N. 438 ORDINANZA 14 - 23 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Indennita' integrativa speciale  -  Divieto
 di  cumulo di due o piu' indennita' - Riferimento alle sentenze della
 Corte nn. 566/1989, 232/1992 - Intervento delle sezioni  unite  della
 Corte  dei conti con sentenza 13 luglio 1994, n. 100/C - Richiesta di
 interpretazione  autentica  da  parte  della  Corte  e  di  eventuale
 correzione   delle   proprie   precedenti   decisioni   -   Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (Legge 27 maggio 1959, n. 324, artt. 1, quarto comma, e  2,  sesto  e
 settimo comma).
 
 (Cost., artt. 36 e 136).
 
(GU n.52 del 30-12-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI,   prof.
 Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,    dott.  Cesare  RUPERTO,
 dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof. Gustavo ZAGREBELSKY,   prof. Valerio
 ONIDA, avv. Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto  CAPOTOSTI,    prof.
 Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 1, quarto
 comma, e 2, sesto e settimo comma, della legge  27  maggio  1959,  n.
 324  (Miglioramenti economici al personale statale in attivita' ed in
 quiescenza), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 5 marzo ed  il  25
 settembre  1997 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
 Regione siciliana sui ricorsi  proposti  da  Borgese  Antonino  e  da
 Gulisano  Santo contro la Direzione provinciale del Tesoro di Palermo
 iscritte al n. 470 del registro  ordinanze  1997  ed  al  n.  86  del
 registro  ordinanze  1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1997 e n.  9, prima
 serie speciale, dell'anno 1998;
   Visti  gli  atti  di  costituzione di Borgese Antonino, di Gulisano
 Santo nonche' gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  24  novembre  1998  il  giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
   Uditi l'avvocato Paolo Guerra per Gulisano Santo e l'Avvocato dello
 Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Ritenuto che  nel  corso  del  giudizio  in  materia  pensionistica
 promosso  da  Borgese  Antonino  avverso  il  provvedimento di revoca
 dell'indennita' integrativa speciale e della  tredicesima  mensilita'
 emesso dalla Direzione provinciale del Tesoro di Palermo la Corte dei
 conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, quarto comma,
 e  2,  sesto comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti
 economici al personale statale in attivita'  ed  in  quiescenza),  in
 riferimento agli artt. 36 e 136 della Costituzione;
     che   il  giudice  a  quo  ha  premesso  che  nei  confronti  del
 ricorrente, gia' appuntato dei  carabinieri  in  pensione,  e'  stata
 disposta  la  revoca  dell'indennita'  integrativa  speciale  e della
 tredicesima  mensilita'  (con  contestuale   recupero   delle   somme
 indebitamente  percepite)  in  relazione  ai  periodi per i quali era
 stato  accertato  lo  svolgimento  di  altra   attivita'   lavorativa
 retribuita presso una diversa amministrazione statale;
     che  tanto  la  legge n. 324 del 1959 quanto il successivo d.P.R.
 29 dicembre 1973, n. 1092, prevedevano che  l'indennita'  integrativa
 speciale  potesse  essere  percepita una volta sola, e cio' sia per i
 pensionati che svolgono un'altra attivita', sia per i  percettori  di
 due o piu' pensioni;
     che  il  divieto  di  cumulo di due o piu' indennita' integrative
 speciali deve pero' ritenersi venuto meno in forza delle sentenze  n.
 566  del  1989  e  n.  232  del  1992 di questa corte, le quali hanno
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale del divieto  generalizzato
 di cumulo dell'indennita' in questione con altra indennita' analoga e
 con  la  tredicesima  mensilita'  nella  parte in cui le norme allora
 impugnate non fissavano un limite al di sotto del quale tale  divieto
 non puo' essere operante;
     che,  perdurando  l'inerzia  del  legislatore,  al quale spettava
 l'individuazione concreta di tale limite, le  Sezioni  riunite  della
 Corte  dei  conti,  con  sentenza  13  luglio  1994,  n. 100/C, hanno
 ritenuto di poter colmare la lacuna mediante l'applicazione analogica
 degli artt. 1 e 2 della legge n. 324 del 1959  e  dell'art.  130  del
 d.P.R.    n.  1092  del  1973,  riconoscendo  che fino all'intervento
 (futuro)  del  legislatore,  espressamente   previsto   dalla   Corte
 costituzionale nelle sentenze sopra menzionate, deve ritenersi ancora
 sussistente  il  divieto  di  doppia  percezione  dell'indennita'  in
 questione;
     che siffatto orientamento giurisprudenziale appare  alla  sezione
 rimettente in palese contrasto con le citate sentenze di questa Corte
 (cui  vanno  aggiunte  le sentenze nn. 204 e 494 del 1993), in quanto
 idoneo  a  far  rivivere,  in  pratica,  le  norme  gia'   dichiarate
 costituzionalmente illegittime;
     che,  a  parere  del  giudice  a quo questa corte ha il potere di
 sindacare un'interpretazione giurisprudenziale che  abbia  assunto  i
 caratteri  del  diritto  vivente,  se  la  medesima si risolve in una
 sostanziale lesione del giudicato costituzionale;
     che  nel  giudizio  davanti  a  questa  corte  e'  intervenuto il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, evidenziando l'insufficiente
 motivazione dell'ordinanza di rimessione;
     che nel corso di altro giudizio in materia pensionistica promosso
 da Gulisano Santo avverso il provvedimento di revoca  dell'indennita'
 integrativa speciale emesso dalla Direzione provinciale del tesoro di
 Catania, la medesima sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
 settimo comma, della legge 27 maggio 1959,  n.  324,  in  riferimento
 all'art. 36, primo comma, della Costituzione;
     che  le  medesime  sezioni  riunite  della  Corte  dei conti, con
 successiva sentenza 16 luglio 1997, n. 39/40,  hanno  sostanzialmente
 mantenuto   l'indirizzo   di   cui   sopra,  dimostrando  di  seguire
 un'interpretazione ugualmente censurabile dal punto  di  vista  della
 legittimita' costituzionale;
     che  sulla  base  di  questo  dato  giurisprudenziale, assunto in
 termini di diritto vivente, il giudice a quo ritiene che la  presunta
 vigenza  dell'art.  2, settimo comma, della legge n. 324 del 1959 sia
 in contrasto con il richiamato parametro costituzionale;
     che anche in questo giudizio e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, chiedendo  che  la  sollevata  questione  venga
 dichiarata inammissibile o comunque infondata;
     che  davanti  a questa corte si e' costituito Gulisano Santo, con
 apposita  memoria,  sollecitando  l'accoglimento  della   prospettata
 questione  ovvero  l'emissione di una pronuncia che riconosca come le
 norme  oggi  impugnate  siano  da  considerarsi  gia'  colpite  dalle
 precedenti declaratorie di illegittimita' costituzionale;
   Considerato  che  i  giudizi, vertendo su questioni sostanzialmente
 identiche, possono essere riuniti per una decisione contestuale;
     che - in base a quanto affermato in altre occasioni (sentenza  n.
 295  del  1991  e  ordinanza  n.  524 del 1990) - non e' consentito a
 questa  corte  fornire  l'interpretazione  autentica  o   l'eventuale
 correzione  delle  proprie precedenti decisioni (nel presente caso si
 fa riferimento alle sentenze n. 376 del 1994, n. 494 del 1993, n. 232
 del 1992, n. 204 del 1992 e n. 566 del 1989);
     che  l'art.  254  del  d.P.R.  29  dicembre  1973,  n.  1092,  ha
 espressamente  abrogato  tutte  le  norme "relative al trattamento di
 quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, vigenti alla
 data del 21 dicembre 1973", con eccezione di  quelle  richiamate  nel
 medesimo testo unico;
     che  nella specie l'art. 2, sesto e settimo comma, della legge 27
 maggio 1959,  n.  324,  attualmente  sottoposto  a  scrutinio  e'  da
 ritenersi  espunto  dal  sistema, siccome sostanzialmente trasfuso in
 altra norma, la quale  e'  gia'  stata  colpita  da  declaratoria  di
 illegittimita'  costituzionale  in parte qua (v. l'art. 99, secondo e
 quinto comma, d.P.R. n. 1092 del 1973, dichiarato  costituzionalmente
 illegittimo  con  le sentenze n. 566 del 1989 e n. 494 del 1993); ne'
 e' ammissibile l'esame degli evocati artt.  1,  quarto  comma,  della
 legge 27 maggio 1959, n. 324, cit., e 130 del medesimo d.P.R. n. 1092
 del   1973,   relativi   a  fattispecie  diverse,  dal  momento  che,
 rispettivamente, il giudizio a quo non concerne l'ipotesi  di  cumulo
 di  impieghi,  e  l'indennita'  integrativa  speciale  non ha piu' la
 caratteristica di effettiva accessorieta' (v. le sentenze n. 243  del
 1993 e n. 115 del 1990);
     che   pertanto   le   questioni   sollevate,   riguardando  norme
 inesistenti o comunque irrilevanti, debbono ritenersi  manifestamente
 inammissibili.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la manifesta inammissibilita' delle
 questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, quarto comma,
 e 2, sesto e settimo comma,  della  legge  27  maggio  1959,  n.  324
 (Miglioramenti  economici  al  personale  statale  in attivita' ed in
 quiescenza) sollevate, in riferimento  agli  artt.  36  e  136  della
 Costituzione,  dalla  Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
 Regione siciliana, con le ordinanze di cui in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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