N. 165 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 1998

                                N. 165
 Ordinanza emessa il 30  novembre  1998  dal  pretore  di  Milano  nel
 procedimento penale a carico di Sartirana Italo Mauro ed altri
 Pena  -  Sanzioni sostitutive delle pene detentive - Inapplicabilita'
 ai reati in materia  di  edilizia  e  urbanistica  in  caso  di  pena
 detentiva  non  alternativa  a  quella  pecuniaria  -  Ingiustificata
 disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto per  i  reati  a
 tutela del paesaggio.
 (Legge del 24 novembre 1981, n. 689, art. 60, ultimo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.12 del 24-3-1999 )
                              IL PRETORE
   Premesso  che  con  decreto  emesso in data 2 agosto 1997 Sartirana
 Italo Mauro, Ribuoli Sergio e Brena  Giovanni  sono  stati  citati  a
 giudizio  innanzi  a  questo  Pretore,  in  relazione al reato di cui
 all'art.  20, lett. b), della legge n. 47/1985, per aver -  il  primo
 quale   legale   rappresentante   della   S.r.l.   T.I.E.R,  societa'
 proprietaria degli immobili; il secondo quale direttore  dei  lavori;
 il  terzo  quale  legale rappresentante della S.p.a. Cemi Costruzioni
 Generali, societa' appaltatrice dei lavori - realizzato in Zibido San
 Giacomo, via Don  Gnocchi  n.    36,  tre  villette  bifamigliari  in
 variazione  essenziale  rispetto  a  quanto oggetto della concessione
 edilizia  n.  2/1993  ed,  in  particolare,  per   aver   mutato   la
 destinazione  d'uso  dei  piani  sottotetto  e seminterrato in locali
 adibiti alla  permanenza  di  persone,  con  conseguente  aumento  di
 s.l.p.,  tramite  le  seguenti  opere:  installazione  di impianti di
 riscaldamento    e    di    illuminazione,    piastrellatura    delle
 pavimentazioni, predisposizione prese radio e T.V., fatti commessi in
 epoca anteriore e prossima all'ottobre 1996;
   All'udienza  in  data  30  settembre  1998,  il  p.m. ha modificato
 l'imputazione  inserendo  in  luogo  delle  parole   "in   variazione
 essenziale" la locuzione "in totale difformita'";
   Alla successiva udienza del 30 novembre 1998 gli imputati Sartirana
 Italo Mauro e Ribuoli Sergio avanzavano istanza di applicazione della
 seguente  pena:  mesi  uno  di  arresto  e  L.  4.500.000 di ammenda,
 sostituita la pena detentiva con quella pecuniaria di  L.  2.250.000:
 pena  complessiva  L.  6.750.000 di ammenda ciascuno e la loro difesa
 chiedeva al pretore, qualora non ritenesse  di  poter  accogliere  la
 richiesta  di applicazione della pena, dato che la pena detentiva era
 stata sostituita con la pena pecuniaria, di  sollevare  questione  di
 incostituzionalita'  dell'art.    60  della  legge n. 689/1981, nella
 parte in cui non prevede la sostituzione della pena detentiva in pena
 pecuniaria con riferimento all'art.   20  lett.  b)  della  legge  n.
 47/1985, in relazione agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione.
   Il  p.m.  prestava  il  suo consenso alla richiesta di applicazione
 della pena formulata dagli imputati, ed  in  subordine  si  associava
 alla proposizione avanti alla Corte costituzionale della questione di
 costituzionalita' indicata.
   Il  difensore  di  Brena  chiedeva  non disporsi la separazione del
 procedimento  a  carico  del  suo  assistito,  potendo  la  posizione
 processuale  del  predetto  trarre giovamento dall'accoglimento della
 indicata eccezione di costituzionalita'.
   Il   pretore   sollevava   pertanto   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  ritenendola  rilevante,  poiche'  la pena concordata
 dalle parti appariva congrua e risultava  astrattamente  sostituibile
 con  la  pena pecuniaria di L. 2.250.000 di ammenda, non sussistendo,
 in capo agli imputati Sartirana e  Ribuoli,  condizioni  ostative  di
 carattere soggettivo all'applicabilita' dell'istituto di cui all'art.
 53  della  legge n.  689/1981. Non veniva disposta la separazione per
 l'imputato Brena che non aveva  richiesto  il  rito  alternativo,  in
 quanto  un'eventuale  pronuncia  di  incostituzionalita' dell'art. 60
 della legge n. 689/1981 potrebbe consentire  anche  al  predetto,  in
 caso  di  sentenza  di  condanna,  di  usufruire  dell'istituto della
 sostituzione della pena dententiva con quella pecuniaria.
   Cio' premesso;
                             O s s e r v a
   La questione sollevata non e' manifestamente infondata.
   Il divieto di applicare le pene sostitutive ai reati previsti dalle
 leggi in materia edilizia ed urbanistica, quando per detti  reati  la
 pena  detentiva  non  e'  alternativa  a quella pecuniaria, contenuto
 nell'art. 60, ultimo comma,  della  legge  n.  689/1981,  costituendo
 un'eccezione  alla  regola  prevista  dall'art. 53 della stessa legge
 (che prevede la generale possibilita' di sostituire le pene detentive
 brevi  con  le  sanzioni  sostitutive),  deve   essere   interpretato
 restrittivamente,  ai  sensi  dell'art.  14  delle disposizioni sulla
 legge in generale.
   Una tale interpretazione di stretto diritto, del resto, e'  imposta
 dal  fatto  che  un'estensione  della portata applicativa del divieto
 citato, oltre i  casi  in  esso  considerati,  comporterebbe  effetti
 sfavorevoli  al  reo:  si  tratterebbe,  pertanto, di un'applicazione
 analogica in malam partem  di  una  norma  che  comporta  conseguenze
 sanzionatorie  piu'  gravose  (la  mancata convertibilita' della pena
 detentiva inflitta), come tale vietata, oltre che dall'art. 14  delle
 preleggi,  anche,  e  in  primo  luogo,  dall'art. 25, comma 2, della
 Costituzione.
   La  norma  citata  si  caratterizza,  quindi,  per essere una norma
 penale di carattere eccezionale.
   Alla luce di tale premessa, deve pertanto ritenersi che le  nozioni
 di  "leggi  in  materia edilizia e urbanistica", richiamate dall'art.
 60,  ultimo  comma,   per   individuare   i   reati   esclusi   dalla
 convertibilita',  debbano  essere  interpretate in modo restrittivo e
 che non possa ricondursi alle une o alle altre, la nozione  di  leggi
 in materia paesaggistica.
   La  materia paesaggistica, infatti, si differenzia dall'urbanistica
 per molteplici profili (il diverso rilievo che  assume  il  paesaggio
 nella  Costituzione;  la  diversa  incidenza conformativa dei vincoli
 paesaggistici rispetto  a  quelli  urbanistici;  la  possibilita'  di
 concessioni  in sanatoria per la sola materia urbanistica; la diversa
 disciplina dell'estinzione dei reati contro  il  paesaggio,  rispetto
 all'estinzione  dei  reati urbanistici), come e' stato a piu' riprese
 chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, di legittimita'  e  del
 Consiglio di Stato, nonche' dalla dottrina prevalente, le quali hanno
 tenuto  e  continuano  a  tenere  nettamente  distinti  i due settori
 d'intervento legislativo.
   Consegue da quanto sopra esposto che il divieto previsto  dall'art.
 60,  ultimo  comma,  della legge citata, non puo' estendersi ai reati
 previsti  per  la  tutela  del  paesaggio  e  segnatamente  non  puo'
 ritenersi  preclusa  al  giudice la possibilita' di convertire con la
 sanzione sostitutiva ritenuta piu' idonea  al  reinserimento  sociale
 del condannato, la pena inflitta in applicazione del reato previsto e
 punito  dall'art.  1-sexies del decreto legge n. 312/1985, convertito
 nella legge n.  431/1985 (in tal senso si e' espressa la piu' recente
 giurisprudenza della Suprema Corte: Cass. sez. III 13 novembre 1995 -
 14 febbraio 1996, Vacca, con ampia motivazione sulla distinzione  tra
 materia  urbanistica  e  paesaggistica; conf. Cass. sez. III 1 luglio
 1996, Stefanini).
   Tale necessaria conclusione, alla luce dei criteri  che  presiedono
 all'interpretazione   delle   leggi   (divieto   di   interpretazione
 analogica),   pone   peraltro   il   problema   della    legittimita'
 costituzionale,  per  contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione,
 dell'art. 60 della legge n. 689/1981, nella parte in cui preclude  la
 sostituibilita'  delle pene detentive brevi comminate in applicazione
 dei reati previsti dall'art. 20 lett. b) e c) della legge n. 47/1985.
   La fattispecie di cui all'art. 1-sexies  della  legge  n.  431/1985
 risulta,  infatti,    caratterizzata  da un trattamento sanzionatorio
 complessivamente piu' grave di quello  riservato  ai  reati  previsti
 all'art.  20  lett.  b)  e  c) della legge n. 47/1985: in presenza di
 un'identica cornice edittale - l'art.  1-sexies  legge  n.  431/1985,
 richiama,  infatti,  quoad  poenam,  l'art. 20, legge n. 47/1985 - la
 maggior gravita' del primo reato e' comprovata dall'irrilevanza di un
 eventuale provvedimento di sanatoria adottato dopo  la  realizzazione
 dell'illecito,  che  comporta  l'estinzione  del reato, e dal diverso
 regime  di  applicabilita'  dell'amnistia  prevista  dal  d.P.R.   n.
 75/1990,  piu'  rigoroso  per  quanto  riguarda le contravvenzioni in
 materia paesaggistica.
   Deve,  inoltre  rilevarsi  che  soltanto   i   reati   in   materia
 paesaggistica  prevedono  la  sanzione accessoria della rimessione in
 pristino dello stato originario dei luoghi a  spese  del  condannato,
 mentre  ai  reati  urbanistici  consegue  la  meno  onerosa  sanzione
 accessoria della demolizione delle opere abusive.
   Le  fattispecie  di  reato poste in comparazione tutelano, inoltre,
 beni giuridici omogenei, se pure distinti, quali sono  il  paesaggio,
 da  un  lato,  e  l'assetto  urbanistico  ed edilizio del territorio,
 dall'altro, considerato che la  tutela  dell'assetto  urbanistico  ed
 edilizio del territorio e la tutela del paesaggio si inquadrano in un
 ambito   di   complessiva   pianificazione   dell'assetto   e   dello
 sfruttamento del territorio e dell'ambiente in  cui  si  svolgono  la
 vita e le attivita' umane.
   Tale  essendo il quadro sanzionatorio complessivo delle fattispecie
 di reato comparate e tale essendo la loro finalita' di  conservazione
 di  beni  omoegenei,  risulta  difficile comprendere su quale base si
 potrebbe giustificare, sotto il profilo del principio di uguaglianza,
 che la sostituibilita' della sanzione  con  le  pene  altenative  sia
 ammessa  per  il reato piu' grave (quello previsto dall'art. 1-sexies
 della legge n. 431/1985) e  negata  per  quelli  connotati  da  minor
 gravita'  (quelli previsti dall'art. 20, lett. b) e c) della legge n.
 47/1985).
   Ora, e' evidente che tale irragionevole disparita'  di  trattamento
 e'  semplicemente  il  frutto  di un'inerzia del legislatore che, pur
 costantemente avvertito della  presenza  di  incoerenze  nel  sistema
 delle  esclusioni  oggettive  previste  dall'art.  60  della legge n.
 689/1981, attraverso i moniti a  piu'  riprese  indirizzatigli  dalla
 Corte  costituzionale,  non  ha fino ad ora ovviato a tali aporie. E'
 altrettanto evidente che, nel caso di specie, due  potrebbero  essere
 le  vie  legislative  percorribili  per  risolvere il sopra delineato
 contrasto con il principio di uguaglianza: estendere la  portata  del
 divieto  di  sostituibilita' anche ai reati commessi in violazione di
 vincoli paesaggistici, oppure abrogare il  divieto  in  relazione  ai
 reati edilizi e urbanistici.  Tertium non datur.
   E'  noto, peraltro, a questo pretore che la Corte costituzionale ha
 gia' avuto occasione di  prendere  in  esame  un'identica  questione,
 dichiarandola infondata con sentenza n. 145/1997.
   A  tale  sentenza  di  rigetto sono, inoltre, seguite due ordinanze
 (nn.  157/1997  e  257/1997)  che  hanno  dichiarato   manifestamente
 infondata la riproposizione della stessa questione, non essendo stati
 addotti motivi nuovi e diversi da quelli gia' esaminati e rigettati.
   Con  la  sentenza  n.  145/1997  citata,  in  particolare, la Corte
 costituzionale ha motivato il rigetto  della  medesima  questione  di
 legittimita'  costituzionale  qui  riproposta affermando "che la piu'
 recente giurisprudenza di legittimita' (citata in precedenza, secondo
 la quale il divieto di sostituzione di pene detentive brevi non  puo'
 riguardare  anche  i  reati in materia paesaggistica) non puo' ancora
 qualificarsi come ''diritto vivente''"  e  che  "in  presenza  di  un
 contesto   ermeneutico   non   ancora  consolidato,  unica  soluzione
 percorribile non potrebbe essere che quella di ravvisare  un'assoluta
 identita'  tra  le  due  previsioni,  quella concernente l'edilizia e
 quella concernente il paesaggio".
   Al riguardo, questo pretore, tuttavia, non puo' non osservare  che,
 da  un  lato,  le  piu' recenti pronunce della Cassazione, nonche' la
 dottrina  si  sono  conformate   all'orientamento   sopra   indicato,
 cosicche'  puo'  ritenersi che si tratti ora di "diritto vivente" nel
 senso indicato dalla  Corte  costituzionale,  e,  dall'altro  che  in
 assenza  di  un espresso intervento legislativo, non appare possibile
 estendere il divieto contenuto nell'art. 60, ultimo comma,  legge  n.
 47/1985,  ai  reati  in  materia  paesaggistica,  senza  pervenire ad
 un'interpretazione analogica  della  norma  medesima,  in  violazione
 dell'art.  25,  comma  2  della  Costituzione,  e  dell'art. 14 delle
 disposizioni preliminari al codice civile.
                                P.Q.M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'   costituzionale,   in   reazione   all'art.   3   della
 Costituzione, dell'art. 60, ultimo comma, della  legge  n.  689/1981,
 nella  parte  in cui esclude l'applicazione delle pene sostitutive ai
 reati previsti dalle leggi in materia edilizia ed urbanistica, quando
 per detti reati  la  pena  detentiva  non  e'  alternativa  a  quella
 pecuniaria;
   Sospende il procedimento in corso;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata alle parti non presenti e al Presidente del Consiglio  dei
 Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Milano, addi' 30 novembre 1998 Il pretore: Martini
 99C0253