N. 82 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 1997- 8 febbraio 1999
N. 82 Ordinanza emessa il 5 febbraio 1997 (pervenuta alla Corte costituzionale l'8 febbraio 1999) dal tribunale amministrativo regionale della Toscana sul ricorso proposto da Gramaglia Mauro contro il prefetto di Livorno ed altro Sicurezza pubblica - Facolta' di porto d'armi senza licenza per i magistrati dell'ordine giudiziario anche se temporaneamente collocati fuori ruolo - Mancata previsione di analoga facolta' per i magistrati amministrativi, della Corte dei conti e dei tribunali militari e per gli avvocati dello Stato - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee - Violazione del principio dell'unita' della funzione giurisdizionale e dell'equiparazione, ai fini giuridici, di tutte le magistrature e dell'Avvocatura dello Stato. (Legge 21 febbraio 1990, (recte: 36) n. 35, art. 7, comma 1). (Cost., artt. 3, 102, 103 e 136).(GU n.9 del 3-3-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1988/95 proposto da Gramaglia Mauro, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Sanchini ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Firenze, via G. Richa n. 56; Contro il prefetto di Livorno, nella persona pro-tempore in carica, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato ed elettivamente domiciliato presso la stessa, in Firenze, via degli Arazzieri n. 4; per l'annullamento del provvedimento di diniego del 13 aprile 1995, con cui si nega, al ricorrente, l'applicabilita' dell'art. 7, comma 1 della legge 21 febbraio 1990, n. 36 e, in subordine, del diniego dell'istanza volta ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di pistola; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Avvocatura Distrettuale dello Stato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza del 5 febbraio 1997, il consigliere dott. Adolfo Metro; Uditi, altresi', gli avv.ti P. Sanchini e S. Cappelli dell'Avvocatura dello Stato; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato in data 19 maggio 1995 e depositato il successivo 24 maggio, viene impugnato il provvedimento del 13 aprile 1995 con cui il prefetto di Livorno ha affermato, tra l'altro, l'inapplicabilita', nei confronti del ricorrente, nella sua qualita' di avvocato dello Stato, dell'art. 7 della legge 21 febbraio 1990, n. 36 in quanto tale norma concede il porto d'armi senza licenza solo ai magistrati dell'ordine giudiziario. Il ricorrente sostiene, con il ricorso in esame, l'incostituzionalita' della surrichiamata disposizione, in relazione all'art. 3 della costituzione, per violazione del principio di uguaglianza, nella parte in cui esclude che gli appartenenti alle magistrature amministrative, contabile militare e all'Avvocatura dello Stato non possono usufruire, a differenza degli appartenenti alla magistratura ordinaria in senso stretto, del porto d'armi senza licenza. L'Avvocatura dello Stato, costituitasi in giudizio, ha sostenuto, per tale profilo, l'infondatezza del gravame. D i r i t t o Ritiene il collegio che l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 7, comma 1 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, debba ritenersi fondata. Il regolamento al T.U.L.P.S., r.d. 35/1940, dispone, all'art. 73, primo comma, che oltre agli altri soggetti ivi indicati, (e cioe', il capo della Polizia, il Prefetti, i Vice Prefetti, gli Ispettori provinciali amministrativi, gli Ufficiali di pubblica sicurezza), anche "i Pretori e i Magistrati addetti al pubblico Ministero o all'Ufficio di istruzione, sono autorizzati a portare, senza licenza, le armi di cui all'art. 42 della legge" (e cioe' l'art. 42 del T.U.L.P.S., r.d. n. 773/1931, che prevede la facolta' del Questore di "dare licenza per porto d'armi"). Successivamente, l'art. 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1990, n. 36 ha ampliato la portata della citata norma del T.U.L.P.S., estendendo la facolta' di porto d'armi senza licenza, oltre che alle persone indicate nel cit. art. 73 del r.d. 635/1940, anche "... ai magistrati dell'ordine giudiziario, anche se temporaneamente collocati fuori dal ruolo organico... ". Tale ampliamento "soggettivo" realizzato dalla cit. legge n. 36/90, trova ovvio fondamento nella consapevolezza, da parte del legislatore, che non solo la magistratura requirente penale ed i giudicl istruttori penali (e cioe' i magistrati gia' indicati nell'art. 73 T.U.L.P.S.), ma tutta la magistratura, svolge funzioni il cui esercizio puo' esporre a reali e consistenti, seppur ipotetici, rischi per la incolumita' personale. Il carattere che accomuna i magistrati titolari di uffici totalmente diversi sotto il profilo delle materie trattate e dei compiti svolti, e' dato, quindi, dal fatto che i medesimi, essendo dotati di potere decisorio nei procedimenti loro affidati, debbono svolgere tale compito in assoluta indipendenza ed in assenza di qualsivoglia influenza coartante. Tale posizione di liberta', insindacabilita' ed indipendenza, in relazione alle scelte adottate, puo' comportare varie implicazioni, tra cui, la esposizione a pericolo per l'incolumita' personale, piu' o meno concreto a seconda delle questioni trattate. Pertanto, la funzione del magistrato e' stata ritenuta a rischio sotto il profilo della sicurezza personale, indipendentemente da elementi di allarme che possono rendere quel rischio piu' consistente, quale potrebbe essere lo svolgimento di attivita' collegata alla indagine su reati; ma lasciando a ciascun magistrato, in base alla propria valutazione, la possibilita' di portare armi per provvedere alla propria sicurezza, e cio', senza rilascio di una licenza o di oneri economici per il suo rilascio. La tutela della sicurezza del magistrato e la valutazione discrezionale dell'esposizione a pericolo, lasciata alla valutazione discrezionale dell'interessato, e giunta, anzi, fino a ricomprendere anche le posizioni di soggetti temporaneamente collocati fuori ruolo, facendo cosi' venir meno anche il collegamento immediato con l'esercizio delle funzioni, e cio', presumibilmente, al fine di continuare a garantire la possibilita' di difesa personale anche rispetto ad attivita' che, pur se rischiose, non godono piu' del requisito dell'attualita', in quanto non piu' riferibili, quantomeno immediatamente, all'esercizio di attivita' latu sensu giurisdizionali. In relazione a tali considerazioni, appare evidente che la disposizione normativa in esame, nella parte in cui concede la facolta' di portare armi senza licenza soltanto ai magistrati dell'ordine giudiziario, senza estenderla alle altre magistrature e alla Avvocatura dello Stato, non puo' configurarsi come espressione della volonta' discrezionale del legislatore ma si pone come violativa del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), con specifico riferimento all'unita' della funzione giurisdizionale (artt. 102 e 103 Cost.) ed alla tradizionale equiparazione, ai fini giuridici (oltre che economici), di tutte le magistrature e della Avvocatura dello Stato alla stessa disciplina dell'ordine giudiziario (art. 23 r.d. 3 ottobre 1933, n. 611). Del resto, va rilevato che i giudici del Consiglio di Stato, dei Tribunali Amministrativi, della Corte dei conti e dei Tribunali militari possono svolgere attivita' giustiziali collegate ad interessi di rilevanza ben maggiore di quelle svolte dai magistrati ordinari anche sotto il profilo del connesso rischio incidente sulla sicurezza personale. Valutazioni non dissimili, possono essere formulate nei confronti degli Avvocati dello Stato che, pur non essendo officiati di funzioni giurisdizionali, svolgono funzioni giustiziali e di consulenza di notevole contenuto e sicurezza, in posizione di indipendenza ed autonomia, quali, ad esempio, funzioni difensive di parte civile nei processi penali, atti riservati, atti che coinvolgono interessi pubblici, ecc. Se ne deduce che il cit. art. 7 della legge n. 36/90, pur nella sua specialita', nella parte in cui circoscrive la sua applicazione ai soli magistrati dell'ordine giudiziario, senza estenderla alle altre Magistrature e all'Avvocatura dello Stato che condividono, con la magistratura ordinaria, identiche esigenze di difesa personale, deve ritenersi incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza e di parita' di trattamento rispetto a situazioni giuridiche analoghe, in riferimento alla natura e alla qualificazione dei soggetti a cui queste vengono imputate (art. 3 Cost.), ed in parte, (per i soli magistrati non appartenenti al c.d. "ordine giudiziario" anche in relazione alla unita' della funzione giurisdizionale, cui agli artt. 102 e 103 della Costituzione. A tale stregua, vanno sottoposte alla Corte le questioni di cui sopra e, conseguentemente, va disposta la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla corte costituzionale.
P. Q. M. Dichiara rilevanti, ai fini della decisione del ricorso in epigrafe, e non manifestamente infondate con riferimento agli artt. 3, 102-103 e 136 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1 della legge 21 febbraio 1990, n. 35, nella parte in cui esclude dal porto d'arma senza licenza i magistrati amministrativi, della Corte dei conti, dei Tribunali militari e gli avvocati dello Stato; Sospende il presente giudizio; Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per la risoluzione delle predette questioni di legittimita', a cura della segreteria; Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Cosi' deciso in Firenze, nella camera di consiglio, il 5 febbraio 1997. Il presidente: Virgilio Il consigliere rel. est.: Metro 99C0129