N. 443 ORDINANZA 14 - 23 dicembre 1998

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale -  Equiparazione  della  posizione  dell'imputato  di
 reato  connesso ovvero probatoriamente collegato nei cui confronti il
 procedimento penale sia ancora in corso a  quella  di  chi  sia  gia'
 stato  condannato  con  sentenza  divenuta irrevocabile - Avvalimento
 della facolta' di non rispondere - Intervento  della  sentenza  della
 Corte  con  sentenza  n.  361/1998  dichiarativa della illegittimita'
 costituzionale parziale dell'art. 513, comma 2, del c.p.p. - Modifica
 della disciplina a regime - Esigenza di un nuovo esame da  parte  del
 giudice a quo circa la rilevanza delle questioni - Restituzione degli
 atti al giudice rimettente.
 
 (C.P.P.,  artt. 210 e 513; legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, commi
 1, 2 e 5).
 
(GU n.52 del 30-12-1998 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Cesare MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Cesare RUPERTO,  dott.  Riccardo  CHIEPPA,
 prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,    avv. Fernanda
 CONTRI, prof. Guido NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
 prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 210 e 513 del
 codice di procedura penale, nonche' dell'art. 6, commi 1, 2 e 5 della
 legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni  del  codice
 di procedura penale in tema di valutazione delle prove), promossi con
 ordinanze  emesse  il  5  dicembre 1997 dal tribunale di Trento, il 9
 gennaio 1998 dal tribunale di Castrovillari, il 19 dicembre 1997  dal
 tribunale  di  Trento  ed il 31 marzo 1998 dal  tribunale di Venezia,
 rispettivamente iscritte ai nn. 79,  106,  194  e  500  del  registro
 ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn. 8, 9, 13 e 28, prima serie speciale, dell'anno 1998;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 10  dicembre  1998  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Ritenuto  che  il  tribunale  di  Trento  (r.o. n. 79 del 1998), il
 tribunale di Castrovillari (r.o. n. 106 del 1998), il   tribunale  di
 Trento  (r.o. n. 194 del 1998) e il tribunale di Venezia (r.o. n. 500
 del 1998) hanno sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  210  e  513  del  codice  di  procedura penale, nonche'
 dell'art.  6, commi 1, 2 e 5, della  legge  7  agosto  1997,  n.  267
 (Modifiche  delle disposizioni del codice di procedura penale in tema
 di valutazione delle prove), in riferimento agli artt. 2, 3, 24,  25,
 101, 102, primo comma, 111 e 112 della Costituzione;
     che  tutte  le  questioni  sono  state  sollevate  nel  corso  di
 dibattimenti nei quali i soggetti  che  avevano  reso  in  precedenza
 dichiarazioni  erga  alios,  citati ai sensi dell'art. 210 cod. proc.
 pen., si sono avvalsi della facolta' di non rispondere e gli imputati
 non hanno prestato il consenso alla  utilizzazione  delle  precedenti
 dichiarazioni;
     che,  in  particolare,  il  Tribunale  di  Trento, in entrambe le
 ordinanze, dubita della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  210
 cod.  proc.  pen., nella parte in cui (comma 1) equipara la posizione
 dell'imputato di reato connesso,  ovvero  probatoriamente  collegato,
 nei  cui  confronti  il  procedimento  penale  sia ancora in corso, a
 quella di  chi  sia  gia'  stato  condannato  con  sentenza  divenuta
 irrevocabile;
     che  secondo  il  tribunale  di  Trento la disposizione impugnata
 sacrifica irragionevolmente il principio  di  non  dispersione  della
 prova per tutelare un soggetto la cui posizione processuale e' oramai
 definita  e  per  il quale nessuna conseguenza sfavorevole potra' mai
 scaturire  da  qualsivoglia  dichiarazione  resa   nel   procedimento
 connesso  o  collegato,  cosi' violando: gli artt. 3, 101 e 112 della
 Costituzione (r.o. n. 79 del 1998), e cioe' il principio  secondo  il
 quale   il  processo  deve  tendere  all'accertamento  della  verita'
 storica; gli artt. 2, 3, 25, 101 e 112 della  Costituzione  (r.o.  n.
 194  del  1998),  e  cioe'  i principi di obbligatorieta' e legalita'
 dell'azione penale, esonerando un soggetto, per il quale peraltro non
 vi e' piu' ragione di garantire il diritto di difesa, dall'obbligo di
 testimonianza, che e' obbligo di solidarieta' sociale;
     che il tribunale di Castrovillari censura l'art. 210  cod.  proc.
 pen.  nella  parte  in  cui  (commi 1 e 4) prevede la facolta' di non
 rispondere anche per  l'imputato  in  procedimento  connesso  la  cui
 posizione  processuale  sia  stata definita con sentenza di condanna,
 ancorche' non definitiva;
     che a parere del rimettente consentire a  tale  soggetto  di  non
 sottoporsi  all'esame  dibattimentale  determina  la violazione degli
 artt. 3, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 101, 102, primo comma,
 111 e 112 Cost., perche' verrebbe  irragionevolmente  sacrificato  il
 principio   della   indefettibilita'   della  giurisdizione,  nonche'
 l'interesse dell'imputato chiamato a difendersi in  dibattimento  nei
 confronti  delle  dichiarazioni  eteroindizianti  rese  in precedenza
 dall'imputato in procedimento connesso;
     che il tribunale di Venezia censura il medesimo art. 210  perche'
 consente  (comma  4) che l'imputato di reato connesso, che abbia reso
 dichiarazioni indizianti  a  carico  di  soggetti  non  presenti  nel
 momento   in   cui  tali  dichiarazioni  venivano  rilasciate,  possa
 avvalersi della facolta' di non rispondere nel dibattimento a  carico
 di tali soggetti;
     che a parere del tribunale di Venezia sarebbero cosi' violati gli
 artt.   3,   24,  25,  secondo  comma,  101  e  112  Cost.,  perche',
 irragionevolmente, da un canto si impone  al  pubblico  ministero  la
 raccolta  di  prove  sul fatto da accertare, dall'altro si condiziona
 l'effettivo esercizio della azione penale e lo  scopo  della  ricerca
 della  verita' alla volonta' di un soggetto "controinteressato", e si
 lede cosi' anche: il principio di uguaglianza tra  imputati  (essendo
 il  dichiarante  arbitro  di scegliere in quale processo parlare e in
 quale avvalersi del  diritto  al  silenzio);  il  diritto  di  difesa
 dell'accusato  (che  ha  interesse  a  vedere  affermata  la  propria
 innocenza  attraverso  l'accertamento  della  verita'  storica  e  il
 controesame dell'accusatore); il principio costituzionale che  impone
 allo  Stato  di punire i colpevoli; il principio della sottoposizione
 del giudice alla legge nonche' il principio di  non  dispersione  dei
 mezzi  di  prova  (elevato  a rango di principio costituzionale dalla
 sentenza n. 255 del 1992 della Corte costituzionale);
     che il tribunale di Trento nella seconda ordinanza (r.o.  n.  194
 del  1998)  e  il  tribunale  di  Castrovillari  dubitano anche della
 legittimita' costituzionale  dell'art.  513  cod.  proc.  pen.,  come
 modificato  dalla  legge  n.  267  del 1997, nella parte in cui fanno
 dipendere dall'esercizio di un potere meramente  discrezionale  delle
 parti  la  lettura  e  l'utilizzabilita'  dei  verbali  contenenti le
 dichiarazioni dell'imputato che, esaminato ex  art.  210  cod.  proc.
 pen., si sia avvalso della facolta' di non rispondere;
     che  a parere dei rimettenti la disposizione impugnata violerebbe
 gli artt. 2, 3, 24, 25, 101, 111 e 112 Cost.:  perche',  mediante  la
 creazione  di  un meccanismo di disposizione della prova, ne ostacola
 irragionevolmente la formazione, sacrificando la funzione conoscitiva
 del dibattimento, l'accertamento della verita' e lo stesso  esercizio
 della  giurisdizione, e perche', rendendo non conoscibile dal giudice
 una fonte di prova legittimamente raccolta, si pone in contrasto  con
 i  principi  di  uguaglianza, legalita' e obbligatorieta' dell'azione
 penale, effettivita' della tutela giurisdizionale; perche',  rendendo
 il  dichiarante  arbitro  della scelta di investire o meno il giudice
 della conoscenza di quanto da lui narrato, si presta a  macroscopiche
 disparita'  di  trattamento,  vuoi  con  riferimento  all'ipotesi  di
 imputati che siano ancora sottoposti alle indagini preliminari e  che
 subiscano   gli   effetti  di  incidente  probatorio  tempestivamente
 richiesto, vuoi rispetto a coloro che si trovino a subire gli effetti
 di una sopravvenuta  impossibilita'  di  ripetizione  dell'esame,  ad
 esempio   per   morte  del  dichiarante,  vuoi,  infine,  rispetto  a
 coimputati la cui posizione sia definita in altro processo, nel quale
 il dichiarante non si sia avvalso della facolta' di non rispondere;
     che,  infine,  il  tribunale  di   Venezia,   il   tribunale   di
 Castrovillari   e   il   tribunale  di  Trento  censurano  il  regime
 transitorio introdotto dall'art. 6 della legge n. 267 del 1997, nella
 parte in cui rende immediatamente  applicabile  la  nuova  disciplina
 dell'art.   513   cod.      proc.   pen.   ai  procedimenti  in  fase
 dibattimentale,  nonostante  il  rinvio  a  giudizio  sia  successivo
 all'entrata in vigore della legge;
     che,  al  riguardo,  il  tribunale di Venezia omette, pero', ogni
 riferimento ai parametri  costituzionali  violati;  il  tribunale  di
 Castrovillari  non impugna esplicitamente la disposizione transitoria
 e svolge le sue censure in relazione all'art. 513 cod. proc. pen., in
 quanto immediatamente applicabile; il tribunale di Trento  omette  in
 parte  motiva  qualsiasi  cenno  alla questione di costituzionalita',
 menzionata solo in dispositivo;
     che  in  tutti  i  giudizi  di  legittimita'  costituzionale   e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso    dall'Avvocatura    generale   dello   Stato,   riportandosi
 integralmente,  stante  l'analogia  delle  questioni,   all'atto   di
 intervento  relativo  al  giudizio  di costituzionalita' promosso con
 ordinanza r.o. n. 776 del 1997, gia' deciso con sentenza n.  361  del
 1998,  nonche',  per  il  solo  giudizio di legittimita' promosso con
 ordinanza r.o. n. 500 del 1998, anche all'atto di intervento relativo
 alla  questione  sollevata dal tribunale di Lecco con ordinanza del 1
 dicembre 1997, fissata per la camera di  consiglio  del  10  febbraio
 1999,  nel  quale  si  rileva  che  l'esclusione  di  alcuni soggetti
 dall'ambito di operativita' dell'art.   210 cod.  proc.  pen.,  e  la
 conseguente  eliminazione  del  divieto  previsto  dall'art. 197 cod.
 proc. pen., condurrebbe ad  un  ampliamento  dell'area  del  precetto
 penale  sostanziale, e dunque ad un intervento additivo precluso alla
 Corte;
   Considerato che tutte le ordinanze  di  rimessione  sottopongono  a
 censura  la  facolta',  riconosciuta  alle persone indicate dall'art.
 210, comma 1, cod. proc. pen., di avvalersi, a norma del comma 4  del
 medesimo articolo, della facolta' di non rispondere;
     che l'esercizio di tale facolta' viene denunciato in relazione al
 regime  di  inutilizzabilita'  ai  fini  della decisione, in mancanza
 dell'accordo delle parti, delle dichiarazioni rese nella  fase  delle
 indagini  preliminari  dall'imputato  in  procedimento connesso, alla
 stregua delle modifiche introdotte nell'art. 513, comma 2, cod. proc.
 pen., dalla legge n. 267 del 1997, anch'esso sottoposto  a  scrutinio
 di legittimita' costituzionale;
     che, attesa la sostanziale identita' delle questioni, deve essere
 disposta la riunione dei relativi giudizi;
     che,  in particolare, nelle due ordinanze del tribunale di Trento
 (r.o. nn. 79 e 194 del 1998) la  facolta'  di  non  rispondere  viene
 censurata in riferimento alla posizione di imputati di reato connesso
 gia'   condannati   con   sentenza   divenuta   irrevocabile,  mentre
 nell'ordinanza del tribunale di Castrovillari (r.o. n. 106 del  1998)
 le  censure  si  riferiscono  alla  posizione  di  un  imputato  gia'
 condannato, ma con sentenza non definitiva;
     che, successivamente all'emissione delle ordinanze, questa Corte,
 con sentenza  n.  361  del  1998,  ha  inciso  sul  quadro  normativo
 risultante dal disposto degli artt. 210 e 513 cod. proc. pen.;
     che  in  tale  sentenza  la  Corte,  da  un  lato,  ha dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 513, comma  2,  cod.  proc.
 pen.  "nella  parte  in  cui  non prevede che, qualora il dichiarante
 rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su  fatti
 concernenti  la  responsabilita'  di  altri  gia'  oggetto  delle sue
 precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo delle  parti  alla
 lettura  si  applica  l'art.    500,  commi  2-bis e 4, del codice di
 procedura penale", dall'altro, ha rigettato  le  eccezioni  sollevate
 nei  confronti dell'art. 210, comma 4, cod. proc. pen., rilevando che
 l'attuale qualificazione come imputati dei soggetti indicati in  tale
 norma  rende coerente la scelta del legislatore di attribuire loro la
 facolta' di non rispondere ed individuando gli  strumenti  per  porre
 rimedio  alle censure di illegittimita', gia' allora rivolte all'art.
 210 cod.  proc.  pen.,  nell'estensione  all'esame  dell'imputato  in
 procedimento  connesso  su  fatti  concernenti  la responsabilita' di
 altri della disciplina delle contestazioni  prevista  dall'art.  500,
 commi 2-bis e 4, cod. proc. pen.;
     che,   con   riguardo  alle  ordinanze  che  investono  anche  la
 disciplina transitoria (r.o. nn. 106, 194 e 500 del 1998), la  citata
 sentenza  n.  361  del  1998, nel disporre la restituzione degli atti
 relativi a questioni che avevano impugnato l'art. 6  della  legge  n.
 267  del 1997, ha affermato che doveva essere valutato dai rimettenti
 se  le  questioni  potessero  considerarsi  superate  a seguito della
 modifica della disciplina a regime, "che ora permette  di  recuperare
 mediante il sistema delle contestazioni i singoli contenuti narrativi
 delle dichiarazioni rese in precedenza";
     che  pertanto  occorre  restituire gli atti ai giudici rimettenti
 affinche'  verifichino  se,  alla   luce   della   nuova   disciplina
 applicabile  a  seguito  della sentenza n. 361 del 1998, le questioni
 sollevate siano tuttora rilevanti.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti  al  tribunale
 di Trento, al tribunale di Castrovillari e al tribunale di Venezia.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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