N. 242 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio 1999
N. 242 Ordinanza emessa il 24 febbraio 1999 dal tribunale amministrativo regionale per le Marche sul ricorso proposto da Benedetti Torquato contro l'amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino ed altra Impiego pubblico - Dipendente condannato in sede penale - Possibilita' di destituzione all'esito di procedimento disciplinare - Termine perentorio di novanta giorni per la conclusione di detto procedimento - Asserita impossibilita' per la pubblica amministrazione, a causa dell'eccessiva brevita' del termine, di porre in essere tutti gli atti endoprocedimentali previsti a difesa dell'incolpato - Dedotta inadeguata valutazione dei fatti - Irragionevolezza - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. (Legge 7 febbraio 1990, n. 19, art. 9, comma 2). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.19 del 12-5-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1647 del 1993 proposto da Benedetti Torquato, rappresentato e difeso dall'avv. Bruno Brusciotti ed elettivamente domiciliato in Ancona, via San Martino n. 23, presso lo studio dell'avv. Maurizio Fabiani; Contro l'amministrazione provinciale di Pesaro ed Urbino, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Buonassisi ed elettivamente domiciliato in Ancona, via Leopardi n. 2, presso lo studio dell'avv. Ferdinando Zannini; la commissione di disciplina dell'amministrazione provinciale di Pesaro-Urbino, in persona del Presidente pro-tempore non costituito in giudizio; per l'annullamento della deliberazione 8 giugno 1993, n. 679 della Giunta provinciale; di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione provinciale di Pesaro ed Urbino; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 24 febbraio 1999, il consigliere Luigi Ranalli; Uditi l'avv. Brusciotti per il ricorrente e l'avv. Buonassisi per l'amministrazione resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Il sig. Torquato Benedetti, ex direttore di mensa presso l'amministrazione provinciale di Torino, e' stato sospeso cautelativamente dal servizio, ma anticipatamente reintegrato a causa della "prevedibile lunga durata del procedimento penale" pendente a suo carico (deliberazioni 7 luglio 1980, n. 44, 21 ottobre 1980, n. 90/773 e 23 dicembre 1980, n. 35 della Giunta provinciale di Torino). Dopo il trasferimento alla provincia di Pesaro (1 agosto 1984), con sentenza 21 marzo 1985 e' stato condannato dal tribunale di Torino alla pena di anni due, mesi otto e giorni quindici ed all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, per il reato di cui all'art. 317 c.p.: la sentenza e' stata confermata dalla Corte di appello di Torino e dalla Corte di cassazione, passando in giudicato il 5 luglio 1990. Il presidente dell'amministrazione provinciale di Pesaro, con atto del 5 febbraio 1993, affermando nelle premesse che la "notificazione di tale sentenza" e' stata "effettuata a mani del v. segretario generale di questa amministrazione in data 1 febbraio 1993", gli ha contestato i fatti penali, di non aver comunicato all'amministrazione il relativo procedimento, la condanna e l'affidamento in prova al servizio sociale, nonche' di aver sottoposto alla firma del Presidente una lettera elogiativa, presumibilmente non predisposta dagli uffici competenti, "tacendone lo scopo di utilizzarla nel procedimento penale". Con provvedimento del 3 febbraio 1993 il Presidente lo ha sospeso cautelativamente dal servizio sino alla definizione del procedimento disciplinare. Il 25 febbraio 1993 l'interessato ha inviato le proprie controdeduzioni, ma e' stato deferito alla Commissione di disciplina con deliberazione di Giunta 2 marzo 1993, n. 233. Su conforme parere espresso il 6 maggio 1993 dalla suindicata commissione, la Giunta provinciale di Pesaro con deliberazione 8 giugno 1993, n. 679 gli ha inflitto la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio con decorrenza 1 agosto 1993, disponendo, nel contempo, di liquidargli il trattamento provvisorio di quiescenza con effetto dal 1 gennaio 1994, come previsto dall'art. 1 del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438, tenendo conto di un'anzianita' utile di servizio di anni 38 e mesi 2, determinata con esclusione dei periodi di sospensione cautelare dal 6 agosto 1980 al 31 dicembre 1980, intervenuta presso l'amministrazione provinciale di Torino e dal 6 febbraio 1993 al 31 luglio 1993, intervenuta presso l'amministrazione provinciale di Pesaro. Con il ricorso in epigrafe indicato, il sig. Benedetti Torquato ha impugnato la deliberazione n. 679/1993, deducendo, la violazione dell'art. 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, dell'art. 110 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, dell'art. 1 del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, degli artt. 36 e 97 della Cost., nonche' i motivi di eccesso di potere per illogicita', ingiustizia ed erroneita', atteso che: il procedimento disciplinare, iniziato con la contestazione degli addebiti del 5 febbraio 1993, non era piu' proponibile essendo trascorso un periodo ben superiore ai 180 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, tenuto conto che l'amministrazione provinciale di Pesaro era a conoscenza del relativo procedimento sin dal 1985, allorche' la provincia di Torino invio' le deliberazioni di sospensione cautelare dal servizio; in ogni caso, anche ammesso che provincia di Pesaro non abbia avuto tempestiva notizia della definitiva sentenza di condanna, tanto e' ad essa imputabile, essendo suo onere attivarsi, violandosi, altrimenti, i principi di imparzialita' e buon andamento dell'azione amministrativa; la sanzione inflitta e' illegittima anche perche' il procedimento disciplinare si e' concluso oltre il termine perentorio di 90 giorni previsto dall'art. 9 della legge n. 19/1990 e dall'art. 110 del d.P.R. n. 3/1957; la decorrenza del trattamento di quiescenza e' stato illegittimamente fissato al 1 gennaio 1994, dal momento che la sospensione prevista dall'art. 1 del d.-l. n. 384/1992, convertito nella legge n. 438/1992, non puo' essere applicata a chi e' costretto a lasciare il servizio per destituzione, violandosi, altrimenti, l'art. 36 Cost.; illegittimamente non sono stati considerati utili ai fini del trattamento provvisorio di quiescenza i periodi di sospensione cautelare dal servizio, perche' quella disposta dall'amministrazione provinciale di Torino e' stata revocata ed e', quindi, utile sia ai fini giuridici che economici; mentre quella disposta dall'amministrazione provinciale di Pesaro ha evidente natura cautelare, non sanzionatoria, tant'e' che la destituzione ha effetto ex nunc e non e' possibile che, per lo stesso fatto, siano inflitte due sanzioni. La difesa della provincia di Pesaro, con l'atto di costituzione in giudizio e successiva memoria - depositata, con l'adesione del legale del ricorrente, alla pubblica udienza del 24 febbraio 1999 - ha chiesto che il ricorso sia respinto in quanto infondato, diffusamente controdeducendo ai singoli mezzi di gravame. Con memorie depositate il 30 maggio 1998 e 12 febbraio 1999, il difensore del ricorrente ha insistito per l'accoglimento del ricorso, ulteriormente illustrando tesi e richieste. Questo tribunale, con ordinanza 1 dicembre 1993, n. 924, ha respinto l'istanza cautelare proposta ai sensi dell'art. 21, u.c., della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; con sentenza 22 settembre 1998, n. 1053 ha disposto incombenti istruttori: tanto e' stato adempiuto. D i r i t t o La deliberazione 8 giugno 1993, n. 679, con cui l'amministrazione provinciale di Pesaro ed Urbino ha inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio a seguito di procedimento disciplinare, e' stata impugnata per quattro distinti motivi: 1) la violazione del termine di 180 giorni previsto dall'art. 9, secondo comma, della legge 7 febbraio 1990, n. 19, per l'inizio del procedimento disciplinare; 2) la violazione del termine di 90 giorni per la sua conclusione, stabilito dalla stessa disposizione, nonche' dall'art. 110 del d.P.R. n. 3/57; 3) la violazione dell'art. 1 del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438, perche' il termine di decorrenza del trattamento provvisorio di quiescenza non puo' essere fissato al 1 gennaio 1994, trattandosi di cessazione dal servizio dovuto a destituzione; 4) l'illegittimita' dell'esclusione dal servizio utile ai fini del trattamento di quiescenza dei periodi di sospensione cautelare. Va premesso che il terzo ed il quarto motivo comportano, se fondati, l'annullamento solo delle rispettive statuizioni, mentre l'eventuale accoglimento di uno dei primi due comporta l'annullamento dell'intero provvedimento, con conseguente carenza di interesse all'esame degli altri due. Orbene, ad avviso del collegio, la dedotta violazione del termine entro il quale il procedimento disciplinare doveva essere iniziato, risulta infondato. Il secondo comma dell'art. 9 della legge n. 19/1990 fa decorrere il termine di 180 giorni "dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna": non e' sufficiente la conoscenza della condanna, ma necessita anche la conoscenza della sua irrevocabilita', cioe' del passaggio in giudicato. Non e' contestato che l'amministrazione provinciale di Pesaro ha avuto conoscenza della sentenza di condanna e del suo passaggio in giudicato il 1 febbraio 1993, ma e' censurato il comportamento inerte della stessa amministrazione, che certamente non ignorava l'esistenza del procedimento penale. Premette il collegio che l'art. 9, secondo comma, della legge n. 19/1990, non pone a carico dell'amministrazione alcun onere di attivazione per acquisire tempestivamente la conoscenza della irrevocabilita' della sentenza di condanna. Tuttavia, ammettendo che un siffatto onere discenda dal generale principio di buona amministrazione, cui fa riferimento l'art. 97 della Cost., la sua violazione non e' ravvisabile per il solo fatto oggettivo dell'inizio del procedimento disciplinare oltre il termine di 180 gg. dal giudicato, ma il ritardo deve essere anche ingiustificato, circostanza da escludere nella fattispecie, atteso che la sentenza di condanna riguarda fatti avvenuti quando il ricorrente era in servizio presso altra amministrazione, cioe' la provincia di Torino, e il giudicato si e' formato molto tempo dopo il suo trasferimento alla provincia di Pesaro. In ogni caso, anche il ricorrente, se interessato ad una sollecita definizione della propria posizione, avvalendosi della facolta' prevista dall'art. 97, terzo comma, del d.P.R. n. 3/1957, poteva tempestivamente inviare copia della sentenza irrevocabile all'amministrazione provinciale di Pesaro. In ordine al secondo mezzo di gravame, va premesso che la destituzione e' stata disposta con deliberazione 8 giugno 1993, n. 679, mentre la contestazione degli addebiti e' stata effettuata il 5 febbraio 1993. La giurisprudenza amministrativa e', ormai, decisamente orientata per la perentorieta' del temine di 90 gg. stabilito dall'art. 9, secondo comma, della legge n. 19/1990, (Cons. St., Ad. Pl., 3 settembre 1997, n. 16). Da questa conclusione interpretativa il collegio non ha motivo di discostarsi ed il ricorso dovrebbe essere accolto: tuttavia, poiche' il termine di che trattasi non consente all'amministrazione di porre in essere gli atti endoprocedimentali previsti dalle altre disposizioni del d.P.R. n. 3/1957, il collegio, come gia' disposto dalla richiamata giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Ad. Pl. 3 settembre 1997, n. 16, nonche' Cons. St., sez. VI, 14 settembre 1998, n. 1244), ritiene di dover sollevare d'ufficio, in quanto non manifestamente infondata, la questione di costituzionalita' del secondo comma dell'art. 9 della legge n. 19/1990 nella parte in cui assegna il termine di novanta giorni per la conclusione del procedimento disciplinare, attesa la sua evidente rilevanza ai fini della decisione del ricorso. Appare, infatti, manifestamente illogico, in relazione all'art. 3 della Cost., la scelta del legislatore di fissare un termine cosi' contenuto per la conclusione del procedimento, abrogando, per incompatibilita', la precedente normativa a difesa della posizione dell'incolpato e diretta all'accertamento ed alla ponderata valutazione dei fatti sulla base di un articolato procedimento, caratterizzato, appunto, dalle fasi endoprocedimentali di cui al d.P.R. n. 3/1957. Inoltre, appare violato il principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Cost., poiche' la brevita' del termine puo', in concreto, non consentire l'adeguata valutazione dei fatti in una materia tanto delicata, tenuto conto che l'amministrazione deve necessariamente contemperare le proprie esigenze con la posizione dell'incolpato, la cui prosecuzione dell'attivita' lavorativa e' tutelata dall'art. 4 della Costituzione. Va disposta, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del presente giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della norma suindicata.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 7 febbraio 1990, n. 19, nella parte in cui stabilisce il termine di novanta giorni per la conclusione del procedimento disciplinare; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999, Il presidente: Venturini Il consigliere, est: Ranalli 99C0423