N. 94 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 maggio 1998- 8 febbraio 1999
N. 94 Ordinanza emessa il 7 maggio 1998 (pervenuta alla Corte costituzionale l'8 febbraio 1999) dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Fanti Mario contro A.S.L. n. 35 di Magenta ed altra Impiego pubblico - Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale a domanda dell'interessato (nella specie, dirigente sanitario) - Mancata previsione della facolta' dell'Amministrazione di reiezione della domanda in presenza di grave pregiudizio alla propria funzionalita' - Irragionevolezza - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 57 e 58). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.9 del 3-3-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1689/97 r.g. proposto da Mario Fanti rappresentato e difeso dall'avv. Mattia Pascale ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Milano, via Macchi, 35; Contro l'azienda sanitaria locale n. 35 di Magenta, rappresentata e difesa dall'avv. Rocco Mangia ed elettivamente domiciliata presso lo stesso, in Milano, corso Magenta, 45; e nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, per l'annullamento del diniego alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale e per il riconoscimento del diritto alla trasformazione stessa; Visto il ricorso; Vista la memoria prodotta dall'Amministrazione a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, nella camera di consiglio del 7 maggio 1998, relatore il dott. Riccardo Savoia, i procuratori delle parti; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o 1. - Con ricorso 11 aprile 1997, l'istante, dirigente di primo livello all'A.S.L. di Magenta ha impugnato la nota 7 marzo 1997 n. 9147, con la quale il direttore amministrativo e quello generale dell'azienda stessa gli hanno comunicato il non accoglimento della richiesta diretta ad ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ai sensi dell'art. 1 - commi 56/65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ricoprendo l'istante stesso una funzione dirigenziale, ostativa, secondo quanto previsto dalla circolare 19 febbraio 1997 n. 3 del dipartimento della funzione pubblica, a tale trasformazione. 1.1. - Avverso il suddetto atto negativo il ricorrente deduce la violazione della legge n. 662/1996, sostenendo che la reiezione dell'istanza presentata per la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale debba ritenersi illegittima, in quanto la ridetta condizione ostativa non sarebbe prevista nella legge, ove si fonderebbe invece il diritto del ricorrente a vedersi concedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, cosi' come previsto dall'art. 1, commi 57 e 58, legge n. 662/1996, non sussistendo, nella specie, peraltro, alcun conflitto di interesse, come risulterebbe dalla domanda di trasformazione, motivata con la volonta' di incrementare l'attivita' libero professionale di odontoiatria laddove il ricorrente risulta addetto all'unita' operativa di igiene pubblica, settore igiene degli alimenti. Richiama, a sostegno delle sue tesi, la sentenza 12 novembre 1997 n. 2199 con cui la sezione ha ritenuto che l'art. 1 comma 57, della legge n. 662 preveda l'applicazione generalizzata del tempo parziale a tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, quali che siano il profilo professionale, la qualifica o il livello di appartenenza, con la sola eccezione delle categorie indicate dallo stesso comma e salva, per le categorie indicate, al comma 58, la preventiva emanazione di normativa ministeriale. 1.3. - Si e' costituita in giudizio la Azienda sanitaria locale, la quale conclude per la infondatezza del ricorso. All'odierna udienza, dopo discussione, la causa e' passata in decisione. D i r i t t o 1. - Il ricorrente, in servizio presso l'unita' operativa di Igiene pubblica della Azienda sanitaria locale di Magenta, con la qualifica di coadiutore sanitario dirigente di primo livello, impugna la nota con cui l'azienda di appartenenza ha opposto un diniego alla sua richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time. 2. - In via preliminare appare al Collegio rilevante porre questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 57 e 58, della legge n. 662/1996 che reca disposizioni le quali condurrebbero all'occoglimento del gravame. 2.1. - In effetti, ritiene il Collegio che la disciplina del part-time, dopo le innovazioni introdotte dalla legge n. 662 del 1996, che ha inteso allargare l'ambito applicativo dell'istituto, non suffraghi la tesi che vorrebbe escludere dal part-time i dirigenti del ruolo sanitario in nome di una incompatibilita' astratta di tali qualifiche con l'istituto in parola, basata sull'assunto (sostenuto dall'Ente resistente nel provvedimento impugnato e ribadito nelle difese prodotte), secondo cui la nuova configurazione della qualifica dirigenziale non sarebbe conciliabile con il part-time. 2.2. - L'art. 1, comma 57, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica collegate alla finanziaria 1997) stabilisce che "il rapporto di lavoro a tempo parziale puo' essere costituito relativamente a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche o livelli dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale militare, di quello delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco". Aggiunge il successivo comma 58, ultimo periodo, che "fatte salve le esclusioni di cui al comma 57, per il restante personale che esercita competenze istituzionali in materia di giustizia, di difesa e di sicurezza dello Stato, di ordine e di sicurezza pubblica, con esclusione del personale di polizia municipale e provinciale, le modalita' di costituzione dei rapporti di lavoro a tempo parziale ed i contingenti massimi del personale che puo' accedervi sono stabiliti con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro". L'ambito di applicazione dell'istituto e' ulteriormente definito dal comma 65 dello sesso articolo, che esclude il part-time "negli enti locali che non versino in situazioni strutturalmente deficitarie e la cui pianta organica preveda un numero di dipendenti inferiore alle cinque unita'". Alle modalita' di trasformazione del rapporto ed agli impedimenti che vi si possono frapporre e' dedicata la prima parte del comma 58, ove e' previsto che: la trasformazione avvenga automaticamente, una volta che siano trascorsi 60 giorni dalla domanda del dipendente; l'amministrazione possa negarla in caso di conflitto di interessi tra attivita' interna ed esterna o in caso di attivita' esterna alle dipendenze di altra amministrazione (per i dipendenti degli enti locali questa disciplina e' stata successivamente integrata dall'art. 58-bis della stessa legge n. 662, come introdotto con l'art. 6 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140, nonche' dall'art. 17, comma 18, della legge 15 maggio 1997, n. 127); la trasformazione del rapporto possa essere dall'Amministrazione posticipata per un periodo non superiore a sei mesi, nel caso in cui, per le mansioni e la posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, essa comporti grave pregiudizio alla funzionalita' dell'amministrazione. Con l'art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, vengono introdotti ulteriori incentivi ai dipendenti interessati (in un'ottica di incoraggiamento e di stimolo alla diffusione del part-time tra i dipendenti pubblici), prevedendosi tuttavia che le disposizioni dell'art. 11, commi 58 e 59, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 si applicano al personale dipendente delle regioni e degli enti locali purche' non diversamente disposto da ciascun ente. 2.3. - La Sezione ha gia' osservato che l'art. 1, comma 57, della legge n. 662 del 1996 prevede l'applicazione generalizzata del tempo parziale a tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, quali che siano il profilo professionale, la qualifica o il livello di appartenenza, con la sola eccezione delle categorie indicate dallo stesso comma, e salvo, per le categorie indicate al comma 58, la previa emanazione della normativa ministeriale diretta al contingentamento dei posti di lavoro a tempo parziale ed alla disciplina della modalita' costitutive dei relativi rapporti. E nessuna eccezione specifica e' prevista per i dirigenti delle aziende del servizio sanitario, che rientrano nell'area della pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 1, comma secondo, del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29. 2.3.1. - Preclusioni in tal senso, peraltro, non paiono in via assoluta potersi trarre ne' dal C.C.N.L. dell'area della dirigenza medica del comparto sanita', ne' dalla disciplina della dirigenza posta dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (relativamente al ruolo sanitario), ne' dal decreto legislativo n. 29/1993 (in via generale per tutta la pubblica amministrazione. 3 - Se, dunque, appare privo di fondamento normativo il diniego opposto all'accesso al part-time di un dirigente sanitario, purtuttavia la Sezione ritiene che la normativa sopra illustrata appaia irrazionale, nei sensi di cui infra, con violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione e che tale dubbio di costituzionalita' si appalesi rilevante ai fini della decisione del ricorso. 3.1. - Gia' la richiamata sentenza concludeva nel senso di dubitare che "un'estensione cosi' ampia del part-time potrebbe rivelarsi poco meditata riguardo alle possibili ricadute nell'organizzazione dei singoli enti, i quali per arginarne gli effetti non dispongono di altro strumento che ritardare, e non oltre un certo limite, la trasformazione del rapporto", pur non autorizzandosi integrazioni limitative non ricavabili dal testo normativo. Le nuove disposizioni di cui si tratta, invero, nel modificare la preesistente disciplina dell'istituto del part-time, volte a favorirne una ampia diffusione (cosi' attenuando in grande misura e pressoche' eliminando i vincoli che prima limitavano e rendevano poco conveniente la trasformazione, sotto il profilo dell'orario di lavoro, del rapporto del pubblico dipendente), hanno inteso configurare tale trasformazione come un diritto, ovvero una facolta' del dipendente, evitando di introdurre elementi che impediscano o limitino in qualche modo l'accesso al tempo parziale. Con una tale disciplina, tuttavia, paiono essere state completamente pretermesse le esigenze funzionali delle pubbliche amministrazioni, private di qualunque potere discrezionale ai fini, dell'accoglimento della domanda di trasformazione del rapporto, essendo esse tenute ad accogliere le domande di cui si tratta, con l'unica possibilita' di ricorrere ad un potere di differimento, finalizzato all'apprestamento delle misure idonee a garantire comunque il pubblico servizio. L'irrazionalita' (e dunque la illegittimita' costituzionale) di tali norme appare non manifestamente infondata, in riferimento ai citati artt. 3 e 97 Cost., laddove esse non pongono alcun limite all'esercizio di tale diritto, se non quello del limite massimo di posizioni di lavoro a tempo parziale consentite, a meno che non si obietti da un lato che l'intera disciplina dell'istituto sia rimessa alla volonta' pattizia in sede di contrattazione collettiva, dall'altro che il legislatore, nel contemperamento di interessi, abbia volutamente precostituito una posizione potiore in capo al dipendente, prescegliendo la preventivata riduzione della spesa pur a detrimento dello svolgimento della funzione pubblica, concetto del resto sempre piu' recessivo nella produzione normativa recente a partire dal decreto legislativo n. 29/1993. Quanto ai dirigenti potrebbe forse obiettarsi che proprio le professionalita' sottese a tale posizione risulterebbero quelle maggiormente compatibili con la prestazione in tempo parziale, essendo indice della preparazione e validita' del soggetto prescelto l'apprendimento di idonee misure organizzative che prescindano dalla concreta presenza in servizio del dirigente stesso. Tuttavia, anche accolte tali premesse, non pare dubitabile che possano verificarsi gravi nocumenti alla funzionalita' organizzativa delle strutture amministrative delle pubbliche amministrazioni. Di tal guisa, qualsivoglia seria politica di gestione del personale, intesa quale indispensabile strumento volto ad adattare in modo efficiente le risorse umane, di cui l'amministrazione disponga, ai fini che la stessa persegue, viene di fatto svuotata di significato e di contenuti e, cosi', resa vana a priori, in spregio, altresi', di quei valori di utilizzazione flessibile del personale in termini di produttivita', dei quali la Corte costituzionale ha gia' rilevato il carattere strumentale rispetto al buon andamento della pubblica amministrazione (v. sentenza n. 309 del 1997). L'art. 1, commi 57 e 58, della legge n. 662/1996, nel perseguire l'estensione indiscriminata e generalizzata dei dipendenti fruitori di part-time (che possono inoltre, anche in contrasto con le esigenze dichiarate dall'Amministrazione, stabilire autonomamente le modalita' di svolgimento della prestazione), ha, insomma, cosi' realizzato una ingiustificata inversione di tendenza, rispetto al recente passato, nel processo di razionalizzazione, ammodernamento, responsabilizzazione, distinzione e specificazione di ruoli e responsabilita', che ha caratterizzato la piu' recente legislazione sul pubblico impiego, la quale rivela indubbiamente la tendenza a superare, nella disciplina sostanziale, la tradizionale contrapposizione fra impiego pubblico e impiego privato. Ponendosi, cosi', in chiaro contrasto con i principi di ragionevolezza ed uguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., nonche' di imparzialita', ragionevolezza organizzativa e buon andamento dell'amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., l'art. 1, commi 57 e 58, della legge n. 662/1996 priva, in definitiva, il datore di lavoro pubblico di possibilita' efficaci ed efficienti di gestione corretta delle risorse umane. Bisogna, ai fini dell'esame della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' qui sollevata, infine tener altresi' presenti: a) il disposto del successivo comma 59 dello stesso articolo, il quale, a sua volta, impone di destinare i risparmi di spesa derivanti dalla trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale secondo le modalita' ivi indicate ed, in particolare, prevede la possibilita' di destinare solo il cinquanta per cento del risparmio di spesa a nuove assunzioni, e solamente dopo l'inutile esperimento delle procedure di mobilita' (cosi' impedendo all'Amministrazione di far fronte, esaustivamente e tempestivamente, ai "vuoti" che con tale processo di trasformazione si vengono a creare); b) la legge n. 449/1997, la quale, nell'ambito di una serie di interventi finalizzati sia ad una riduzione della spesa del personale che ad un recupero di efficienza e di funzionalita' dei servizi, ha, agli articoli 39 e 41, abbandonato il tradizionale strumento del divieto di nuove assunzioni, per utilizzare, invece, lo strumento della programmazione triennale del fabbisogno del personale (prefissando un obiettivo finale di riduzione complessiva del personale in servizio), programmazione che potrebbe facilmente risultare snaturata, vanificata e depotenziata, nei suoi indispensabili profili di efficacia, ove l'accesso non programmato (dalla amministrazione) di personale al part-time crei carenze di organico, oltre improvvise ed aggiuntive rispetto a quelle previste dall'Ente ai fini di tale programmazione, in settori che potrebbero essere ben diversi da quelli in cui la riduzione si rendeva invece (secondo il quadro generale programmatico tracciato dall'Amministrazione) necessaria o, quantomeno, opportuna; c) l'art. 6, comma 4, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, ha stabilito che i dipendenti, che hanno trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, hanno altresi' "diritto" di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, nonche' alle successive scadenze previste dai contratti collettivi; che, inoltre, la trasformazione del rapporto a tempo pieno avviene anche in sovrannumero, riassorbibile con le successive vacanze. Pare pertanto evidenziabile la pratica impossibilita' (come, del resto, ha gia' osservato il tribunale amministrativo regionale Veneto sollevando identica questione di costituzionalita' della stessa norma con ordinanza n. 845/1997) di governare le proprie strutture organizzative, di esercitare le funzioni e di erogare i servizi in modo efficace, in quanto assoggettate alle imprevedibili scelte dei propri dipendenti e cio' tanto piu' ove, come nella fattispecie oggetto del presente giudizio, si tratti di dirigenti, ai quali, nel nuovo ordinamento del rapporto di impiego del servizio sanitario pubblico, sono attribuite funzioni di supporto, di collaborazione e di corresponsabilita' nelle scelte, con corrispondente riconoscimento di precisi e notevoli ambiti di autonomia professionale, in una ottica di corretto espletamento del servizio, che non puo' non venire in irrimediabile contrasto col "diritto" al part-time, come disegnato dal legislatore del 1996 (pur con le integrazioni e modifiche apportate successivamente a tale disciplina), con la conseguente pratica impossibilita', per le Amministrazioni stesse, di apprestare, di volta in volta, operazioni organizzative adeguate alla natura del fenomeno. 4. - Per quanto sopra esposto, il Collegio considera rilevante e non manifestamente infondata la eccezione di incostituzionalita' delle disposizioni di legge suindicate e, conseguentemente, ritiene che la indicata questione, nei termini e nei limiti sopra delineati, debba essere rimessa all'esame della stessa Corte, in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Va per l'effetto disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mentre il presente giudizio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, fino alla pronuncia sulla legittimita' costituzionale della norma indicata.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. II, pronunciando in via interlocutoria sul ricorso in oggetto, visto l'art. 134 Cost.: dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 57 e 58, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella parte in cui non consente all'amministrazione di non accogliere la richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale in presenza di grave pregiudizio alla funzionalita' dell'amministrazione, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Ordina alla segreteria, ai sensi dell'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, di notificare la presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri, e di darne comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Milano, nella camera di consiglio del 7 maggio 1998; Il presidente: Barbieri L'estensore: Savoia 99C0141