N. 20 ORDINANZA 27 gennaio - 5 febbraio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Ordinanze  per fatti non desumibili dagli atti,
 prima della presentazione della richiesta di applicazione  di  misura
 cautelare,  disposta per il fatto con il quale sussiste connessione -
 Inoperativita' del principio di retrodatazione - Omessa previsione  -
 Riferimento  alla  sentenza  della  Corte  n.  89/1996 - Coerenza dei
 limiti, obiettivi e ineludibili, alla durata  dei  provvedimenti  che
 incidono sulla liberta' personale - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 297, terzo comma).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.6 del 10-2-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 297, comma 3,
 del codice di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse  il
 26 gennaio 1998 dal Tribunale di Lecce, iscritte ai nn. 222 e 223 del
 registro  ordinanze  1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 gennaio 1999 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
   Ritenuto che il Tribunale di Lecce, con due  ordinanze  recanti  la
 medesima   motivazione,   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 297, comma 3, cod. proc. pen.,  nella  parte
 in   cui   non   stabilisce   la   inoperativita'  del  principio  di
 retrodatazione per "le ordinanze per fatti non desumibili dagli  atti
 prima  della  presentazione  della  richiesta  di applicazione di una
 misura  cautelare  disposta  per  il  fatto  con  il  quale  sussiste
 connessione";
     che  a  parere del tribunale rimettente la normativa impugnata si
 porrebbe in contrasto con il  principio  sancito  dall'art.  3  della
 Costituzione, in quanto:
      a)  irragionevolmente  parifica  il  caso  in  cui  il  pubblico
 ministero abbia artificiosamente diluito nel tempo i vari  interventi
 cautelari,  rispetto  a  quello  in  cui lo stesso pubblico ministero
 abbia  scoperto  elementi  relativi  a  taluni  reati  solo  dopo  la
 richiesta di emissione della prima ordinanza cautelare;
      b)   irragionevolmente   collega   la  deroga  al  principio  di
 retrodatazione all'intervenuto rinvio a giudizio per reati "connessi"
 oggetto della prima ordinanza custodiale;
      c) il discrimine fornito dal rinvio a giudizio, anziche' fornire
 maggiori garanzie, e' fonte di incertezze e possibili abusi,  essendo
 correlato  alla scelta del pubblico ministero di chiedere il rinvio a
 giudizio per alcuni dei reati "connessi";
     che nei giudizi e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
 infondata.
   Considerato  che le ordinanze sollevano l'identica questione e che,
 pertanto, i relativi giudizi vanno  riuniti  per  essere  decisi  con
 unico provvedimento;
     che  questa Corte, chiamata a pronunciarsi sull'identico quesito,
 ha disatteso la fondatezza delle censure rilevando, fra l'altro,  che
 l'introduzione  di  parametri  certi  e  predeterminati, quali quelli
 previsti   dalla   normativa   oggetto   di   impugnazione,    "lungi
 dall'assumere connotazioni di arbitrarieta', si appalesa nella specie
 come  opzione  del tutto coerente rispetto alla avvertita esigenza di
 configurare  limiti  obiettivi  e   ineludibili   alla   durata   dei
 provvedimenti  che  incidono  sulla  liberta'  personale  e  cio' con
 particolare riguardo alla fase delle indagini preliminari, la  quale,
 per  essere  affidata  alle  iniziative  investigative  del  pubblico
 ministero, mal si presta a controlli successivi sul sempre  opinabile
 terreno della tempestivita' delle relative acquisizioni" (v. sentenza
 n. 89 del 1996);
     che nelle ordinanze di rimessione non e' dato rinvenire argomenti
 nuovi  o  diversi  da  quelli  allora  esaminati  e che, pertanto, la
 questione  ora  proposta  deve   essere   dichiarata   manifestamente
 infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 297, comma 3,  del
 codice  di  procedura  penale,  sollevata,  in riferimento all'art. 3
 della Costituzione, dal  Tribunale  di  Lecce  con  le  ordinanze  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Vassalli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0103