimento ai
 soggetti titolari dei vari crediti, mentre solo per  il  rapporto  di
 agenzia  il  riferimento  inequivoco  e'  al tipo di credito, esclusa
 qualsiasi considerazione del soggetto che ne sia titolare.
   Tanto rileva sotto  il  profilo  costituzionale  perche'  le  norme
 collocate  in  uno  stesso  articolo  del  codice  sono ordinatamente
 disposte in modo da costituire  un  insieme  coerente  nel  quale  la
 prevista   uniformita'   di   regolamentazione  riguardi  fattispecie
 omogenee, ricollegabili fra loro in  ragione  della  presenza  di  un
 comune  denominatore che caratterizza in modo peculiare, piu' di ogni
 altro, le stesse fattispecie, giustificandone  il  raggruppamento  in
 uno  stesso articolo; sicche' se una delle fattispecie regolata dalla
 medesima norma e' estranea alla finalita' comune perseguita, si  crea
 una   disomogeneita'  che  assume  particolare  rilievo  in  tema  di
 privilegi,  perche'  la  rilevanza   riconosciuta   dalla   legge   a
 determinati  crediti  esclusivamente  in  base alla loro causa, e non
 gia' al tempo o all'oggetto della garanzia,  comporta  che  anche  la
 priorita'  di  un  privilegio rispetto all'altro e' determinata dalla
 legge, in  ragione  della  meritevolezza  della  tutela  che  intende
 accordare.
   Di  conseguenza,  se  si accerta che la causa del privilegio di cui
 all'art 2751-bis, n. 3, c.c. e' disomogenea rispetto a  quelle  degli
 altri  privilegi  contenuti  nella  stessa  norma,  vuol  dire che il
 legislatore ha apprestato la stessa tutela  a  crediti  aventi  cause
 diverse,  in  quanto  tutti i privilegi di cui all'art. 2751-bis c.c.
 sono collocati dall'art. 2777 c.c. prima di tutti gli  altri  e  dopo
 soltanto  quello  per spese di giustizia; in particolare l'art. 2777,
 lett. b), c.c., pone sullo stesso piano della graduatoria i privilegi
 di cui ai nn.  2 e 3, dell'art. 2751-bis c.c., per cui, quanto  meno,
 tra  le  due  ipotesi  regolate  dai  citati numeri deve esistere una
 uniforme ragione giustificativa,  altrimenti  si  impone  il  ricorso
 all'intervento riequilibratore della Corte costituzionale.
   Orbene,  la finalita' della norma di cui alI'art. 2751-bis c.c.  si
 spiega, secondo l'opinione piu' diffusa in dottrina e giurisprudenza,
 con "l'intento di attuare nella fase di realizzazione dei crediti, il
 principio costituzionale della tutela del lavoro in tutte le forme ed
 applicazioni  mediante  l'attribuzione  di  un  privilegio  di  grado
 eminente  non  solo  ai  crediti  di lavoro subordinato, ma a tutti i
 crediti che, derivando da prestazioni di attivtta' lavorative,  hanno
 in  comune  la  funzione  di  procurare  al  lavoratore  i  mezzi  di
 sostentamento per se' e per la sua famiglia" (cosi' in dottrina).
   Se si passa, infatti, all'esame della natura dei crediti -  diversi
 da quello dell'agente - tutelati dall'art. 2571-bis ci si accorge che
 essi  sono  tutti  riferiti  a  prestazioni  di lavoro, subordinato o
 autonomo,  eseguite  personalmente  dal  titolare  del   diritto;   e
 significativo  e' il manifesto preponderante rilievo attribuito dalla
 norma ai crediti del prestatore di lavoro subordinato, i  quali  sono
 collocati  al  primo  posto nell'ordine dei privilegi, immediatamente
 dopo le spese di giustizia, e ai professionisti, che per  definizione
 non  possono  che  svolgere  la  loro attivita' personalmente (almeno
 finora).  Tant'e'  che  la  stessa  Cassazione  non  attribuisce   il
 privilegio  del  prestatore  d'opera  intellettuale  al  credito  per
 retribuzione delle societa' di revisione contabile "atteso  che  tale
 norma  (quella  di  cui  al  n.    2,  dell'art.  2751-bis  c.c.)  fa
 riferimento  esclusivo  alla  retribuzione  del   professionista   (o
 prestatore     d'opera     intellettuale)     individuale    e    che
 un'interpretazione estensiva di essa, a  favore  delle  societa'  che
 svolgono   attivita'   oggettivamente   identiche   a   quelle  delle
 professioni intellettuali protette (revisione  e  certificazione  dei
 bilanci),  non  puo'  aver  luogo in considerazione della confusione,
 nell'ambito societario, tra la remunerazione  del  capitale  e  della
 retribuzione del lavoro" (Cass. 14 aprile 1992, n. 4549 in fallimento
 1992,  791).    Ed  anche l'estensione dell'art. 2751-bis, n. 2 c.c.,
 operata dalla Corte costituzionale con la sentenza 29  gennaio  1998,
 n.  1, in favore dei prestatori d'opera non intellettuale muove nella
 stessa direzione perche' la Corte  ancora  l'estensione  allo  schema
 contrattuale delineato dall'art. 2222 c.c.; anzi questa sentenza, che
 ha posto come parametro costituzionale gli artt. 3 e 35 e contiene un
 espresso  raffronto  con  i  lavoratori  subordinati,  per i quali la
 garanzia e' accordata indipendentemente dalla natura intellettuale  o
 non   dell'attivita'   svolta,  evidenzia  ancor  piu'  l'intento  di
 rafforzare la tutela del lavoro autonomo personale o  prevalentemente
 personale,  come  confermato  dal  mantenimento  della  prelazione al
 credito per "retribuzione".  In ogni caso; nella disposizione di  cui
 al  n.  2,  dell'art.  2751-bis  c.c. il riferimento e' pur sempre ai
 professionista e al prestatore d'opera, intellettuale e  non,  ed  e'
 compito  dell'interprete  accertare  se  il relativo privilegio possa
 essere esteso anche alle societa' tra professionisti (ove ammesse)  o
 a  prestatori  d'opera  svolgenti l'attivita' sotto forma societaria,
 senza alcuna preclusione derivante dal testo letterale  della  norma,
 come,  invece,  si  trova nel successivo n. 3 della stessa norma, che
 facendo riferimento al rapporto di agenzia non consente,  secondo  il
 diritto  vivente  creato dalla suprema Corte, una interpretazione che
 tenga conto dei soggetti titolari del credito.
   Il privilegio di cui all'art. 2751-bis c.c. e' attribuito  anche  a
 crediti  derivanti  da  attivita'  svolte  sotto  forma  associativa,
 quando,  pero',  l'impresa  ha  scopo  mutualistico  (cooperative  di
 produzione  e  lavoro e di trasformazione di prodotti agricoli), o in
 cui "la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolge
 in  prevalenza  lavoro  personale,  anche   manuale,   nel   processo
 produttivo e che nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul
 capitale"  (art.  3,  legge 8 agosto 1985, n. 443, sull'artigianato),
 sul presupposto che i crediti che derivano per le  cooperative  o  le
 societa'  artigiane  dalla  vendita  dei  prodotti  o  prestazione di
 servizi rappresentino il corrispettivo di un'attivita' lavorativa. Ed
 appare  superfluo  richiamare   la   copiosa   giurisprudenza   della
 Cassazione  che,  con  riferimento  a queste figure, ha costantemente
 ribadito che il privilegio dell'art.  2751-bis, n. 5, c.c. e' rivolto
 a tutelare  crediti  assimilabili  a  quelli  di  lavoro,  in  quanto
 integranti   corrispettivi   di   servizi  prestati  da  imprenditori
 artigiani o da enti cooperativi di produzione (cfr.  Cass. 12  maggio
 1997,  n.  4108,  in  Giust.  civ.  1997, I, 2773), o che i requisiti
 essenziali perche' una cooperativa di produzione e lavoro sia ammessa
 al privilegio del credito ex art. 2751-bis, n.  5  (introdotto  dalla
 legge   n.   426  del  1975)  sono,  per  un  verso,  correlati  alla
 effettivita' e "pertinenza" professionale del lavoro dei soci, e, per
 altro verso, alla prevalenza del lavoro di questi ultimi  rispetto  a
 quello  dei  non  soci;  tali  requisiti  sono  ricavabili, oltre che
 dall'art. 23 decreto legisaltivo del Capo provvisorio dello Stato  n.
 1517 del 1947, anche dalla genesi normativa dell'art. 2751-bis c.c. e
 dalla  natura  dei  crediti assistiti dal privilegio, che, per essere
 relativi  esclusivamente  alla   vendita   dei   manufatti   e   alla
 somministrazione  dei  servizi,  appaiono  strettamente  correlati al
 lavoro personale e diretto dei soci (Cass. 7 aprile 1997, n. 2984  in
 Giust.  civ. Mass.   1997, 544), e cosi' via, fino alle recenti Cass.
 19 gennaio 1998, n. 456 e 20 settembre 1997, n. 9340,  in  fallimento
 1998, 816).
   Solo quando tratta del privilegio dell'agente la Cassazione afferma
 che  il  comune  denominatore  di  tutte  le  ipotesi di cui all'art.
 2751-bis e' rappresentato dallo svolgimento di determinate  attivita'
 caratterizzate non da prestazioni isolate o accidentali di opere o di
 servizi   in   genere,  "bensi'  da  una  situazione  di  prestazione
 continuativa come appare evidente oltre che  dalla  formulazione  dei
 nn.  1,  4 e 5 (ora, a seguito della legge 31 gennaio 1992, n. 59, e'
 da aggiungere anche il n. 5-bis) dalla formulazione dei nn. 2 e 3  in
 cui  si  parla di retribuzioni professionali per gli ultimi due anni,
 ovvero di provvigioni, maturate non riscosse,  e  quindi  dovute  per
 l'ultimo anno di prestazione" sentenza n. 10241/1992).
   E'  agevole  obiettare che se dal fatto che nei nn. 2 e 3 dell'art.
 2751-bis c.c. si parla di retribuzioni professionali per  gli  ultimi
 due   anni   ovvero  di  provvigioni  dovute  per  l'ultimo  anno  di
 prestazione si vuol ricavare che l'elemento comune giustificativo del
 privilegio e' la continuita' del rapporto, se ne  deve  dedurre  che,
 quando  il  professionista  offre  delle  prestazioni  occasionali al
 proprio cliente, il relativo credito  non  goda  del  privilegio;  se
 cosi'  fosse  i  privilegi di cui ai nn. 2, 4 e 5 (e 5-bis) dell'art.
 2751-bis  potrebbero  essere  riconosciuti  solo   ai   crediti   per
 prestazioni dei professionisti protrattesi nel tempo e ai crediti dei
 coltivatori  diretti ed artigiani per i corrispettivi della vendita o
 somministrazione continuativa di prodotti o servizi, il che non trova
 alcun riscontro normativo.
   Evidente e' allora che il riferimento alla continuita' va letto dal
 punto di vista del creditore, cioe' nel senso della  professionalita'
 dell'attivita'  svolta  dai  vari  soggetti  indicati  nella norma in
 esame, i quali, quindi, in tanto sarebbero tutelati dalla concessione
 di un privilegio di grado cosi' elevato, in quanto esercitano la loro
 attivita' in modo stabile e non occasionale; ma ricondotto l'elemento
 della  continuita'  alla professionalita' dell'attivita' svolta, c'e'
 da chiedersi se questo requisito sia l'elemento  comune  delle  varie
 disposizioni    normative    contenute    nell'art.    2751-bis,   e,
 principalmente, se questo sia l'elemento qualificante di esse.
   La risposta, a parere del  collegio,  e'  negativa  per  ambedue  i
 quesiti.
   Che  la  professionalita'  non  sia  elemento  comune  a  tutte  le
 categorie  di  crediti  considerate  dalla  norma  in  esame  risulta
 evidente  dal  n.  2,  per il quale destinatari del privilegio sono i
 "professionisti" e, distintamente, "ogni altro  prestatore  d'opera".
 E'  chiaro  che  se  il  professionista  cui si riferisce la norma va
 individuato nel  prestatore  d'opera  intellettuale,  caratterizzato,
 rispetto  alla  categoria  generale,  dalla  professionalita', intesa
 sotto il profilo della continuita' del  suo  esercizio,  l'estensione
 del  privilegio  anche  ai  crediti  di ogni altro prestatore d'opera
 intellettuale (e  non)  non  puo'  che  far  riferimento  ai  crediti
 comunque   derivanti   dall'esplicazione,   ancorche'   saltuaria  od
 occasionale, di attivita' intellettuali e manuali, di cui parlano gli
 artt. 2222 e 2230 c.c.
   Tanto  meno,  poi,  il  requisito  della  continuita'  puo'  essere
 considerato   caratterizzante   delle   varie   fattispecie  comprese
 nell'art. 2751-bis in quanto la professionalita' e'  elemento  tipico
 della  stessa  qualifica di imprenditore Se fosse questa la causa che
 giustifica i privilegi attribuiti dall'art. 2751-bis,  resterebbe  da
 spiegare  perche'  non  tutti  gli  imprenditori  godono dello stesso
 privilegio concesso agli  imprenditori  considerati  nella  norma  in
 esame,   quali   l'artigiano,   le   cooperative,   i   consorzi   di
 trasformazione dei prodotti agricoli (n. 5-bis) e lo  stesso  agente,
 che,   quando   svolge   la  sua  attivita'  con  una  organizzazione
 imprenditoriale,  e'   da   qualificare   imprenditore   soggetto   a
 fallimento; ovvero perche' ad altri imprenditori, la cui attivita' il
 legislatore  ha  pur  ritenuto degna di tutela, siano stati accordati
 privilegi speciali. (artt. 2760, 2761, 2762  c.c.  ecc.)    di  rango
 inferiore a quelli generali di cui si sta trattando.
   Escluso  che  la  ratio  dell'art.  2751-bis  sia rapportabile alla
 professionalita' dell'attivita' da cui deriva  il  credito  tutelato,
 deve  convenirsi  che  tale  norma  costituisce la sedes materiae dei
 privilegi attribuiti ai creditori aventi per oggetto corrispettivi di
 prestazioni di lavoro eseguite personalmente dal creditore.
   In tal senso depongono i lavori preparatori della legge n. 426  del
 1975.
   Invero,  dall'esame delle relazioni dei quattro disegni di legge da
 cui e' derivata la legge n. 426 del 1975 e dal dibattito in seno alla
 IV Commissione della Camera e alla  II  Commissione  del  Senato,  si
 ricava  chiaramente  che  l'intento  del  legislatore  era  quello di
 estendere lo stesso trattamento di favore gia' accordato  ai  crediti
 per  retribuzioni  ed  indennita' dei lavoratori dipendenti dall'art.
 66 della legge 30  aprile  1969,  n.  153,  anche  alle  tradizionali
 categorie  di  lavoratori  autonomi (quali professionisti e agenti di
 commercio), in certa misura assimilabili  ai  primi,  per  il  comune
 presupposto   della   derivazione  del  credito  da  una  prestazione
 lavorativa.
   In  particolare,  nella relazione accompagnatoria della proposta di
 legge n. 146 presentata alla Camera dei deputati il  30  maggio  1972
 dai  deputati  Micheli  ed altri, il relatore, dopo aver rilevato che
 con l'art. 66 della legge 30 aprile 1966, n. 153, si era provveduto a
 correggere l'obbiettiva  carenza  della  legislazione  tributando  un
 doveroso   riconoscimento  ai  diritti  del  lavoratore  subordinato,
 sostiene la necessita' di assegnare il primo posto, nell'ordine delle
 prelazioni di cui all'art. 2778, anche ai privilegi che assistevano i
 crediti derivanti da prestazioni d'opera intellettuale e dal rapporto
 di agenzia perche' uguale era la ratio dei nn. 4,  5  e  6  dell'art.
 2751:    quella  di  tutelare  i crediti per prestazioni di attivita'
 lavorativa, in forma sia subordinata che autonoma, in conformita'  al
 dettato  costituzionale.  Nella  stessa  relazione  si  rileva,  piu'
 specificatamente che  "il  lavoro  del  professionista  o  di  agente
 costituisce  ovviamente  attivita' lavorativa primaria per il singolo
 cittadino" trattandosi di "attivita' lavorativa alla  stessa  stregua
 di  quella  prestata  dal  lavoratore  subordinato,  unica differenza
 essendo costituita dall'assenza del vincolo di subordinazione".
   La  Cassazione  sminuisce  la  portata   dei   lavori   preparatori
 affermando   che   il   fatto   che  dagli  stessi  "possa  desumersi
 l'intenzione del legislatore  di  conferire  una  maggiore  tutela  a
 categorie  di  lavoratori  (quali artigiani e coltivatori diretti che
 divano i mezzi di sostentamento dal lavoro  personale)  nulla  prova,
 posto   che   il   privilegio   di   cui  si  discute  gia'  esisteva
 nell'originale formulazione del codice civile del 1942 (art. 2751, n.
 6) e che la legge innovatrice si  e'  semplicemente  limitata,  senza
 modificare  il  testo  preesistente,  ad  elevare  all'ultimo anno il
 periodo di riferimento in precedenza fissato in sei  mesi"  (sentenza
 n.  75/1986),  sicche' "la semplice riformulazione del nuovo articolo
 dovuto alla novella codicistica del 1975 ... non puo' in  alcun  modo
 essere  considerata  di per se sola significativa dell'intenzione del
 legislatore di modificare il privilegio ancorandolo,  non  piu'  come
 per  il passato, al rapporto di agenzia, ma all'attivita' dell'agente
 che sia svolta con prevalenza  del  lavoro  personale"  (sentenza  n.
 10241/1992).  In sostanza, secondo la Corte, la voluntas legislatoris
 non si e' trasformata in  voluntas  legis  essendo  stato  riprodotto
 nell'art.  2751-bis  n.  3, lo stesso testo dell'art. 2751, n. 6 (con
 l'unica modifica del limite temporale), interpretato come attributivo
 di un privilegio, senza alcuna limitazione soggettiva.
   A parere del tribunale, anche ammesso che  l'abrogata  disposizione
 dell'art.  2751,  n. 6, fosse suscettibile di essere interpretata nel
 senso di una irrilevanza circa  le  modalita'  dell'esecuzione  della
 prestazione dell'opera dell'agente (dato non certo sicuro, tante' che
 nella sentenza n. 10241/1992 si richiama un unico precedente Cass. n.
 1446 del 1967 - che solo incidentalmente, nel tracciare le differenze
 tra  il  contratto  di mandato e quello di agenzia, aveva parlato del
 privilegio attribuito agli agenti), una tale interpretazione non puo'
 essere riferita alla norma inserita nell'art. 2751-bis  per  il  solo
 fatto  dell'identica  formulazione  letterale,  in  quanto  il  nuovo
 articolo contempla categorie di crediti diverse da  quelle  contenute
 del  vecchio  art.  2751. Il legislatore del 1975, infatti, non si e'
 limitato "ad elevare all'ultimo anno il periodo  di  riferimento,  in
 precedenza fissato in sei mesi", ma ha fatto molto di piu': ha creato
 un  nuovo  articolo, il 2751-bis appunto, nel quale ha raggruppato le
 disposizioni riguardanti i crediti di lavoro subordinato e autonomo e
 quelli  delle  cooperative  e  imprese artigiane, lasciando nell'art.
 2751 le disposizioni riguardanti i crediti  per  spese  funebri,  per
 spese  di  infermita',  somministrazione di vitto, vesti e alloggio e
 per alimenti, ossia le disposizioni del vecchio testo  non  attinenti
 al  lavoro subordinato o autonomo. Non solo, ma con la stessa riforma
 del 1975, il privilegio attribuito agli agenti e' stato  elevato  dal
 grado  quattordicesimo  al  rango  antecedente al primo grado con una
 collocazione  immediatamente  successiva  a  quella  dei   lavoratori
 dipendenti.
   Il  raggruppamento  in  un'unica  apposita norma di tutti i crediti
 riguardanti  il  lavoro,  l'attribuzione  agli  stessi  di  privilegi
 prevalenti  su  tutti  gli  altri  (tranne le spese di giustizia), la
 collocazione sullo  stesso  piano,  nella  scala  dei  privilegi  dei
 crediti  dell'agente  e del professionista, inducono a ritenere che i
 principi ispiratori delle proposte di legge  siano  stati  pienamente
 recepiti  dal Parlamento, e una conferma di tanto si ha nel fatto che
 una prelazione analoga e' stata concessa, con la  riforma  del  1975,
 anche  agli artigiani, alle cooperative e ai coltivatori diretti, che
 in precedenza non godevano di alcun privilegio.
   Nelle varie proposte di legge, infatti,  non  si  parlava  di  tali
 categorie,  pero',  il  legislatore si rese conto che la modifica non
 avrebbe  potuto  riguardare  soltanto   le   figure   classiche   dei
 professionisti  e  degli  agenti,  giacche'  nel  settore  del lavoro
 autonomo rientrano anche quelle categohe che  producono  direttamente
 col   proprio   lavoro,   quali   coltivatori  diretti,  artigiani  e
 cooperative. Ma, poiche' questi ultimi - in particolare gli artigiani
 - sono normalmente organizzati  in  forma  di  impresa,  si  pose  il
 problema  se privilegiare soltanto il corrispettivo della prestazione
 di  lavoro  o  un'attivita'   essenzialmente   lavorativa;   prevalse
 quest'ultima  opinione,  tant'e'  che  la  Commissione  giustizia del
 Senato respinse la proposta di legge presentata dai senatori Zugno  e
 De  Vito - che limitava l'operativita' del privilegio ai soli crediti
 "delle aziende artigiane che lavorino per conto terzi  con  materiale
 fornito  esclusivamente  dal  committente ..." - ed adotto' l'attuale
 formula di cui al n. 5 dell'art. 2751-bis, che consente di  estendere
 la   prelazione   anche   a   quei   crediti  che  non  costituiscono
 esclusivamente  il  corrispettivo  di  un   lavoro,   ma   alla   cui
 determinazione  contribuisce  il costo dei materiali per l'esecuzione
 della prestazione e degli altri fattori impiegati nella lavorazione.
   Ne e' derivato  un  sistema  coerente  nel  quale  "mentre  per  il
 lavoratore   subordinato,   il  prestatore  d'opera  intellettuale  e
 l'agente  di  commercio  il  credito  assistito  dal  privilegio   ha
 direttamente  ad  oggetto  la  remunerazione  di  una  prestazione di
 lavoro, per quanto riguarda il coltivatore diretto, l'artigiano e  le
 cooperative  di  produzione  e  lavoro  (ed  ora anche le cooperative
 agricole e loro consorzi), il privilegio viene accordato  ai  crediti
 derivanti  dalla  vendita dei prodotti o dalla prestazione di servizi
 in base al riconoscimento che questi rappresentano, in  sostanza,  il
 corrispettivo  di  una attivita' essenzialmente lavorativa" (cosi' un
 insigne Autore).
   A fronte dell'accennata riorganizzazione, operata  dal  legislatore
 del  1975, dell'intera materia dei privilegi per i crediti di lavoro,
 quel riferimento al rapporto di  agenzia  senza  alcuna  connotazione
 soggettiva,  contenuto  nel n. 3, dell'art. 2751-bis, c.c. perde ogni
 razionalita'.  E'  evidente,  infatti che, se la formulazione dei nn.
 1, 2, 4, 5  e  5-bis,  dell'art.  2751-bis,  rileva  che  i  rapporti
 tutelati  sono  tra loro legati dal comune denominatore di attenere a
 crediti scaturiti da prestazioni di  lavoro  e,  quindi  strettamente
 legati  con  la  persona  e  i bisogni del prestatore, e' ragionevole
 ritenere:
     o che anche il n. 3 della stessa  norma  abbia  inteso  riferirsi
 unicamente  ai  casi in cui l'attivita' sia stata espletata da agenti
 per i quali le provvigioni costituiscano la  retribuzione  di  lavoro
 autonomo  e l'unica o la prevalente fonte di sostentamento per loro e
 la famiglia, con esclusione di quei casi  in  cui  l'attivita'  abbia
 assunto  un'organizzazione  imprenditoriale  con  prevalente  fine di
 lucro o sia svolta in forma tale che il fine di lucro sia  congenito,
 come nelle societa' di capitali;
     oppure,  ove  il  tenore  letterale  del n. 3 non consenta questa
 interpretazione, come ritenuto dal diritto vivente della  Cassazione,
 che  la  formulazione  letterale  di  tale  disposizione,  che questa
 interpretazione consente e giustifica, sia incoerente  con  le  altre
 disposizioni della stessa norma.
   La natura del contratto di agenzia si pone, infatti, ai confini tra
 l'espletamento     di    un'attivita'    lavorativa    personale    e
 l'organizzazione imprenditoriale, per cui si impone una diversita' di
 trattamento a seconda  delle  modalita'  con  cui  l'attivita'  viene
 espletata  e  questo scopo puo' essere raggiunto eliminando dall'art.
 2751-bis, n. 3, c.c. il  riferimento  al  rapporto  di  agenzia,  che
 consente  di  estendere  la  prelazione  anche all'agente organizzato
 medio/grande imprenditore.
   Questa  estensione  determina  un   grave   scompenso   di   ordine
 costituzionale,  anche  sotto  altro profilo; essa, infatti, crea una
 disparita' tra il trattamento dell'agente che opera con fini di lucro
 (sotto forma di societa' di capitali) e quello riservato a tutti  gli
 altri imprenditori che non godono di alcun privilegio.
   La  Corte,  nelle sentenze nn. 75/1986 e 8756/1992, respinge questi
 sospetti di incostituzionalita' affermando che "il legislatore  nella
 sua  discrezionalita' e' libero di disciplinare determinati istituti,
 quale quello del concorso dei creditori, col solo limite del  divieto
 del  trattamento  diseguale  per  situazioni  uguali", il che e' solo
 parzialmente vero perche',  dato  che  il  privilegio  si  pone  come
 un'eccezione  alla regola dell'eguale diritto di tutti i creditori di
 soddisfarsi  sui  beni  del  comune  debitore,   la   diversita'   di
 trattamento  che  viene  fatta  ad  una  categoria  deve  trovare una
 giustificazione razionale,  in  base  alla  quale  soltanto  si  puo'
 appurare  se  viene fatto un trattamento differenziato per situazioni
 uguali o se  viene  fatto  un  trattamento  uniforme  per  situazioni
 differenti,  che costituisce, appunto, un altro esempio di violazione
 del principio di eguaglianza. Ossia  rientra  nella  discrezionalita'
 del  legislatore  dare risalto ad una determinata causa piuttosto che
 ad  un'altra,  ma  la  scelta  deve  trovare  giustificazione   nella
 particolare  rilevanza  etico-sociale  attribuita,  in un determinato
 momento storico, alla causa di certi crediti.
   Orbene, mentre la preferenza  accordata  al  credito  diretto  alla
 soddisfazione  dei  bisogni propri del creditore o della sua famiglia
 trova una ragionevole giustificazione nella  rilevanza  etico-sociale
 di un tale tipo di finalita', l'attribuzione di una prelazione legale
 in  forza  del mero contenuto oggettivo della prestazione e' priva di
 qualsiasi giustificazione in quanto finisce per dar  rilevanza  anche
 ai  crediti  vantati da una societa' di capitali, la cui attivita' ha
 come fine istituzionale la produzione di un profitto. E la  finalita'
 di  lucro,  in  quanto  perseguita  da  tutte le imprese commerciali,
 qualunque sia l'oggetto della loro attivita', non e' qualificante  di
 una  determinata  categoria  di  creditori  e,  quindi,  non puo' mai
 assurgere a ragione giustificativa di una prelazione; di conseguenza,
 la formulazione dell'art. 2751-bis, n. 3,  c.c.  e  l'interpretazione
 che  valorizza  detta  finalita',  o che comunque finisce per porla a
 fondamento della prelazione accordata dalla norma citata, si  pongono
 in  contrasto col principio costituzionale di eguaglianza nel momento
 in cui si accerta che analoga prelazione non e' attribuita ai crediti
 di tutti quei soggetti che esercitano professionalmente l'attivita' a
 fini di lucro. E, pur dando atto della mutevolezza del concetto,  non
 vi  e'  dubbio che, nell'attuale epoca storica in cui l'interprete si
 pone di fronte alla norma,  la  tutela  del  lavoro  sia  sicuramente
 prevalente su quella del capitale.
   In  tal  modo, inoltre, l'intero sistema dei privilegi non sfugge a
 seri dubbi di irrazionalita', perche' i crediti dell'agente  societa'
 di  capitali,  anche se di grandi dimensioni, sono preferiti a quelli
 dell'artigiano, delle cooperative  e  dei  coltivatori  diretti,  con
 l'irragionevole conseguenza che il profitto, in quanto tale, ricevere
 una   tutela   piu'  pregnante  del  lavoro  personale  delle  citate
 categorie.
   Ritenuto, in conclusione, che non e'  manifestamente  infondata  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2571-bis, n. 3,
 c.c. nella parte in cui prevede che hanno  privilegio  sui  mobili  i
 crediti riguardanti le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia,
 interpretato  nel  senso  che  tale  privilegio e' riconosciuto non a
 favore di determinati soggetti, ma con esclusivo riguardo alla natura
 e al tipo di obbligazione derivante da  un  rapporto  di  agenzia  da
 chiunque  instaurato  per  l'ingiustificata disparita' di trattamento
 che detta interpretazione, divenuta diritto  vivente,  crea  rispetto
 alle  altre  ipotesi  previste  nella  stessa  norma  di cui all'art.
 2751-bis, c.c. e, piu' in generale,  con  gli  imprenditori  che  non
 godono di alcun privilegio;
     che  tale  interpretazione  e'  consentita  e  giustificata dalla
 formulazione della citata norma per il riferimento in essa  contenuto
 al  rapporto  di  agenzia,  anziche'  all'agente,  che  consentirebbe
 all'interprete di individuare i limiti entro cui tale  soggetto  posa
 godere della prelazione;
     che  la questione e' rilevante nel presente giudizio in quanto e'
 in contestaziore la natura privilegiata o  meno  di  un  credito  per
 provvigioni  spettante  ad  un  agente  che ha esercitato l'attivita'
 sotto forma di societa' a responsabilita' limitata (per questo motivo
 si solleva la questione soltanto per la parte della norma che  tratta
 delle provvigioni);
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Solleva   d'ufficio   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  2751-bis, lettera b), n. 3, c.c. (e, per  quanto  occorra,
 dell'art.  2777, lett. b), c.c.) nella parte in cui prevede che hanno
 privilegio  sui mobili i crediti riguardanti le provvigioni derivanti
 dal  rapporto  di  agenzia  e  non  i  crediti per provvigioni dovute
 all'agente, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
   Dispone che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 trasmessa   alla  Corte  costituzionale,  unitamente  agli  atti  del
 giudizio e alla sentenza di pari data di questo tribunale;
   Dispone che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata alle parti, al pubblico ministero in sede, e al Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
   Dispone  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del  Parlamento;
   Dispone la sospensione del giudizio  limitatamente  alla  questione
 oggetto  di  denuncia,  come  meglio precisato nella citata sentenza,
 fino alla decisione della Corte costituzionale.
   Cosi' deciso, addi' 3 agosto 1998.
                          Il presidente: Bozza
 98C1323