N. 413 ORDINANZA 10 - 16 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Sentenza di applicazione della pena - Possibilita'
 di  revoca  della  sospensione condizionale della pena - Esclusione -
 Richiesta di sentenza additiva - Identica questione  gia'  dichiarata
 dalla   Corte   manifestamente   inammissibile   (cfr.  ordinanza  n.
 297/1997)    -    Discrezionalita'    legislativa     -     Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P.P., artt. 444, 445; c.p., art. 168).
 
 (Cost.,  artt.  3,  13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, 25,
 secondo comma, 27, primo secondo e terzo comma, 101,  secondo  comma,
 102, primo comma, e 111, primo comma).
 
(GU n.51 del 23-12-1998 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof.   Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,    prof.    Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 444 e 445  del
 codice  di  procedura  penale  e  dell'art.  168  del  codice penale,
 promossi con n. 3 ordinanze emesse il 3 marzo (n. 2 ordinanze) ed  il
 13  febbraio 1998 dal pretoredi Siracusa, rispettivamente iscritte ai
 nn. 307, 308 e 328 del registro ordinanze  1998  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  18  e  19,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1998.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 ottobre 1998 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che con due identiche ordinanze il pretore di Siracusa  ha
 sollevato  questione  di legittimita' costituzionale degli artt.  445
 del codice di procedura penale e 168 del codice penale,  nella  parte
 in cui prevedono, nell'ambito delle rispettive sfere di applicazione,
 che  la  sentenza  di  applicazione  della  pena non e' titolo per la
 revoca della sospensione condizionale della pena, in  relazione  agli
 artt.   3, 13, primo comma, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 27,
 primo, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 102, secondo comma,
 111, primo comma, della Costituzione;
     che in entrambi i procedimenti il rimettente premette  di  essere
 stato  investito quale giudice dell'esecuzione di richiesta di revoca
 del beneficio della sospensione condizionale della pena, concessa con
 una prima sentenza di applicazione della pena, dopo che  era  passata
 in  giudicato  una seconda sentenza di applicazione della pena per un
 reato commesso entro i cinque anni dalla prima condanna;
     che il giudice a quo, rilevato che,  alla  stregua  del  "diritto
 vivente"  affermato da due recenti sentenze delle Sezioni Unite della
 Corte di cassazione, non e'  possibile  accogliere  la  richiesta  di
 revoca  avanzata  dal  pubblico ministero, precisa di non ignorare le
 recenti ordinanze  della  Corte  costituzionale  che  hanno  ritenuto
 analoghe  questioni  di legittimita' costituzionale inammissibili, in
 quanto  comporterebbero  un  intervento  additivo in malam partem, ma
 chiede a questa Corte di prendere  nuovamente  in  considerazione  le
 censure in riferimento agli ulteriori parametri sopra indicati;
     che, in particolare, il rimettente lamenta la violazione:
      dell'art.  3  Cost.,  in quanto e' irragionevole che, in caso di
 soggetti che abbiano commesso i medesimi reati e ai quali  sia  stata
 applicata la medesima pena, la revoca del beneficio della sospensione
 condizionale  della  pena  operi  solo nei confronti di chi sia stato
 giudicato con il rito ordinario;
      degli artt.  13,  primo  comma,  e  24,  secondo  comma,  Cost.,
 perche', stando all'orientamento delle Sezioni Unite, con la sentenza
 emessa  a  norma  dell'art.  444  cod.  proc.  pen.  la pena verrebbe
 applicata a persona non riconosciuta autore di un reato;
      dell'art. 25, secondo comma,  Cost.,  in  quanto  l'applicazione
 della  pena conseguirebbe ad un fatto che, peraltro, non si sa se sia
 stato effettivamente commesso;
      dell'art. 27, primo, secondo e terzo  comma,  Cost.,  in  quanto
 l'applicazione  della  pena  in  mancanza  di un giudizio positivo di
 responsabilita'  si  pone  in  contrasto   con   i   principi   della
 personalita'  della  responsabilita' penale, della presunzione di non
 colpevolezza  e  dell'effetto   rieducativo   della   sanzione,   che
 presuppone un soggetto colpevole;
      dell'art.  101,  secondo  comma, Cost., in quanto l'indipendenza
 del giudice risulta vulnerata in caso di emanazione di  una  sentenza
 vincolata all'accordo delle parti;
      dell'art.   102,   primo   comma,   Cost.,   perche'  l'istituto
 dell'applicazione della pena  subordina  l'esercizio  della  funzione
 giurisdizionale alla volonta' delle parti;
      dell'art.  111,  primo  comma,  Cost.,  perche'  la  sentenza di
 applicazione della pena e' carente di una effettiva motivazione;
     che con altra ordinanza  il  pretore  di  Siracusa,  chiamato  ad
 applicare la pena su richiesta delle parti in qualita' di giudice del
 dibattimento,  ha  sottoposto ad identiche censure gli artt. 168 cod.
 pen. e 445 cod. proc. pen., impugnando altresi', in subordine, l'art.
 444 cod.  proc. pen;
     che, al riguardo, il rimettente rileva che, ove la Corte  ritenga
 che  "il  diritto  vivente"  in  tema  di  effetti  della sentenza di
 applicazione  della  pena   non   presenti   vizi   di   legittimita'
 costituzionale,  le  censure  debbono  essere  estese all'intero rito
 alternativo del patteggiamento;
     che nei vari giudizi e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
 Stato, chiedendo, con distinti ma identici atti di intervento, che la
 questione sia dichiarata manifestamente infondata.
   Considerato che, in  relazione  al  contenuto  pressoche'  identico
 delle  tre  ordinanze,  deve essere disposta la riunione dei relativi
 giudizi;
     che il giudice a quo chiede alla Corte  una  pronuncia  volta  ad
 integrare   le   cause   di   revoca  di  diritto  della  sospensione
 condizionale della pena, tassativamente indicate dall'art. 168, primo
 comma, cod.  pen., in modo che la revoca operi anche a seguito  della
 sentenza  di  applicazione della pena su richiesta delle parti, cosi'
 riservando un trattamento deteriore per il condannato;
     che  identica  questione  e' gia' stata dichiarata manifestamente
 inammissibile con l'ordinanza n. 297 del 1997, in base al rilievo che
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  in  via  incidentale  e'
 precluso  alla  Corte qualsiasi intervento additivo in materia penale
 che si risolva in un trattamento deteriore per il condannato,  sempre
 che la disciplina non sia frutto di una scelta palesemente arbitraria
 e ingiustificata;
     che,  con  particolare  riferimento alle censure rivolte all'art.
 444 cod. proc. pen., il rimettente vorrebbe sottoporre a giudizio  di
 costituzionalita' l'intera disciplina dell'applicazione della pena su
 richiesta delle parti;
     che  analoga  questione  e'  gia' stata dichiarata manifestamente
 inammissibile con ordinanza n. 172 del 1998;
     che, al riguardo, questa Corte ha ripetutamente affermato,  anche
 con   specifico   riferimento  ai  procedimenti  speciali,  che  sono
 inammissibili questioni  formulate  in  termini  tali  da  comportare
 interventi  legislativi non costituzionalmente vincolati e, in quanto
 tali, rientranti nella sfera della discrezionalita'  del  legislatore
 (vedi  da  ultimo,  per quanto concerne in particolare l'applicazione
 della pena su richiesta delle parti, l'ordinanza n. 399 del 1997);
     che nelle ordinanze oggetto del presente  giudizio,  pur  essendo
 evocati  ulteriori  parametri costituzionali, non vengono prospettati
 profili  sostanzialmente  nuovi,  tali  da  indurre  questa  Corte  a
 rivedere le precedenti decisioni;
     che pertanto le questioni devono essere dichiarate manifestamente
 inammissibili.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle
 questioni  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 444 e 445 del
 codice di  procedura  penale  e  dell'art.  168  del  codice  penale,
 sollevate,  in  riferimento  agli artt. 3, 13, primo e secondo comma,
 24, secondo comma, 25, secondo comma,  27,  primo,  secondo  e  terzo
 comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111, primo comma, Cost.,
 dal pretore di Siracusa, con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                      Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1998.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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