N. 18 ORDINANZA 27 gennaio - 5 febbraio 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo civile - Interruzione del processo - Termine semestrale per la prosecuzione o per la riassunzione - Decorrenza - Conoscenza che il convenuto abbia avuto della intervenuta riassunzione della causa principale - Esclusione - Riferimento alla giurisprudenza della Corte (vedi sentenze nn. 139/1967, 159/1971 e 295/1995) - Riconoscimento a ciascuna delle parti di autonoma facolta' di riassumere il giudizio indipendentemente dall'iniziativa delle controparti - Manifesta infondatezza. (C.P.C., art. 305). (Cost., art. 24).(GU n.6 del 10-2-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 305 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 3 marzo 1998 dal giudice istruttore del Tribunale di Rovereto, nel procedimento civile vertente tra Setti Flavia ed altri e l'Azienda provinciale per i servizi sanitari per la Provincia di Trento ed altri, iscritta al n. 320 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1998 il giudice relatore Fernanda Contri. Ritenuto che nel corso di un procedimento civile di risarcimento dei danni da fatto illecito, il quale procedimento, a seguito della interruzione per morte dell'attore, era stato proseguito dagli eredi di questo soltanto nei confronti degli originari convenuti e non della compagnia assicuratrice, chiamata in causa dai convenuti a fini di garanzia, il giudice istruttore del Tribunale di Rovereto, con ordinanza emessa il 3 marzo 1998, ha sollevato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 305 del codice di procedura civile, nella parte in cui fa decorrere il termine semestrale per la prosecuzione o per la riassunzione del processo dalla interruzione, anziche' dalla conoscenza che il convenuto abbia avuto della intervenuta riassunzione della causa principale, "quando tale atto rappresenti il presupposto costitutivo della legittimazione alla riassunzione della causa di garanzia"; che, come precisa in fatto il rimettente, la compagnia assicuratrice, nei cui confronti era stata autorizzata la notifica dell'atto riassuntivo, aveva eccepito l'estinzione del rapporto processuale instaurato tra i convenuti ed essa chiamata, per il decorso di un termine superiore al semestre intercorrente tra la data di interruzione del processo e la formulazione da parte dei convenuti dell'istanza di fissazione di una nuova udienza per la riassunzione nei confronti di essa chiamata in causa; che, ad avviso del giudice a quo l'art. 305 cod. proc. civ. si porrebbe in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in quanto il diritto di azione del convenuto, che pretenda di essere garantito dal terzo chiamato in causa, non puo' trovare piena realizzazione, in quanto il medesimo, finche' non abbia conoscenza della riassunzione della causa principale ad opera dell'attore, e' costretto a riassumere una lite, che ha funzione meramente cautelare e preventiva, e a proporre domanda di garanzia, la quale potrebbe essere respinta per carenza di interesse ad agire; che quantunque il diritto sancito dall'art. 24 della Costituzione non si estenda alla garanzia di gratuita' dello svolgimento della funzione giurisdizionale, tuttavia non appare ragionevole - a parere del rimettente - che la parte, la quale ritenga di difendersi mediante la chiamata in causa di un terzo, sia costretta a sostenere e a rimborsare al terzo le spese processuali per il timore di decadere dalla facolta' di riassumere tempestivamente la lite; che, come sostiene il giudice a quo, deve escludersi che il convenuto possa attendere la riassunzione da parte dell'attore prima di chiamare in causa il terzo, in quanto tale riassunzione potrebbe essere effettuata anche in prossimita' della scadenza del termine semestrale e cio' impedirebbe al convenuto di riassumere tempestivamente a propria volta la causa di garanzia nei confronti del terzo; che, a parere del rimettente, dovrebbe quindi essere differita per il convenuto la decorrenza del termine semestrale al momento in cui vi sia la effettiva conoscenza del verificarsi del presupposto, rappresentato dalla riassunzione della causa principale da parte dell'attore, sul quale si basa l'interesse del convenuto medesimo ad agire; che la Corte costituzionale - come ricorda il rimettente - ebbe gia' a dichiarare, con le sentenze nn. 139 del 1967 e 159 del 1971, la illegittimita' costituzionale dell'art. 305 cod. proc. civ., nella parte in cui fa decorrere il termine per la riassunzione o per la prosecuzione del processo dal verificarsi del fatto interruttivo, anziche' dalla data in cui le parti ne hanno avuto conoscenza e cio' per l'esigenza di garantire alle parti la possibilita' di fruire per intero del termine semestrale prescritto dalla norma in esame; che nella fattispecie, benche' vi sia coincidenza temporale tra la dichiarazione in udienza dell'evento interruttivo e la conoscenza che le parti ne hanno avuto, tuttavia sussiste l'esigenza di tutelare il convenuto, il quale, altrimenti, si troverebbe costretto a riassumere la causa per l'impossibilita' di conoscere tempestivamente se vi sia stata la riassunzione della causa principale da parte dell'attore; che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, il quale ha concluso per l'infondatezza della prospettata questione, osservando anzitutto che potrebbe applicarsi analogicamente alla fattispecie il disposto di cui all'art. 269 cod. proc. civ. e consentirsi in tal modo al convenuto, al quale sia stato notificato l'atto di citazione in riassunzione, di dichiarare, con la comparsa depositata nei termini di cui all'art. 166 cod. proc. civ., di voler riassumere la causa nei confronti del terzo chiamato; che, inoltre, ad avviso dell'Avvocatura, anche se fosse esperita un'autonoma azione di garanzia, con conseguenti maggiori oneri per la parte, la lesione del principio del simultaneus processus non troverebbe comunque tutela nell'art. 24 della Costituzione. Considerato che, a seguito della interruzione del processo, a ciascuna delle parti e' riconosciuta un'autonoma facolta' di riassumere il giudizio, indipendentemente dall'iniziativa delle controparti; che, ad eccezione delle ipotesi di litisconsorzio necessario, la predetta facolta' si estende anche alla scelta dei soggetti processuali nei cui confronti proseguire o riassumere il giudizio, in forza del principio dispositivo che informa il processo civile; che, pertanto, in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, il processo interrotto puo' essere legittimamente riassunto o proseguito anche solo parzialmente, con riferimento cioe' ad una soltanto delle cause scindibili da cui esso e' composto, senza che da cio' derivi alcuna limitazione dei diritti delle parti; che, infatti, come gia' questa Corte ha affermato (sentenza n. 295 del 1995), il simultaneus processus e' un "mero espediente processuale mirato a fini di economia dei giudizi e di prevenzione del pericolo di giudicati contraddittori, sicche' la sua inattuabilita' non riguarda il diritto di azione ne' il diritto di difesa, una volta che la pretesa sostanziale del soggetto interessato possa essere fatta valere nella competente, pur se distinta, sede giudiziaria con pienezza di contraddittorio e di difesa"; che l'onere delle spese processuali, a carico della parte che instauri un'autonoma causa di garanzia per l'inattuabilita' del simultaneus processus, non costituisce violazione del precetto di cui all'art. 24 della Costituzione, poiche' esso non garantisce la gratuita' della prestazione giudiziaria, ma, al contrario, "con il fare obbligo di assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, muove dal presupposto che sia legittimo imporre oneri patrimoniali a carico di coloro nei cui riguardi e' esplicata una attivita' di giustizia" (sentenza n. 30 del 1964; tra le altre, sentenze nn. 93 del 1967, 41 del 1972, 268 del 1984); che inoltre e' opportuno sottolineare come la norma censurata, anche a seguito delle pronunce di questa Corte (sentenze nn. 139 del 1967 e 159 del 1971) con le quali si e' modificata la decorrenza del termine per la riassunzione o prosecuzione del processo interrotto, sia ontologicamente strutturata in modo da garantire la certezza dei rapporti processuali, la quale certezza verrebbe certamente meno, qualora si introducesse, come vorrebbe il rimettente, una decorrenza differenziata del termine per ciascuna delle diverse parti processuali, soprattutto in ipotesi di pluralita' di cause scindibili; che, in definitiva, nel processo litisconsortile facoltativo, allorche' la riassunzione sia eseguita nei confronti di alcune soltanto delle parti e riguardo ad alcuni soltanto dei diversi rapporti processuali che componevano originariamente un unico giudizio, si produce l'effetto della separazione in atto di cause scindibili - che gia' potevano esserlo sin dall'inizio -, le quali vengono appunto ad essere in quel momento scisse; che rispetto a queste ultime non manchera' in ogni caso alle parti la dovuta tutela giurisdizionale; che la questione prospettata dal giudice a quo deve quindi dichiararsi manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 305 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal giudice istruttore del Tribunale di Rovereto con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 27 gennaio 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Contri Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C0101