N. 396 ORDINANZA 25 novembre - 4 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Giudice dell'udienza preliminare - Possibilita' di
 indacare il dissenso formulato dal p.m. sulla richiesta dell'imputato
 di  trattazione  del  processo  con  il  giudizio abbreviato - Omessa
 previsione - Prospettazione di una questione  da  parte  del  giudice
 rimettente   incompatibile   con   la   configurazione  del  giudizio
 abbreviato  in  quanto  l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale  comporterebbe  nuova  complessiva disciplina del rito
 speciale (vedi ordinanza n. 33/1998) - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., artt. 438, 439, 440 e 442).
 
 (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e  101,  secondo
 comma).
 
(GU n.49 del 9-12-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,    prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda   CONTRI, prof. Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 439, 440
 e  442  del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa
 il 21 gennaio 1998 dal giudice per le indagini preliminari presso  il
 Tribunale  di  Torino  nel  procedimento  penale  a  carico  di Marco
 Bonometti,  iscritta  al  n.  227  del  registro  ordinanze  1998   e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 15, prima
 serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di consiglio del 30 settembre 1998 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto che con ordinanza del 21 gennaio 1998 il  giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso il Tribunale di Torino ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e  101,
 secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 438, 439, 440 e 442 cod. proc. pen., nella
 parte in cui non prevedono che il  giudice  dell'udienza  preliminare
 possa  sindacare  il  dissenso formulato dal pubblico ministero sulla
 richiesta dell'imputato di trattazione del processo con  il  giudizio
 abbreviato;
     che, ad avviso del rimettente, di fronte al dissenso del pubblico
 ministero,  che in ipotesi potrebbe essere ingiustificato, il vincolo
 per il giudice dell'udienza preliminare al mancato accordo sul rito e
 la conseguente  necessaria  prosecuzione  del  processo  nelle  forme
 ordinarie  comporterebbero  la  violazione: a) dell'art. 101, secondo
 comma,  della  Costituzione,  poiche'  in  tale  ipotesi  il  giudice
 dell'udienza  preliminare,  anziche'  essere  soggetto  soltanto alla
 legge, sarebbe subordinato  alle  determinazioni  di  una  parte  (il
 pubblico  ministero) sindacabili solo successivamente dal giudice del
 dibattimento; b)  dell'art.  25,  primo  comma,  della  Costituzione,
 poiche'  giudice  naturale,  in caso di richiesta di rito abbreviato,
 non potrebbe essere altri che il giudice per  l'udienza  preliminare,
 cui  invece il mancato consenso viene a sottrarre il procedimento; c)
 del  principio  di   uguaglianza   (art.   3   della   Costituzione),
 determinandosi  un  duplice  ordine di disparita' ingiustificate, sia
 tra organo di accusa e imputato - potendo il  giudice  verificare  la
 richiesta  del  secondo  ma  non  il  dissenso  del  primo -, sia tra
 imputati diversi ma in  condizioni  processuali  analoghe,  ai  quali
 sarebbe  accordato  o  negato  l'accesso  al rito alternativo solo in
 conseguenza di scelte differenziate e non controllabili  della  parte
 pubblica;  d)  delle garanzie difensive (art. 24 della Costituzione),
 perche' la sottoposizione dell'imputato al giudizio ordinario,  anche
 in   caso   di   dissenso   del  pubblico  ministero  che  risultasse
 ingiustificato in dibattimento, comporterebbe comunque per l'imputato
 aggravi  processuali  e  la  perdita  dei  vantaggi   connessi   alla
 trattazione del processo con il rito alternativo;
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che ha concluso per una declaratoria di inammissibilita' o di
 infondatezza della questione.
   Considerato  che  il  giudice  rimettente  chiede,  attraverso  una
 pronuncia di incostituzionalita', che venga attribuito al giudice per
 l'udienza  preliminare  il  potere  di  effettuare un sindacato sulla
 motivazione del dissenso del pubblico ministero alla trattazione  del
 processo  con  il  giudizio  abbreviato,  e dunque di dare ingresso a
 quest'ultimo qualora il dissenso risulti ingiustificato;
     che questa Corte, nello stabilire l'obbligo di enunciazione delle
 ragioni del dissenso  del  pubblico  ministero,  ha  individuato  nel
 dibattimento  la sede del controllo giudiziale sul dissenso medesimo,
 alla stregua del criterio della definibilita' del processo allo stato
 degli atti, sul rilievo che il rito abbreviato  non  e'  instaurabile
 allorche' il pubblico ministero, manifestando il dissenso, esprime la
 volonta' che il processo sia definito nella fase cruciale del sistema
 accusatorio, cioe' in dibattimento, e ha specificamente osservato che
 "il  controllo  sulla  motivazione del diniego non puo' trovare posto
 all'interno  dell'udienza  preliminare  e,  quindi,  non  puo'  venir
 affidato al giudice preposto ad essa" (sentenza n. 81 del 1991);
     che  la prospettazione del rimettente e' dunque incompatibile con
 la configurazione del giudizio abbreviato, giacche'  la  declaratoria
 di   illegittimita'   costituzionale  richiesta  dal  giudice  a  quo
 comporterebbe una nuova  complessiva  disciplina  del  rito  speciale
 (ordinanza n.  33 del 1998);
     che   comunque   l'innovazione   richiesta   a  questa  Corte  si
 scontrerebbe con l'esigenza che al giudice  dell'udienza  preliminare
 non  spetti  "l'ultima parola, in modo preclusivo sulla decidibilita'
 allo stato degli atti" (sentenza  n.  23  del  1992),  cio'  che  per
 l'appunto  si  verificherebbe  invece  qualora  a detto giudice fosse
 assegnato il potere di controllo sul dissenso dell'accusa,  in  luogo
 del  giudice  del  dibattimento,  non  apprestando  il sistema rimedi
 contro determinazioni, eventualmente erronee, del giudice medesimo;
     che la richiesta del  giudice  a  quo  non  puo'  dunque  trovare
 ingresso,  proprio  alla  luce dei parametri costituzionali invocati,
 sulla cui base sono state adottate da questa Corte le decisioni sopra
 citate, cosicche'  la  sollevata  questione  deve  essere  dichiarata
 manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  438,  439,  440  e  442  del  codice di
 procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo
 comma, 25, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dal
 giudice per le indagini preliminari presso il  Tribunale  di  Torino,
 con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 25 novembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 4 dicembre 1998
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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