N. 14 SENTENZA 27 gennaio - 5 febbraio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego pubblico - Azienda autonoma di assistenza  al  volo  per  il
 traffico  aereo generale - Trasformazione in ente di diritto pubblico
 - Posizioni giuridiche ed economiche attribuite  ai  sensi  dell'art.
 107,  comma secondo del regolamento del personale dell'A.A.A.V.T.A.G.
 - Convalida - Validita' di atti e provvedimenti adottati  e  salvezza
 degli  effetti  prodottisi  e dei rapporti giuridici sorti sulla base
 del  decreto-legge  20  settembre  1996,  n.  490  -  Violazione  del
 principio  del  buon  andamento  e  dell'imparzialita' della pubblica
 amministrazione - Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (Legge 21 dicembre 1996, n. 665, art. 15, comma 1).
 
(GU n.6 del 10-2-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 1,
 della legge 21 dicembre 1996,  n.  665  (Trasformazione  in  ente  di
 diritto  pubblico  dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il
 traffico aereo generale), in relazione all'art. 8, comma 7, del d.-l.
 20 settembre 1996, n. 490 (Trasformazione in ente di diritto pubblico
 dell'Azienda autonoma di assistenza al volo  per  il  traffico  aereo
 generale),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  4  aprile  1997 dal
 Consiglio di Stato sui ricorsi riuniti proposti  dall'Ente  Nazionale
 Assistenza  al  Volo  ed  altri  contro  Del  Duca Vincenzo ed altri,
 iscritta al n. 720 del registro ordinanze  1997  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  43, prima serie speciale,
 dell'anno 1997;
   Visti gli atti di costituzione di Del Duca Vincenzo  ed  altro,  di
 Verdacchi   Raffaele  ed  altri  nonche'  l'atto  di  intervento  del
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1998 il giudice relatore
 Cesare Ruperto;
   Uditi gli avvocati Giulio Pizzuti per Del Duca Vincenzo  ed  altro,
 Teodoro  Klitsche  De  La  Grange  per  Verdacchi Raffaele ed altri e
 l'Avvocato  dello  Stato  Giuseppe  Nucaro  per  il  Presidente   del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel corso di un giudizio di appello avverso due sentenze con
 cui il Tribunale amministrativo regionale del Lazio aveva  annullato,
 su ricorsi di concorrenti pretermessi, altrettante delibere di nomina
 di  dirigenti  nel  comparto  tecnico,  operativo  ed amministrativo,
 adottate    il     19     marzo     1993     dal     consiglio     di
 amministrazionedell'Azienda  autonoma  di  assistenza  al  volo  e al
 traffico aereo generale (ora Ente nazionale di assistenza  al  volo),
 il  Consiglio  di  Stato,  con  ordinanza emessa il 4 aprile 1997, ha
 sollevato - in riferimento agli artt.  97,  primo  comma,  24,  primo
 comma,  e  113, primo e secondo comma, della Costituzione - questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 1, della legge  21
 dicembre  1996,  n.  665  (Trasformazione in ente di diritto pubblico
 dell'Azienda autonoma di assistenza al volo  per  il  traffico  aereo
 generale),  in  relazione all'art. 8, comma 7, del d.-l. 20 settembre
 1996, n. 490 (Trasformazione in ente di diritto pubblico dell'Azienda
 autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale).
   (Il decreto-legge n. 490 del 1996 - recante  la  trasformazione  in
 ente  pubblico  economico, con la denominazione di Ente nazionale per
 l'assistenza al volo, della soppressa Azienda autonoma assistenza  al
 volo e al traffico aereo generale - all'art. 8, comma 7, prevedeva la
 convalida   a  tutti  gli  effetti  delle  "posizioni  giuridiche  ed
 economiche attribuite al personale  dell'A.A.A.V.T.A.G.  in  sede  di
 primo  inquadramento  intervenuto nell'anno 1983 e quelle intervenute
 in forza degli accordi applicativi del contratto collettivo nazionale
 di lavoro 1988-1990 di cui al decreto del  Presidente  del  Consiglio
 dei   Ministri   in   data   20   ottobre   1988,   intervenuti   tra
 l'A.A.A.V.T.A.G. e le organizzazioni sindacali in data 12-14 novembre
 1988, 29 aprile 1989 e 3 aprile 1990, nonche'  quelle  attribuite  ai
 sensi  dell'art.  107,  comma  secondo, del regolamento del personale
 dell'A.A.A.V.T.A.G., approvato con d.P.R. 7 aprile 1983, n. 279". Non
 essendo stato convertito in legge detto decreto, era stata  approvata
 la   legge   21   dicembre  1996,  n.    665,  che,  nel  sancire  la
 trasformazione dell'Azienda autonoma  in  ente  di  diritto  pubblico
 all'art.  15,  comma  1, cosi' dispone: "Restano validi gli atti ed i
 provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e  i
 rapporti  giuridici  sorti  sulla  base dei decreti-legge 25 novembre
 1995, n. 497, 24 gennaio 1996, n. 29,  25  marzo  1996,  n.  153,  25
 maggio  1996,  n. 284, 22 luglio 1996, n. 387 e 20 settembre 1996, n.
 490").
   Ritiene,  preliminarmente,  il  rimettente  che  fra  gli   effetti
 prodottisi  sulla base del combinato disposto delle norme censurate -
 direttamente a livello normativo primario, e non gia' in virtu' della
 successiva delibera adottata nel 1996  dall'Ente,  la  quale  avrebbe
 natura  meramente  ricognitiva  della  sanatoria  di  legge  - assume
 rilevanza la  convalida  delle  posizioni  giuridiche  ed  economiche
 attribuite  al  personale  dirigenziale dell'ente, ai sensi dell'art.
 107, comma secondo, del regolamento n. 279 del 1983,  che  disciplina
 appunto  il  conferimento  delle qualifiche dirigenziali al personale
 direttivo, oggetto della procedura concorsuale annullata dal TAR  con
 le sentenze appellate nel giudizio a quo. Per cui, la rilevanza della
 questione    di    costituzionalita'    e'    data   dall'intervenuto
 consolidamento ex tunc,  in  corso  di  causa,  dell'atto  impugnato,
 diventato  ormai inattaccabile sul piano amministrativo e intangibile
 su   quello   giurisdizionale,   ancorche'    possa    aver    inciso
 sfavorevolmente  su diritti soggettivi o interessi legittimi di altri
 dipendenti.
   Ripercorso l'iter dell'approvazione della legge n.  665  del  1996,
 finalizzata   alla  dotazione  di  idonei  mezzi  gestionali  atti  a
 garantire  maggiore  efficienza  ed  economicita'  all'attivita'   di
 controllo  del traffico aereo, osserva il rimettente che la sanatoria
 in  oggetto  non  appare  dettata  da  esigenze   organizzative   non
 altrimenti fronteggiabili, ne' giustificata dall'esigenza naturale di
 un  consolidamento  di  situazioni protrattesi per lungo tempo, posto
 che le nomine in questione risalgono al marzo del 1993  e  riguardano
 la  posizione  di  un  numero  limitatissimo  di  dirigenti, operanti
 oltretutto nel comparto amministrativo.
   Secondo il Consiglio di Stato, pertanto,  le  denunciate  norme  si
 pongono in contrasto:
     a)  con  il  principio  di  buon andamento e con i canoni "di una
 razionale e coerente attivita' di amministrazione", in mancanza di un
 carattere  "strategico"  della  censurata  sanatoria,  non  potendosi
 considerare le obiettive esigenze di un ordinato avvio dell'attivita'
 del  neoistituito  Ente  pubblico  economico prevalenti rispetto agli
 effetti ingiustificatamente premiali che  dalla  normativa  in  esame
 derivano  in  favore dei beneficiari di provvedimenti gia' dichiarati
 giurisdizionalmente illegittimi in primo grado;
     b) con gli artt. 24 e 113 della Costituzione, dato il conseguente
 effetto  di  totale  compromissione  del  diritto  dei  ricorrenti  a
 domandare la tutela degli interessi legittimi che essi ritengano lesi
 da  quegli  atti della pubblica amministrazione che il legislatore ha
 ritenuto di  convalidare,  cosi'  realizzandosi  una  violazione  del
 diritto di agire, nel contesto di una sostanziale vanificazione della
 via  giurisdizionale,  intesa  quale mezzo al fine dell'attuazione di
 una preesistente posizione giuridica legalmente tutelata.
   2. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, concludendo per l'inammissibilita' della  sollevata  questione
 e, in subordine, per la sua infondatezza.
   Deduce, preliminarmente, l'Avvocatura il difetto di rilevanza della
 questione,  sostenendo  che  la  mancata  rituale  impugnazione della
 menzionata delibera di convalida a tutti gli effetti delle  posizioni
 giuridiche ed economiche attribuite al personale - adottata dall'Ente
 nell'ottobre  del  1996  in  sede  amministrativa  ed avente, secondo
 l'Avvocatura, natura non gia' meramente ricognitiva  della  normativa
 censurata,  come  affermato  dal rimettente, bensi' provvedimentale e
 costitutiva - ha reso ormai incontestabile l'assetto degli  interessi
 da  essa  statuito. Mentre, nel merito, osserva come i palesati dubbi
 di  legittimita'  costituzionale  risultino   superabili   attraverso
 un'interpretazione della sanatoria contenuta nell'art. 15 della legge
 n.  665  del  1996,  che  riferisca  tale  previsione ai soli effetti
 prodottisi legittimamente in base alla decretazione d'urgenza:  unica
 interpretazione,  questa,  coerente  con  i  precetti  costituzionali
 altrimenti lesi.
   In una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza, l'Avvocatura
 rileva poi l'assenza di  qualsiasi  tentativo  ermeneutico  vo'lto  a
 ricercarne    una   piu'   conforme   ai   princi'pi   costituzionali
 asseritamente violati. Al  di  la'  dell'uso  improprio  del  termine
 "convalida",   secondo   l'Avvocatura   la   ratio   della  norma  e'
 esclusivamente quella di assicurare, nel momento in cui si operava la
 trasformazione della soppressa  Azienda  autonoma  in  Ente  pubblico
 economico,  la sopravvivenza di tutti i rapporti giuridici instaurati
 sulla base della precedente normativa, seppure eventualmente superata
 o incompatibile con la nuova personalita' giuridica dell'Ente.
   3. - Si sono costituiti i ricorrenti-appellati del giudizio a  quo,
 insistendo per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della
 denunciata  normativa;  con  riserva  di  spiegare  ulteriori difese,
 effettivamente  svolte  in  una  memoria  depositata   nell'imminenza
 dell'udienza,  in  cui, precisando la loro posizione difensiva, hanno
 concluso, in via principale, per l'inammissibilita'  della  sollevata
 questione,  e solo in subordine per la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale della denunciata norma.
   In  primo  luogo,  le  parti  deducono  -  a  sostegno  della  tesi
 dell'irrilevanza  della  questione  -  che  la  sanatoria  de qua non
 riguarda   le   posizioni   dei   controinteressati   nel    giudizio
 amministrativo, poiche' l'a'mbito di operativita' della regola di cui
 all'art.  77,  terzo  comma,  della  Costituzione concerne unicamente
 quegli effetti giuridici sorti sulla base  di  un  decreto-legge  non
 convertito,  al  fine  di  evitare  che tali effetti vengano travolti
 dalla caducazione  retroattiva  del  decreto  stesso.  Pertanto,  non
 essendo   sorto   alcun   rapporto   giuridico   in   dipendenza  del
 decreto-legge n. 490 del 1996, gli  effetti  giuridici  ed  economici
 connessi  allo  status  dirigenziale,  nella  vicenda  in  esame, non
 sarebbero ricollegabili alla norma  di  decretazione  d'urgenza  (che
 riguarderebbe altre situazioni) ne' alla delibera adottata sulla base
 di  tale  norma  (avente  natura  meramente  ricognitiva),  derivando
 viceversa dai relativi originari provvedimenti di nomina che, sebbene
 annullati dalle varie sentenze del TAR, non hanno  subi'to  soluzioni
 di continuita'.
   In   secondo   luogo,   le  parti  private  contestano  l'eccezione
 d'inammissibilita'    della    questione    costituzionale,    basata
 sull'asserita irritualita' dell'impugnazione della delibera del 1996,
 adottata   a   seguito   della   sanatoria  legislativa  mediante  la
 proposizione di  motivi  aggiunti,  facendo  proprie  le  motivazioni
 svolte in senso contrario nell'ordinanza di rimessione.
   Nel merito, poi, esse rammentano la particolare eco suscitata nella
 stampa da questa vicenda, nonche' il travagliato iter parlamentare di
 approvazione  della  denunciata  norma di legge, ed osservano come la
 verifica della sussistenza di esigenze organizzative e, segnatamente,
 di  ordinato  avvio  dell'attivita'  dell'Ente   pubblico   economico
 costituisca    elemento    imprescindibile   di   valutazione   della
 legittimita' della norma. La quale, condotta sulla base  di  elementi
 oggettivi,   porta   viceversa   inevitabilmente   ad   escludere  la
 sussistenza delle asserite esigenze di ordinato avvio  dell'Ente,  ed
 anche   la   prevalenza   di  tali  esigenze  rispetto  agli  effetti
 ingiustificatamente  premiali  della  normativa,   che   si   traduce
 nell'affermazione  di  un  valore  giuridico  negativo,  mediante una
 legittimazione degli arbitrii commessi e nella sostanziale  negazione
 dei  canoni  di  razionale  e  coerente  attivita' di amministrazione
 espressi dall'art. 97 della Costituzione.
   Aggiungono   le   parti   che   la   sanatoria,   con   conseguente
 legittimazione ex  tunc  delle  nomine  illegittimamente  attribuite,
 determina  indirettamente  anche  l'effetto  di comprimere il diritto
 degli originari ricorrenti di domandare ed ottenere la  tutela  degli
 interessi legittimi lesi, sottraendo di fatto all'esame del Consiglio
 di Stato le vertenze attualmente in corso.
   4.  -  Si  sono costituiti anche gli appellanti del giudizio a quo,
 concludendo per l'inammissibilita' ovvero  per  l'infondatezza  della
 sollevata  questione.  Osservano  essi  che  il legislatore nella sua
 discrezionalita' ha  operato    -  conformemente  ai  canoni  di  una
 razionale  e coerente attivita' di amministrazione - un bilanciamento
 tra l'esigenza preminente di un  ordinato  avvio  dell'attivita'  del
 nuovo  ente,  mediante l'eliminazione di questioni relative a vicende
 aventi  origini  remote,  e  le  posizioni,  correttamente   ritenute
 recessive, di "un numero limitatissimo di aspiranti dirigenti" (quali
 i  ricorrenti  in primo grado). Per cui, la prevalenza dell'interesse
 pubblico rispetto alle situazioni di natura meramente privata,  oltre
 a  comportare  la  inconfigurabilita' del denunciato vulnus al canone
 del  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  consente  di
 ritenere  altrettanto  infondate  le  ulteriori censure riferite agli
 artt. 24 e 113 della Costituzione.
   Nell'imminenza dell'udienza gli stessi appellanti hanno  depositato
 memoria,   in   cui   insistono   nel  chiedere  la  declaratoria  di
 inammissibilita'  o  quantomeno  di  infondatezza   della   sollevata
 questione,  facendo  richiamo  alla  giurisprudenza  di questa Corte,
 secondo la quale la violazione dell'art. 97 della Costituzione, sotto
 il profilo del buon andamento,  non  puo'  essere  lamentata  se  non
 quando  si  assuma  l'arbitrarieta'  o  la manifesta irragionevolezza
 (nella specie insussistenti) rispetto al fine indicato  nel  precetto
 costituzionale.  La  questione,  dunque,  avrebbe  sostanzialmente ad
 oggetto l'esistenza o meno di "esigenze organizzative non  altrimenti
 fronteggiabili",   l'esame  delle  quali  comporterebbe  un  giudizio
 consistente  in  una  valutazione  "esterna"  del  merito  di  scelte
 legislative   ampiamente   discrezionali,   come  tale  sottratto  al
 sindacato di costituzionalita'.
   Quanto alla  conformita'  della  denunciata  normativa  agli  altri
 parametri costituzionali evocati dal rimettente (artt. 24 e 113 della
 Costituzione),  esse  osservano  che il principio dell'inviolabilita'
 della tutela giurisdizionale  non  comporta  necessariamente  che  il
 cittadino  possa  conseguire  la  protezione giudiziaria sempre nella
 medesima maniera, ne' vieta che la legge ordinaria possa regolarne il
 modo di esercizio.  In proposito, esse ricordano che questa Corte  ha
 affermato   che   (dovendo   essere  contemperato  con  altri  valori
 costituzionalmente  rilevanti)  il  diritto  di  difesa  puo'  venire
 legittimamente  limitato dal legislatore, cosi' come nella specie, in
 cui appare assolutamente  preminente  la  sussistenza  dell'interesse
 pubblico,  che  esclude  la  rilevanza  di altri princi'pi, recessivi
 rispetto al primo in quanto istituzionalmente volti  alla  tutela  di
 interessi privati.
                        Considerato in diritto.
   1. - Il Consiglio di Stato dubita della legittimita' costituzionale
 dell'art.  15,  comma  1,  della  legge  21 dicembre 1996, n. 665, in
 quanto dispone  che  restano  validi  gli  atti  ed  i  provvedimenti
 adottati  e  sono  fatti  salvi  gli  effetti prodottisi e i rapporti
 giuridici  sorti  sulla  base,  tra  l'altro,  del  decreto-legge  20
 settembre  1996,  n.    490 - che, a sua volta, nell'art. 8, comma 7,
 prevedeva la convalida  a  tutti  gli  effetti,  fra  l'altro,  delle
 posizioni   giuridiche   ed   economiche   attribuite   al  personale
 dirigenziale ai sensi dell'art. 107, comma secondo,  del  regolamento
 del  personale  dell'Azienda  autonoma  di  assistenza  al  volo e al
 traffico aereo generale  (A.A.A.V.T.A.G.),  approvato  con  d.P.R.  7
 aprile 1983, n. 279.
   Secondo   il   rimettente,  la  denunciata  normativa  si  pone  in
 contrasto:
     a) con l'art. 97, primo comma della Costituzione, in mancanza  di
 un  carattere  "strategico"  della censurata sanatoria, non potendosi
 considerare le obiettive esigenze d'un ordinato avvio  dell'attivita'
 del  neoistituito  Ente  pubblico  economico prevalenti rispetto agli
 effetti ingiustificatamente premiali che  dalla  normativa  in  esame
 derivano  a  favore  dei beneficiari di provvedimenti gia' dichiarati
 giurisdizionalmente illegittimi in primo grado;
     b) con gli artt. 24, primo comma, e 113, primo  e  secondo  comma
 della  Costituzione,  stante  la  totale compressione del diritto dei
 ricorrenti a domandare la tutela degli interessi legittimi  che  essi
 pretendono  lesi da quegli atti della pubblica amministrazione che il
 legislatore ha  ritenuto  di  convalidare,  cosi'  realizzandosi  una
 violazione  del  diritto  di  agire,  nel contesto di una sostanziale
 vanificazione della via giurisdizionale.
   2. - Preliminarmente va  disattesa  l'eccezione  d'inammissibilita'
 per  irrilevanza  della  sollevata  questione, che l'Avvocatura dello
 Stato ha mosso assumendo la non rituale impugnazione,  da  parte  dei
 ricorrenti   (appellanti  incidentali  nel  giudizio  a  quo),  della
 delibera  di  convalida  delle  posizioni  giuridiche  ed  economiche
 attribuite al personale dirigenziale, adottata dall'Ente nel 1996, in
 corso  di causa ed a se'guito dell'emanazione della normativa oggetto
 del presente scrutinio di costituzionalita'.
   Il Consiglio di Stato, con ampia motivazione sullo specifico punto,
 ha ritenuto:
     a) che - in  quanto  sancita  direttamente  a  livello  normativo
 primario   -   la   convalida   delle  nomine  in  contestazione  sia
 suscettibile di spiegare effetto autonomo sulle posizioni  economiche
 e  giuridiche  degli  interessati, indipendentemente dall'adozione in
 sede  amministrativa  di  qualsivoglia  atto  conseguenziale  (avente
 peraltro natura meramente ricognitiva);
     b) che la sanatoria ex tunc renda l'atto, oggetto del giudizio in
 corso,  inattaccabile sul piano amministrativo e giurisdizionale, non
 residuando  pertanto  alcun  interesse  concreto  dei  ricorrenti  di
 insistere per la conferma dell'annullamento delle nomine impugnate.
   Trattasi  di  motivazione  tutt'altro che priva di plausibilita' e,
 quindi,  sottratta  al  sindacato  di  questa  Corte,  la  quale   ha
 ripetutamente  affermato  che  il controllo sull'ammissibilita' della
 questione potrebbe far disattendere  la  premessa  da  cui  muove  il
 rimettente, nel ritenere applicabile la norma denunciata, soltanto se
 tale   premessa  dovesse  risultare  palesemente  arbitraria,  ovvero
 l'interpretazione accolta  si  palesasse  del  tutto  non  plausibile
 (cfr., da ultimo, le sentenze n. 211 e n. 51 del 1998).
   Alla  stregua delle stesse considerazioni, e' da ritenere infondata
 anche l'ulteriore eccezione d'inammissibilita' per irrilevanza  della
 questione, mossa dai ricorrenti-appellati (nel giudizio a quo), sotto
 il  diverso profilo che la denunciata normativa non produrrebbe alcun
 effetto giuridico sulle posizioni dei controinteressati.
   3. - Nel merito la questione e' fondata.
   3.1.   -   Prefiggendosi   in  via  definitiva  la  privatizzazione
 dell'A.A.A.V.T.A.G., destinata  a  divenire  -  secondo  il  disposto
 dell'art.  2  della  legge  3  agosto 1995, n. 251 - una societa' per
 azioni, il legislatore ha ritenuto "indispensabile,  ai  fini  di  un
 completo   raggiungimento  degli  obiettivi  di  funzionalita'  e  di
 efficienza, procedere ad un passaggio intermedio rappresentato  dalla
 costituzione di un ente pubblico economico che (potesse assorbire) in
 via  transitoria le funzioni gia' svolte dall'Azienda ed (assicurare)
 un  graduale  adeguamento  delle  procedure  operative,  tecniche  ed
 amministrative" (v. relazione al disegno di legge n. 2709, presentato
 alla   Camera  dei  deputati  dal  Ministro  dei  trasporti  e  della
 navigazione in data 15 novembre 1996).
   La temporanea  trasformazione  dell'Azienda  autonoma  in  ente  di
 diritto  pubblico  economico  era  stata disciplinata da una serie di
 decreti-legge (25 novembre 1995, n. 497, 24 gennaio 1996, n.  29,  25
 marzo  1996, n. 153, 25 maggio 1996, n. 284, 22 luglio 1996, n. 387 e
 20 settembre  1996,  n.  490),  tutti  non  convertiti  ma  reiterati
 pressoche'  con identico contenuto dispositivo, fatta eccezione per i
 due ultimi. Nel decreto-legge n. 387 del 1996, infatti, veniva per la
 prima volta sancita la convalida a tutti gli effetti delle  posizioni
 giuridiche  ed economiche attribuite al personale dell'A.A.A.V.T.A.G.
 col primo inquadramento operato nell'anno 1983 e  successivamente  in
 forza degli accordi applicativi del contratto collettivo nazionale di
 lavoro  1988-1990  di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
 Ministri in data 20 ottobre 1988, intervenuti tra l'A.A.A.V.T.A.G.  e
 le organizzazioni sindacali il 12-14 novembre 1988, il 29 aprile 1989
 e  il  3 aprile 1990 (art.  8, comma 7). Nel decreto-legge n. 490 del
 1996, poi,  a  tale  previsione  si  aggiungeva  la  convalida  delle
 posizioni   giuridiche   ed   economiche   attribuite   al  personale
 dirigenziale ai sensi dell'art. 107, comma secondo,  del  regolamento
 del  personale  dell'A.A.A.V.T.A.G.,  approvato con d.P.R. n. 279 del
 1983 (art. 8, comma 7).
   La legge n.  665  del  1996,  infine,  dopo  aver  disciplinato  la
 summenzionata trasformazione, ha a sua volta disposto, col denunciato
 art.  15,  comma  1,  la  validita'  degli  atti  e dei provvedimenti
 adottati nonche' la salvezza degli effetti prodottisi e dei  rapporti
 giuridici sorti sulla base della pregressa decretazione d'urgenza, in
 particolare - per quanto qui interessa - del decreto-legge n. 490 del
 1996.
   3.2.  - Il rimettente ha ravvisato in detta disposizione una vera e
 propria norma di sanatoria, incidente in  modo  diretto  e  immediato
 sulle  posizioni  dei  soggetti  coinvolti nel giudizio a quo, con un
 effetto  di  definitivo  consolidamento  dei  provvedimenti   oggetto
 d'impugnazione,  percio'  considerati  non  piu' contestabili in sede
 giurisdizionale.
   A tale risultato egli e' pervenuto attraverso un'interpretazione  -
 da   lui   ritenuta  come  unica  possibile  a  stregua  dei  criteri
 ermeneutici indicati dall'art. 12, primo  comma,  delle  disposizioni
 sulla  legge  in  generale  -,  cui ha proceduto dando all'inequivoco
 testo letterale un senso  conforme  all'intenzione  del  legislatore,
 cosi'  come  risultante  anche  dai lavori preparatori. Sulla base di
 essa  va  dunque condotto il richiesto scrutinio di costituzionalita'
 della disposizione stessa.
   3.3. - Questa Corte ha piu' volte avuto occasione di  chiarire  che
 le  leggi di sanatoria non sono costituzionalmente precluse in via di
 principio ma che, tuttavia, trattandosi di  ipotesi  eccezionali,  la
 loro   giustificazione   dev'essere   sottoposta   a   uno  scrutinio
 particolarmente rigoroso. Aggiungendo che l'intervento legislativo in
 sanatoria puo' "essere ragionevolmente  giustificato  soltanto  dallo
 stretto   collegamento  con  le  specifiche  peculiarita'  del  caso"
 (sentenza n. 94 del 1995), cosi'  da  doversi  "escludere  che  possa
 risultare  arbitraria  la  sostituzione  della  disciplina generale -
 originariamente applicabile - con quella eccezionale  successivamente
 emanata"  (sentenza  n. 100 del 1987; cfr.  anche sentenze n. 402 del
 1993, n. 346 del 1991 e 474 del 1988, oltre alla gia'  citata  n.  94
 del 1995).
   Ebbene,  la  denunciata  norma  non  e'  tale  da  superare codesto
 scrutinio di legittimita' costituzionale; cui questa Corte ritiene di
 dover procedere  muovendo  dalla  considerazione  delle  ragioni  che
 risultano dall'iter legislativo sboccato in essa.
   3.4.  -  Da  osservare  anzitutto  e'  che,  secondo  quanto  sopra
 riferito, la sanatoria in oggetto compare soltanto nell'ultimo  della
 serie di decreti non convertiti, in virtu' di un'aggiunta all'art. 8,
 comma  7,  del precedente decreto-legge n. 387 del 1996. Come nota il
 giudice a quo, la  relativa  disposizione  riproduce  il  testo  d'un
 emendamento   di  iniziativa  parlamentare  riferito  a  quest'ultimo
 decreto, ed e' stata introdotta senza che la relazione al disegno  di
 legge  di  conversione  ne  chiarisse  la ratio e la portata. In sede
 referente dello stesso disegno di legge, tuttavia, la IX  Commissione
 permanente   della  Camera  dei  deputati  approvo'  due  emendamenti
 soppressivi di essa, proponendoli all'Assemblea, che pero'  non  ebbe
 modo di passare all'esame del provvedimento.
   Durante  i  lavori  parlamentari  della legge n. 665 del 1996, poi,
 venne presentato uno specifico emendamento (il n.  15221),  accettato
 dalla  Commissione  ma non anche dal Governo, per sopprimere la norma
 di salvezza della convalida  come  sopra  disposta.  Esso,  tuttavia,
 nella  seduta  del 9 dicembre 1996 venne respinto, su conforme parere
 del Governo, dall'Assemblea,  che  ha  approvato  definitivamente  la
 norma nel testo ora denunciato dal giudice a quo.
   In  proposito  e' da rilevare che alle numerose e puntuali critiche
 provenienti da tutti  gli  schieramenti  politici,  oltre  che  dallo
 stesso relatore, sull'opportunita' di una sanatoria concernente anche
 l'art.    8,  comma  7,  del  decreto-legge  n.  490 del 1996 (v., in
 particolare, il verbale della seduta del 25 novembre  1996  della  IX
 Commissione  permanente della Camera), venne contrapposta soltanto la
 dichiarazione dell'intento di evitare - in ossequio  ad  un  asserito
 criterio generale, secondo cui si fanno sempre salvi gli effetti d'un
 decreto-legge non convertito - che persone le quali avessero ottenuto
 qualcosa    in    base    alla   decretazione   d'urgenza   dovessero
 successivamente perderla (v. verbale della seduta della Camera del  9
 dicembre 1996).
   Trattasi, all'evidenza, di una motivazione cui rimane completamente
 estranea  la  ricerca  della  realizzazione  d'un  interesse generale
 correlato ad imprescindibili esigenze  organizzative  non  altrimenti
 fronteggiabili  del    neoistituito  ente,  o  comunque  connesso  al
 raggiungimento  degli  obiettivi di funzionalita' e di efficienza. La
 sola ratio rinvenibile nella normativa appare quella della  sanatoria
 per se stessa, concretantesi nella stabilizzazione di situazioni gia'
 accertate come illegittime in via giurisdizionale, al di fuori d'ogni
 rapporto  strumentale con la struttura e le finalita' dell'ente (cfr.
 sentenza n. 1 del 1996).   Una  sanatoria  non  giustificata  neppure
 dalla  necessita'  di consolidare posizioni acquisite o risalenti nel
 tempo (cfr. sentenze n. 659 del 1994 e n. 236 del 1992), visto che  -
 come  sottolinea  il rimettente - datavano da soli tre anni le nomine
 annullate dal  TAR  del  Lazio,  riguardanti  "un  numero  esiguo  di
 dirigenti   non   apicali,  oltretutto  addetti  a  un  comparto  non
 operativo", ed affette da vizi non solo formali ma anche sostanziali.
 Essa si connota, dunque, unicamente  come  legittimazione  di  quanto
 attribuito  in  modo  illegittimo a determinati soggetti, con effetti
 premiali palesemente non giustificati: rimanendo, cosi',  compromesso
 in  radice  lo  stesso  scrutinio  di  cui  s'e'  detto,  poiche'  la
 constatata  negazione  di  una  razionale  e  coerente  attivita'  di
 amministrazione,  oltre  a  costituire  un  esempio di "diseducazione
 civile" (sentenza n. 16 del 1992), non puo' rappresentare un  termine
 di  bilanciamento  e  comparazione  con  gli  altri  valori  che essa
 coinvolge ai fini della verifica del rispetto del principio  di  buon
 andamento.
   3.5.  -  La denunciata norma e' pertanto da dichiarare contrastante
 con l'art.  97  della  Costituzione;  restando  assorbiti  i  profili
 relativi agli altri parametri evocati dal rimettente.
   4.  - La conseguente declaratoria di illegittimita' costituzionale,
 tuttavia,  dev'essere  limitata  alla   convalida   delle   posizioni
 giuridiche  ed  economiche attribuite ex art. 107, secondo comma, del
 regolamento approvato con d.P.R. n. 279  del  1983,  delle  quali  si
 controverte  nel  giudizio  a  quo.  Tale convalida, infatti, operata
 dall'art. 8, comma 7, del decreto-legge n. 490 del 1996, resta ferma,
 nonostante la mancata conversione di detto decreto,  solo  in  virtu'
 della  clausola  di  salvezza  contenuta nella denunciata norma della
 legge  n.  665  del  1996,   la   quale,   appunto,   va   dichiarata
 costituzionalmente  illegittima  in parte qua (cfr. anche sentenze n.
 211 del 1997 e n. 84 del 1996).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  15,  comma  1,
 della  legge  21  dicembre  1996,  n.  665 (Trasformazione in ente di
 diritto pubblico dell'Azienda autonoma di assistenza al volo  per  il
 traffico  aereo  generale),  nella  parte  in cui dispone che restano
 validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono  fatti  salvi  gli
 effetti  prodottisi  ed  i  rapporti  giuridici  sorti sulla base del
 decreto-legge 20 settembre 1996, n. 490, limitatamente alla convalida
 - ivi prevista - delle posizioni giuridiche ed economiche  attribuite
 ai sensi dell'art.  107, comma secondo, del regolamento del personale
 dell'A.A.A.V.T.A.G., approvato con d.P.R. 7 aprile 1983, n. 279.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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