N. 37 ORDINANZA 11 - 19 febbraio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Notificazione - Esecuzione mediante consegna al
 difensore  per  impossibilita'  di  eseguirla  presso  il   domicilio
 dichiarato  ed  eletto  dall'imputato  - Ricerche preventive - Omessa
 previsione - Questione gia' decisa dalla  Corte  come  manifestamente
 inammissibile con ordinanza n. 241/1998 - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 161, quarto comma).
 
 (Cost., artt. 76 e 77).
 
(GU n.8 del 24-2-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 161, comma 4,
 del codice di procedura penale, promossi con tre ordinanze emesse  il
 5  marzo  (numero  due ordinanze) ed il 18 aprile 1997 dal pretore di
 Prato, rispettivamente iscritte ai nn. 195, 196 e  197  del  registro
 ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di costituzione dell'avv. Bardazzi Giovanni, nonche'
 gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  13  gennaio  1999  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Ritenuto  che,  nel  corso di un procedimento penale, il pretore di
 Prato, con ordinanza in data 5 marzo 1997 (R.O. n. 195 del 1998),  ha
 sollevato,  in  riferimento all'art. 77 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice  di
 procedura   penale,   nella  parte  in  cui  impone  di  eseguire  le
 notificazioni  mediante  consegna  al  difensore  qualora   non   sia
 possibile   eseguirle   presso  il  domicilio  dichiarato  ed  eletto
 dall'imputato, senza prescrivere alcuna preventiva ricerca  volta  ad
 accertare  l'attuale domicilio dell'imputato stesso o a verificare se
 egli si trovi in stato di detenzione;
     che  il  remittente  premette  che  nel   giudizio   a   quo   la
 notificazione  all'imputato  del  decreto  di  citazione  e' avvenuta
 mediante consegna al difensore d'ufficio a norma dell'art. 161, comma
 4, cod. proc.   pen. per "inidoneita'  del  domicilio  in  precedenza
 eletto";
     che,  a  suo avviso, la notificazione eseguita con tali modalita'
 non garantirebbe in alcun modo che l'imputato abbia  avuto  effettiva
 conoscenza  del dibattimento da celebrare nei suoi confronti, sicche'
 la disposizione censurata si porrebbe  in  contrasto  con  l'art.  6,
 terzo  comma,  lettera  c), della convenzione per la salvaguardia dei
 diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,  e  con  l'art.  14,
 terzo comma, lettera d), del patto internazionale relativo ai diritti
 civili  e  politici,  rispettivamente  ratificati e resi esecutivi in
 Italia con la legge 5 agosto 1955, n.  848  (Ratifica  ed  esecuzione
 della  convenzione  per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
 liberta' fondamentali firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,  e  del
 protocollo  addizionale  alla convenzione stessa, firmato a Parigi il
 20 marzo 1952), e con la legge 25 ottobre 1977, n. 881  (Ratifica  ed
 esecuzione  del  patto  internazionale relativo ai diritti economici,
 sociali e culturali, nonche' del  patto  internazionale  relativo  ai
 diritti  civili  e  politici,  con protocollo facoltativo, adottati e
 aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il  19  dicembre
 1966), che sancirebbero il diritto dell'imputato a essere presente al
 dibattimento;
     che  lo stesso remittente - richiamando la sentenza del 28 agosto
 1991, F.C.B. contro Italia, della Corte europea dei diritti dell'uomo
 - osserva  che  si  avrebbe  violazione  del  principio  del  "giusto
 processo"  ove  si facesse discendere la perdita del suddetto diritto
 dal comportamento,  pur  censurabile,  dell'imputato  che  non  abbia
 provveduto   a   comunicare   la  variazione  del  proprio  domicilio
 all'autorita' giudiziaria  procedente,  in  quanto  tale  conseguenza
 sarebbe  manifestamente  sproporzionata  rispetto  a detta omissione,
 tenuto conto della posizione preminente che il diritto ad un processo
 equo occupa in una societa' democratica;
     che,  ad  avviso  del   pretore,   la   disposizione   censurata,
 contrastando  le citate norme internazionali pattizie, violerebbe, in
 considerazione  del  richiamo  espresso   contenuto   nel   preambolo
 dell'art.  2  della  legge di delegazione del 16 febbraio 1987, n. 81
 ("Il codice  di  procedura  penale  deve  attuare  i  principi  della
 Costituzione  e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali
 ratificate dall'Italia e relative  ai  diritti  della  persona  e  al
 processo  penale"),  l'art.  77  della Costituzione, per non avere il
 legislatore delegato rispettato i criteri direttivi della delega;
     che  il  difensore  d'ufficio  dell'imputato  ha  nominato  altro
 difensore abilitato al patrocinio innanzi alle magistrature superiori
 e  con  lui si e' costituito in giudizio, per sostenere la fondatezza
 della  questione  di  costituzionalita'  sollevata  con   l'ordinanza
 citata;
     che  e'  intervento  in  giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiara infondata.
   Ritenuto  altresi',  che  lo  stesso pretore di Prato, nel corso di
 altro procedimento penale, con ordinanza di analogo contenuto  emessa
 in  data  5  marzo  1997  (R.O.  n.  196  del 1998), ha sollevato, in
 riferimento all'art. 77 della  Costituzione,  identica  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  161,  comma 4, del codice di
 procedura penale;
     che pure in  tale  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione;
     che  ancora  il  pretore  di  Prato,  nel  corso  di   un   terzo
 procedimento  penale,  con  ordinanza del 18 aprile 1997 (R.O. n. 197
 del 1998), di contenuto  analogo  a  quelle  di  cui  si  e'  or  ora
 riferito,  ha  denunciato,  in  riferimento  agli artt. 76 e 77 della
 Costituzione, l'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale per
 i medesimi profili di cui alle precedenti ordinanze.
   Considerato che le ordinanze, con identica  motivazione,  sollevano
 questioni  a  loro  volta  identiche  o  analoghe, sicche' i relativi
 giudizi possono essere riuniti per essere decisi unitariamente;
     che,  con  riferimento   al   giudizio   instaurato   a   seguito
 dell'ordinanza  n. 195 del 1998, deve essere dichiarata inammissibile
 la costituzione del difensore nominato dal difensore  d'ufficio,  che
 e'   privo   del   potere  di  rilasciare  procura  speciale  per  la
 rappresentanza in giudizio innanzi a questa Corte;
     che in tutte le ordinanze di remissione il pretore  di  Prato  si
 limita  a  rilevare  che la notificazione all'imputato del decreto di
 citazione e' avvenuta mediante consegna  di  copia  al  difensore,  a
 norma  dell'art.  161,  comma 4, del codice di procedura penale, "per
 inidoneita' del domicilio in precedenza eletto";
     che  la  medesima  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.     161,  comma  4,  del  codice  di  procedura  penale  in
 riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, e' stata sollevata
 dallo stesso  remittente  con  una  precedente  ordinanza  di  tenore
 identico a quelle teste' riunite;
     che  l'anzidetta  questione  e'  stata decisa da questa Corte nel
 senso della manifesta inammissibilita' con ordinanza n. 241 del 1998,
 poiche' il remittente non aveva assolto all'onere di una piu' puntale
 descrizione della concreta fattispecie,  non  aveva  precisato  sotto
 quale profilo il domicilio in precedenza eletto dovesse ritenersi non
 idoneo,  ne'  aveva  chiarito  se la persona sottoposta alle indagini
 fosse stata avvertita dell'obbligo di comunicare ogni  mutamento  del
 domicilio  ed  avvisata  che, in mancanza, le notificazioni sarebbero
 state eseguite mediante consegna  al  difensore  ai  sensi  dell'art.
 161, comma 1;
     che  neppure  nelle  ordinanze  in esame e' stata compiuta quella
 piu' circostanziata esposizione che sarebbe stata necessaria ai  fini
 di uno scrutinio nel merito;
     che  va  ribadito  che  i  presupposti di fatto che si riflettono
 sulla  individuazione  della  norma   da   applicare   nel   giudizio
 principale,  e quindi sulla rilevanza della questione di legittimita'
 costituzionale, devono essere verificati e descritti  dal  giudice  a
 quo nell'ordinanza di remissione;
     che   non   e'   all'uopo   sufficiente   allegare  genericamente
 l'inidoneita' del domicilio eletto, senza aver dato  mostra  di  aver
 verificato  la  sussistenza  di  tutte le condizioni che renderebbero
 applicabile alla concreta fattispecie il censurato art. 161, comma 4,
 e non invece l'art. 171, lettera e), l'art. 157, norma  generale  per
 la  prima notificazione all'imputato non detenuto, e, ricorrendone le
 condizioni, l'art.  159 del codice di procedura penale,  in  tema  di
 notifica all'imputato dichiarato irreperibile;
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 161, comma 4, del
 codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt.   76
 e 77 della Costituzione, dal pretore di Prato con le tre ordinanze in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 1999.
                         Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mezzanotte
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1999
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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