N. 178 ORDINANZA 10 - 18 maggio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Imputato del delitto
 di  associazione  di  tipo  mafioso  -  Procedimento di prevenzione -
 Estensione dell'istituto della incompatibilita' all'ipotesi in cui il
 giudice si sia pronunciato nell'ambito di un precedente processo  per
 l'applicazione  di una misura di prevenzione - Richiamo alla sentenza
 n. 371/1996 della Corte - Riferimento alla  pregressa  giurisprudenza
 costituzionale  in  materia  dei  limiti  entro il quale il principio
 costituzionale del giusto processo e'  destinato  a  operare  per  il
 tramite  dell'istituto  dell'incompatibilita'  (v.  sentenze nn. 351,
 308, 307 e 306/1997) - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 34, comma 2).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
 
(GU n.21 del 26-5-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  34,  comma  2,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 28
 febbraio 1997 dalla Corte d'assise di Napoli nel procedimento  penale
 a  carico di Giovanni Aprea ed altri, iscritta al n. 328 del registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito nella camera di consiglio  del  14  aprile  1999  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
   Ritenuto  che  la  Corte  d'assise  di  Napoli  ha  sollevato,  con
 ordinanza del 28 febbraio 1997, in riferimento  agli  artt.  3  e  24
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art. 34, comma 2, cod.   proc. pen.,  nella  parte  in  cui  non
 prevede che non possa partecipare al giudizio penale nei confronti di
 un imputato del delitto di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis
 cod.   pen.)   il  giudice  che  in  precedenza,  nell'ambito  di  un
 procedimento di prevenzione promosso ai  sensi  dell'art.    1  della
 legge  31  maggio  1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), abbia
 pronunciato o concorso a pronunciare il decreto di applicazione della
 misura di prevenzione, con il quale "sia stata comunque affermata, in
 termini  di certezza, l'esistenza della medesima associazione di tipo
 mafioso e l'appartenenza ad essa della stessa persona  imputata"  nel
 successivo processo penale;
     che,  ad  avviso della Corte rimettente, nell'anzidetta ipotesi -
 che si verifica nella  specie  -  si  configura  un  pregiudizio  per
 l'imparzialita'  del giudice penale, in termini analoghi a quelli che
 hanno condotto alla dichiarazione di incostituzionalita' dello stesso
 art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui  non  prevedeva
 che  non potesse partecipare al giudizio nei confronti di un imputato
 il giudice che  avesse  pronunciato  o  concorso  a  pronunciare  una
 precedente  sentenza,  resa  nei confronti di altri soggetti ma nella
 quale la posizione di quello  stesso  imputato  in  ordine  alla  sua
 responsabilita'  penale  fosse gia' stata comunque valutata (sentenza
 n. 371 del 1996);
     che infatti,  secondo  la  Corte  d'assise,  gli  accertamenti  -
 benche'  incidenter  tantum - circa l'esistenza di un'associazione di
 tipo mafioso, e  gli  apprezzamenti  -  benche'  fondati  su  criteri
 indiziari  o  probabilistici  -  circa  l'appartenenza del soggetto a
 detta associazione, quali  effettuati  dal  giudice  nell'ambito  del
 procedimento   per  l'applicazione  di  una  misura  di  prevenzione,
 porrebbero il giudice  chiamato  alla  successiva  partecipazione  al
 giudizio  penale per il reato associativo in condizioni non dissimili
 da quelle cui ha riguardo la richiamata sentenza  n.  371  del  1996,
 tanto  piu'  considerando  la  sostanziale  coincidenza del materiale
 probatorio utilizzabile nelle  due  sedi  processuali,  in  tal  modo
 delineandosi la lesione dei parametri costituzionali invocati.
   Considerato  che  il  giudice  rimettente,  facendo  richiamo  alla
 sentenza n. 371 del 1996, chiede a questa  Corte  una  pronuncia  che
 estenda  l'istituto  dell'incompatibilita' del giudice all'ipotesi in
 cui questi si sia pronunciato nell'ambito di un  precedente  processo
 per l'applicazione di una misura di prevenzione;
     che,  successivamente alla proposizione della presente questione,
 questa Corte, richiesta di analoghe estensioni, con numerose pronunce
 di  inammissibilita'  ha  precisato   che   le   regole   concernenti
 l'incompatibilita' del giudice nel processo penale sono tutte interne
 all'articolazione  del  processo  medesimo,  giacche'  sono  poste in
 rapporto a determinate attivita' precedentemente  svolte  nell'ambito
 di  esso,  secondo  una  logica  di  garanzia  dell'imparzialita' del
 giudice che opera in via preventiva e in astratto (sentenze nn.  351,
 308, 307 e 306 del 1997);
     che  nelle  anzidette  decisioni  questa  Corte ha individuato il
 limite entro il quale il principio costituzionale del giusto processo
 - sotto il profilo dell'esigenza di imparzialita' del  giudice  -  e'
 destinato     a     operare     per    il    tramite    dell'istituto
 dell'incompatibilita':     limite   rappresentato,   appunto,   dallo
 svolgimento  di  attivita'  valutative  e decisorie nell'ambito dello
 stesso procedimento penale;
     che,  nelle  stesse  pronunce,  questa  Corte  ha   ulteriormente
 chiarito    che,   se   il   pregiudizio   che   si   assume   lesivo
 dell'imparzialita' del giudice deriva da attivita' da questi compiute
 al di fuori del giudizio in cui e' chiamato a decidere -  siano  esse
 attivita'  non  giudiziarie  o  attivita' giudiziarie svolte in altro
 giudizio -, si  verte  nell'ambito  di  applicazione  degli  istituti
 dell'astensione  e della ricusazione (artt. 36 e 37 cod. proc. pen.),
 anch'essi   preordinati   alla   salvaguardia   delle   esigenze   di
 imparzialita' della funzione giudicante,  ma  secondo  una  logica  a
 posteriori e in concreto;
     che,  piu'  in particolare, e' alla stregua del predetto criterio
 di distinzione e delimitazione delle due categorie che  questa  Corte
 ha  ricondotto  all'ambito  di  operativita'  dell'astensione e della
 ricusazione ogni motivo di pregiudizio all'imparzialita' del giudice,
 con  riguardo  alla  relazione  tra  attivita'  "pregiudicante"   nel
 processo  penale  e  attivita'  "pregiudicata"  nel  procedimento  di
 prevenzione (sentenza n. 306 del 1997 citata);
     che alla medesima conclusione si deve ora  logicamente  pervenire
 rispetto  alla  relazione  tra  le  medesime  sedi processuali, quale
 sottoposta all'esame della Corte,  giacche'  la  regola  di  giudizio
 sopra  indicata non muta secondo il rapporto di successione temporale
 che in concreto puo' darsi tra l'uno e l'altro procedimento;
     che  pertanto  la  questione  sollevata  deve  essere  dichiarata
 manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  comma  2, del codice di
 procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e  24  della
 Costituzione,   dalla  Corte  d'assise  di  Napoli,  con  l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 maggio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 maggio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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