N. 119 SENTENZA 24 marzo - 2 aprile 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Imposte in genere - I.C.I. - Mancata previsione dell'esenzione per gli immobili posseduti dagli IACP - Carenza di motivazione - Discrezionalita' legislativa - Indipendenza dell'imposizione dal riconoscimento dell'insussistenza di capacita' contributiva (vedi sentenza n. 159/1985) - Ragionevolezza - Manifesta inammissibilita' - Manifesta infondatezza. (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1, 7, 7, comma 1, e 8, comma 4; legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 4, comma 1, lettera a) nn. 1, 2, 3 e 7; d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1 e 7). (Cost., artt. 2, 3 e 53).(GU n.15 del 14-4-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a) nn. 1), 2), 3), 7) della legge 23 ottobre 1992 n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), e degli artt. 1, 7, comma 1, lettera i) 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421); giudizi promossi con ordinanze emesse il 5 e il 26 giugno, il 29 maggio (quattro ordinanze), il 5 giugno, il 29 maggio, il 3 luglio (tre ordinanze), il 26 giugno (due ordinanze), il 12 giugno, il 26 giugno, il 5 giugno (due ordinanze), il 26 giugno (due ordinanze) e il 5 giugno 1997 dalla Commissione tributaria provinciale di Perugia, il 18 febbraio 1997 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, il 26 giugno, il 29 maggio (due ordinanze) e il 3 luglio 1997 dalla Commissione tributaria provinciale di Perugia, iscritte rispettivamente ai nn. 159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 292, 382, 383, 384 e 385 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, nn. 12, 18 e 23, dell'anno 1998. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999 il giudice relatore Francesco Guizzi. Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio avente a oggetto l'istanza, formulata dall'Istituto autonomo per le case popolari (d'ora innanzi IACP) della provincia di Milano e vo'lta a ottenere la restituzione delle somme pagate a titolo di imposta comunale sugli immobili per l'anno 1993, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nella parte in cui non prevedono l'esenzione degli immobili posseduti dagli IACP dal pagamento dell'imposta comunale sugli immobili. Ad avviso del rimettente, le norme censurate sarebbero innanzitutto in contrasto con l'art. 53, in quanto i predetti immobili possono essere concessi in locazione dietro pagamento di un canone predeterminato per legge, inferiore al valore di mercato, e non possono essere alienati. Il patrimonio immobiliare degli IACP non sarebbe, dunque, indice di alcuna capacita' contributiva, e non puo' essere equiparato, dal punto di vista fiscale, agli immobili liberamente commerciabili. Le norme in esame sarebbero altresi' in contrasto, sotto diversi profili, con l'art. 3. In primo luogo, perche' lesive del principio di uguaglianza, dal momento che l'introduzione dell'ICI, secondo quanto il rimettente ritiene di desumere dagli atti parlamentari, era giustificata dal maggior reddito ricavabile dalla locazione di immobili, in conseguenza della concomitante abrogazione (parziale) del cosiddetto "equo canone". Tuttavia, nei confronti degli IACP l'art. 66, comma 9, del decreto legislativo 30 agosto 1993, n. 331, consente di aumentare il canone soltanto a partire dall'anno 1994; e per l'anno d'imposta 1993 e' stata discriminata la posizione di tali istituti, essendo per essi aumentato il carico tributario, senza che vi fosse incremento del loro reddito. In secondo luogo, le norme censurate lederebbero il principio di ragionevolezza sotto tre profili: perche' accomunano gli IACP a tutti gli altri contribuenti, non tenendo conto della loro peculiare natura e delle finalita' perseguite; perche' li discriminerebbero rispetto a numerosi altri soggetti, per i quali e' stata disposta, invece, l'esenzione totale dal pagamento dell'ICI; perche', mentre ai fini dell'assolvimento dell'INVIM, la legge ha previsto l'imponibilita' delle plusvalenze realizzate e non di quelle maturate, con conseguente esenzione di fatto dal pagamento dell'INVIM decennale o straordinaria, al contrario non e' stata prevista analoga esenzione per l'ICI. Infine, il giudice a quo prospetta un vulnus dell'art. 2, in quanto fine istituzionale degli IACP e' garantire il "bene casa" ai meno abbienti, finalita' che sarebbe in concreto limitata, e ostacolata, dal pagamento dell'ICI sugli immobili dell'ente. 2. - Con ventiquattro ordinanze di analogo contenuto, adottate nel corso di vari giudizi riguardanti la restituzione di somme versate dal locale Istituto per l'edilizia residenziale pubblica (d'ora innanzi, IERP) a titolo di ICI, la Commissione tributaria di Perugia ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 1, lettera i), e 8, comma 4, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992, nella parte in cui non prevedono che gli immobili degli IERP siano esonerati dal pagamento dell'ICI. Il Collegio rimettente non esamina partitamente i pretesi profili di contrasto con i due parametri costituzionali invocati, ma propone per entrambi un sillogismo, sostenendo che la legge istitutiva dell'ICI esonererebbe dal pagamento una serie di soggetti - proprietari di immobili destinati esclusivamente ad attivita' assistenziali - e che gli IERP non eserciterebbero alcuna attivita' qualificabile nella sostanza come "commerciale", dal momento che ne svolgono una finalizzata alla prestazione di un pubblico servizio, qual e' fornire il "bene casa" ai meno abbienti. Per cui sarebbe irragionevole discriminare - sotto l'aspetto fiscale - la posizione di enti i cui immobili sono destinati alla protezione sociale. 3. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, eccependo - con riguardo alle censure mosse dalla Commissione tributaria di Milano - che questa Corte ha dichiarato non fondate, con la sentenza n. 113 del 1996, analoga questione. Sulla questione sollevata dalla Commissione tributaria di Perugia, la difesa erariale ha sottolineato che gli IACP (e gli IERP) gia' godono di una riduzione d'imposta del cinquanta per cento, ai sensi dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 3, comma 55, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. E ha aggiunto che l'attivita' degli IACP e degli IERP non puo' definirsi "assistenziale", si' che - per quanto attiene al trattamento fiscale - sarebbe pienamente giustificata la discriminazione prevista dalla legge, ai fini dell'ICI, tra i predetti Istituti e gli enti assistenziali. Considerato in diritto 1. - Va esaminata preliminarmente la questione sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano che, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, sospetta di illegittimita' costituzionale l'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e gli artt. 1 e 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Secondo il rimettente, gli immobili posseduti dagli IACP non costituirebbero indice di capacita' contributiva in quanto non commerciabili, mentre gli utili derivanti dalla loro gestione - detratte le spese - debbono essere versati allo Stato. Riproposta solo parzialmente sotto un diverso profilo, la censura e' manifestamente infondata. Analoga questione di legittimita' costituzionale, sollevata sull'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, e' stata infatti gia' dichiarata non fondata, in relazione al medesimo parametro, non risultando l'assoggettamento degli IACP al pagamento dell'ICI in contrasto con il disposto di tale norma, anche perche' rivalutare le scelte di merito compiute dal legislatore per quanto attiene al regime delle esenzioni comporterebbe "una evidente intromissione nell'ambito della discrezionalita' politica riservata alle Camere", che e' insindacabile ove non se ne deduca la manifesta irragionevolezza (sentenza n. 113 del 1996). Irragionevolezza che, nel caso di specie, non si puo' far consistere nella pretesa insussistenza in capo agli IACP di capacita' contributiva, avendo questa Corte, in tema di imposte patrimoniali, gia' ritenuto non manifestamente irrazionale presumere che i fabbricati ricevano, piu' di ogni altra fonte di reddito, particolari benefici dai servizi e dalle attivita' gestionali del comune (sentenze nn. 111 del 1997 e 159 del 1985). Si' che non e' arbitrario ancorare il prelievo fiscale al possesso dell'immobile. 2. - La Commissione tributaria di Milano dubita anche, in riferimento all'art. 2 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7) della legge n. 421 del 1992 e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, nella parte in cui non prevedono l'esenzione degli immobili posseduti dagli IACP dal pagamento dell'ICI. Un'imposta che, ad avviso del rimettente, limiterebbe in concreto il conseguimento del fine precipuo dell'Istituto, che e' di garantire il "bene casa" ai non abbienti, incidendo di fatto sul godimento d'un diritto costituzionalmente protetto. Analoga censura viene mossa dalla Commissione tributaria provinciale di Perugia, relativamente sia all'art. 7, comma 1, lettera i), sia all'art. 8, comma 4, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992. Le due questioni, che possono essere esaminate congiuntamente, sono l'una infondata, l'altra inammissibile. E' manifestamente inammissibile per carenza di motivazione dell'ordinanza di rimessione la questione prospettata dalla Commissione tributaria di Perugia, non avendo il Collegio in alcun modo argomentato sulla violazione dell'art. 2 della Costituzione. E' infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7) della legge n. 421 del 1992, e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 sollevata, con riferimento all'art. 2 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano. Il diritto a una abitazione dignitosa rientra, innegabilmente, fra i diritti fondamentali della persona (sentenza n. 404 del 1988). Tuttavia, nel caso di specie il giudice a quo mostra, con apodittica motivazione, di ritenere che l'imposizione fiscale (o l'aumento di essa) debba, per il solo fatto di esser tale, riverberarsi negativamente sul godimento del diritto alla casa da parte degli assegnatari di alloggi realizzati dagli IACP. In mancanza di ulteriori motivazioni, o esplicazioni, non si puo' condividere una simile presunzione di causalita' fra imposizione fiscale e nocumento al diritto all'abitazione, postulata piu' che dimostrata. 3. - La Commissione tributaria di Milano dubita poi, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7), della legge n. 421 del 1992 e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, poiche' il legislatore avrebbe con irragionevolezza discriminato la posizione degli IACP, immotivatamente differenziandola da quella degli altri soggetti esentati dal pagamento dell'ICI e indicati dall'art. 7 (ad esempio, le istituzioni sanitarie pubbliche e le camere di commercio, in relazione agli immobili destinati allo svolgimento delle rispettive attivita' istituzionali). Analoga censura viene sollevata dalla commissione tributaria provinciale di Perugia, anche in questo caso con riferimento sia all'art. 7, comma 1, sia all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo teste' richiamato. Per identita' delle censure mosse, le due questioni vanno esaminate congiuntamente. Esse sono entrambe infondate. Nel disciplinare la materia delle esenzioni e delle riduzioni d'imposta, il legislatore gode di ampia discrezionalita', il cui esercizio non e' sindacabile da questa Corte se non per manifesta irragionevolezza o arbitrarieta'. In particolare, si deve escludere che una previsione di esenzione dal pagamento dell'imposta debba sempre equivalere a un riconoscimento dell'insussistenza di capacita' contributiva (sentenza n. 159 del 1985). E', dunque, in facolta' del legislatore esentare dall'imposta anche soggetti forniti di capacita' contributiva, purche' tale scelta non presenti, come si e' detto, profili di irrazionalita': che qui non ricorrono. L'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 prevede infatti, alle lettere a), e) e, f), l'esenzione di immobili posseduti da Enti pubblici o di proprieta' di soggetti di diritto internazionale; e, alle lettere b), c), d), g), h), i), di immobili destinati ad attivita' peculiari che non siano produttive di lucro e di reddito. Entrambe queste categorie di immobili (e soggetti) presentano rilevanti differenze rispetto a quelli di proprieta' degli IACP, che (sia pure a canoni o prezzi predeterminati per legge) sono destinati istituzionalmente alla locazione o, alle condizioni predeterminate dalla legge, alla vendita. Attivita', questa, assai diversa rispetto a quelle cui sono verosimilmente destinati gli altri immobili elencati nell'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992. La destinazione degli immobili degli IACP non puo', in particolare, essere assimilata a quella degli immobili di cui alle lettere c), g) e h) di tale articolo, dal momento che l'attivita' dell'Istituto - per costante giurisprudenza della Corte di cassazione - e' assimilabile, ai fini per l'assoggettabilita' di tali enti all'imposizione ILOR, a quella imprenditoriale, pur a fini di pubblico interesse. La strutturale diversita' fra la destinazione degli immobili di proprieta' degli IACP, e quella degli altri immobili previsti dall'art. 7 piu' volte richiamato, non e' elisa dalla circostanza che gli IACP siano obbligati ad affidare l'eventuale utile a una gestione autonoma della Cassa depositi e prestiti. Siffatto obbligo costituisce, invero, una forma di restituzione allo Stato dei fondi ricevuti, e non muta la natura dell'attivita' degli IACP da imprenditoriale (o a questa assimilabile, ai fini fiscali) in assistenziale. Essendo presupposto del prelievo fiscale il mero possesso dell'immobile, e non la destinazione a fini di lucro (in quanto l'imposizione ICI tende a colpire non solo i proprietari, ma anche "coloro che, avendo il godimento del bene, si avvantaggiano, con immediatezza, dei servizi e delle attivita' gestionali dei comuni": sentenza n. 111 del 1997), non si puo' evocare, con riguardo al profilo in esame, il fine di pubblico interesse perseguito dal soggetto passivo (sentenza n. 301 del 1987). Si deve pertanto concludere che il legislatore, non inserendo gli IACP nell'elenco di cui all'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, abbia fatto uso non irrazionale della propria discrezionalita'. Ne' puo' ritenersi, al contrario di quanto dedotto dalla Commissione tributaria di Milano, che l'articolo 7 sia norma violatrice del principio di uguaglianza, per avere discriminato la posizione degli IACP (ai quali non e' dato aumentare il canone di locazione) rispetto a quella degli altri proprietari di immobili, ai quali l'art. 11 del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, ha consentito di derogare, nella fissazione del canone, al regime vincolistico di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392. Il d.-l. n. 333 del 1992 ha infatti previsto un regime di graduale passaggio da un sistema totalmente vincolato ad altro rimesso alla contrattazione delle parti (art. 11, comma 2-bis), e ha percio' creato, non irragionevolmente, una distinzione anche all'interno della categoria dei proprietari privati fra contratti "prorogati" ai sensi del citato art. 11, comma 2-bis e contratti "rinegoziati". 4. - Infondata e' infine, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992. Tale norma, prevedendo una riduzione del cinquanta per cento dell'imposta dovuta dagli IACP, si sottrae alle censure del giudice rimettente; attraverso di essa il legislatore ha infatti conferito uno status privilegiato - per quanto attiene al pagamento dell'ICI - agli IACP. Ne' ha rilievo la circostanza che la riduzione prevista dall'art. 8, comma 4, trovi applicazione a decorrere del 1 gennaio 1997, perche' il legislatore, come si e' gia' rilevato, gode di ampia discrezionalita' nel disciplinare le esenzioni d'imposta, non essendo peraltro necessario che queste siano sottese da una effettiva assenza di capacita' contributiva (sentenze nn. 111 del 1997 e 159 del 1985).
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi: a) dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, e dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), sollevata, in riferimento all'art. 2 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Perugia; b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell' art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7) della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, sollevata, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano; c) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7), della legge n. 421 del 1992, e degli artt. 1, 7 e 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dalle Commissioni tributarie provinciali di Milano e di Perugia con le ordinanze in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Guizzi Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 2 aprile 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C0358