N. 892 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 1998

                                N. 892
   Ordinanza  emessa  il  24  settembre 1998 dal pretore di Milano nel
 procedimento penale a carico di Lapegna Luca ed altri
 Processo penale  -  Dibattimento  -  Esame  di  persona  imputata  in
    procedimento connesso - Esercizio delle facolta' di non rispondere
    -  Lettura  dei verbali contenenti le dichiarazioni rese nel corso
    delle indagini preliminari Preclusione salvo l'accordo delle parti
    - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto qualora non
    sia possibile procedere all'esame  del  dichiarante  per  fatti  o
    circostanze   imprevedibili   al  momento  delle  dichiarazioni  -
    Incidenza  sul  diritto  di  difesa  -  Lesione  dei  principi  di
    indipendenza del giudice e di obbligatorieta' dell'azione penale -
    Violazione del principio di legalita'.
 (C.P.P.  1988,  art.  513,  comma  2, modificato dalla legge 7 agosto
    1997, n. 267, art. 1).
 (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 101, secondo
 comma, e 112).
(GU n.52 del 30-12-1998 )
                              IL PRETORE
   Letti gli atti  del  procedimento  penale  n.  3061/1997  r.g.  nei
 confronti di Lapegna Luca + 5;
   Rilevato preliminarmente:
     che  prima  dell'apertura  del dibattimento sono stati stralciati
 gli atti relativi a due imputati le cui posizioni sono state definite
 con sentenze di applicazione della pena su richiesta ex artt.  444  e
 segg. c.p.p.;
     che  il  p.m. nel dibattimento ha chiesto l'esame, in qualita' di
 imputati in  procedimento  connesso,  dei  due  imputati  di  cui  al
 paragrafo  che  precede e di Andreucci Alessio, all'epoca indagato in
 stato di  custodia  cautelare  nel  procedimento  penale  n.  7020/93
 r.g.n.r.  procura  della  Repubblica presso la pretura di Ancona; con
 riferimento alla posizione dell'Andreucci, il p.m. ha  precisato  che
 il  procedimento  pendente ad Ancona e' connesso al presente, poiche'
 originariamente l'Andreucci e' stato coindagato con  Lapegna  Luca  e
 successivamente  la  posizione  del  secondo e' stata stralciata, con
 invio degli atti a Milano per competenza territoriale;
     che all'udienza del 19 maggio 1998 i tre imputati in procedimento
 connesso si sono avvalsi della facolta' di non rispondere;
     che alla stessa udienza il p.m. ha chiesto,  ai  sensi  dell'art.
 513,  comma  2 c.p.p., novellato dall'art. 1, legge 7 agosto 1997, n.
 267, l'acqusizione e la lettura dei verbali delle dichiarazioni  rese
 da  El Nahas Nagi e da Zaied Sami al p.m. presso la pretura di Milano
 rispettivamente in data 25 novembre 1992  e  1  dicembre  1992  e  da
 Andreucci  Alessio  al  g.i.p. presso la pretura di Ancona in data 30
 luglio 1997;
     che le tre parti che  si  sono  avvalse  della  facolta'  di  non
 rispondere  non  hanno prestato il consenso prescritto dall'art. 513,
 comma 2 novellato ed il pretore ha rigettato la  richiesta  del  p.m.
 sulla base del cogente disposto della norma, pur essendo gli elementi
 probatori da acquisire rilevanti ai fini della decisione;
     che   il   p.m.   ha   sollevato   eccezione   di  illegittimita'
 costituzionale della norma novellata  di  cui  sopra  per  violazione
 degli  artt.  3,  24  comma  2, 25, comma 2, 101, comma 2 e 112 della
 Costituzione, con memoria letta in dibattimento, che si  allega  alla
 presente ordinanza;
       Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale
   Le circostanze evidenziate nella parte introduttiva e nel paragrafo
 sulla  rilevanza della memoria del  p.m. in data 19 maggio 1998, alle
 quali si rimanda, mostrano  chiaramente  che  le  dichiarazioni  rese
 dagli  imputati  in  procedimento  connesso nella fase delle indagini
 preliminari costituiscono elementi di prova  estremamente  importanti
 per la decisione della causa.
   Cio'  e'  confermato  dalla  lettura  del  decreto  di  citazione a
 giudizio al capo A (relativamente ai rapporti tra l'imputato  Lapegna
 e  Andreucci  Alessio)  e al capo C (relativamente ai rapporti tra El
 Nahas Nagi e l'imputato Desogus Salvatore e a quelli tra Zaied Sami e
 gli imputati Ali Reda e Nabil Salit).
              Non manifesta infondatezza della questione
   La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata dal p.m.
 mette in luce, innanzi tutto, come l'attuale  formulazione  dell'art.
 513,  comma  2  c.p.p.  comporti  una  irragionevole  disparita'  nel
 trattamento riservato da una parte alle dichiarazioni rese nel  corso
 delle  indagini  preliminari  da un imputato di reato connesso che si
 avvalga in dibattimento della facolta' di non rispondere e dall'altra
 alle stesse dichiarazioni rese dal medesimo soggetto quando  non  sia
 possibile procedere all'esame del dichiarante per fatti o circostanze
 imprevedibili al momento delle dichiarazioni.
   Richiamato   il   principio   piu'   volte  affermato  dalla  Corte
 costituzionale secondo cui l'oralita'  ed  il  contraddittorio  hanno
 assunto  nel  nostro  ordinamento  il  carattere di criterio principe
 rispondente all'esigenza di ricerca della  verita',  ma  non  possono
 costituire il veicolo esclusivo della prova nel dibattimento, poiche'
 nel  nuovo  sistema processuale accanto al principio dell'oralita' e'
 presente il principio della non dispersione degli elementi  di  prova
 non  compiutamente acquisibili con il metodo orale, il p.m. evidenzia
 che   la   circostanza   che   l'irripetibilita'   dell'atto   derivi
 dall'esercizio  di  un  diritto  anziche'  da  un evento naturale non
 giustifica la radicale differenza dell'esito normativo, che nel primo
 caso non rende acquisibili elementi di prova (spesso  rilevantissimi)
 emersi  al  di  fuori  del  contraddittorio  nel corso delle indagini
 preliminari, mentre nel secondo ne consente la piena acquisizione.
    Sulla base di tali osservazioni il p.m.  ritiene  che  l'art  513,
 comma  2  c.p.p., novellato violi l'art. 3 e l'art. 24, comma 2 della
 Costituzione,   poiche'   la   norma   discrimina   irragionevolmente
 situazioni    del    tutto    simili   in   relazione   ai   principi
 processual-costituzionali  coinvolti,  con  conseguenze  radicalmente
 diverse nelle due ipotesi per il diritto di difesa dell'imputato.
   Il p.m. ritiene, inoltre, violati gli artt  25, secondo comma e 112
 della Costituzione.
   Infatti,  la  norma  censurata, consentendo ad un oggetto (sia pure
 imputato in procedimento connesso) che renda dichiarazioni  su  altri
 soggetti nella fase delle indagini preliminari (dichiarazioni che ben
 possono  essere  poste  a  base  di  misure  coercitive)  di  rendere
 inutilizzabili nel giudizio le prove fornite, viola il  principio  di
 legalita',  dal  quale  discendono  (come  riconosciuto  dalla  Corte
 costituzionale) i principi della ricerca  della  verita'  quale  fine
 primario  ed  ineludibile  del  processo penale e della conservazione
 delle prove.
   Inoltre, la norma  censurata,  comportando  un  potere  dispositivo
 delle   parti  sulla  prova  viola  le  regole  costituzionali  della
 soggezione del giudice soltanto  alla  legge  e  dell'obbligatorieta'
 dell'azione penale.
   Fin  qui  si e' seguita la questione di legittimita' costituzionale
 nei termini evidenziati dal p.m. nella  memoria  19  maggio  1998.  I
 problemi  sollevati  dal  p.m.  appaiono  di  notevole  consistenza e
 rilevanza, per cui puo' affermarsi con sicurezza  che  la  questione,
 nei termini prospettati, non e' manifestamente infondata.
   Nell'ipotesi  che  si ritenga inaccettabile che una parte che abbia
 reso dichiarazioni al pubblico ministero o al g.i.p. possa  sottrarsi
 a   suo  piacimento  al  contraddittorio  nella  fase  del  giudizio,
 contraendo in tal modo in maniera determinante il diritto  di  difesa
 dell'accusato,  la  legittimita'  costituzionale dell'art. 513 c.p.p.
 novellato andrebbe esaminata nella prospettiva  di  un  bilanciamento
 dei  due principi costituzioali del diritto di difesa e della ricerca
 della verita', affinche' la tutela di uno di  essi  non  comporti  la
 vanificazione dell'altro.
   Certamente,  la  legge  7  agosto  1997, n. 267, ha privilegiato il
 diritto di difesa a tal punto che, come giustamente rilevato dal p.m.
 l''attuale formulazione dell'art. 513, comma  2  c.p.p.,  attribuisce
 alla  parte  un potere dispositivo in ordine alla prova che contrasta
 con fondamentali principi costituzionali.
   L'effettivo contemperamento del diritto di difesa  dell'imputato  e
 del  principio di legalita' del processo e della prova presuppongono,
 allora, di  delimitare  correttamente  il  diritto  di  difesa  ed  i
 connessi  poteri  dispositivi  (tra  cui  il diritto dell'imputato ad
 esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e la facolta'  di  non
 rispondere).
   Cio'  comporta  di  distinguere  tra le dichiarazioni dell'imputato
 relative alla  propria  posizione  e  le  dichirazioni  dell'imputato
 relative  ad  altri soggetti, anche se coimputati o imputati di reati
 connessi.
   Nel primo caso, il diritto di difesa va garantito nella sua massima
 estensione;  al  contrario,  quando  l'imputato  rende  dichiarazioni
 relative  ad altri soggetti (che possono essere coimputati o imputati
 di  reati  connessi,  ma  anche  soggetti  diversi)  deve   prevalere
 l'interesse   all'acquisizione   della  prova  con  l'assoggettamento
 dell'imputato (la cui posizione in questo caso sarebbe assimilabile a
 quella di un testimone) al contraddittorio, nella fase del giudizio.
   Anche se la distinzione di  cui  sopra  puo'  essere  difficile  da
 tracciare,   solo  essa  consente  di  contemperare  i  due  principi
 costituzionali menzionati.
   Certamente la  legge  n.  267/1997,  nell'intento  di  tutelare  il
 diritto  di  difesa ha totalmente pretermesso principi costituzionali
 altrettanto fondamentali consentendo ad  una  parte  di  disporre  di
 elementi   di   prova  relativi  ad  altri  soggetti,  legittimamente
 acquisiti al processo nella fase delle indagini preliminari.
                                P. Q. M.
   Visti agli artt. 134 Cost. e 23 e segg. legge  11  marzo  1953,  n.
 87;
   Ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente infondata, in relazione
 agli artt. 3, 24, secondo comma,  25,  secondo  comma,  101,  secondo
 comma  e  112  della  Costituzione,  la  questione,  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 513, secondo comma, c.p.p., come  modificato
 dall'art. 1, legge  7 agosto 1997, n. 297;
   Dispone  l'immediata  trasmissione degli atti del procedimento alla
 Corte costituzionale;
   Sospende il giudizio in corso;
   Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione   della   presente
 ordinanza   al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  per  la
 comunicazione  della  stessa  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
     Milano, addi' 24 settembre 1998
  Il pretore: Micara
 98C1362