N. 887 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio - 1 dicembre 1998

                                N. 887
 Ordinanza   emessa   il   13   gennaio  1998  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il  1  dicembre  1998)  dalla  Commissione  tributaria
 provinciale  di  Firenze  sul ricorso proposto da Marconi Pierfilippo
 contro l'ufficio del registro di Firenze - Successioni.
 Imposta sulle successioni e donazioni -  Spese  mediche  relative  al
    defunto, sostenute dagli eredi - Deducibilita', nel caso in cui il
    coerede abbia rinunciato all'eredita' prima della dichiarazione di
    successione  -  Mancata  previsione  -  Disparita'  di trattamento
    rispetto all'ipotesi di rinuncia successiva alla dichiarazione  di
    successione  e  all'ipotesi di rinuncia del chiamato alla qualita'
    di erede, ex art. 461 cod. civ. - Irragionevolezza -  Lesione  del
    principio   di   eguaglianza  -  Violazione  del  principio  della
    capacita' contributiva - Incidenza sulla  tutela  a  favore  della
    famiglia.
 Imposta  sulle successioni e donazioni - Dichiarazione di successione
    relativa agli immobili iscritti  in  catasto  -  Tariffe  d'estimo
    rideterminate  ex d.lgs. n. 568/1993 - Applicabilita' retroattiva,
    a partire dal 1 gennaio 1992, solo ai fini delle imposte dirette -
    Ingiustificata     differenziazione     rispetto     al     regime
    dell'impostazione  indiretta  -  Irragionevolezza  -  Lesione  del
    principio  di  eguaglianza  -  Violazione  del   principio   della
    capacita' contributiva.
 (D.Lgs.  31  ottobre 1990, n. 346, art. 24; 28 dicembre 1993, n. 568,
    art. 1, comma 2; 23 gennaio 1993, n.  16,  art.  2,  comma  1,  IV
    periodo  convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo 1993, n.
    75).
 (Cost., artt. 3, primo comma, 31, primo comma, art. 53, primo comma).
(GU n.51 del 23-12-1998 )
                  LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 751/1996  depositato
 il  23  gennaio 1996, avverso avv. di liquid. n. 94/03146/000049/001,
 succ. + Invim, contro Registro di Firenze, giudiziari successioni, da
 Marconi Pierfilippo residente a Pisa, in via Randaccio, 51/B,  difeso
 da Tognetti avv. Renzo, residente a Firenze, in via G. La Farina, 31;
   Oggetto:  ricorso  avverso  dl  liquidazione n. 94/93146/000049/01,
 imposta successioni ed Invim emesso dall'ufficio registro di Firenze,
 giudiziari successioni.
                       Svolgimento del processo
   Con atto del 23 gennaio 1996 il sig. Pierfilippo Marconi  proponeva
 il ricorso di cui all'oggetto deducendo:
     a)  che  in  data  5  settembre 1993 era deceduta la di lui madre
 Romanelli Pierina, coniugata con l'avv. Giuseppe Marconi;
     b) che in data 3 marzo 1994  era  stata  presentata  la  relativa
 dichiarazione  di  successione, registrata al n. 49/3146, dalla quale
 si evinceva che esso ricorrente,  Pierfilippo  Marconi,  era  l'unico
 figlio  ed  erede,  avendo il coniuge della defunta Giuseppe Marconi,
 rinunciato all'eredita' in data 21 febbraio 1994;
     che il denunciante aveva inteso avvalersi del  calcolo  tabellare
 per determinare il valore degli immobili relitti;
     che   le   rendite   catastali  di  diversi  immobili  caduti  in
 successione erano state rideterminate ai sensi del d.lgs. 28 dicembre
 1993, n.  568, in misura inferiore rispetto alle  previgenti  tabelle
 d'estimo;
     che  le spese mediche relative alla defunta negli ultimi sei mesi
 di vita erano state sostenute dal coniuge avv. Giuseppe Marconi;
     c) che in data  13  settembre  1995  l'ufficio  aveva  notificato
 avviso  di  liquidazione  dell'imposta di successione, richiedendo il
 pagamento della complessiva somma di  L.  116.825.325,  a  titolo  di
 imposta principale, escludendo la deducibilita' delle spese di ultima
 malattia perche' non sostenute dall'erede;
     d)  che  avverso  tale  atto era proposta opposizione con ricorso
 depositato il 13 novembre 1995,  col  quale  si  faceva  rilevare  la
 erronea   individuazione   della   qualita'   di  erede  per  mancata
 applicazione alla  fattispecie  del  disposto  di  cui  all'art.  25,
 penultimo  comma  della  legge  26  ottobre  1972,  n.  643, aggiunto
 dall'art. 3 della legge 22 dicembre 1975, n. 694, in tema  di  misura
 dell'Invim nei trasferimenti mortis causa in linea retta;
      e)  che  l'ufficio,  preso  atto  dell'errore  e  rielaborati  i
 calcoli, aveva notificato in data 24 novembre 1994  altro  avviso  di
 liquidazione  dell'imposta per complessive L. 61.724.330, dichiarando
 espressamente che detto avviso sostituiva il precedente e confermando
 comunque la indeducibilita' delle spese di ultima  malattia,  perche'
 non sostenute dall'erede;
     f) che avverso tale avviso era presentato in data 23 gennaio 1996
 il  ricorso di cui all'oggetto, col quale si chiedeva la declaratoria
 di nullita' ed inefficacia dell'atto impugnato per i seguenti motivi:
 1 errori di calcolo; 2 ingiustificata esclusione  dal  passivo  delle
 spese mediche; 3 erronea applicazione delle tariffe d'estimo.
   L'ufficio  si  costituiva  con memoria del 12 dicembre 1997, con la
 quale conflittava il ricorso chiedendone il rigetto.
   Il  ricorrente,  con  il  patrocinio  dell'avv.   Renzo   Tognetti,
 presentava   in   data  23  dicembre  1997  una  diffusa  memoria  ad
 illustrazione del ricorso.
   La trattazione e l'esame del contesto  aveva  luogo  in  camera  di
 consiglio all'udienza del 13 gennaio 1998.
                        Motivi della decisione
   La  Commissione  tributaria provinciale prende preliminarmente atto
 che parte ricorrente, con la memoria depositata il 23 dicembre  1997,
 insiste  in  tesi  per  la declaratoria di nullita' del provvedimento
 impugnato ed, in  ipotesi,  chiede  l'invio  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale  per la decisione delle questioni sollevate in ricorso
 e memoria con  riferimento  ai  motivi  di  impugnazione  come  sopra
 specificati  sub  1)  -  ingiustificata  esclusione dal passivo delle
 spese mediche -  e  sub  3)  -  erronea  applicazione  delle  tariffe
 d'estimo -, senza peraltro coltivare il motivo di cui sub 1) - errori
 di  calcolo  -  semplicemente enunciato nell'atto introduttivo, e non
 precisato nel suo contenuto.
   1. - Parte ricorrente contesta in primo luogo  il  diniego  opposto
 dall'ufficio  alla  deduzione  delle  spese  di ultima malattia della
 defunta. In punto di fatto risulta documentalmente  provato  che  per
 cure  mediche  e chirurgiche negli ultimi sei mesi di vita della sig.
 Romanelli Pierina (deceduta il 5 settembre 1993) e'  stata  sostenuta
 la  spesa  complessiva  di  L. 23.121.564, saldata a mezzo di assegni
 emessi in favore dell'Istituto Prosperius TAC il 21 giugno 1993, il 6
 luglio 1993 ed il 14  luglio  1993  dal  marito  della  defunta  avv.
 Giuseppe Marconi.
   Non  risulta  contestata dall'ufficio la pertinenza della spesa ne'
 la validita' della documentazione,  sibbene  la  deducibilita'  della
 stessa   in   quanto   non  sostenuta  dall'erede  (art.  24  decreto
 legislativo n. 346/1990).
   A tale proposito deve rilevarsi:
     a) che la sig. Romanelli Pierina venne a  morte  il  5  settembre
 1993  e  le  spese  di  ultima malattia in oggetto vennero sostenute,
 prima ancora dell'apertura della successione, dal di lei marito  avv.
 Giuseppe Marconi erede in pectore;
     b)  che  l'avv.  Giuseppe Marconi, divenuto erede della moglie in
 die mortis, aveva titolo per dedurre le spese in parola;
     c) che in data 21 febbraio 1994 l'avv. Giuseppe Marconi rinuncio'
 all'eredita' relitta dalla Romanelli;
     d) che la dichiarazione di  successione  fu  poi  presentata  dal
 coerede Pierfilippo Marconi, figlio della defunta.
   L'ufficio  contesta  a quest'ultimo la deducibilita' delle spese di
 ultima malattia, rilevando che le medesime non  furono  sostenute  da
 esso  Pierfilippo Marconi, figlio ed erede, bensi' dall'avv. Giuseppe
 Marconi, marito della defunta, e si attiene  ad  una  interpretazione
 rigorosamente letterale della norma.
   La tesi dell'ufficio non appare convincente.
   E'  ben  vero  infatti  che  l'art.  24  del decreto legislativo n.
 346/1990 ammette la deducibilita' delle spese di ultima malattia solo
 ove sostenute dagli eredi ed esclude pertanto quelle  sopportate  dal
 defunto  o  da  terzi, consentire in deduzione dal previgente art. 17
 del d.P.R.  n. 637/1972.
   Ma  e'  altrettanto  vero che, secondo l'attuale disciplina, per la
 deducibilita' e' sufficiente che le spese siano state sostenute anche
 da uno solo fra i vari coeredi. E tale risulta essere  la  situazione
 di  specie.  Il marito della defunta, avv. Giuseppe Marconi, divenuto
 incontestabilmente erede in die mortis, aveva sostenuto le  spese  di
 ultima  malattia ed avrebbe avuto titolo per dedurle in dichiarazione
 di successione. Della  deducibilita'  di  tali  spese  puo'  comunque
 avvalersi  il  ricorrente Pierfilippo Marconi con piena legittimita',
 visto che le spese erano state in effetti sostenute dal  coerede.  Le
 condizioni di legge risulterebbero pertanto rispettate.
   Senonche'  l'ufficio deduce che l'avv. Giuseppe Marconi ha perso la
 qualita' di erede avendo rinunciato all'eredita' ed invoca in  favore
 della  sua  tesi il disposto dell'art. 521 c.c. secondo il quale "chi
 rinuncia all'eredita' e' considerato come se non vi fosse  mai  stato
 chiamato".
   A  tal  obiezione  non  infondatamente  il  ricorrente controdeduce
 rilevando che, in tal modo,  si  darebbe  esclusivo  e  discriminante
 rilievo  ad una circostanza meramente temporale: e cioe' al fatto che
 la  rinuncia   all'eredita'   sia   anteriore   o   successiva   alla
 dichiarazione  di  successione.   Ed infatti l'eredita' non fruirebbe
 della deduzione delle spese ove la  rinuncia  dell'erede  che  le  ha
 sostenute avesse luogo prima della dichiarazione di successione.
   Queste  le  concrete  conseguenze  della  interpretazione sostenuta
 dall'ufficio,  tali  da  evidenziare  una  grave  ed   ingiustificata
 disparita' di trattamento per situazioni sostanzialmente identiche.
   L'orientamento dell'amministrazione suscita perplessita' ancor piu'
 giustificate  ove  si consideri che "la denuncia di successione ed il
 pagamento della relativa imposta non comportano  accettazione  tacita
 dell'eredita',  trattandosi  di  adempimenti  fiscali  che hanno solo
 scopo conservativo  alla  stessa  stregua  di  quelli  consentiti  al
 chiamato  in  base  all'art.  460 codice civile, in quanto diretti ad
 evitare l'applicazione di sanzioni" (Cass. 18 maggio 1995, n.    5463
 in Giust. civ. Massim. 1995, n. 1024).
   Il  richiamo  alle  disposizioni  contenute  negli  artt. 460 e 461
 codice civile risulta utile ed illuminante.
   Com'e' noto infatti il chiamato all'eredita' puo' esercitare azioni
 possessorie a tutela dei beni ereditari, compiere  atti  conservativi
 di  vigilanza  e  di  amministrazione  temporanea ed anche procedere,
 previa   autorizzazione   giudiziaria,   alla   vendita    di    beni
 insuscettibili  di  non  dispendiosa  conservazione (art. 460). Se il
 chiamato rinuncia all'eredita',  le  spese  sostenute  per  gli  atti
 suddetti sono a carico della eredita' (art.461).
   Con  riferimento  a  tali  disposizioni  si evidenzia una ulteriore
 situazione normativa di disparita' di trattamento. Infatti  le  spese
 sostenute  dal  chiamato  ex  art. 460 codice civile restano a carico
 dell'eredita' (e sono ovviamente deducibili  quali  elementi  passivi
 della  stessa)  anche  nell'ipotesi  di  rinuncia  del  chiamato alla
 qualita' di erede (art. 461). Per contro,  secondo  l'interpretazione
 dell'ufficio  oggetto di esame, le spese di ultima malattia sostenute
 dal successibile non possono essere poste a carico dell'eredita'  ne'
 dedotte  dall'asse  in  caso di rinuncia. Conseguentemente l'eredita'
 (ed il chiamato unico alla stessa, divenuto tale - come nella  specie
 -  a seguito di rinuncia del coerede) non potrebbe dedurre tali spese
 dall'asse.  La disparita' di trattamento che si verrebbe a creare fra
 le due situazioni non potrebbe essere piu' grave ed odiosa.
   Nel primo caso infatti si ammette la deduzione di  spese  sostenute
 dal  chiamato  ex  art.  460  nell'ambito  di iniziative di carattere
 facoltativo adottate per finalita' di ordine meramente  patrimoniale,
 consistenti  nella conservazione dei beni. Nel secondo caso invece si
 esclude la deducibilita' di spese di ultima  malattia,  quasi  sempre
 sostenute  in  base  a  precisi  obblighi  normativi  di assistenza e
 comunque in ogni caso  in  adempimento  dl  elevati  doveri  etici  e
 solidaristici nei confronti di persona gravemente malata.
   Conclusivamente.  L'interpretazione  che l'ufficio accoglie in tema
 di deducibilita' delle spese e dell'art. 24  del  d.lgs.  31  ottobre
 1990,   n.   346,  non  sfugge  a  fondate  censure  di  legittimita'
 costituzionale per contrasto:
     a) col dettato di cui all'art. 3, primo comma della  Costituzione
 giuridico   in   situazioni   sostanzialmente  identiche  attuata  in
 violazione del canone generale di ragionevolezza;
     b) col dettato di cui all'art. 53, primo comma della Costituzione
 risultando  omessa  ogni   concreta   valutazione   della   capacita'
 contributiva dei cittadini in punto di deduzioni;
     c) col dettato di cui all'art. 31, primo comma della Costituzione
 (La  Repubblica  agevola con misure economiche e altre provvidenze la
 formazione della famiglia e l'adempimento  dei  compiti  relativi...)
 dal  momento  che  proprio  in  danno  di  familiari,  impegnati - in
 ossequio alla legge civile  e  morale  -  a  far  fronte  ad  onerosi
 obblighi  di  assistenza verso un congiunto, viene posto in essere un
 trattamento    fiscale    ingiustificatamente    pregiudizievole    e
 discriminatorio.
   Il  presente  giudizio  non  puo' essere definito indipendentemente
 dalla  risoluzione  delle  menzionate   questioni   di   legittimita'
 costituzionale.   Esso verte infatti sulla legittimita' della pretesa
 di dedurre dall'asse ereditario le spese di malattia sostenute da  un
 erede  che  abbia  rinunciato  alla eredita', legittimita' contestata
 dall'ufficio in base ad una interpretazione dell'art. 24, del decreto
 legislativo n. 346/1990 censurata ex adverso come incostituzionale.
   2.  -  Parte  ricorrente  contesta  altresi'   l'applicazione   che
 l'ufficio ha dato alla tariffe d'estimo nel caso di specie.
   A tale proposito va precisato:
     a)  che  nella  dichiarazione  di successione il sig. Pierfilippo
 Marconi ribadiva la propria intenzione e volonta' di attribuire  agli
 immobili  iscritti  in  catasto  il  valore  risultante  dal  calcolo
 tabellare;
     b) che, nel  medesimo  atto,  l'attuale  ricorrente  testualmente
 dichiarava  "A  seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 28 dicembre
 1993,  n.  568,  nell'incertezza  di  interpretazione  della   norma,
 effettua  la  dichiarazione  in  base  agli  estimi  catastali in die
 mortis, ma fa riserva fino da ora di ripetere   quanto  eventualmente
 pagato in eccesso ...";
     c) che in effetti, nell'analitico dettaglio degli immobili caduti
 in  successione,  il  sig.  Pierfilippo  Marconi  indicava  i  valori
 risultanti  in  die  mortis,  mai  indicava   altresi'   le   rendite
 rideterminate a sensi del d.lgs. 28 dicembre 1993, n. 568 e produceva
 i  relativi  certificati  catastali,  e  cio'  al dichiarato scopo di
 rendere   possibile   la  corretta  applicazione  della  norma  e  la
 ripetizione degli importi liquidati in eccedenza sul dovuto;
     d) che  l'ufficio  liquidava  i  valori  relativi  agli  immobili
 applicando  le  rendite catastali vigenti alla data di apertura della
 successione;
     e) che il sig. Pierfilippo Marconi ha impugnato  la  liquidazione
 sostenendo  che  gli  immobili relitti in successione dovevano essere
 valutati secondo le piu'  favorevoli  tariffe  d'estimo,  cosi'  come
 rideterminate  dal  d.lgs.  28  dicembre 1993, n. 568 a seguito delle
 decisioni della commissione censuaria centrale;
     f) che a tale pretesa si oppone l'amministrazione di  aver  agito
 in base alle leggi vigenti;
     g)  che  in  effetti  in  base  all'art. 1, comma 2 del d.lgs. 28
 dicembre 1993, n. 568, le tariffe d'estimo delle  unita'  immobiliari
 urbane,  rideterminate  per effetto delle decisioni della commissione
 censuaria centrale,  si  applicano  per  l'anno  1994,  salvo  quanto
 previsto  dall'art.  2, comma 1, periodo 4 del d.-l. 23 gennaio 1993,
 n.  16  (convertito  in  legge  24  marzo  1993,  n.  75)  in  ordine
 all'applicazione delle stesse tariffe dal 1 gennaio 1992;
     h)  che  la  norma sopra richiamata consente l'applicazione dal 1
 gennaio  1992  delle  tariffe  d'estimo  rideterminate   ex   decreto
 legislativo  n.  568/1993  "ai  soli  fini  delle  imposte dirette" e
 mantiene, per tutti gli altri settori  impositivi,  la  decorrenza  1
 gennaio 1994.
   Tanto premesso, la commissione tributaria prinviciale rileva che la
 normativa  in  esame  risulta  formulata  in  termini  precisi  e non
 equivoci e non consente - allo stato - di riconoscere fondatezza alla
 domanda  di  tesi,  diretta  a  contestare  la   legittimita'   della
 liquidazione impugnata.
   Senonche'   non  appare  manifestamente  infondata  l'eccezione  di
 incostituzionalita' della normativa medesima, dedotta dal  ricorrente
 come domanda di ipotesi.
   La  diversa  decorrenza  disposta  per  l'applicazione  delle nuove
 tariffe d'estimo determina infatti una ingiustificata  disparita'  di
 trattamento  in  ordine  al medesimo fattore impositivo, penalizzando
 ingiustificatamente il settore dell'imposizione indiretta rispetto  a
 quello  dell'imposizione  diretta.  Tale  regime differenziato appare
 tanto piu'  sconcertante  ove  si  consideri  che  la  rettifica  dei
 parametri  catastali  ha  avuto  luogo  a  seguito di decisioni delle
 apposite     commissioni     censuarie,     ritualmente      recepite
 nell'ordinamento.
   La discriminazione che ne consegue fra i diversi settori impositivi
 non  risulta  in  linea col dettato costituzionale di cui all'art. 3,
 primo comma della Costituzione e sfugge ad  ogni  giustificazione  in
 base al canone generale di ragionevolezza.
   Vi  e'  inoltre contrasto con la regola costituzionale in base alla
 quale il concorso alle spese pubbliche deve  aver  luogo  in  ragione
 della  capacita'  contributiva  dei  soggetti  (art.  53, primo comma
 Cost.).  Da tale regola la normativa in esame completamente prescinde
 in danno dei soggetti passivi della imposizione indiretta.
   Il presente giudizio non  puo'  essere  definito  indipendentemente
 dalla   risoluzione   della   menzionata  questione  di  legittimita'
 costituzionale.  Esso verte infatti sulla possibilita' di valutare il
 contesto successorio in oggetto (apertosi in data 5  settembre  1993)
 sulla   base  delle  piu'  favorevoli  tariffe  d'estimo  immobiliare
 rideterminate dal d.lgs.  28 dicembre 1993, n. 568.
   Tale possibilita' e' negata dall'ufficio sulla base della normativa
 in  esame  -  censurata  dal   ricorrente   come   costituzionalmente
 illegittima  - che ne consente l'applicazione retroattiva solo per il
 settore dell'imposizione diretta.
                               P. Q. M.
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
   Dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata,  in  relazione
 agli   artt.   3,   31,   53  della  Costituzione,  la  questione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art.  24  del  d.lgs.  31  ottobre
 1990,  n.  346, nella parte in cui non prevede la deducibilita' delle
 spese di  ultima  malattia  sostenute  dal  coerede  il  quale  abbia
 rinunciato all'eredita',
   Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente infondata, in relazione
 agli artt. 3 e 53 della Costituzione, la questione di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  1, comma 2 del d.lgs. 28 dicembre 1993, n.
 568 e dell'art. 2, comma 1, quarto periodo del d.-l. 23 gennaio 1993,
 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo1993, n. 75
 nella parte in cui consentono l'applicazione a partire dal 1  gennaio
 1992  delle  tariffe d'estimo rideterminate ex decreto legislativo n.
 568/1993 limitatamente alle imposte dirette,
   Dispone la sospensione del presente procedimento e la  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale,
   Ordina  che,  a  cura  della  segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due camere del Parlamento.
     Firenze, addi' 13 gennaio 1998
                        Il presidente: Fernando
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