N. 93 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 dicembre 1998

                                 N. 93
  Ordinanza emessa il 21 dicembre 1998  dal  pretore  di  Firenze  nel
 procedimento penale a carico di Errico Posquale
 Processo  penale  - Procedimento per decreto - Richiesta di emissione
    del decreto penale di condanna  - Necessita', a pena di  nullita',
    della  richiesta  e  degli  atti  conseguenti,  di  previo  invito
    all'indagato a presentarsi per rendere  interrogatorio  -  Mancata
    previsione - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi analoga
    - Incidenza sul diritto di difesa.
 (Legge 16 luglio 1997, n. 234,  art. 2; c.p.p. 1988, art. 459).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.9 del 3-3-1999 )
                              IL PRETORE
   Preso  atto  delle  eccezioni preliminari dell'avv. Mario Taddeucci
 Sassolini, difensore dell'imputato Errico Pasquale, in  relazione  al
 reato di cui all'art. 5-6, legge 283/62, la prima tesa ad ottenere la
 dichiarazione  di  nullita'  della  richiesta  di  decreto  penale di
 condanna e conseguentemente ex art. 185 c.p.p. del decreto  penale  e
 del  decreto  che  dispone  il  giudizio  a seguito di opposizione al
 decreto stesso, la seconda, in via subordinata, tesa a  sollevare  la
 questione  di illegittimita' costituzionale dell'art. 459 c.p.p.  per
 contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Sentito il parere contrario del p.m.
                             O s s e r v a
   I.  -  Il  difensore  dell'imputato  eccepisce  la  nullita'  della
 richiesta  di  emissione di decreto penale in quanto non preceduta da
 invito a  rendere  interrogatorio  davanti  al  p.m.,  come  previsto
 dall'art.    2 della legge 234/1997, dovendosi ad avviso dello stesso
 difensore applicarsi detta disposizione in via estensiva  anche  alla
 citata  ipotesi,  al pari di quelle di richiesta di rinvio a giudizio
 ex art.  416 c.p.p. e di decreto di citazione a giudizio ex art.  555
 c.p.p..
   Detta interpretazione sarebbe giustificata in primo luogo da motivi
 di  opportunita'  e  ragionevolezza dovendosi ritenere contrario alla
 ratio della legge 234 citata, che ha esteso l'esercizio  del  diritto
 di   difesa   nella  fase  delle  indagini  preliminare,  il  mancato
 riconoscimento del diritto di  essere  interrogato  dal  p.m.  a  chi
 dovesse risultare destinatario di un decreto penale di condanna.
   In  secondo  luogo detta interpretazione si imporrebbe in virtu' di
 una lettura sistematica degli artt.  464,  456,  429  e  416  c.p.p.,
 quest'ultimo  cosi' come modificato dalla legge 234, in quanto l'art.
 464 c.p.p. nel disciplinare il  giudizio  di  opposizione  a  decreto
 penale  di condanna rinvia alle norme relative al giudizio immediato;
 il decreto che dispone tale giudizio e'  poi  disciplinato  dall'art.
 456  che rinvia a sua volta alla disposizione dell'art. 429, il quale
 non sanzionerebbe con la nullita' l'omissione dell'invito  a  rendere
 interrogatorio  ex  art.  375  c.p.p.  solo  in  quanto tale sanzione
 sarebbe gia' prevista dall'art. 416 c.p.p. che riguarda la  richiesta
 di  rinvio  a  giudizio,  che e' prodromica al decreto che dispone il
 giudizio immediato.
   Non si ritiene di  condividere  tale  interpretazione  offerta  dal
 difensore  in  merito  all'applicazione  estensiva  dell'art. 2 della
 legge 234/1997 alla richiesta di decreto penale di  condanna  di  cui
 all'art.  459  c.p.p. e di conseguenza al decreto penale e al decreto
 che dispone il giudizio a seguito di opposizione  ad  esso  ex  artt.
 429 - 565 c.p.p.
   Non convincono le ragioni di lettura sistematica delle norme.
   Se   da   una   parte   e'  vero  che  l'omesso  invito  a  rendere
 interrogatorio davanti  al  p.m.  riguarda  la  fase  delle  indagini
 preliminari,  cioe'  la  fase  antecedente  all'esercizio dell'azione
 penale, cosi' come sostenuto  dalla  difesa  e  condiviso  da  questo
 giudice,  giacche' la modifica legislativa si riferisce ad alcuni dei
 momenti previsti dall'art. 405 c.p.p., dall'altra non puo'  invocarsi
 la  disciplina  prevista  per  una  fase successiva alla richiesta di
 decreto penale, cioe' quella dell'emissione del decreto  che  dispone
 il  giudizio  immediato (artt. 456-429), per giustificare la nullita'
 della  richiesta  di  decreto  ex  art.  459  c.p.p.,  poiche'  detta
 richiesta  non  rientra  affatto  tra i modi di esercizio dell'azione
 penale contemplati dall'art.  416 c.p.p.. tramite richiesta di rinvio
 a giudizio.
   Infine, non puo' accogliersi  alcuna  altra  interpretazione  della
 norma,  secondo  criteri  di  ragionevolezza,  i  quali  attengono al
 momento della scelta discrezionale del legislatore.
   II.   -   Sulla   seconda   eccezione,   quella  di  illegittimita'
 costituzionale,  posta  in  via  subordinata  dal  difensore,  devesi
 esprimere  innanzitutto  una  valutazione  di  rilevanza nel presente
 giudizio.
   In punto di fatto va premesso che la richiesta di decreto penale di
 condanna da parte del p.m. ai sensi dell'art 459 c.p.p. fu  inoltrata
 il  13  ottobre  1997, dunque dopo l'entrata in vigore della legge 16
 luglio 1997 n. 234.
   Inoltre nella fase antecedente alla richiesta suddetta non  risulta
 che  l'imputato  opponente  a  d.p.  sia mai stato invitato a rendere
 interrogatorio davanti al p.m ai sensi dell'art. 375 c.p.p..
   Sicuramente la eventuale  illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 459  c.p.p.  come  prospettata  dal difensore, nella parte in cui non
 prevede a pena di nullita' tale invito, al pari dell'art. 416  e  555
 c.p.p. come modificati dall'art. 2 della legge 234/1997 per l'ipotesi
 di  richiesta  di  rinvio  a  giudizio  e  di  decreto di citazione a
 giudizio pretorile, comporterebbe  la  nullita'  della  richiesta  di
 decreto  penale  e  conseguentemente  di  tutti  gli  atti successivi
 (decreto penale e decreto che dispone il giudizio).
   L'eventuale nullita' si porrebbe sicuramente come pregiudiziale  al
 giudizio di merito.
   In conclusione la questione posta appare rilevante.
   Secondo   questo   giudicante   la  questione  non  appare  neppure
 manifestamente infondata.
   Secondo   il   difensore,   l'indagato    (e    non    l'imputato),
 successivamente  destinatario  di  una richiesta di decreto penale di
 condanna, sarebbe privato del diritto di rendere interrogatorio nella
 fase  delle   indagini   preliminari   a   differenza   dell'indagato
 successivamente   citato  a  giudizio,  subendo  pertanto  il  primo,
 rispetto a quest'ultimo, una  compressione  del  proprio  diritto  di
 difesa.
   Effettivamente  tale  disparita' di trattamento, ad avviso anche di
 questo giudicante, non trova alcuna ragionevole giustificazione  alla
 luce  del diritto positivo. A nulla vale, come sostenuto diversamente
 dal  p.m.,  il  rilievo  che  il  contraddittorio  sarebbe   comunque
 assicurato  seppure differito ad un momento successivo e per espressa
 volonta' dell'imputato a seguito  della  sua  opposizione  a  decreto
 penale di condanna.
   La   questione   della   diversita'  di  trattamento  di  posizioni
 giuridiche identiche  si  pone  proprio  nella  fase  delle  indagini
 preliminari  e  non  in  fase di giudizio, perche' e' proprio in tale
 momento che la legge 234 cit. ha voluto  introdurre  questa  maggiore
 garanzia  a favore dell'indagato. Nella fase delle indagini non vi e'
 differenza tra la persona  indagata  che  sara'  destinataria  di  un
 decreto  di  citazione  a  giudizio ed una persona indagata che sara'
 destinataria di una richiesta di decreto penale di condanna.
   Entrambe le posizioni  sono  meritevoli  degli  stessi  diritti  di
 difesa.
   Anzi,  condividendo  il  difensore istante, si puo' affermare che a
 maggior ragione, meritevole di tali diritti e' il destinatario di  un
 decreto  penale,  cioe'  colui  che  senza contraddittorio subira' un
 provvedimento di condanna, rispetto al destinatario di una vocatio in
 jus che ancora dovra' subire un giudizio, nel quale avra' ancora  una
 volta la possibilita' di esercitare i propri diritti di difesa.
   La  mancata  previsione  legislativa della estensione dell'invito a
 rendere interrogatorio davanti al  p.m.  nella  fase  delle  indagini
 preliminari  sembra  tradursi  in  realta'  in  una  vera  e  propria
 disparita' di trattamento di  situazioni  assolutamente  identiche  e
 quindi in una violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione.
                                 P.Q.M.
   Visti  gli artt. 3 e 479 c.p.p. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87 e 134,
 137 Cost.
   Accoglie l'eccezione del difensore dichiarandola  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata  e  rimette  la questione di illegittimita'
 costituzione degli artt. legge 16 luglio 1997 n.  234  e  459  c.p.p.
 per  contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in
 cui non prevedono che la richiesta di emissione di decreto penale  di
 condanna  sia  preceduta a pena di nullita' dall'invito a presentarsi
 per rendere interrogatorio ai sensi dell'art. 375 comma 3 c.p.p.
   Sospende il presente giudizio e ordina la trasmissione  degli  atti
 alla Corte costituzionale.
   Dispone  che  a  cura  della  Cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato.
   Manda alla Cancelleria per gli ulteriori adempimenti di competenza.
   Firenze, addi' 21 dicembre 1998
                        Il pretore: Chiarantini
 99C0140