N. 151 ORDINANZA 26 - 30 aprile 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico - Polizia di Stato - Inquadramento nella qualifica
 di vice ispettore - Riferimento alla sentenza della Corte n.  63/1998
 -  Discrezionalita'  legislativa  nell'attribuire  voci retributive e
 indennita' particolari, in maniera uniforme, a personale appartenente
 a figure  e  livelli  differenti  (cfr.  sentenza  n.    133/1985)  -
 Manifesta infondatezza.
 
 (D.Lgs.  12  maggio  1995, n. 197, artt. 13, comma 1, lett. d), e 15,
 comma 3).
 
 (Cost., artt. 3, 36, 76 e 97).
 
(GU n.18 del 5-5-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici: prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma 1,
 lettera d) e 15, comma 3, del decreto legislativo 12 maggio 1995,  n.
 197  (Attuazione  dell'art.  3  della  legge 6 marzo 1992, n. 216, in
 materia di riordino delle carriere del personale non direttivo  della
 Polizia  di Stato), promossi con ordinanze emesse il 12 febbraio 1997
 (n. tre ordinanze), il 12  marzo  e  il  12  febbraio  1997  (n.  due
 ordinanze)  dal Tribunale amministrativo regionale del Piemonte ed il
 21 gennaio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,
 rispettivamente iscritte ai nn. 517, 518, 519, 520,  521  e  522  del
 registro  ordinanze  1997  ed al n. 546 del registro ordinanze 1998 e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  36,  prima
 serie  speciale,  dell'anno  1997  e  n.  34,  prima  serie speciale,
 dell'anno 1998.
   Visto l'atto di costituzione di Mariani Francesco ed altri, nonche'
 gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  24  marzo  1999  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
   Ritenuto che, nel corso del giudizio su ricorsi collettivi proposti
 da  numerosi  sovrintendenti della Polizia di Stato nei confronti del
 rispettivo inquadramento nella qualifica di vice ispettore del  nuovo
 ruolo  degli  ispettori,  ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera d),
 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 197 (Attuazione  dell'art.
 3  della  legge  6  marzo  1992, n. 216, in materia di riordino delle
 carriere del personale non direttivo della Polizia di Stato), l'adito
 Tar del Piemonte, con ordinanza del 12 febbraio 1997 (r.o. n. 517 del
 1997), ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale  della
 predetta  norma,  per  contrasto  con  gli artt. 76, 97, 3 e 36 della
 Costituzione;
     che, sotto il primo profilo, il Collegio rimettente  ritiene  che
 il decreto delegato de quo nella parte impugnata, abbia obliterato le
 ragioni  della  legge  delega,  che  erano,  come  emergerebbe  dalla
 intitolazione della stessa, quelle di colmare  il  vuoto  evidenziato
 dalla  sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 1991; questa si
 era limitata a  dichiarare  la  illegittimita'  costituzionale  della
 mancata  equiparazione  tra gli ispettori della Polizia di Stato ed i
 sottufficiali dei Carabinieri, caducando l'art.  43,  diciassettesimo
 comma,  della legge 1 aprile 1981, n. 121, e la allegata tabella "C",
 relativamente a tale mancata  equiparazione,  mentre  la  delega  era
 stata  attribuita  per  determinare  un nuovo assetto in linea con la
 predetta decisione, e, pertanto, essa era  limitata  nell'oggetto  da
 tale finalita';
     che  l'ulteriore modifica posta in essere dal decreto legislativo
 n. 197 del 1995, secondo il Collegio   a quo non  sarebbe  rispettosa
 della  delega stessa, nella parte in cui determinerebbe inquadramenti
 e  scavalcamenti  collocando  le  varie   qualifiche   in   posizioni
 differenziate;  prevederebbe  criteri  di  progressione  in  carriera
 sperequati rispetto a quelli applicabili ai vice ispettori nominati a
 seguito di concorso ex art. 52 della legge n. 121  del  1981,  aventi
 minore  anzianita' di servizio; limiterebbe - attraverso il richiamo,
 ad opera dell'art.  13, comma 4, al personale di cui alla lettera  d)
 del  comma  1  - la conservazione dell'anzianita' posseduta nel ruolo
 dei  sovrintendenti,  ai  fini  dell'ammissione  allo  scrutinio   di
 promozione  alla  qualifica  di  ispettore capo, ad un massimo di due
 anni;   ricollocherebbe,   in  definitiva,  il  vecchio  ruolo  degli
 ispettori al  di  sopra  di  quello  dei  sovrintendenti,  nonostante
 l'equiparazione  tra  i  due  ruoli,  che sarebbe stata sancita dalla
 legge delega;
     che,  quanto  alla  lamentata  violazione  dell'art.   97   della
 Costituzione,  non sarebbe conforme al principio della ottimizzazione
 della   pubblica   amministrazione   la   revisione   dei    principi
 organizzatori che avevano ispirato la riforma della Polizia;
     che  il  vulnus all'art. 3 della Costituzione consisterebbe nella
 disparita' di trattamento di situazioni gia' riconosciute omogenee;
     che infine,  secondo  il  Tar  del  Piemonte,  gli  inquadramenti
 disposti  in  base  al  d.lgs.  n.  197  del  1995, nel comportare un
 generale appiattimento delle qualifiche, in cui verrebbe  sacrificata
 l'anzianita' di servizio maturata nel precedente ruolo, si porrebbero
 in  contrasto  con il principio della proporzionalita' ed adeguatezza
 della retribuzione, di cui all'art. 36 della  Costituzione,  oltre  a
 creare, nel generale assetto del personale, situazioni irragionevoli,
 ostacolando   la   progressione   in   carriera   -   o   addirittura
 paralizzandola,  come  nel  caso  degli  ispettori   del   ruolo   ad
 esaurimento  - con ulteriori conseguenze, sul piano della violazione,
 ancora,  dell'art.  97  della  Costituzione,  sulla   efficiente   ed
 imparziale  organizzazione  degli  uffici e sulla distribuzione delle
 responsabilita' e delle competenze;
     che  nel  giudizio  introdotto  con  la  citata   ordinanza,   e'
 intervenuto   il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  con  il
 patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso  per
 la  inammissibilita' o la infondatezza della questione, confutando le
 dedotte ragioni di incostituzionalita';
     che la medesima questione e' stata sollevata dallo stesso Tar con
 altre  tre  ordinanze  di  contenuto  identico   (relative   a   vice
 sovrintendenti), due delle quali emesse il 12 febbraio 1997 (r.o. nn.
 518  e  519  del  1997),  e l'altra il 12 marzo 1997 (r.o. n. 520 del
 1997);
     che  anche  nei  giudizi  introdotti  con  tali   ordinanze,   e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che ha concluso nei
 medesimi sensi;
     che lo stesso Tar del Piemonte, con altre due  ordinanze,  emesse
 il  12 febbraio 1997 (r.o. nn. 521 e 522 del 1997), ha aggiunto, alla
 denuncia dell'art. 13, comma 1, lettera d), del  d.lgs.  n.  197  del
 1995,  quella,  in  riferimento ai medesimi parametri costituzionali,
 dell'art. 15, comma 3, dello stesso decreto legislativo, nella  parte
 in  cui  prevede l'inquadramento dei sovrintendenti capo o principali
 nella qualifica di ispettore capo  del  ruolo  ad  esaurimento  degli
 ispettori;
     che  anche  in  tale  giudizio  e'  intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei Ministri, con il  patrocinio  dell'Avvocatura  generale
 dello Stato, che ha proposto analoghe conclusioni;
     che  infine,  il  Tar della Sicilia, con ordinanza del 21 gennaio
 1998 (r.o. n. 546 del 1998), ha sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale  dello  stesso art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 197 del
 1995, in riferimento agli artt. 3, 97 e  76  della  Costituzione:  ad
 avviso   del   collegio   rimettente,   l'inquadramento  forzoso  dei
 sovrintendenti   nell'istituito   ruolo   ad    esaurimento,    senza
 possibilita' di opzione per il ruolo ordinario, o di un inquadramento
 a domanda, si frapporrebbe al diritto alla carriera di costoro, donde
 il  contrasto  con gli artt.   97 e 3 della Costituzione, avuto anche
 riguardo,  per  un  verso,  alla  mancanza  di  esigenze  eccezionali
 dell'amministrazione, per l'altro, alla circostanza che la previsione
 della  possibilita',  per  gli  ispettori  capo  del  detto  ruolo ad
 esaurimento, di essere scrutinabili per non oltre  il  cinquanta  per
 cento  dell'aliquota  dei posti disponibili (a norma dell'art. 31-bis
 primo comma, lettera a), del d.P.R. n.  335 del 1982, come modificato
 dal d.lgs. n. 197 del 1995), o, se in possesso del titolo  di  studio
 prescritto,  di  partecipare  ai  concorsi di cui alla lettera b) del
 predetto  articolo,  sarebbe  di  fatto  vanificata   dalla   riserva
 prevista,  per  un  periodo  di  quattro  anni  ed in relazione ad un
 contingente di 1000 posti all'anno, per l'ammissione alla  selezione,
 in  favore  degli  ispettori  capo  del ruolo ordinario, dall'art. 14
 dello stesso d.lgs. n. 197 del 1995;
     che nemmeno potrebbe ammettersi che,  a  parita'  di  obblighi  e
 funzioni,  corrisponda  una subordinazione funzionale degli ispettori
 capo del ruolo ad esaurimento rispetto a quelli del ruolo ordinario;
     che  del  resto,  la  istituzione  di  un   apposito   ruolo   ad
 esaurimento,  sempre ad avviso del Tar, travalicherebbe, in contrasto
 con l'art.  76 della Costituzione, la delega legislativa, che avrebbe
 previsto tale possibilita'  solo  in  riferimento  al  personale  con
 qualifica di assistente capo o equiparata in possesso della qualifica
 di  ufficiale  di  polizia  giudiziaria,  e che, comunque, avrebbe la
 finalita' di provvedere, nell'ambito di una disciplina  omogenea,  al
 riordino  delle  carriere, e non al congelamento di qualche pregressa
 posizione, con preclusione ad un suo ordinato dispiegarsi;
     che anche in tale giudizio ha  spiegato  intervento  l'Avvocatura
 generale dello Stato, concludendo in modo identico.
   Considerato che deve essere disposta la riunione dei giudizi stante
 la   evidente   parziale  identita'  o  connessione  delle  questioni
 proposte;
     che questa Corte, con sentenza n. 63 del  1998,  pronunciando  in
 una  serie  di  giudizi  in  cui erano stati proposti - rispetto alle
 ordinanze in esame - profili  esattamente  speculari  riguardanti  la
 posizione  del  personale  proveniente dal ruolo ispettori rispetto a
 chi  rivestiva   la   qualifica   di   sovrintendente   e   di   vice
 sovrintendente,  ha  dichiarato  l'infondatezza  delle  questioni  di
 legittimita' costituzionale sollevate in riferimento all'art.  3  del
 d.-l. 7 gennaio 1992 n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge
 6 marzo 1992, n. 216, ha chiarito l'evoluzione legislativa successiva
 alla riforma della polizia del 1981 (caratterizzata dall'inizio della
 unificazione  del  trattamento  economico  per  le  forze  di polizia
 mediante estensione di quello previsto per la Polizia di  Stato:  art
 43 della legge n.  121 del 1981), ed ha individuato i contenuti della
 delega di cui all'art. 3 della predetta legge n. 216 del 1992;
     che  in particolare e' stato affermato, con la citata sentenza n.
 63 del 1998, che l'art. 3 del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, convertito,
 con modificazioni, in legge 6 marzo  1992,  n.  216,  e'  una  tipica
 misura  di  perequazione  del  trattamento  economico  (oltre che del
 connesso regime ordinamentale)  che  rientra  nella  discrezionalita'
 legislativa,  fermo  il limite generale per ogni intervento normativo
 della   ragionevolezza,   come   svolgimento   dell'art.   3    della
 Costituzione;
     che  tale  discrezionalita' ricomprende tanto la differenziazione
 del trattamento economico di categorie prima  egualmente  retribuite,
 che  non incorre di per se' in violazione dei precetti costituzionali
 di cui agli artt. 3 e 36 della  Costituzione  (sentenza  n.  133  del
 1985),  quanto  la  possibilita' che nell'ambito del pubblico impiego
 siano attribuite voci retributive o indennita' particolari in maniera
 uniforme per personale appartenente a figure  e  livelli  differenti;
 cio'  ovviamente, se non vi siano appiattimenti retributivi (sentenza
 n. 65 del 1997) o non si  verifichino  altre  forme  sintomatiche  di
 palese  arbitrarieta'  o di manifesta non ragionevolezza (sentenze n.
 133 del 1996 e n. 217 del 1997);
     che il legislatore puo' modificare nel numero (in riduzione o  in
 aumento)   i   livelli  retributivi,  cosi'  come  puo'  procedere  a
 riunificazioni  di  trattamenti  economici,  ampliando  l'ambito  dei
 livelli,  fermo  il limite della non palese arbitrarieta' e della non
 manifesta irragionevolezza (sentenza n. 63 del 1998);
     che il rapporto di proporzionalita' della  retribuzione  ai  fini
 dei  principi  desumibili dall'art. 36 della Costituzione deve essere
 effettuato in relazione  al  trattamento  economico  complessivo  con
 riferimento  alla  categoria  e  al  livello e non e' suscettibile di
 differenziazioni personali nell'ambito del livello  unificato,  salvo
 quelle derivanti da anzianita' o da particolari indennita' o compensi
 per  attivita' aggiuntive o comportanti maggiore impegno quantitativo
 o qualitativo (sentenza n. 63 del 1998);
     che le predette norme (d.-l. n. 5 del 1992 e legge di conversione
 con modifiche n. 216 del 1992) sono  andate  ben  oltre  il  semplice
 adeguamento  alla  statuizione  di  incostituzionalita' (per la parte
 relativa alla mancata comparazione tra ispettori e sottufficiali  dei
 carabinieri  nella  tabella  "C" allegata alla legge n. 121 del 1981)
 (sentenza n. 63 del 1998);
     che il legislatore con una  scelta  precisa  ha  intenzionalmente
 voluto,  non  solo  colmare il vuoto di comparazione ed equiparazione
 per i sottufficiali dei carabinieri, ma anche procedere ulteriormente
 alla unificazione (completa a  decorrere  dal  1  gennaio  1992)  del
 trattamento  economico (allineandolo sui livelli VI, VI-bis e VII) di
 tutti i sottufficiali (e qualifiche corrispondenti) di  polizia,  sia
 ad  ordinamento  militare che civile, compresi quelli mantenuti al di
 fuori  sia  dell'oggetto  della  pronuncia  della  Corte,  sia  delle
 conseguenti  decisioni dei giudici amministrativi (sentenza n. 63 del
 1998; v. anche sentenze n. 465 del 1997 e n. 455 del 1993);
     che il legislatore del 1992, in considerazione delle piu' urgenti
 esigenze derivanti dall'intervento sui sottufficiali dei carabinieri,
 ha  inteso  ridurre  -  attraverso  una  compattazione  verso  l'alto
 (realizzata  mediante  un reinquadramento) delle posizioni economiche
 degli allora sovrintendenti (e vice sovrintendenti), riallineate alla
 originaria equiparazione  tra  sottufficiali  -  le  discrasie  e  le
 differenze  ben  piu' gravi che si sarebbero verificate nei confronti
 degli stessi vice sovrintendenti rispetto alle altre forze di polizia
 (sentenza n. 63 del 1998);
     che con questa operazione meramente meccanica ed economica non si
 raggiungeva un risultato  ottimale  nei  trattamenti  retributivi  ed
 ordinamentali  delle forze di polizia, nonostante che la legge n. 121
 del 1981 avesse disposto l'omogeneizzazione (in linea  di  principio:
 v.  sentenza  n.  465 del 1997) dei trattamenti economici di tutte le
 forze di polizia, attraverso il meccanismo dell'estensione automatica
 e normativa mediante rinvio mobile al trattamento  della  Polizia  di
 Stato,  unica  peraltro  a  conseguire  contestualmente  nuove  forme
 organizzative e un nuovo ordinamento (sentenza n. 63 del 1998);
     che questa Corte ha piu' volte sottolineato  che  il  trattamento
 economico  dell'anzidetto  personale  subiva  i  riflessi sostanziali
 derivanti dalle diverse forme di progressione nelle qualifiche e  nei
 gradi,   anche  se  l'omogeneizzazione  economica  era  destinata  ad
 affinarsi  nel  corso  del  tempo,   nell'obiettivo   di   perseguire
 l'effettivo  equilibrio  di disciplina, che presuppone l'eliminazione
 di persistenti differenze o carenze di meccanismi di progressione  in
 taluni  ordinamenti e l'adeguamento di moduli ordinamentali (sentenze
 nn. 65 e 465 del 1997 e n. 63 del 1998);
     che il legislatore non  solo  ha  proceduto  sulla  strada  della
 perequazione (semplicemente) economica delle forze di polizia, ma ha,
 con  il  conferimento  di  una  duplice  delega  legislativa, avviato
 successive   fasi   dirette   ad   una   ulteriore   e    sostanziale
 omogeneizzazione:  la  prima  delega (art. 2, comma 1, della legge n.
 216 del 1992) nella preoccupazione di non alterare gli equilibri  tra
 i  vari  ordinamenti  militari,  da  esercitarsi con un unico decreto
 legislativo su proposta del Ministero dell'interno  di  concerto  con
 gli  altri ministri interessati, aveva per oggetto la definizione "in
 maniera omogenea, nel rispetto  dei  principi  fissati  dai  relativi
 ordinamenti   di  settore,  stabiliti  dalle  leggi  vigenti",  delle
 procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego  delle
 forze  di polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della legge
 1 aprile 1981, n. 121, nonche' del personale delle forze  armate,  ad
 esclusione dei dirigenti civili e militari e del personale di leva;
     che  la  seconda  delega (art. 3 della legge n. 216 del 1992), da
 esercitarsi con piu' decreti legislativi sulla base di unici  criteri
 direttivi  (diversi  da  quelli  di  cui  all'art. 2), riguardava "le
 necessarie modifiche degli ordinamenti del personale" delle forze  di
 polizia  e delle forze armate, esclusi dirigenti e direttivi, "per il
 riordino  delle  carriere,  delle  attribuzioni  e  dei   trattamenti
 economici,  allo  scopo  di conseguire una disciplina omogenea, fermi
 restando i rispettivi compiti istituzionali, le norme fondamentali di
 stato, nonche' le attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza,
 previsti  dalle  vigenti  disposizioni  di  legge";  inoltre  per  le
 anzidette  finalita'  era  espressamente  contemplato  che  i decreti
 legislativi potessero "prevedere che la  sostanziale  equiordinazione
 dei  compiti  e  dei  connessi  trattamenti  economici sia conseguita
 attraverso la revisione di ruoli, gradi e qualifiche e, ove  occorra,
 anche  mediante la soppressione di qualifiche, gradi, ovvero mediante
 l'istituzione di nuovi ruoli, qualifiche e gradi  con  determinazione
 delle  relative  dotazioni  organiche,  ferme  restando  le dotazioni
 organiche  complessive  previste",  con  le  occorrenti  disposizioni
 transitorie (art. 3, comma 3, della legge n. 216 del 1992);
     che  il  ruolo  dei  sovrintendenti e' rimasto distinto da quello
 degli  ispettori,   essendosi   operato   in   via   transitoria   un
 inquadramento  degli  allora  sovrintendenti e vice sovrintendenti in
 qualifiche  del  ruolo  ispettori,  con  un  beneficio  concesso   al
 principale  scopo  di  riallineare  la  originaria  equiparazione tra
 sottufficiali  e  di  ridurre le discrasie dovute alle differenze dei
 vice sovrintendenti e sovrintendenti rispetto  alle  altre  forze  di
 polizia (sentenza n. 63 del 1998);
     che  le norme impugnate costituiscono una scelta discrezionale di
 politica legislativa, esercitata, in modo non palesemente  arbitrario
 ne'  manifestamente  irrazionale,  entro  l'oggetto,  i  criteri  e i
 principi direttivi della delega legislativa, come interpretata  dalla
 sentenza n. 63 del 1998;
     che  questa  Corte  ha  ripetutamente sottolineato l'esistenza di
 un'ampia discrezionalita' del legislatore in  tema  di  inquadramento
 del  personale  e  di  articolazione  delle  qualifiche,  specie  nel
 passaggio da un ordinamento all'altro (v., da ultimo, sentenze n. 217
 del 1997; n. 4 del 1994; nn. 448 e 324 del 1993);
     che d'altro canto le stesse norme impugnate non sono in contrasto
 con gli  scopi  fissati  nel  conferimento  della  delega,  cioe'  di
 conseguire  una  disciplina  omogenea  di  carriere,  attribuzioni  e
 trattamenti economici, collegata ai rispettivi compiti istituzionali,
 e una sostanziale equiordinazione  dei  compiti  raggiungibile  anche
 attraverso  modifiche degli ordinamenti e dei ruoli con le occorrenti
 disposizioni transitorie;
     che le ordinanze che hanno sollevato le questioni si basano,  per
 quanto attiene alla violazione dell'art. 76 della Costituzione, su di
 una   erronea  interpretazione  della  delega  legislativa,  che  non
 contiene un principio di  conservazione  integrale  della  anzianita'
 posseduta  nel  precedente  ruolo  nelle  ipotesi di inquadramento in
 posizione superiore, disposto in  sede  di  regime  transitorio,  ne'
 prevede  una equiparazione tra ruolo dei sovrintendenti e ruolo degli
 ispettori;
     che non sussiste un principio alla stregua del quale, in caso  di
 inquadramento  in  un  ruolo  superiore o sovraordinato, debba essere
 garantita la conservazione della anzianita' pregressa in funzioni non
 completamente equiparabili e comunque con minori responsabilita';
     che la delega legislativa, ancorche' contestuale nella  legge  di
 conversione   del   d.-l.   che   disponeva   la   equiparazione  dei
 sottufficiali  dei  carabinieri,   non   aveva   alcun   collegamento
 (tantomeno  limitativo), nell'oggetto e nei criteri direttivi, con il
 problema dell'attuazione della sentenza della Corte n. 277 del  1991,
 come del resto sottolineato nella citata sentenza n. 63 del 1998;
     che non si puo' ravvisare lesione dell'art. 97 della Costituzione
 per   il   fatto   che   siano  intervenute  variazioni  nell'assetto
 organizzatorio della pubblica amministrazione, che non  sono  di  per
 se'   indice   di  peggioramento  anche  se  accompagnate  da  minori
 accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di
 singoli o di gruppi di dipendenti,  che  pur  sempre  hanno  ottenuto
 vantaggi  e  miglioramenti tutt'altro che insignificanti, anche se in
 misura inferiore a quanto desiderato dagli  stessi;  cio'  quando  le
 variazioni  si  inseriscono  in  un  disegno  dichiarato  di politica
 normativa e in scelte (non palesemente arbitrarie ne'  manifestamente
 irragionevoli)  discrezionali, tendenti alla razionalizzazione e alla
 omogeneizzazione di  situazioni  ordinamentali  e  trattamenti  quali
 quelle  delle  forze  di  polizia  e  delle  forze  armate,  evitando
 alterazioni settoriali e rincorse di rivendicazioni (sentenza  n.  63
 del 1998);
     che  nelle  fattispecie  considerate  non  si  sono  prodotti ne'
 alterazioni alla omogeneita' della disciplina o alla  equiordinazione
 dei  compiti  e  connessi trattamenti economici, ne' tantomeno alcuno
 scavalcamento rispetto a posizioni anteriormente poziori, per cui non
 vi e' alcuna  violazione  dei  criteri  di  delega,  ne'  vi  e'  una
 manifesta  irragionevolezza;  mentre  non esiste affatto un principio
 cogente sul  piano  costituzionale  secondo  il  quale,  quando,  per
 effetto  di  norma di legge di carattere transitorio di passaggio tra
 due sistemi, vi sia un inquadramento in  una  qualifica  o  in  ruolo
 superiori,  vi  debba  essere  una  facolta'  di opzione accordata ai
 singoli soggetti interessati, una  volta  che  il  legislatore  abbia
 valutato le esigenze di un riordino di ruoli, qualifiche e funzioni;
     che  non  esiste un principio che imponga la intangibilita' degli
 sviluppi  di  carriera  o  delle  aspettative  di  promozione  o   la
 conservazione  delle  pregresse  anzianita'  in  altra qualifica (con
 responsabilita'  e  funzioni  non  coincidenti)  del  dipendente   di
 pubblica  amministrazione,  essendo rimesso alla discrezionalita' del
 legislatore  stabilire  il  passaggio   tra   posizioni   e   sistemi
 ordinamentali   modificati,   con   il  limite  della  non  manifesta
 irragionevolezza   e   nel   rispetto   del   principio   di    buona
 amministrazione   (v.   sentenza  n.  217  del  1997),  nella  specie
 osservati;
     che pertanto deve essere  dichiarata  la  manifesta  infondatezza
 delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale sotto ogni profilo
 denunciato.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
     dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
 legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma 1,  lettera  d),  e
 15,  comma  3,  del  decreto  legislativo  12  maggio  1995,  n.  197
 (Attuazione dell'art.  3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia
 di riordino delle carriere del personale non direttivo della  Polizia
 di  Stato), sollevate, in riferimento agli artt. 76, 97, 3 e 36 della
 Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Piemonte con
 le ordinanze indicate in epigrafe;
     dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  del  predetto  art.  15,  comma  3, del
 decreto legislativo n. 197 del 1995, sollevata, in  riferimento  agli
 artt.  3,  97  e  76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
 regionale della Sicilia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 aprile 1999.
                        Il Presidente: Vassalli
                         Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 30 aprile 1999.
                       Il cancelliere: Fruscella
 99C0462