N. 895 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 1998

                                N. 895
   Ordinanza  emessa il 30 settembre 1998 dal tribunale amministrativo
 regionale dell'Umbria sul  ricorso  proposto  da  Consorzio  "Azienda
 Faunisico    Venatoria    Pietramelina"    contro   l'Amministrazione
 provinciale di Perugia ed altre
 Proprieta'  (Diritto  di)  -  Regione  Umbria   -   Terreni   inclusi
    coattivamente  nell'azienda faunistica venatoria di Pietramelina -
    Indennita' ai proprietari di importo pari al quadruplo del reddito
    dominicale - Eccessiva sproporzione di detta  indennita'  rispetto
    al  pregiudizio  minimo  o  inesistente subito dai proprietari dei
    terreni  -  Irrazionalita'  e   violazione   del   principio   del
    ragionevole equilibrio nei rapporti patrimoniali.
 (Legge  regione  Umbria  17 maggio 1994, n. 14, art. 20, comma 2-bis,
    modificato dalla Legge regione Umbria 19 luglio 1996, n. 18,  art.
    2).
 (Cost., artt. 3, 42, secondo comma, e 44, primo comma).
(GU n.52 del 30-12-1998 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 454/1997,
 proposto dal Consorzio "Azienda Faunistico  Venatoria  Pietramelina",
 in  persona  del  legale  rappresentante pro-tempore, rappresentato e
 difeso dall'avv.  Lietta Calzoni ed elettivamente domiciliata  presso
 la stessa in Perugia, via Bonazzi, 9;
   Contro  l'Amministrazione  provinciale  di  Perugia, in persona del
 Presidente pro-tempore  della  Giunta  provinciale,  rappresentato  e
 difeso  dall'avv. Massimo Minciaroni e presso lo stesso elettivamente
 domiciliato in Perugia, piazza Italia, 11 (Avvocatura provinciale);
   E nei confronti di:
     1) regione Umbria, non costituita;
     2) Giovanna Bebi,  Maria  Elena  Bebi,  Maria  Eda  Fanelli,  non
 costituite,  per  l'annullamento  del  provvedimento di rinnovo della
 concessione  per  la  gestione  dell'Azienda   Faunistico   Venatoria
 "Pietramelina",  emesso dalla provincia il 26 marzo 1997, prot. 7973,
 limitatamente alla parte in cui  determina  in  un  importo  pari  al
 quadruplo    del   reddito   dominicale   l'indennita'   dovuta   dal
 concessionario ai proprietari dei terreni inclusi  coattivamente  nel
 territorio dell'Azienda;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 provinciale;
   Viste le memorie difensive difensive e gli atti tutti del giudizio;
   Data per letta all'udienza del 30 settembre 1998, la relazione  del
 Presidente Lignani e udite le parti, come da verbale;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                            Fatto e diritto
   1.  -  La legge regionale umbra 17 maggio 1994, n. 14, all'art.  20
 (Aziende  faunistico  venatorie  e  agrituristico  venatorie),   mod.
 dall'art. 2 della l.r. 19 luglio 1996, n. 18, dispone:
     "  1. Le Amministrazioni provinciali (...) rilasciano concessioni
 per l'istituzione  di  aziende  faunistico  venatorie  e  di  aziende
 agrituristico  venatorie,  di cui all'art. 16 della legge 11 febbraio
 1992, n. 157 (...).
   "  2.  L'estensione  delle singole aziende faunistico venatorie non
 puo' essere inferiore ad ha 300 (...).
   " 2-bis. Le aziende faunistico-venatorie possono essere costituite,
 nei casi in cui dispongano comunque della superficie  individuata  al
 comma  2,  anche  quando il consenso dei proprietari e conduttori non
 sia inferiore al 95 per cento della superficie totale. Nei  territori
 inclusi,  corrispondenti  all'eventuale  massimo 5 per cento residuo,
 con il divieto assoluto di caccia operano le garanzie e le  procedure
 di  rimborso  dei  danneggiamenti arrecati dalla fauna selvatica alla
 produzione agricola di cui alla legge regionale  vigente;  gli  oneri
 derivanti  sono  a  carico    dell'azienda. Le Province stabiliscono,
 altresi, l'entita' e le modalita' di pagamento dell'indennita' che il
 titolare della concessione  deve  corrispondere  ai  proprietari  dei
 terreni inclusi senza il loro consenso entro il 31 gennaio di ciascun
 anno,  nella  misura  di  4  volte  il reddito dominicale. Il mancato
 rispetto di tali termini comporta  la  decadenza  del  provvediinento
 stesso.
     "3-9 (Omissis)".
   2.  -  Il  26  marzo 1997 il consorzio ricorrente ha ottenuto dalla
 provincia di Perugia il rinnovo (fino  al  31  dicembre  2000)  della
 concessione dell'Azienda faunistico venatoria "Pietramelina".
   In  questa  occasione  e'  stata  applicata, per la prima volta, la
 nuova disposizione introdotta dalla l.r. n. 18 del 1996, vale a  dire
 il comma 2-bis sopra riportato; in particolare e stata determinata in
 L.  2.472.144  annue  l'indennita' dovuta alle signore Giovanna Bebi,
 Maria Elena Bebi  e  Fanelli  Maria  Eda,  quale  comproprietarie  di
 terreni inclusi senza consenso nel territorio dell'Azienda.
   3.   -   Il   Consorzio   impugna   il  provvedimento  provinciale.
 limitatamente    alla    parte    relativa    alla     determinazione
 dell'indennita'.
   In  sintesi,  il  consorzio  sostiene  che  un'indennita'  pari  al
 quadruplo del reddito dominicale e sproporzionata  ed  eccessivamente
 gravosa per il concessionario, tenuto conto che quest'ultimo non puo'
 esercitare  la  caccia  nei  terreni  inclusi  invito  domino  e  che
 l'inclusione non comporta per  il  proprietario  oneri  o  limiti  di
 godimento,   salvo   quelli  inerenti  alla  protezione  della  fauna
 selvatica.  In subordine. il ricorrente  prospetta,  con  gli  stessi
 argomenti, una questione di legittimita' costituzionale.
   4. - Resiste al ricorso l'Amministrazione provinciale, deducendo in
 primo  luogo  che  il  suo  provvedimento e' pienamente conforme alla
 legge regionale, la quale del  resto  non  lascia  alcun  margine  di
 discrezionalita':  non sono dunque ipotizzablii vizi di violazione di
 legge  o  di  eccesso  di  potere;  e, in secondo luogo, che non sono
 fondate le censure di costituzionalita' rivolte contro la legge.
   Le  controinteressate  proprietarie  dei  terreni,  alle  quali  il
 ricorso appare ritualmente notificato, non si sono costituite.
   Non  si e' costituita neppure la regione Umbria, pure indicata come
 controparte nell'epigrafe del ricorso. Peraltro i  due  originali  di
 notifica  del ricorso, depositati in segreteria nei termini di legge,
 non recano  alcuna  attestazione  di  notifica  nei  confronti  della
 regione.    La  parte  ricorrente  ha  prodotto, nell'imminenza della
 discussione,  un  attestato  dell'ufficio  notifiche.   Si   potrebbe
 dubitare  della  tempestivita'  e  della  ritualita'  di quest'ultima
 produzione;  tuttavia  il  collegio ritiene superfluo approfondire la
 questione, giacche'  la  regione  non  e'  controparte  necessaria  o
 comunque  parte in senso sostanziale, ne' come autorita' emanante (ed
 invero non vengono impugnati provvedimenti da lei emanati)  ne'  come
 controinteressata   (nessun   vantaggio   deriva  all'amministrazione
 regionale dall'atto impugnato). La notifica nei  suoi  confronti  era
 dunque  ultronea,  ed  e'  percio'  inutile  dibattere  se  sia stata
 eseguita validamente o meno.
   5. - Nel merito, il collegio osserva che il provvedimento impugnato
 appare esente da qualsivoglia di  legittimita'.
   Se e' vero che il comma 2-bis attribuisce alla provincia il  potere
 di  stabilire  l'entita'  e  le  modalita'  dell'indennizzo  (il  che
 qualifica  il   relativo   atto   come   provvedimento   autoritativo
 suscettibile  d'impugnazione  davanti  al  giudice amministrativo) e'
 anche vero che il disposto della legge regionale  appare  interamente
 vincolante e non lascia margini alla discrezionalita'. In concreto la
 Provincia  non  deve  e non puo' far altro che accertare quale sia il
 reddito dominicale dei terreni inclusi e moltiplicarlo  per  quattro.
 ll   risultato   e   l'importo   annuo   dell'indennita'  dovuta  dal
 concessionario. E cosi e' stato fatto nel caso in esame.
   Cio'  rende   rilevante   e   non   eludibile   la   questione   di
 costituzionalita' prospettata dalla ricorrente.
   6. - Il collegio ritiene che la questione di costituzionalita' sia,
 per di piu', non manifestamente infondata.
   6.1.   -   Come   dedotto  dalla  ricorrente,  il  vincolo  imposto
 coattivamente ai proprietari dei terreni inclusi  comporta  oneri  di
 minima rilevanza.  Non vi sono altri vincoli che quelli inerenti alla
 protezione della fauna selvatica; il proprietario per il resto gode e
 sfrutta  liberamente  il  suo  fondo.  E' vietato a tutti l'esercizio
 della caccia: per il proprietario questo e' piu' un vantaggio che  un
 sacrificio, giacche' se fosse interessato ad esercitare in proprio la
 caccia  si  associerebbe  all'azienda faunistico-venatoria, mentre il
 divieto opponibile a qualsivoglia terzo costituisce  una  vantaggiosa
 deroga  all'art.  842  cod.  civ.,  che  e'  in  genere percepito dai
 proprietari dei fondi  come  una  odiosa  imposizione,  combattuta  -
 sinora  vanamente  -  con  iniziative  referendarie  ed  eccezioni di
 costituzionalita'.
   Per l'ipotesi che la fauna selvatica arrechi danni al fondo o  alle
 co1ture la norma regionale in parola pone a carico del concessionario
 il  risarcimento  del  danno;  ed  anche questa disposizione - la cui
 costituzionalita' non e' contestata dalla ricorrente - e' una  deroga
 vantaggiosa alle regole generali, in base alle quali ordinariamente
  nessuno  risponde  per  i  danni causati dai selvatici, cacciabili o
 meno.
   6.2. - In questa  prospettiva,  l'indennita'  annua,  nella  misura
 determinata   dalla   legge  regionale,  appare,  se  non  del  tutto
 ingiustificata, comunque sproporzionata.
   Basta considerare che il reddito dominicale  costituisce,  ai  fini
 fiscali,  il  reddito presunto del fondo. Ora, come si e' gia' detto,
 l'inclusione di un terreno nell'azienda faunistico-venatoria  non  ne
 diminuisce,  di  per  se', la redditivita', ed anzi, come gia' detto,
 puo'  risolversi  in  un  sia   pur   limitato   vantaggio.   Sicche'
 l'indennita'  in  questione  si  configura  come  un  vero  e proprio
 arricchimento, per di piu' - verosimilmente - esente da  imposte,  se
 e'  vero  che queste vengono liquidate sul reddito catastale e non su
 quello effettivo.
   6.3. - La parte ricorrente asserisce che l'indennita'  in  discorso
 risulta   piu'   elevata   del   canone  legale  (c.d.  equo)  dovuto
 dall'affittuario coltivatore diretto.
   Se questo e' vero, l'irrazionalita' appare ancor piu' evidente:  il
 proprietario del fondo dato in affitto non ne ritrae altra utilita' e
 altro reddito che il canone legale; il proprietario del fondo incluso
 in  un'azienda  faunistica  puo'  sfruttarlo  redditiziamente  a  suo
 piacimento,   e   in   piu'  riceve  l'indennita'  in  parola,  oltre
 all'eventuale risarcimento del danno.
   6.4. - Ma anche prescindendo dal confronto con l'equo canone  degli
 affitti  agrari,  resta evidente lo squilibrio fra il vincolo imposto
 al  proprietario  e  il  corrispettivo  imposto   al   concessionario
 dell'azienda faunistico venatoria.
   La  parte  ricorrente  si  spinge ad affermare che razionalmente si
 dovrebbe escludere la spettanza  di  qualsivoglia  indennita',  cosi'
 come  nessuna indennita' spetta ai proprietari di terreni gravati dai
 vincoli  ambientali  (legge  n.  1497/1939).  Ma  e'  noto   che   in
 quest'ultimo  caso  la Corte costituzionale (sentenza n. 55 del 1968)
 ha escluso la spettanza dell'indennita' con l'argomento che si tratta
 di vincoli inerenti a caratteristiche oggettive dell'immobile, che lo
 rendono intrinsecamente suscettibile di  determinati  usi  e  non  di
 altri;  e  non sembra essere questa la situazione dei terreni inclusi
 in un'azienda faunistico-venatoria.
   Se, dunque,  non  si  puo'  negare  una  giustificazione  razionale
 all'imposizione  di  un'indennita',  vi  e'  comunque  l'esigenza che
 quest'ultima sia proporzionata, tale cioe' da non  risolversi  in  un
 ingiustificato  arricchimento  ne'  in una ingiustificata lesione per
 una parte e per l'altra.
   6.5. - Ben  prima  della  solenne  affermazione  del  principio  di
 uguaglianza   nell'art.   3  della  Costituzione,  il  principio  del
 razionale equilibrio nei rapporti patrimoniali e, da sempre, uno  dei
 fondamenti  del  diritto  privato. Unicuique suum: niente di meno, ma
 anche niente di piu'.   Questo  principio  ispira,  tra  l'altro,  le
 disposizioni del codice civile in materia di rapporti di vicinato, di
 servitu'  coattive, di acquisto della proprieta' per accessione e via
 dicendo.
   Oltre che all'art. 3 della Costituzione, si puo'  fare  riferimento
 anche  agli  articoli  42,  secondo  comma,  e  44,  primo  comma, ed
 all'inerente  principio  della  funzione  sociale  della  proprieta'.
 Quest'ultimo  principio  comporta, fra l'altro, la necessita' che sia
 mantenuto  entro  i   limiti   dell'equo   e   del   ragionevole   il
 corrispettivo,  o  indennizzo,  dovuto  al titolare di una proprieta'
 parzialmente incisa  per  il  soddisfacimento  di  interessi  stimati
 prevalenti dal legislatore.
   7. - Conclusivamente il collegio ritiene di dover sollevare davanti
 alla  Corte  costituzionale  la questione sopra delineata che appare,
 per le ragioni esposte, rilevante e non manifestamente infondata.
                               P. Q. M.
   Sospende il giudizio;
   Solleva  davanti  alla  Corte  costituzionale   la   questione   di
 costituzionalita'  della legge regionale umbra 17 maggio 1994, n. 14,
 art. 20, comma 2-bis, nel testo determinato dalla legge regionale  19
 luglio  1996,  n.  18,  art.  2, con riferimento agli articoli 3, 42,
 secondo comma, e 44, primo comma, della Costituzione.
   Dispone  che  a  cura  della segreteria gli atti siano rimessi alla
 Corte costituzionale, previa notificazione della  presente  ordinanza
 alle  parti  in  causa  ed  il  Presidente  della giunta regionale, e
 comunicata al Presidente del Consiglio regionale.
   Cosi' deciso in Perugia nella camera di consiglio il  30  settembre
 1998.
                    Il Presidente relatore: Lignani
 98C1377