N. 446 ORDINANZA 14 - 23 dicembre 1998
Giudizio di ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Costituzione della Repubblica italiana - Camera dei deputati e tribunale di Reggio Calabria - On. Vittorio Sgarbi - Insindacabilita' delle opinioni dei membri del Parlamento - Insussistenza di contrasto di valutazioni tra la Camera e l'autorita' giudiziaria - Inesistenza di una delibera della Camera dei deputati dichiarativa della insindacabilita' delle opinioni espresse dal ricorrente - Difetto del requisito oggettivo - Inammissibilita'.(GU n.52 del 30-12-1998 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal deputato al Parlamento Vittorio Sgarbi nei confronti del tribunale di Reggio Calabria con ricorso depositato il 28 luglio 1998 ed iscritto al n. 99 del registro ammissibilita' conflitti; Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1998 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti; Ritenuto che il ricorrente, premesso d'essere membro del Parlamento, espone d'essere stato condannato dal tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del 13 luglio 1998, per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa per le opinioni espresse "in relazione a fatti di estrema rilevanza politico-sociale" nel corso di due interviste televisive e radiofoniche; che, secondo il ricorrente, "i componenti del tribunale di Reggio Calabria" instaurando il processo penale a suo carico per il suindicato reato hanno violato le norme della Costituzione che garantiscono la liberta' di pensiero, l'insindacabilita' delle opinioni dei membri del Parlamento e ne definiscono le funzioni e lo hanno altresi' sottratto al giudice naturale, violando il suo diritto di difesa (artt. 21, 24, 25, 67 e 68 della Costituzione); che inoltre, a suo avviso, deve riconoscersi - essendo costituzionalmente illegittima una diversa interpretazione delle norme vigenti in materia - "il diritto del membro del Parlamento a ricorrere alla Corte costituzionale, anche in assenza di un'attivazione della Presidenza della Camera" nei confronti di un atto dell'autorita' giudiziaria, dal momento che analogo diritto sarebbe riconosciuto a ciascun componente dell'ordine giudiziario; che il ricorrente chiede che la Corte dichiari che "i funzionari dell'ordine di cui all'art. 104 della Costituzione, componenti il tribunale di Reggio Calabria" sottoponendolo a processo penale, "hanno avviato un conflitto con il Parlamento"; Considerato che, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte e' chiamata preliminarmente a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo dell'esistenza della materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti alla sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dal medesimo art. 37; che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'art. 68, primo comma, della Costituzione attribuisce alla Camera di appartenenza la potesta' di dichiarare che l'opinione espressa da un membro del Parlamento e' qualificabile come esercizio delle funzioni parlamentari e, sino a quando tale potesta' non e' esercitata, l'autorita' giudiziaria che procede e' titolare del potere di valutare solo incidenter tantum la sindacabilita' di detta opinione, ferma restando la facolta' del membro del Parlamento di sollecitare il riesame della valutazione operata dall'autorita' giudiziaria mediante gli ordinari mezzi di impugnazione (ordinanze n. 388 e n. 389 del 1998; sentenze n. 265 del 1997, n. 1150 del 1988); che, ancora secondo l'indicato orientamento giurisprudenziale - che la prospettata interpretazione del ricorrente non induce a rimeditare, in quanto basata sul raffronto tra situazioni non omogenee -, la Corte costituzionale puo' essere chiamata ad intervenire soltanto a posteriori quando risulti da atti formali una divergenza tra la valutazione della Camera di appartenenza e quella dell'autorita' giudiziaria; che, nel caso in esame, non emerge un contrasto di valutazioni tra la Camera e l'autorita' giudiziaria, in quanto dagli atti prodotti dal ricorrente non risulta una delibera della Camera dei deputati che abbia dichiarato l'insindacabilita' delle opinioni espresse dal ricorrente e per le quali e' stato instaurato il procedimento penale in oggetto; che, conseguentemente, non puo' ritenersi vi sia materia di un conflitto, sicche' il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto del requisito oggettivo;
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato indicato in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998. Il Presidente: Granata Il redattore: Capotosti Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998 Il direttore della cancelleria: Di Paola 98C1422