N. 257 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 1998

                                N. 257
  Ordinanza  emessa  il  4  dicembre 1998 dal tribunale amministrativo
 regionale per la Sicilia sul ricorso proposto  da  Zammito  Emanuele,
 Massimo  Salvatore  ed  altri,  contro  l'Universita'  degli studi di
 Palermo ed altro
 Istruzione pubblica -  Istruzione  universitaria  -  Attribuzione  al
    Ministro  della  pubblica istruzione del potere di definizione, su
    conforme  parere  del  C.U.N.,  dei  criteri   generali   per   la
    regolamentazione   dell'accesso  ai  corsi  universitari  compresi
    quelli a "numero chiuso" - Violazione del principio della  riserva
    di   legge   relativa   in   materia   di  accesso  all'istruzione
    universitaria nonche' dei principi di  uguaglianza  e  del  libero
    accesso alle scuole.
 (Legge  19  novembre  1990, n. 341, art. 9, comma 4, modificato dalla
    legge 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, comma 116).
 (Cost., art. 33 e 34).
(GU n.19 del 12-5-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  3468/98,
 sezione  II,  proposto  da    Zammito  Emanuele,  Massimo  Salvatore,
 Mazzarella  Francesco,  Garbo  Patrizia,   Picone   Giusy,   Spinnato
 Loredana,  Cialdino  Giovanni,  tutti  rappresentati  e  difesi dagli
 avv.ti Girolamo Alessandro Crociata e  Giuseppe  Spataro,  presso  il
 loro  studio  in  Palermo,  via  De  Spuches n. 5, sono elettivamente
 domiciliati;
   Contro l'Universita' degli studi di Palermo, in persona del rettore
 pro-tempore,  il   Ministero   dell'universita'   e   della   ricerca
 scientifica,   in   persona   del   Ministro   pro-tempore   entrambi
 rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato; per  declaratoria
 del  diritto  dei  ricorrenti  ad iscriversi al   1 anno del corso di
 diploma universitario in tecnica sociale della facolta' di lettere  e
 filosofia,  per  l'anno  accademico  1998-1999,  presso l'universita'
 degli studi di Palermo, per l'annullamento della delibera del  senato
 accademico 24 luglio 1998, in parte qua; del Consiglio di facolta' di
 lettere  e  filosofia  di Palermo dell'11 giugno 1998; dei pareri del
 Consiglio universitario nazionale; del decreto ministeriale 14 maggio
 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  italiana
 17  luglio  1998;  dello  statuto  della  predetta  Universita';  del
 regolamento didattico di Ateneo; dei relativi provvedimenti rettorali
 non conosciuti e del decreto  rettorale  n.  1275  del  1998  che  ha
 indetto la selezione, nonche' del decreto ministeriale n.  245 del 21
 luglio  1997,  quale  atto  normativo generale, nonche' di ogni altro
 atto  dell'Universita'  presupposto  connesso  e   conseguente,   ivi
 compresi,  la  graduatoria e i provvedimenti applicativi che limitano
 l'immatricolazione.
   Visto il ricorso introduttivo del giudizio;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'Avvocatura dello
 Stato di Palermo per le amministrazioni intimate;
   Udito il relatore Tito Aru, e  gli  avv.ti  G.  A.  Crociata  e  G.
 Spataro  per  i  ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato G. Tutino per le
 amministrazioni resistenti;
   Vista la documentazione tutta in atti;
   Vista la propria ordinanza n. 158/98 del 4  dicembre  1998  con  la
 quale  sono  stati sospesi ex art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n.
 1034 i provvedimenti impugnati;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con ricorso  notificato  il  20  novembre  1998,  e  depositato  il
 successivo  23  novembre,  i  ricorrenti espongono di avere richiesto
 l'iscrizione per l'anno accaeemico 1998/99 al primo anno del corso di
 diploma di  universitario  in  servizio  sociale  della  facolta'  di
 lettere e filosofia dell'Universita' di Palermo, di avere partecipato
 al concorso bandito per l'individuazione degli studenti da ammettersi
 al  corso  ma  di non essersi collocati in posizione utile; avverso i
 provvedimenti impugnati deducono le seguenti censure:
     1) violazione degli artt. 33 e 34 della Costituzione.
   L'art. 9, comma 4, della legge  19  novembre  1990,  n.  341,  come
 modificato  dall'art.  17,  comma 116, della legge 15 maggio 1997, n.
 127, viola le previsioni  costituzionali  sotto  il  duplice  profilo
 della  violazione  dell'autonomia universitaria e del principio della
 riserva di legge in materia;
     2) violazione dell'art. 2, comma 1 del  decreto  ministeriale  15
 maggio 1998; carenza assoluta di motivazione.
   La  limitazione  del  numero  di studenti da ammettersi al corso di
 laurea non sarebbe assistita da  adeguata  motivazione,  ne'  fondata
 sulle  necessarie  valutazioni,  in  ordine  all'effettivo potenziale
 didattico delle strutture e dei docenti esistenti;
     3) violazione e falsa applicazione dell'art. 9,  comma  4,  della
 legge   n.  341/1990,  in  relazione  all'art.  34,  comma  2,  della
 Costituzione.
   Il sistema di selezione previsto per l'accesso al corso  di  laurea
 non  garantisce  l'accesso  a  tutti i coloro che potrebbero comunque
 essere ritenuti meritevoli, anche al  di  la'  del  numero  di  posti
 prefissato;
     4)  violazione  e  falsa applicazione dell'art. 9, comma 1, della
 legge n. 341/1990, in relazione al principio del giusto procedimento;
 violazione del principio tempus regit actum.
   La limitazione del numero di iscrizioni  da  consentirsi  e'  stata
 adottata  in  data  anteriore  alla  pubblicazione  del provvedimento
 ministeriale 14 maggio 1998;
     5) violazione dei criteri stabiliti dall'art.  4,  comma  1,  del
 decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245; eccesso di potere.
   L'oggetto  della  prova  selettiva (cultura generale) non ha alcuna
 attinenza con le materie di studio del corso di laurea;
     6) incompetenza; falsa applicazione dell'art.  5,  comma  4,  del
 decreto ministeriale n. 245/1997 con riguardo al decreto ministeriale
 14 maggio 1998.
   Le  modalita'  e  l'individuazione  delle  discipline  delle  prove
 selettive dovevano essere  determinate  dal  Ministero  e  non  dalle
 singole universita';
     7)    illegittimita'   derivata   per   irregolare   composizione
 dell'organo deliberante.
   L'illegittima  composizione  del  senato  accademico,   conseguente
 all'intervenuto  annullamento  dello  statuto universitario, vizia le
 deliberazioni assunte.
   Alla camera di consiglio del 4 dicembre 1998 si sono costituiti  in
 giudizio il Ministero e l'Universita' intimati.
   Alla  medesima camera di consiglio e' stata adottata l'ordinanza n.
 5158/1998 con la quale sono stati sospesi ex art. 21  della  legge  6
 dicembre  1971,  n.  1034  i  provvedimenti  impugnati,  agli effetti
 dell'iscrizione  dei  ricorrenti  al  corso  universitario   di   che
 trattasi, nelle more della decisione della Corte costituzionale sulla
 questione che viene sollevata con la presente ordinanza.
                             D i r i t t o
   A.  -  Osserva  il  Collegio  che  la  problematica  dedotta in via
 principale con il ricorso all'esame attiene alla  legittimita'  della
 istituzione  di limitazioni nell'accesso alle facolta' universitarie,
 c.d. "numero chiuso",  in  violazione  del  principio  dell'autonomia
 universitaria  e  del  diritto allo studio, sanciti dall'art. 33 e 34
 della Costituzione.
   Tale tematica ha trovato regolamentazione legislativa nell'art.  9,
 comma 4, della legge  19  novembre  1990,  n.  341,  come  modificato
 dall'art.  17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, secondo
 il quale "il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica  e
 tecnologica definisce, su conforme parere del Consiglio universitario
 nazionale  i  criteri  generali  per la regolamentazione dell'accesso
 alle scuole di specializzazione ed ai  corsi  universitari,  anche  a
 quelli   per   i  quali  l'atto  emanato  dal  Ministro  preveda  una
 limitazione nelle iscrizioni"; della costituzionalita' di tale  norma
 il Collegio dubita, anche alla luce delle considerazioni svolte nella
 sentenza  n. 383 del 27 novembre 1998 della Corte costituzionale, con
 riferimento alla eventuale violazione del diritto allo studio.
   B.  -  In  via  preliminare  il  Collegio  ritiene  sussistente  il
 requisito  della rilevanza della questione, ai fini della definizione
 della concreta controversia sottoposta  al  suo  esame,  giacche'  la
 norma  sopraindicata  risulta espressamente applicata dalle autorita'
 universitarie nell'adozione dei provvedimenti impugnati.
   Ne'  puo' essere considerata circostanza ostativa al loro eventuale
 annullamento la mancata  formale  impugnativa  degli  ulteriori  atti
 (decreto  ministeriale  13 marzo 1954 istitutivo del corso di diploma
 di "Consulente del lavoro" presso la facolta'  di  scienze  politiche
 dell'Universita'  degli  studi  di  Palermo;  decreto ministeriale 21
 luglio 1997, n. 245, Regolamento recante norme in materia di  accessi
 all'istruzione universitaria e di connesse attivita' di orientamento;
 decreto   ministeriale   14  maggio  1998,  recante  la  definizione,
 limitatamente all'anno accademico  1998-99,  delle  procedure  e  dei
 parametri  standard di riferimento che consentano alle universita' di
 programmare gli  accessi  ad  alcuni  corsi  di  laurea)  in  materia
 adottati.
   Ed  invero,  tanto piu' trattandosi di controversia attribuita alla
 giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 33,  comma
 2,  lett.  f),  del  d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, questi - secondo un
 recente, ma ormai consolidato, orientamento giurisprudenziale  (Cons.
 Stato,  sez.  V, 26 febbraio 1992, n. 154, 24 luglio 1993, n. 799 e 7
 aprile 1995, n. 531; c.g.a. 27 novembre 1995, n. 349, 20 marzo  1996,
 n. 75 e 25 ottobre 1996, n. 366) - ben potra' eventualmente procedere
 alla disapplicazione degli atti regolamentari lesivi del diritto allo
 studio del ricorrente, ove detto diritto sia riconosciuto sussistente
 a  livello costituzionale e non (legittimamente) conculcato a livello
 legislativo.
   Il Collegio ritiene, altresi', che sussistano consistenti dubbi  di
 costituzionalita'  in  ordine al citato art. 97, comma 4, della legge
 19 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art.  17,  comma  116,
 della  legge  15  maggio  1997,  n.  127  in  relazione  al principio
 costituzionale  di  riserva  di  legge,  ed  agli  artt.  33   e   34
 Costituzione;  e  cio'  anche  successivamente,  ed  alla luce, delle
 considerazioni svolte nella sentenza n.  383  del  27  novembre  1998
 della  Corte  costituzionale, con la quale analoga questione e' stata
 respinta  in  relazione  alla  istituzione  del  numero  chiuso   per
 l'accesso  alle  facolta'  di  medicina, veterinaria, odontoiatria ed
 architettura.
   In detta pronunzia la Corte costituzionale ha affermato:
     l'inerenza,  e  la  correlazione,  degli  aspetti   organizzativi
 interni  delle  Universita' con il servizio dell'istruzione pubblica,
 con le relative prestazioni ed  i  connessi  diritti  all'accesso  al
 servizio ed alla fruizione delle prestazioni rese;
     la sussistenza di una riserva, c.d. relativa, di legge in tema di
 accesso  ai corsi universitari, dal momento che "i criteri di accesso
 all'universita', e dunque anche la previsione  del  numerus  clausus,
 non possono legittimamente risalire ad altre fonti, diverse da quella
 legislativa"  e  che  "la  riserva  di  legge in questione e' tale da
 comportare, da un lato, la necessita' di non  comprimere  l'autonomia
 delle  universita',  per quanto riguarda gli aspetti della disciplina
 che ineriscono a tale autonomia; dall'altro, la possibilita'  che  la
 legge,  ove  non disponga essa stessa direttamente ed esaustivamente,
 preveda l'intervento normativo dell'esecutivo, per la  specificazione
 concreta  della  disciplina  legislativa,  quando  la sua attuazione,
 richiedendo valutazioni d'insieme, non e' attribuibile  all'autonomia
 delle universita'";
     l'impossibilita',  a  pena  di  di interpretare l'art 9, comma 4,
 della  legge  n.  341/1990  quale  norma  attributiva  di  un  potere
 ministeriale  libero  di  istituire  limitazioni all'accesso ai corsi
 universitari e l'opposta esigenza, invece, di interpretare  la  norma
 quale  attributiva  del  detto potere "solo se e nei limiti in cui da
 altre disposizioni legislative risultino predeterminati  criteri  per
 l'individuazione  in  concreto  delle scuole e dei corsi universitari
 rispetto ai quali valgono esigenze particolari  di  contenimento  del
 sovraffollamento  e  si  giustifichi  quindi la previsione con l'atto
 ministeriale cui l'impugnato art. 9, comma 4, si  riferisce  -  delle
 limitazioni nelle iscrizioni";
     la  possibilita'  di  individuare  tali  "limiti" con riferimento
 all'ordinamento giuridico nel suo insieme, ivi comprese la  normativa
 comunitaria ed i relativi provvedimenti di recepimento ed attuazione;
     l'esigenza  in materia, "di un'organica sistemazione legislativa,
 finora sempre mancata: una  sistemazione  chiara  che,  da  un  lato,
 prevenga  l'incertezza  presso i potenziali iscritti interessati e il
 contenzioso che ne puo' derivare e nella quale,  dall'altro,  trovino
 posto  tutti  gli  elementi  che,  secondo  la  Costituzione,  devono
 concorrere a formare l'ordinamento universitario".
   Il  Collegio  ritiene pero' che la citata pronunzia della Corte non
 abbia del tutto, e definitivamente, sgombrato il campo dai  dubbi  di
 incostituzionalita' della norma esaminata, giacche':
     1)  non  appare  sempre,  e  del tutto, condivisibile la proposta
 interpretazione della norma censurata;
     2) per molti  dei  corsi  di  laurea  in  concreto  sottoposti  a
 limitazioni   nell'accesso,   quali  quello  oggetto  della  presente
 controversia,  non  sussiste  nell'ordinamento  alcuna  altra   norma
 legislativa che possa giustificare l'istituzione del numero chiuso.
   In ordine alla prima considerazione, osserva il Collegio che mentre
 l'originario  testo  del  quarto  comma  dell'art.  9  della legge n.
 341/1990  attribuiva  al  Ministero  un  potere  di  regolamentazione
 dell'accesso  ai corsi per i quali sia prevista una limitazione nelle
 iscrizioni, cosi' effettivamente rinviando ad una diversa  fonte  del
 potere    di   istituzione   della   limitazione,   l'attuale   testo
 espressamente consente ("...  anche  a  quelli  per  i  quali  l'atto
 emanato  dal  Ministro preveda una limitazione nelle iscrizioni") che
 la limitazione sia eventualmente istituita dallo stesso provvedimento
 ministeriale; cio' induce a ritenere che la norma abbia attribuito al
 Ministero un potere astrattamente riferibile  sia  ad  ipotesi  nelle
 quali   altre   norme  legislative  fornissero  i  necessari  "limiti
 sostanziali", quali quelle in concreto individuate dalla  Corte,  sia
 ad  ipotesi  nelle  quali la limitazione all'accesso derivasse in via
 diretta ed esclusiva dallo stesso provvedimento ministeriale.
   In  ordine  alla  seconda  considerazione,  il   Ministero   e   le
 Universita'  hanno,  in concreto, provveduto alla istituzione del cd.
 "numero chiuso" anche in facolta' e corsi per i quali, come nel  caso
 all'esame,   non   sussiste   alcun   previo  ed  ulteriore  supporto
 legislativo.
   Con riferimento a tali ipotesi e, per quello che  qui  rileva,  con
 riferimento  al corso di diploma di "Consulente del lavoro" presso la
 facolta'  di  scienze  politiche  dell'Universita'  degli  studi   di
 Palermo, il Collegio ritiene, quindi, tutt'ora pienamente sussistenti
 i  dubbi  di  costituzionalita'  dell'art. 9, comma 4, della legge 19
 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116, della
 legge 15 maggio 1997, n. 127 in relazione al principio costituzionale
 di riserva di legge, sia pure relativa, ed agli artt. 33 e  34  della
 Costituzione,  per non avere previsto "adeguati criteri di esercizio"
 del  potere  attribuito  al  ministero   di   istituire   limitazioni
 all'accesso  e,  in  particolare,  "criteri  per  l'individuazione in
 concreto delle scuole e dei  corsi  universitari  rispetto  ai  quali
 valgono  esigenze  particolari di contenimento del sovraffollamento e
 si giustifichi quindi la previsione -  con  l'atto  ministeriale  cui
 l'impugnato  art.  9, comma 4, si riferisce - delle limitazioni nelle
 iscrizioni".
   Ne' il Collegio ritiene di potere evitare  di  sollevare  la  nuova
 questione  di  costituzionalita'  attraverso il diretto esercizio del
 sindacato  giurisdizionale  sugli  atti  amministrativi,  in   quanto
 adottati  in  difetto di potere, giacche' la rilevata interpretazione
 del citato art. 9,  comma  4,  legge  n.  341/1990,  come  modificato
 dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, induce a
 ritenere la sussistenza di una (sia pure, probabilmente, illegittima)
 attribuzione  legislativa di un potere amministrativo c.d. libero per
 almeno una parte dei corsi universitari.
   Per  altro,  quelle  stesse  esigenze di chiarezza e certezza nella
 materia,  che  hanno  indotto  la  Corte  costituzionale  a  ritenere
 auspicabile  un  intervento legislativo organico in materia, inducono
 sollecitare un nuovo intervento della Corte costituzionale che  possa
 affermare,  con efficacia erga omnes, l'illegittimita' costituzionale
 dell'attribuzione di  un  potere  amministrativo  c.d.  libero  nella
 stessa materia.
                               P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  per la definizione del presente giudizio e non
 manifestamente infondata, nei  termini  di  cui  in  motivazione,  la
 questione  di  costituzionalita' dell'art. 9, comma 4, della legge 19
 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116, della
 legge 15 maggio 1997, n. 127;
   Solleva la questione di  legittimita'  costituzionale  della  norma
 citata  per  violazione  del  principio  costituzionale di riserva di
 legge, in relazione agli artt. 33 e 34 della  Costituzione,  per  non
 avere  previsto "adeguati criteri di esercizio" del potere attribuito
 al  ministero  di   istituire   limitazioni   all'accesso   a   corsi
 universitari;
   Sospende  il  giudizio  in corso e ordina la immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Manda  alla  segreteria  di  provvedere  alla  notificazione  della
 presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio
 dei  Ministri  ed alla comunicazione della stessa ai Presidenti delle
 due Camere del Parlamento.
   Cosi' deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del  3  dicembre
 1998.
                      Il presidente: Giallombardo
                                                L'estensore: Veneziano
 99C0438