N. 172 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 gennaio 1999
N. 172 Ordinanza emessa il 28 gennaio 1999 dal giudice per le indagini preliminari contro il tribunale di Firenze sull'istanza proposta da Lucioli Roberto Reati e pene - Reato di traffico di sostanze stupefacenti - Sussistenza dell'attenuante del fatto di lieve entita' - Sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti - Esclusione della confisca dei valori costituenti profitto dell'attivita' di spaccio - Violazione dei principi di ragionevolezza e finalita' rieducativa della pena. (D.-L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356, aggiuto dal d.-l. 20 giugno 1994, n. 399, art. 2, convertito in legge 8 agosto 1994, n. 501). (Cost., artt. 3 e 27, comma 3).(GU n.13 del 31-3-1999 )
IL TRIBUNALE Il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Firenze; Premesso: che con sentenza ex art. 444 c.p.p. di questo giudice in data 12 febbraio 1998, irrevocabile il 2 aprile 1998, e' stata applicata la pena di un anno e due mesi di reclusione e L. 4.000.000 di multa a Lucioli Roberto, nato il 6 giugno 1957 a Carmignano, residente a Signa, via B. Giovanna n. 34, in ordine al seguente reato: delitto di cui all'art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, perche' deteneva a fini di spaccio polveri del peso di 11,07 gr. contenenti cocaina per 9,37 gr. e polveri del peso di gr. 1,35 contenenti eroina per 0,67 gr., e vendeva altra sostanza stupefacente a persone non identificate ricavando quale corrispettivo la somma di L. 4.350.000 che era sequestrata. In Firenze, addi' 3 novembre 1997; Con recidiva reiterata plurima specifica; che in data 19 gennaio 1999 Lucioli Roberto ha presentato istanza di dissequestro e restituzione della suddetta somma di L. 4.350.000, sull'assunto di averne dimostrato la provenienza lecita; che in data 25 gennaio 1999 il pubblico ministero ha formulato parere contrario "in quanto trattasi di prezzo del reato"; che l'assunto del Lucioli di avere dimostrato la provenienza lecita del denaro non trova conferma negli atti del procedimento, nel quale vi e' la dichiarazione dello stesso Lucioli di avere ricevuto almeno una parte della somma da altri per l'acquisto della cocaina ("la somma di denaro trovata era la mia cassa, era denaro mio che usavo per acquistare quelle sostanze; insieme ad altri amici si mettevano insieme i soldi per poter acquistare una quantita' migliore ma a prezzo minore" e vi e' ampia documentazione, sequestrata allo stesso Lucioli (come gli elenchi manoscritti di nomi con accanto cifre evidentemente riferibili a crediti per vendite di droga), idonea a smentirlo, e a dare ragione dell'inserimento della cifra sequestrata nel capo d'imputazione, in quanto frutto di precedenti cessioni di stupefacente; Considerato: che non si verte in caso di confisca obbligatoria, trattandosi, come costantemente ritenuto dalla Corte di cassazione, non di prezzo ma di profitto del reato di cui si tratta; che l'art. 445 c.p.p., in caso di applicazione della pena su richiesta, consente la confisca solo nei casi di cui all'art. 240, comma 2 c.p. (confisca obbligatoria); che poi l'art. 12-sexies del d.-l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992 n. 356, introdotto dall'art. 2 del d.-l. 20 giugno 1994 n. 399, convertito dalla legge 8 agosto 1994, n. 501, non prevede - in caso di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. - la confisca dei valori dei quali l'imputato non puo' giustificare la provenienza, allorche' ricorra per il reato di cui all'art. 73, d.P.R. n. 309/1990 la circostanza attenuante del comma 5 dello stesso art. 73, riconosciuta nel caso di specie; che questo stesso giudice - con ordinanza 4-15 dicembre 1997, iscritta al n. 113 del registro ordinanze 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 10, prima serie speciale del 1998 - aveva sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 445 e 12-sexies cit. per ritenuto contrasto con gli artt. 3 e 27 della Carta fondamentale, con le motivazioni che qui di seguito testualmente si riportano: che per tali disposti (in sostanza, perche', in conseguenza del patteggiamento, pecunia non olet) - piuttosto che per la mancanza di prova in ordine alla riferibilita' della somma allo spaccio, cosa che appare logicamente desumibile dal contesto probatorio citato, si dovrebbe disporre la restituzione di tale somma, per quanto proveniente dallo spaccio di eroina; che simile conseguenza appare in contrasto anzitutto con il principio (art. 27, comma 3 della Costituzione) secondo cui il trattamento sanzionatorio deve tendere alla rieducazione del soggetto al quale viene applicato; che infatti lo spacciatore e' incoraggiato a proseguire l'attivita' illecita, qualora per effetto della sentenza di applicazione della pena gli siano restituiti i profitti dello spaccio; che cio' sembra contrastare poi con il principio di ragionevolezza, immanente al disposto dell'art. 3 della Costituzione; che appare infatti irragionevole, e contraria al comune sentire e alla morale, la definitiva acquisizione dei profitti illeciti, tanto piu' laddove provenienti da un'attivita' cosi' dannosa per la societa come lo spaccio dell'eroina; che non sembra potersi rinvenire un'adeguata giustificazione al diverso trattamento del profitto dello spaccio, a norma dell'art. 12-sexies cit., nei casi in cui non ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, cit.; che infatti l'attivita' di piccolo spaccio, o di spaccio da strada, realizzata dal pusher, costituisce anello essenziale della catena illecita in forza della quale la droga perviene al consumatore, ed e' realizzata spesso in forma continuativa, o addirittura in forma associata (cfr. art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309/1990: previsione, questa, che conferma la pericolosita' dell'attivita' in questione); che la diversita' di trattamento, rispetto al caso della sentenza di condanna per il reato ugualmente attenuato ex art. 73, comma 5, cit., non sembra trovare giustificazione nell'esigenza di incentivare il ricorso al procedimento speciale di cui all'art. 444 c.p.p., poiche' stimoli bastevoli a patteggiare appaiono la riduzione della pena principale fino a 1/3, l'esclusione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza, nonche' della revoca della sospensione condizionale precedentemente accordata (Cass., sez. un., 8 maggio 1996, De Leo, nonche' 26 febbraio 1997, Bahrouni), ed ancora l'estinzione del delitto ex art. 445, comma 2 c.p.p. per decorso del quinquennio senza ricadute, la definitiva acquisizione dei profitti illeciti apparendo premio troppo spregiudicato in rapporto alle esigenze di mera economia processuale; che tale diversita' di trattamento non sembra infine trovare giustificazione nel rilievo secondo cui la sentenza resa a norma dell'art. 444 c.p.p. non contiene un accertamento completo e con plena cognitio sulla sussistenza del fatto-reato e sulla sua effettiva riferibilita' a un determinato soggetto (Cass., sez. un. 8 maggio 1996 e 26 febbraio 1997, ora cit.); che infatti tale accertamento incompleto e' tuttavia ovviamente compatibile con l'applicazione della pena detentiva, e con la sua effettiva esecuzione, ed e' equiparato ad una sentenza di condanna, ove non diversamente disposto, cosi' da risultare a maggior ragione compatibile con la meno afflittiva confisca dei valori costituenti profitto del reato (l'incompletezza dell'accertamento dovendo peraltro misurarsi, nel caso di specie, con la sorpresa in flagranza, e la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza compiuta in due gradi di giurisdizione cautelare nonche', in generale, con il richiamo operato dall'art. 444, comma 2 c.p.p. al disposto dell'art. 129 c.p.p.); che per tutto quanto fin qui considerato la questione di legittimita' costituzionale sopra enunciata appare non manifestamente infondata; che la Corte costituzionale, con ordinanza 11-20 novembre 1998, n. 378 ha dichiarato la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 445 e 12-sexies cit., come sopra proposta, perche' la questione "risulta(va) prospettata in maniera ancipite, dato che il giudice a quo propone in via alternativa due soluzioni senza concentrare sull'una o sull'altra la richiesta di una sentenza additiva (v. fra le altre, sentenza n. 129 del 1993"); che la Corte costituzionale, con l'ordinanza ora menzionata, ricordava anche essere stata dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza n. 334 del 1994 identica questione relativa agli artt. 445 c.p.p. e 240 cod. pen. sul rilievo che "interventi additivi del tipo richiesto spettano al solo legislatore che, nella sfera della sua discrezionalita', puo' operare scelte anche derogatorie rispetto a quelle previste in via generale in relazione alla sentenza di "patteggiamento"; che ritiene questo giudice di sollevare nuovamente la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies del d.-l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, introdotto dall'art. 2 del d.-l. 20 giugno 1994, n. 399, convertito dalla legge 8 agosto 1994, n. 501, in riferimento agli artt. 3 e 27, comma 3 della Costituzione, laddove esclude, in caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta per il reato di cui all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ricorrendo la circostanza attenuante di cui al comma 5 della stessa disposizione, la confisca dei valori costituenti profitto dell'attivita' di spaccio; che la questione e' rilevante in causa, poiche' in questa sede esecutiva (art. 676 c.p.p.), deve farsi applicazione della norma denunciata, per respingere eventualmente l'istanza di dissequestro e di restituzione e disporre invece la confisca delle somme in sequestro, in quanto l'istante non ne ha giustificato la legittima provenienza, ed e' provato per validi indizi essere le medesime somme provenienti da attivita' di spaccio; che incentrando la questione sulla sola denuncia d'incostituzionalita' dell'art. 12-sexies cit. si superano i rilievi concernenti la prospettazione ancipite di cui all'ordinanza di questo giudice 4-15 dicembre 1997 e la pregressa pronuncia della Corte n. 334 del 1994, riguardante i soli disposti degli artt. 445 c.p.p. e 240 cod. pen.; che peraltro la denuncia di incostituzionalita' dell'art. 12-sexies non equivale a richiesta di una sentenza additiva, poiche' in tale disposizione il riferimento alla fattispecie di cui al comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990 e' operato in via di mera eccezione rispetto alla regola secondo cui e' sempre disposta, sia nei casi di condanna che di applicazione della pena, dei valori di cui l'imputato non possa dimostrare la provenienza legittima, ove si tratti dei delitti indicati; che pertanto la conformita' alla Costituzione potra' essere ripristinata semplicemente eliminando l'inciso "esclusa la fattispecie di cui al comma 5", che figura dopo la menzione dell'art. 73 cit., cosi' eliminando l'eccezione qui lamentata; che in punto di manifesta infondatezza della questione deve richiamarsi integralmente quanto argomentato nella riportata ordinanza 4-15 dicembre 1998 in effetti continuando ad apparire a questo giudice contrario al principio del carattere rieducativo della sanzione penale il fatto di incoraggiare lo spacciatore a proseguire tale attivita' illecita, restituendogli dopo la sentenza di condanna o di applicazione della pena i profitti dello spaccio, e contrario al principio di ragionevolezza, immanente al disposto dell'art. 3 della Costituzione, in quanto irragionevole, e contraria al comune sentire e alla morale, la definitiva acquisizione dei profitti illeciti, tanto piu' laddove provenienti da un'attivita' cosi' dannosa per la societa' come lo spaccio dell'eroina;
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12-sexies del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, introdotto dall'art. 2 del d.-l. 20 giugno 1994, n. 399, convertito dalla legge 8 agosto 1994, n. 501, in riferimento agli artt. 3 e 27, comma 3 della Costituzione, laddove esclude, in caso di sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta per il reato di cui all'art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ricorrendo la circostanza attenuante di cui al comma 5 della stessa disposizione, la confisca dei valori costituenti profitto dell'attivita' di spaccio; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e sospende la decisione in ordine alla restituzione della somma sequestrata a Lucioli Roberto; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al pubblico ministero, all'imputato e ai suoi difensori avv. Francesca Leonardi e Gaetano Pacchi del foro di Firenze, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Firenze, addi' 28 gennaio 1999. Il giudice per le indagini preliminari: (firma illeggibile) 99C0260