N. 142 ORDINANZA 14 - 22 aprile 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza - Regolarizzazione dei debiti pregressi per
 contributi - Rateizzazione dei  versamenti  -  Estinzione  dei  reati
 previsti  dalle  leggi in materia - Ragionevolezza legata alla natura
 del reato omissivo e dei caratteri della causa estintiva del reato  -
 Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi da 226 a 231; d.-l. 23
 ottobre  1996, n. 538, art. 2, commi da 1 a 6 non convertito in legge
 e come recepito dall'art. 1, commi da 226 a 231,  legge  n.  662  del
 1996; legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 230).
 
 (Cost., artt. 3 e 38).
 
(GU n.17 del 28-4-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo  VARI,  dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da  226
 a   231,   della   legge   23   dicembre  1996,  n.  662  (Misure  di
 razionalizzazione della finanza pubblica), e dell'art. 2, commi da  1
 a  6, del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 538 (Disposizioni urgenti
 in materia di sanzioni per violazione di obblighi contributivi  e  di
 regolarizzazione  di posizioni previdenziali), promossi con ordinanze
 emesse il 19 dicembre 1997, il 13 febbraio, il 13 gennaio  ed  il  13
 febbraio  1998 dal pretore di Brescia ed il 7 luglio 1998 dal pretore
 di Milano, iscritte, rispettivamente, ai nn. 406, 407, 507, 657 e 889
 del registro ordinanze 1998 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica nn. 24, 28, 39 e 51, prima serie speciale, dell'anno
 1998.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 10  febbraio  1999  il  giudice
 relatore Valerio Onida.
   Ritenuto che, con tre ordinanze emesse la prima il 19 dicembre 1997
 (r.o.  n.  406 del 1998, pervenuta a questa Corte il 20 maggio 1998),
 le altre due il 13 febbraio 1998 (r.o. n. 407 del 1998, pervenuta  il
 20  maggio  1998, e n. 657 del 1998, pervenuta il 25 agosto 1998), il
 pretore  di  Brescia   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione,
 dell'art. 1, commi da 226 a 231, della legge 23 dicembre 1996, n. 662
 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
     che  le  disposizioni  impugnate  sono   censurate   in   quanto,
 prevedendo  la  possibilita' di regolarizzazione dei debiti pregressi
 per  contributi  previdenziali   e   assistenziali   anche   mediante
 versamento delle somme dovute in trenta rate bimestrali, e disponendo
 che  la  regolarizzazione  estingue  i  reati previsti dalle leggi in
 materia, non prevede pero', per il tempo necessario al  completamento
 dei  versamenti  rateali,  alcuna sospensione del procedimento penale
 ne'  della  prescrizione  dei  reati,  ma  solo  la  sospensione  dei
 "provvedimenti di esecuzione in corso";
     che,  ad  avviso  del remittente, il giudice penale, allorche' il
 debitore si sia avvalso della  regolarizzazione  mediante  versamenti
 rateali,  non  puo'  procedere  al  giudizio,  se  non conculcando il
 diritto del soggetto a ottenere il beneficio, onde  non  potrebbe  di
 fatto   che   rinviare   il  processo  per  il  tempo  necessario  al
 perfezionarsi della sanatoria;
     che pero', in tal modo, il  termine  di  prescrizione  del  reato
 potrebbe  venire  a  scadenza  prima  che  i versamenti rateali siano
 completati, dando luogo all'effetto di estinzione del  reato  pur  se
 venisse omesso il versamento delle ulteriori rate mancanti;
     che,  secondo  il  giudice  a quo la disciplina in questione, non
 accompagnata dalla previsione della sospensione  del  procedimento  e
 della  prescrizione,  violerebbe  il  principio di eguaglianza di cui
 all'art. 3 della Costituzione e quello di solidarieta' sociale di cui
 all'art. 38 della  Costituzione,  trattando  alla  stessa  stregua  i
 contribuenti  adempienti  e  quelli  inadempienti,  e  consentendo al
 debitore  di  speculare  sulla   convenienza   di   avvalersi   della
 regolarizzazione  con  l'intento di pagare solo le rate che vengano a
 scadenza prima della prescrizione del reato;
     che, con una ulteriore  ordinanza  emessa  il  13  gennaio  1998,
 pervenuta a questa Corte il 22 giugno 1998 (r.o. n. 507 del 1998), il
 medesimo  pretore  di  Brescia ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  articoli   3   e   38   della
 Costituzione,  delle  "norme  di  cui all'art. 2, commi da 1 a 6, del
 d.l. 23 ottobre 1996, n. 538, come recepite dall'art. 1, commi da 226
 a 231, della legge  23  dicembre  1996,  n.  662",  sulla  scorta  di
 premesse e di argomentazioni identiche a quelle svolte nei giudizi di
 cui sopra;
     che  nei  giudizi  promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 406,
 407 e 657 del 1998 e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile o
 comunque manifestamente infondata, e sostenendo che la disciplina  in
 questione  risponderebbe  ad una scelta discrezionale non irrazionale
 del legislatore; nel giudizio introdotto con l'ordinanza iscritta  al
 n.  657  r.o.  del  1998 l'Avvocatura erariale sostiene pero', in via
 preliminare, che il sistema normativo dovrebbe intendersi  nel  senso
 che, nel caso di regolarizzazione contributiva con pagamento rateale,
 il   pagamento   delle   rate   avrebbe  effetto  interruttivo  della
 prescrizione,  che  decorrerebbe  nuovamente  nel  caso  di   mancato
 pagamento di una rata;
     che  il pretore di Milano, con ordinanza emessa il 7 luglio 1998,
 pervenuta a questa Corte il 1 dicembre 1998 (r.o. n. 889  del  1998),
 ha sollevato a sua volta questione di legittimita' costituzionale, in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  "ed  al  principio  di
 ragionevolezza", dell'art. 1, comma  230,  della  legge  23  dicembre
 1996,  n.  662,  cosi' come richiamato dall'art. 4, comma 6, del d.l.
 28 marzo 1997, n.  79  (Misure  urgenti  per  il  riequilibrio  della
 finanza  pubblica),  convertito  dalla  legge 28 maggio 1997, n. 140,
 "nella  parte  in  cui  non  prevede  che,  oltre  i provvedimenti di
 esecuzione, i provvedimenti di merito in corso in qualsiasi  stato  e
 grado  siano 'sospesi per effetto della domanda di regolarizzazione e
 subordinatamente al puntuale pagamento delle somme  determinate  agli
 effetti del presente articolo alle scadenze dallo stesso previste'";
     che  ad  avviso  del  pretore di Milano - secondo cui l'imputato,
 essendo stato ammesso al pagamento rateale, sulla base di una domanda
 che realizzerebbe una sorta  di  autodenuncia,  e  avendo  provveduto
 finora  al  pagamento  delle  sole  rate gia' maturate, si troverebbe
 esposto  a  dover  subire  egualmente  il  procedimento  penale,  ne'
 potrebbe   chiedere   che   esso   venga   sospeso  in  attesa  della
 regolarizzazione,  in  quanto  la  norma  impugnata  non  prevede  la
 sospensione  del  procedimento medesimo, ma unicamente la sospensione
 dei provvedimenti di esecuzione -  il  sistema  normativo  in  vigore
 realizzerebbe   una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra
 cittadini in relazione alle loro condizioni economiche, in base  alle
 quali  essi  siano  o meno in grado di adempiere all'obbligo in unica
 soluzione: disparita' che si tradurrebbe in una diversa  possibilita'
 di  far  valere  le  proprie  ragioni  in  giudizio,  e  dunque in un
 trattamento ingiustificatamente diverso  dei  cittadini  in  sede  di
 tutela giurisdizionale;
     che, sempre secondo il remittente, tale disparita' di trattamento
 apparirebbe  del tutto irragionevole, anche tenendo conto che, in una
 fattispecie analoga, l'art. 3, comma 9, del d.l. 29  marzo  1991,  n.
 103,  convertito  dalla  legge  1 giugno 1991, n. 166, pur prevedendo
 pagamenti rateali meno  dilazionati,  e  quindi  meno  favorevoli  ai
 cittadini   non   abbienti,   aveva   previsto   la  sospensione  dei
 "provvedimenti di merito e di esecuzione in corso in qualsiasi fase e
 grado, fino al totale pagamento delle somme determinate alle relative
 scadenze";
     che anche in tale  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri,  chiedendo  che la questione sia dichiarata
 inammissibile o comunque  manifestamente  infondata,  sulla  base  di
 argomentazioni  che  ricalcano quelle svolte negli atti di intervento
 presentati nei giudizi promossi con le ordinanze iscritte ai nn.  406
 e 407 del 1998.
   Considerato  che tutte le ordinanze sollevano questioni identiche o
 analoghe, dovendosi anche il giudizio instaurato con la ordinanza del
 pretore di Brescia iscritta al n. 507 del registro ordinanze del 1998
 intendere come sostanzialmente riferito esclusivamente all'art.    1,
 commi  da  226 a 231, della legge n. 662 del 1996, poiche' il decreto
 legge n. 538 del 1996 non e' stato convertito in legge, e l'ordinanza
 non contiene elementi che possano far ritenere rilevanti nella specie
 gli effetti prodottisi sulla base di  tale  decreto  legge,  e  fatti
 salvi  dall'art.  1,  comma  233,  della  legge  n. 662 del 1996, non
 impugnato:  onde i relativi giudizi possono essere riuniti per essere
 decisi con unica pronunzia;
     che entrambi i giudici remittenti lamentano in  sostanza  che  la
 legge,   nel   prevedere   la  regolarizzazione  contributiva,  anche
 attraverso un pagamento in molte  rate,  con  effetto  estintivo  dei
 reati,  non  abbia  previsto altresi' la sospensione del procedimento
 penale nel periodo intercorrente fra l'accoglimento della domanda  di
 regolarizzazione  e la scadenza dell'ultima rata di pagamento: mentre
 il pretore di Brescia ritiene che il giudice procedente non possa che
 rinviare  il giudizio, con l'effetto di far eventualmente maturare il
 termine di prescrizione prima del completamento del pagamento rateale
 - nel che si realizzerebbero una indebita equiparazione fra  debitori
 adempienti  e  inadempienti,  ed  una  violazione  del  principio  di
 solidarieta' sociale -, il pretore  di  Milano,  piu'  correttamente,
 ritiene   che   l'imputato   possa  essere  giudicato  e  condannato,
 nonostante l'accoglimento della domanda di regolarizzazione, fino  al
 completamento del pagamento rateale, in cio' ravvisando il fondamento
 di  un'ingiustificata  disuguaglianza  di trattamento fra imputati in
 grado di adempiere in unica soluzione e imputati costretti dalle loro
 condizioni economiche a ricorrere al pagamento rateale;
     che  la  equiparazione  lamentata  dal  pretore  di  Brescia  fra
 debitori  adempienti  e  debitori  inadempienti,  i  quali potrebbero
 ottenere la estinzione del reato  per  prescrizione,  e  la  connessa
 lamentata  violazione  del  principio  di  solidarieta'  sociale,  in
 realta'  non  sussistono,  poiche',  in  assenza  di  una  causa   di
 sospensione  del  procedimento,  tutti i debitori restano soggetti al
 giudizio e alla  condanna  fino  a  che  non  abbiano  completato  il
 pagamento dell'intera somma dovuta per conseguire la regolarizzazione
 e  la  connessa  estinzione  del  reato,  senza  che il giudice debba
 rinviare il giudizio fino alla scadenza  dell'ultima  rata:  onde  le
 relative questioni devono ritenersi manifestamente infondate;
     che,  invece,  sussiste  la  situazione denunciata dal pretore di
 Milano, per cui il debitore che si avvalga della regolarizzazione con
 pagamento rateale resta esposto al giudizio e alla  condanna  fino  a
 quando non abbia completato i pagamenti;
     che  tale situazione, ancorche' dia luogo ad una certa disarmonia
 fra  normativa  amministrativa  -   tendente,   anche   mediante   la
 concessione di una lunga rateazione, ad agevolare la regolarizzazione
 delle posizioni contributive - e normativa penale connessa - la quale
 condiziona  l'estinzione  del  reato  al completamento del pagamento,
 senza prevedere la sospensione del procedimento  durante  il  periodo
 nel  quale  si  estende  la  rateazione  -,  non  puo'  pero'  essere
 qualificata come frutto di una scelta manifestamente irragionevole  e
 come tale costituzionalmente illegittima;
     che,  infatti,  il  debitore che fa ricorso alla regolarizzazione
 mediante pagamento rateale  e'  autore  di  un  reato,  commesso  con
 l'omissione contributiva che successivamente chiede di regolarizzare,
 e  non  puo' vantare una pretesa costituzionalmente protetta a vedere
 estinto il reato ne' a veder sospeso il procedimento penale in attesa
 del  completamento  del  pagamento  rateale,   mentre   puo'   sempre
 conseguire  l'effetto  estintivo  del  reato provvedendo al pagamento
 dell'intera somma dovuta a titolo di regolarizzazione;
     che la disparita' che  si  viene  cosi'  a  creare  fra  debitori
 abbienti e meno abbienti e' insita nel meccanismo normativo - proprio
 dei condoni in materia tributaria o contributiva - che legittimamente
 condiziona  l'estinzione  del  reato  omissivo  al pagamento di somme
 commisurate a quelle  il  cui  omesso  versamento  ha  costituito  la
 condotta  penalmente punita, e piu' in generale in tutti i meccanismi
 normativi  che  subordinano  la  estinzione  di  reati  commessi   al
 pagamento   di  somme,  senza  che  cio'  costituisca,  di  per  se',
 violazione della Costituzione (cfr. sentenze n. 207 del 1974, n.  192
 del 1992);
     che  in  particolare,  nella  specie,  il  prodursi  dell'effetto
 estintivo del reato al momento del perfezionamento del  pagamento  e'
 la  conseguenza, tutt'altro che irragionevole, della natura del reato
 omissivo e dei caratteri della causa estintiva del reato,  legata  al
 versamento delle somme dovute a titolo di regolarizzazione; mentre il
 mancato  coordinamento  fra  rateizzazione delle somme dovute e tempi
 del procedimento  penale  puo'  incidere  bensi'  sull'efficacia  del
 meccanismo   di   incentivo   alla  regolarizzazione  instaurato  dal
 legislatore, ma non da' luogo di per se' alla violazione  di  diritti
 costituzionalmente  garantiti  ne',  per  le  ragioni  ora  dette, ad
 irragionevoli disparita' di trattamento;
     che pertanto anche la questione sollevata dal pretore  di  Milano
 deve ritenersi manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
     a)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, commi da 226 a 231, della
 legge 23 dicembre 1996, n. 662  (Misure  di  razionalizzazione  della
 finanza  pubblica),  sollevata,  in  riferimento agli articoli 3 e 38
 della Costituzione, dal pretore di Brescia con le ordinanze (r.o. nn.
 406, 407 e 657 del 1998) indicate in epigrafe;
     b)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 2, commi da 1 a 6, del decreto
 legge 23 ottobre 1996, n. 538 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di
 sanzioni    per    violazione   di   obblighi   contributivi   e   di
 regolarizzazione  di  posizioni  previdenziali),  non  convertito  in
 legge,  come  "recepito"  dall'art.  1,  commi  da  226  a 231, della
 predetta legge 23 dicembre 1996, n. 662,  sollevata,  in  riferimento
 agli  articoli  3 e 38 della Costituzione, dal pretore di Brescia con
 l'ordinanza (r.o. n. 507 del 1998) indicata in epigrafe;
     c)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  1, comma 230, della predetta
 legge 23 dicembre 1996, n. 662, sollevata, in riferimento all'art.  3
 della  Costituzione,  dal  pretore di Milano con l'ordinanza (r.o. n.
 889 del 1998) indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 aprile 1999.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 aprile 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0417