N. 58 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 1998- 25 gennaio 1999
N. 58 Ordinanza emessa il 17 febbraio 1998 (pervenuta alla Corte costituzionale il 25 gennaio 1999) dalla Commissione tributaria di 1 grado di Bolzano sul ricorso proposto da Beta Costruzioni s.r.l. contro la Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.a. ed altro. Contenzioso tributario - Estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere - Spese processuali - Imposizione a carico della parte che le ha anticipate - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto nell'ipotesi di rinuncia al ricorso - Incidenza sul diritto di difesa. (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46, comma 3). (Cost., artt. 3, primo e secondo comma, e 24).(GU n.7 del 17-2-1999 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 1812/1996 depositato il 23 dicembre 1996, avverso Car. Esattoriale n. 6647078 - Tosap, 94 contro Concessionario di Bolzano Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.a. da Beta Costruzioni S.r.l. a mezzo legale rappr. pro-tempore residente a Bolzano .Bozen. (Bolzano) in Viale Venzia, 61, difeso da: avv.to Miori Luciano Andrea residente a Bolzano .Bozen. (Bolzano) in Via Duca D'Aosta, 51. F a t t o La questione proposta al giudizio di questo Collegio nasce dalla richiesta di pagamento della Tosap avanzata dal comune di Bolzano nei confronti della Ditta "BE.TA." Costruzioni S.r.l." in relazione a varie annualita' per avere quest'ultima occupato temporaneamente con ponteggi parte dell'area denominata "ex Monopolio" dopo averne chiesta l'autorizzazione al comune medesimo. Appurato, successivamente, che l'area non era di proprieta' comunale, ma del Demanio pubblico dello Stato in quanto area di sedime di un ex Deposito generi di Monopolio, la societa' contestava, in via amministrativa, la pretesa del comune ed, a seguito di notifica di cartella esattoriale, provvedeva ad impugnarla con ricorso in Commissione Tributaria. In sede di scambio di memorie, depositate tutte nei termini anteriormente all'udienza dibattimentale, il comune riconosce l'illegittimita' della pretesa disponendo il rimborso di quanto gia' versato dalla societa' e chiede che venga dichiarata cessata la materia del contendere. La richiesta non trova l'adesione della societa' ricorrente per la parte relativa alle spese di giudizio al pagamento integrale delle quali chiede venga condannata l'amministrazione comunale nonostante abbia fatto tardivamente ricorso all'istituto dell'autotutele con il ritiro della pretesa ed il rimborso di quanto indebitamente versato. Sostiene, infatti, la parte attrice che il comportamento del comune del tutto ingiustificato fin dall'origine ed ostinatamente perseguito durante la fase amministrativa della procedura contenziosa, l'avesse costretta ad affrontare spese processuali delle quali non ritiene giusto farsi carico. Peraltro, ad avviso della ricorrente, il disposto del comma 3 dell'art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992 che, in caso di cessazione della materia del contendere, assegna l'onere delle spese di giudizio a chi le ha gia' anticipate, puo' essere superato dal principio, piu' volte enunciato dalla Corte di Cassazione della soccombenza teorica". In buona sostanza, si tratterebbe di disporre la condanna alle spese cosi' come sarebbe accaduto se si fosse pervenuti ad un giudicato di merito, in realta' impedito dal ravvedimento della pubblica amministrazione. La richiesta formulata dalla societa' viene supportata dal richiamo a due decisioni della Suprema Corte di Cassazione (la n. 4863 del 15 luglio 1983 della I Sezione Civile e la n. 3346 del 21 aprile 1990 della III Sezione Civile) che nulla hanno, in realta', che vedere con l'argomento. Ciononostante, questo Collegio e' a conoscenza di un tale orientamento della Corte di Cassazione che consente di formulare il giudicato sulle spese di causa anche nel caso in cui, venuta meno la materia del contendere, il giudice ritenga che il comportamento in sede contenziosa di una delle parti sia stato particolarmente temerario. Occorre osservare che la giurisprudenza delle Commissioni Tributarie non e' stata, al riguardo, univoca. Infatti, a fronte di alcune decisioni che hanno ritenuto di poter superare il preciso disposto del terzo comma dell'art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992, applicando sic et simpliciter anche nel campo del contenzioso tributario il principio della soccombenza teorica elaborato dalla Suprema Corte di Cassazione in campo civilistico (vedi, da ultimo, la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce - Sez. IV n. 60 del 23 maggio 1997), altri Collegi, pur riconoscendo la coerenza del principio sia con l'ordinamento generale che con le finalita' perseguite del testo di riforma del contenzioso tributario, hanno trovato insuperabile la specialita' della norma che disciplina l'assegnazione delle spese di causa nel procedimento tributario in caso di cessazione della materia del contendere. Ed, in realta', l'art. 45 in questione non dispone che le spese siano a carico della parte che le ha anticipate soltanto per il caso "di definizione della pendenze tributarie previsti dalla legge" e, quindi, allorche' la cessazione della materia del contendere dipende da una definizione in senso tecnico (condono, accertamento con adesione, conciliazione giudiziaria, dichiarazione integrativa), come sembra sostenere la societa' ricorrente, ma anche "in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere" che ha un valore residuale completo comprensivo certamente della situazione venutasi a determinare nel presente procedimento per effetto della rinuncia alla pretesa da parte del comune di Bolzano. Cio' detto, occorre osservare che vari altri Collegi della giurisdizione tributaria di merito hanno ritenuto di tentare di superare l'illogica disposizione del comma 3 dell'art. 46 formulando un'ordinanza di remissione della questione alla Corte costituzionale per la dichiarazione d'illegittimita' della disposizione (vedi, al riguardo, le ordinanze della Commissione Tributaria Provinciale di Macerata dell'11 aprile 1997 e della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce del 23 maggio 1997). D i r i t t o Il decreto legislativo che, a decorrere dal 1 aprile 1996, ha diversamente regolamentato il processo, tributario sostituendo il D.P.R. n. 636/1972, presenta due articoli che disciplinano l'estinzione del processo (l'art. 44 e l'art. 45) ed un articolo (il 46) che disciplina l'estinzione del giudizio. Al di la' di quelli che sono gli effetti sul procedimento contenzioso, si presenta di particolare interesse il rapporto fra l'art. 44 e l'art. 46 con riguardo al giudizio sulle spese di causa. Non interessa, al riguardo, invece, l'art. 45 che disciplina l'estinzione del processo per inattivita' delle parti. Infatti, in questo caso "le spese del processo estinto restano a carico delle parti che le hanno anticipate". Ne', in realta', sembra possibile una diversa soluzione stante l'inattivita' delle parti. Diverso e' il caso degli artt. 44 e 46 dove, a fronte di comportamenti omogenei, la legge dispone un diverso trattamento delle spese di giustizia maturate. L'art. 44 disciplina l'ipotesi di rinuncia al ricorso. In realta', in tal caso, si possono verificare due ipotesi: a) la rinuncia al ricorso da parte di uno dei ricorrenti viene accettata per iscritto da tutte le altre parti. In tal caso il processo si estingue; b) la rinuncia al ricorso non e' accettata dalle parti costituite "che abbiano effettivo interesse alla prosecuzione del processo". In tal caso il processo prosegue. L'ipotesi interessante, ai fini della condanna alle spese di causa, e' la prima. Infatti, nel caso di estinzione del processo per rinuncia del ricorrente, questi deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo. Quindi, la legge, pur riconoscendo che, in merito, le parti in causa si accordino diversamente, in mancanza di diverso accordo fa carico delle spese al rinunciante. Situazione analoga e' quella prevista dall'art. 46 dove, tuttavia, il vanir meno della materia del contendere comporta un regolamento del carico delle spese tale che, in ogni caso, chi le ha anticipate le deve sopportare. A giustificazione del diverso orientamento del legislatore forse puo' dirsi che il primo comma dell'art. 46, nella sua genericita', comprende numerose ipotesi di cessazione della materia del contendere che avrebbero resa complessa una disciplina del carico della spesa analoga a quella dell'art. 44. Tuttavvia, cio' che lascia perplessi e' la rigidita' del terzo comma che, disponendo la compensazione delle spese, esclude qualsiasi possibilita' per il giudice di valutare caso per caso e trattare situazioni simili in modo analogo. Al Collegio appare giustificata la doglianza del ricorrente e la richiesta di addebito integrale delle spese al comune. Orbene, osservata la disparita' di trattamento in relazione alle spese riservata dai due articoli in esame alla parte che abbandona la causa, resta da chiedersi se sia possibile che anche nel procedimento contenzioso trovi applicazione il principio processual-civilistico della soccombenza virtuale. Se, in effetti, sia possibile superare sul piano logico-giuridico l'impedimento alla estensione al processo tributario del principio affermatosi nel processo civile ordinario, costituito dalla specialita' dell'art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992. Al riguardo e' necessario richiamare due istituti di recente introduzione nell'ordinamento che sono confluiti od hanno, comunque influenzato l'art. 46, comma 3 delineandone i connotati: a) l'istituto del giudicato sulle spese di lite introdotto nel processo tributario dall'art. 35 del decreto legislativo che ha novellato al riguardo; b) l'istituto dell'"autotutela" della pubblica amministrazione introdotto in attuazione dei criteri di efficienza, efficacia ed economicita' specificamente richiamati dall'art. 1 del D.Lgs. n. 29/1993. In realta', l'istituto dell'autotutela non costituisce un'innovazione introdotta dal D.Lgs. n. 29/1993 in quanto, fin dalla fine degli anni sessanta, le pubbliche amministrazioni, nel tentativo di rendere operanti i principi di efficienza, efficacia ed economicita' avevano fatto richiamo all'autotutela quale strumento idoneo ad evitare od a limitare i danni possibilinente scaturenti dall'azione amministrativa. Ed, in effetti, uno dei mezzi esistenti per sottrarsi a conseguenze piu' dannose nel campo contenzioso e' quello di sottrarsi alla controversia. Di queste esigenze sembra aver fatto tesoro il comitato di esperti guidato dal prof. Glendi al fine di agevolare: a) il ravvedimento della pubblica amministrazione senza gravarla delle spese di lite anticipate dalla controparte; b) la deflazione del contenzioso in generale per effetto dell'abbandono sia delle cause insostenibili sia di quelle di minimo rilievo. Ma non sembra che il legislatore abbia usato la stessa benevolenza o, se vogliamo, accortezza nei confronti del ricorrente che rinuncia al ricorso. Anche la rinuncia al ricorso favorisce la deflazione del contenzioso; ciononostante il rinunciante deve rimborsare le spese di lite anticipate dalle altre parti. Sembra, quindi, che il principio della pari dignita' delle parti anche nel processo tributario che ha costituito una delle ragioni forti della riforma venga chiaramente disatteso dal comma 3 dell'art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992. Il Collegio, per i motivi sopra esposti, non ritiene che possa trovare ingresso nel processo tributario il criterio della soccombenza virtuale ai fini della condanna alle spese atteso che la materia e' specificatamente disciplinata nella legge che ha rango di legge speciale rispetto al codice di procedura civile. Ma, nel contempo, ritiene che esistano i presupposti d'illegittimita' costituzionale del detto art. 46 comma 3 del D.Lgs. n. 546/1992 con riferimento ai principi contenuti negli artt. 3, primo e secondo comma e 24 della Costituzione di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e del diritto alla difesa.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del comma 3 dell'art. 46 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma e 24 della Costituzione. Sospende il giudizio e dispone d'ufficio la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Manda alla Segreteria per la notifica della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' per la comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Bolzano, addi' 17 febbraio 1998 Il presidente: Martinolli Il relatore: Francia 99C0081