N. 237 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 1998- 14 aprile 1999
N. 237 Ordinanza emessa il 23 settembre 1998 (pervenuta alla Corte cosituzionale il 14 aprile 1999) dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Sicilia nel giudizio di responsabilita' a carico di Milano Angelo ed altro Corte dei conti - Giudizio di appello - Previsione, secondo il "diritto vivente", che il giudice di secondo grado possa pronunciarsi anche solo su una parte del merito, rinviando gli atti alla sezione giurisdizionale che ha emesso la sentenza di primo grado, per l'applicazione del principio di diritto da esso affermato e la decisione della restante parte della domanda - Violazione del principio della liberta' ed indipendenza del giudice. (R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 105). (Cost., art. 101).(GU n.18 del 5-5-1999 )
LA CORTE DEI CONTI Ha emesso la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita', iscritto al n. 4741 del registro di segreteria, promosso dal procuratore regionale, in favore dell'Ente Poste italiane (ora Poste italiane S.p.a.), nei confronti dei sigg. Angelo Milano, rappresentato e difeso dall'avv. Empedocle Mirabile ed elettivamente domiciliato in Palermo via Telesino n. 51, nello studio dell'avv. Michele Roccella; Giuseppe Messina, residente in Agrigento, via Papa Luciani n. 76. Sentiti alla pubblica udienza del 23 settembre 1998 il relatore, consigliere dott. Giuseppe Aloisio ed il pubblico ministero nella persona del vice procuratore dott. Salvatore Pilato. Esaminati gli atti ed i documenti del giudizio. F a t t o Con atto di citazione depositato in data 4 ottobre 1994, il procuratore regionale ha convenuto in giudizio i sigg. Angelo Milano e Giuseppe Messina, rispettivamente operatore specializzato di esercizio o.s.e. e direttore dell'ufficio postale di Palma di Montechiaro, ritenendoli responsabili del danno di L. 12.378.000, cagionato all'Ente Poste italiane, per avere effettuato in data 28 novembre 1991 il pagamento dell'assegno postale non trasferibile n. 1608095368 del 17 ottobre 1991, di importo corrispondente, emesso in favore della Banca popolare S. Angelo, ad un presunto delegato dall'Istituto di credito all'incasso (tale Anguilla Angelo), senza richiedere la prova della qualita' di rappresentante legale o di "esibitore" della Banca popolare S. Angelo. La Direzione centrale dei servizi di bancoposta, con ordinanza n. 8/1993, disponeva l'emissione di un mandato per l'importo di L. 12.378.000 a favore della Banca popolare S. Angelo di Palma di Montechiaro. Da qui il danno contestato dal procuratore regionale ai convenuti i quali, nelle rispettive qualita', non avrebbero osservato le disposizioni previste dagli artt. 85 e 100 della "lstruzione generale sui servizi a denaro". Discusso il giudizio all'udienza del 30 novembre 1995, la Sezione, con sentenza n. 12/96/RESP in data 24 gennaio 1995, assolveva il direttore dell'ufficio postale sig. Giuseppe Messina e condannava il sig. Angelo Milano al risarcimento integrale del danno, per l'inosservanza gravemente colposa dell'art. 85 delle istruzioni generali sui servizi a denaro del ministero delle poste e telecomunicazioni. Avverso la suddetta sentenza, il sig. Angelo Milano proponeva atto di appello innanzi alla sezione III giurisdizionale centrale, eccependo - in particolare - di conoscere personalmente il soggetto cui venne pagata la somma in contestazione e di avere chiesto al giudice di primo grado di verificare l'autenticita' della firma apposta sull'assegno postale. La sezione II giurisdizionale centrale, con sentenza n. 51/1998 del 24 febbraio 1998, accoglieva l'impugnazione, rilevando come il giudice di primo grado non avesse disposto "... un accertamento istruttorio onde verificare l'autenticita' della sottoscrizione apposta sul titolo" (prescindendo dall'espressa richiesta di supplemento istruttorio, formulata dal convenuto), e rinviando gli atti a questa Sezione - ai sensi dell'art. 105 del R.D. n. 1038 del 1933 - "perche' valuti la richiesta probatoria della verifica della sottoscrizione apposta dal prenditore sul titolo pagato dall'appellante". Con atto depositato in data 9 aprile 1998, il procuratore regionale ha provveduto alla riassunzione del giudizio, chiedendo la fissazione dell'udienza di discussione del giudizio. All'odierna udienza il pubblico ministero, preso atto della sentenza di appello, ha chiesto che la Sezione disponga l'acquisizione dell'originale dell'assegno postale e degli atti relativi alla firma depositata del sig. Anguilla Angelo, al fine di procedere alla verifica della autenticita' della sottoscrizione, come disposta dalla sentenza di appello. D i r i t t o Con la sentenza n. 51/1998 del 24 febbraio 1998 la sezione III giurisdizionale centrale, accogliendo l'impugnazione proposta dal sig. Angelo Milano avverso la sentenza di questa Sezione n. 12/1996 del 24 gennaio 1995, ha rinviato gli atti a questo giudice - ai sensi dell'art. 105 del r.d. n. 1038 del 1933 - affinche' venisse valutata la richiesta probatoria dell'appellante, avente ad oggetto la verifica della sottoscrizione apposta dal prenditore dell'assegno postale, proposta dall'appellante. La richiesta istruttoria proposta dal convenuto ed accolta dal giudice d'appello consiste sostanzialmente nella verifica della autenticita' della sottoscrizione apposta dal prenditore del titolo. Il pubblico ministero all'odierna udienza, ha chiesto l'esecuzione degli incombenti strumentalmente preordinati. A prescindere dalla perplessita' sulla ammissibilita' - nel caso di specie - della proposta verifica, forti dubbi di costituzionalita' si pongono nel contenuto normativo dell'art. 105 del r.d. 13 agosto 1933 n. 1038 quale costantemente applicato dalle Sezioni d'appello e nella fattispecie dalla III Sezione che ha rimesso gli atti a questa Sezione per l'attivita' istruttoria di proposta dal convenuto. Infatti, si rileva come torni all'esame della sezione la problematica dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, gia' oggetto di questione di legittimita' costituzionale sollevata da questa Sezione con ordinanza n. 69/1998 del 6 luglio 1998, n. 42/1998 del 17 aprile 1998, n. 129/1998 dell'8 ottobre 1997, n. 142/1998 del 6 ottobre 1997. La norma suddetta dispone che "quando in prima istanza la competente sezione giurisdizionale si sia pronunciata soltanto su questioni di carattere pregiudiziale, su queste esclusivamente si pronunciano in appello le sezioni riunite. Quando invece in prima istanza la sezione si sia pronunciata anche sul merito, le sezioni riunite possono conoscere di questo, oppure rinviare la causa al primo giudice". La costante interpretazione della suddetta norma da parte della giurisprudenza di questa Corte consente al giudice di appello - diversamente da quanto prevede l'art. 354 del codice di procedura civile - di limitare la propria pronuncia alle questioni pregiudiziali, di definire il giudizio pronunciandosi anche nel merito, di trattare solo una parte del merito, a prescindere dall'esistenza di questioni pregiudiziali, rinviando gli atti al giudice di primo grado per la definizione del giudizio, in applicazione di quanto statuito in sede di appello. Nella fattispecie odierna, la Sezione III Giurisdizionale Centrale ha annullato la sentenza impugnata, rimettendo ai sensi dell'art. 105 del Regolamento di procedura gli atti a questo giudice per la definizione del giudizio, previo accoglimento delle richieste istruttorie dell'appellante, gia' proposte e non accolte nel giudizio di primo grado. Il Collegio, rilevato che la interpretazione costante dell'art. 105 del r.d. 13 agosto 1933 n. 1038 costituisce diritto vivente, ritiene di dovere ulteriormente proporre la questione di legittimita' costituzionale della norma predetta per contrasto con l'art. 101 secondo comma della Costituzione. Si ribadisce, infatti, che l'applicazione dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, nei termini indicati, determina - come nella fattispecie oggetto dell'odierno giudizio - un assoggettamento del giudice di primo grado alle statuizioni del giudice di appello, tanto marcato da limitare la formazione e l'espressione del suo convincimento per la definizione della causa, affidandogli in definitiva il compito di dare attuazione alla decisione di un altro giudice, con la manifesta lesione del principio sancito dall'art. 101, secondo comma, della Costituzione. Principio che - come gia' affermato nelle citate ordinanze di questa Sezione, in linea con la consolidata giurisprudenza costituzionale - "...garantisce la liberta' e l'indipendenza del giudice, nel senso di vincolare la sua attivita' alla legge e solo alla legge, in modo che egli sia chiamato ad applicarla senza interventi ed interferenze al di fuori di essa, che possano incidere sulla formazione del suo libero convincimento, anche se non esclude che il giudice possa essere assoggettato alle valutazioni che la legge da' dei rapporti, degli atti e dei fatti, e al rispetto degli effetti che ne desume, quando cio' sia conforme al precetto costituzionale ovvero alle regole del procedimento di formazione graduale della pronuncia giurisdizionale (sent. n. 50 del 1970 e n. 234 del 1976). Quel che, dunque, la legge non puo' fare e' introdurre vincoli che abbiano oggettivamente il solo o principale effetto di ridurre il giudice a mero esecutore della decisione assunta da altri, precludendo l'espressione del suo convincimento sulle questioni dalle quali dipende la soluzione della causa". In tal senso, pertanto, deve essere riproposta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti. Sulla ammissibilita' delle dedotte questioni di legittimita' costituzionale, nel confermare le argomentazioni gia' esposte nelle citate ordinanze nn. 69/1998, 42/1998, 129/1998 e 142/1998, e con riferimento a quanto gia' statuito dalla Corte costituzionale (sent. 21 luglio 1995, n. 345), si osserva che l'intervento della Corte costituzionale e' consentito anche nella ipotesi di una verifica della costituzionalita' di un indirizzo interpretativo consolidato di una norma, che costituisce diritto vivente, nella ipotesi in cui il giudice remittente reputi non conforme alla Costituzione la costante applicazione della norma. Sotto il profilo della rilevanza della questione prospettata, il Collegio rileva come il presente giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla sua soluzione, da cui deriva la permanenza dei notevoli limiti imposti a questo giudice.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 105 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, nei termini di cui in motivazione, con riferimento all'art. 101 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il processo sino all'esito del giudizio incidentale di costituzionalita'; Ordina che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e alle parti in causa, e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 23 settembre 1998. Il presidente ff.: Rapisarda 99C0407