N. 44 ORDINANZA 22 - 25 febbraio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Magistrati  -  Allineamento  stipendiale  -  Analoghe questioni gia'
 dichiarate non fondate dalla Corte (vedi  sentenza  n.  6  del  1994,
 ordinanze  nn.  105,  e  394  del  1994  e  nn.  40 e 523 del 1995) -
 Statuizione di disciplina retroattiva di  carattere  sostanziale  non
 incidente sulla tutela giurisdizionale - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L.   19   settembre   1992,  n.  384,  art.  7,  convertito,  con
 modificazione, nella legge 14 novembre 1992 n. 438).
 
 (Cost., artt. 3, 24, 36, 97 e 113).
 
(GU n.9 del 3-3-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7 del d.-l.  19
 settembre  1992,  n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di
 sanita'  e  di  pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni   fiscali),
 convertito,  con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438,
 promosso con ordinanza  emessa  il  5  dicembre  1997  dal  Tribunale
 amministrativo  regionale  del Lazio, sezione staccata di Latina, sul
 ricorso proposto da Vito Tenore  contro  il  Ministero  di  grazia  e
 giustizia  ed altro, iscritta al n. 439 del registro ordinanze 1998 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  25,  prima
 serie speciale, dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  costituzione  di  Vito Tenore, nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  27  gennaio  1999  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da un magistrato, il
 quale  chiedeva  l'attribuzione  dello  stesso  trattamento economico
 riconosciuto  ad  altro  magistrato,  nominato  uditore   giudiziario
 successivamente  ma  che aveva maturato una piu' elevata retribuzione
 in una carriera diversa, il Tribunale  amministrativo  regionale  del
 Lazio, sezione staccata di Latina, con ordinanza emessa il 5 dicembre
 1997,  ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 24, 36, 97 e 113
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  7  del  d.-l. 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in
 materia di previdenza, di sanita'  e  di  pubblico  impiego,  nonche'
 disposizioni  fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14
 novembre 1992, n. 438;
     che la disposizione denunciata ha stabilito che  la  soppressione
 di    precedenti   disposizioni   che   consentivano   l'allineamento
 stipendiale,  disposta  con  il  d.-l.  11  luglio  1992,   n.   333,
 convertito,  con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, va
 interpretata nel senso che dalla data di entrata in  vigore  di  tale
 d.-l.  non possono essere piu' adottati provvedimenti di allineamento
 stipendiale, anche se con effetti anteriori all'11 luglio 1992;
     che il giudice remittente ricorda  che  precedenti  questioni  di
 legittimita'   costituzionale   che   hanno   investito   la   stessa
 disposizione sono state dichiarate non fondate  (sentenza  n.  6  del
 1994)  e  successivamente  manifestamente  infondate,  ma ripropone i
 dubbi di legittimita' costituzionale, denunciando la violazione degli
 artt.  3,  24  e  113  della  Costituzione,  giacche'  precludere  la
 possibilita' di accogliere i ricorsi di quanti avrebbero avuto titolo
 all'allineamento   stipendiale   prima  della  soppressione  di  tale
 istituto  equivarrebbe   ad   escludere   per   costoro   la   tutela
 giurisdizionale;  lo  stesso giudice denuncia, inoltre, la violazione
 degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, in  quanto  l'attribuzione
 della  maggiore  retribuzione dipenderebbe dalla tempestivita' o meno
 degli  uffici  amministrativi   nell'applicazione   dell'allineamento
 stipendiale;
     che si e' costituita la parte ricorrente nel giudizio principale,
 chiedendo   che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  sia
 accolta;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 sostenendo la infondatezza della questione.
   Considerato  che  analoghe questioni di legittimita' costituzionale
 che hanno investito l'art. 7 del d.-l. n. 384  del  1992  sono  state
 dichiarate non fondate dalla Corte (sentenza n. 6 del 1994), giacche'
 la   soppressione   con   efficacia  retroattiva  dei  meccanismi  di
 allineamento stipendiale  e'  diretta  a  superare  irrazionalita'  e
 diseguaglianze   determinate   dall'applicazione  di  tale  istituto,
 attraverso il quale il trattamento riconosciuto a singoli dipendenti,
 per evitare loro arretramenti retributivi  derivanti  da  sviluppi  o
 mutamenti  della  carriera,  veniva  esteso ad un'intera categoria di
 dipendenti in conseguenza del fatto, del tutto  accidentale,  che  un
 soggetto  dotato  di  un trattamento "personalizzato" piu' favorevole
 venisse ad inserirsi nell'ambito di tale categoria,  cosi'  alterando
 il  principio  secondo  cui la progressione nel trattamento economico
 deve corrispondere a criteri prefissati nella legge o  nei  contratti
 collettivi,  e  collegarsi,  in  ogni  caso,  a  miglioramenti  nella
 qualita' e quantita' delle prestazioni effettuate;
     che  eventuali  disparita'  tra   coloro   che   hanno   ottenuto
 l'allineamento  stipendiale  prima dell'entrata in vigore della norma
 impugnata e coloro che, nella medesima situazione, non possono godere
 di tale vantaggio, non assumono, come la Corte ha piu' volte ribadito
 (sentenza n. 6 del 1994; ordinanze nn. 105 e 394 del 1994 e nn. 40  e
 523   del   1995),  rilievo  costituzionale,  dal  momento  che  tale
 disparita' "non potrebbe  giustificare  la  sopravvivenza,  sia  pure
 limitata,  di  un  istituto  che  si e' voluto espungere radicalmente
 dall'ordinamento   proprio   in   relazione   alla   sua   intrinseca
 irrazionalita' ed agli effetti sperequativi che andava determinando";
     che   la   disposizione   denunciata  ha  escluso  l'allineamento
 stipendiale  stabilendo  una  disciplina  retroattiva  di   carattere
 sostanziale,   che,   in   quanto   tale,  non  incide  sulla  tutela
 giurisdizionale diretta  ad  applicare  il  diritto  oggettivo  (cfr.
 sentenza n. 6 del 1994; ordinanza n. 394 del 1994);
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 7  del  d.-l.  19  settembre  1992,  n.  384
 (Misure  urgenti  in  materia di previdenza, di sanita' e di pubblico
 impiego,   nonche'    disposizioni    fiscali),    convertito,    con
 modificazioni,  nella  legge  14 novembre 1992, n. 438, sollevata, in
 riferimento agli artt.  3, 24, 36, 97 e 113 della  Costituzione,  dal
 Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio, sezione staccata di
 Latina, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 25 febbraio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0169