N. 17 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 19 maggio 1999
N. 17 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 19 maggio 1999 (del tribunale di Bergamo) Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico dell'on. Vittorio Sgarbi, per il reato di diffamazione, per avere questi offeso, nel corso di una trasmissione televisiva, la reputazione del dott. Antonio Di Pietro - Deliberazione del 17 giugno 1998, con cui la Camera dei deputati ha dichiarato che i fatti per cui si procede concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi del primo comma dell'art. 68 della Costituzione - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal tribunale di Bergamo - Dedotto non corretto esercizio del potere, conferito alla Camera dei deputati, di valutare i presupposti per la dichiarazione di insindacabilita' - Richiesta di annullamento della deliberazione impugnata. (Delibera della Camera dei deputati di Roma del 17 giugno 1998). (Cost., artt. 68, primo comma).(GU n.33 del 19-8-1999 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta avanzata dal pubblico ministero e dalla parte civile diretta ad ottenere che il tribunale sollevi dinanzi alla Corte costituzionale conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata dalla assemblea in data 17 giugno 1998 che ha dichiarato non sindacabili, a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, le opinioni espresse dall'imputato che costituiscono oggetto del presente procedimento penale; Sentiti i difensori dell'imputato e del responsabile civile, che si sono opposti alla richiesta ed hanno formulato istanza di proscioglimento dell'imputato a norma dell'art. 129 cod. proc. pen.; O s s e r v a Con decreto in data 19 marzo 1997 il giudice dell'udienza preliminare disponeva il rinvio a giudizio dell'on. Vittorio Sgarbi, dinanzi a questa sezione seconda penale del tribunale di Bergamo, per rispondere: "... del reato e' previsto e punito dagli artt. 595, commi 1, 2 e 3, cod. pen. e 30, commi 4 e 5, legge 6 agosto 1990, n. 223, anche in relazione all'art. 13, legge 8 febbraio 1948, n. 47, in quanto, nel corso del programma "Sgarbi quotidiani" trasmesso da "Canale 5", offendeva la reputazione del dottor Antonio Di Pietro - magistrato gia' in servizio presso la Procura della Repubblica di Milano - affermando tra l'altro: "non conta la fonte. Non dobbiamo fare il processo alla fonte, accusando in tal modo un giornale che ha detto solo una cosa, la verita'. Il problema e': pagava o non pagava Di Pietro 240 mila lire di affitto per un appartamento in centro a Milano? Ed era quello un affitto di favore? ... Di Pietro non ha smentito. La Cariplo ha confermato: vero e' che Di Pietro spendeva 240 mila lire di affitto fatto e' quello ... c'e' corruzione di immagine e tradimento della giustizia...". Con le aggravanti di aver arrecato l'offesa a mezzo della televisione, peraltro con attribuzione di fatto determinato. Da Roma il 2 ottobre 1995". All'udienza del 25 giugno 1998, svoltasi nella contumacia dell'imputato ed in presenza dei difensori della parte civile Antonio Di Pietro, nonche' della responsabile civile costituita societa' R.T.I. S.p.a., i difensori dell'on. Sgarbi chiedevano che, alla luce della deliberazione della Camera dei deputati, adottata nella seduta del 17 giugno 1998 e con la quale era stata dichiarata la insindacabilita', a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'imputato e che sono oggetto del sopraindicato capo di imputazione, il tribunale pronunciasse sentenza di non doversi procedere nei confronti dell'imputato, ai sensi dell'art. 68 sopra citato. Il tribunale, sentite le parti, acquisiva, su richiesta del pubblico ministero - il quale chiedeva di poter produrre documentazione idonea a comprovare che l'onorevole Sgarbi nella fattispecie svolgeva attivita' di conduttore televisivo retribuito - il verbale di assunzione di informazioni rese da Gori Giorgio nella sua qualita' di direttore della rete televisiva "Canale 5" innanzi al pubblico ministero in data 29 novembre 1996, nonche' copia della proposta contrattuale, datata 25 luglio 1996, diretta allo Sgarbi da parte della R. T. I. S.p.a. con sede in Roma, al limitato fine di valutare la sussistenza dei presupposti per sollevare un conflitto di attribuzioni nei confronti della Camera dei deputati. Il dibattimento veniva quindi differito, in attesa di ricevere dalla Presidenza della Camera dei deputati copia della suddetta deliberazione in materia di insindacabilita' a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione nonche' dei relativi atti della Giunta per le autorizzazioni a procedere. All'odierna udienza, in via preliminare, il Presidente del collegio dava atto che dalla Presidenza della Camera dei deputati era pervenuta, in data 2 luglio 1998, copia della relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere nonche' del resoconto stenografico della seduta del 17 giugno 1998 nel corso della quale l'assemblea ha deliberato nel senso che i fatti per i quali e' in corso il procedimento nei confronti del deputato Sgarbi concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. Premesso quanto sopra, si rileva in primo luogo che all'anzidetta deliberazione della Camera, con cui si riconosce l'operativita' nel caso di specie dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, consegue, com'e' noto, l'effetto inibitorio della prosecuzione del presente giudizio. Al tribunale spetta, tuttavia, di promuovere un controllo circa la correttezza dell'esercizio del potere conferito alla Camera dei deputati dall'art. 68, primo comma, Cost., mediante lo strumento del ricorso per conflitto di attribuzione, a norma dell'art. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87 (vedansi, per tutte, Corte cost. sentt. n. 1150/1988 e n. 129/1996). A tale proposito la Corte costituzionale ha, in piu' occasioni (vedansi sentenze n. 1150 del 1988, n. 443 del 1993, n. 265 e n. 375 del 1997), avuto modo di chiarire che, nell'ambito del giudizio in tema di conflitto fra poteri vertente su una delibera parlamentare affermativa dell'insindacabilita' ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione, "...La Corte non e' giudice dell'impugnazione..." in quanto il vaglio che essa e' chiamata a compiere concerne il controllo sulla "... non arbitrarieta' della delibera parlamentare..." (sentenza n. 1150 del 1988) e, dunque, si svolge come "... verifica esterna..." (sentenza n. 443 del 1993), nel senso che la Corte non puo' rivalutare la ponderazione compiuta dalle Camere, ma soltanto accertare se vi sia stato un uso distorto, arbitrario, del potere parlamentare, tale da vulnerare le attribuzioni degli organi della giurisdizione o da interferire sul loro esercizio. Per usare ancora una volta le parole della Corte: "... il giudice costituzionale... deve verificare se vi sia stato un corretto esercizio del potere, riservato alla Camera di appartenenza, di dichiarare l'insindacabilita' del comportamento contestato al membro del Parlamento, anche sotto il profilo della sussistenza e della non arbitraria valutazione dei presupposti ai quali il primo comma dell'art. 68 condiziona l'operare della prerogativa di irresponsabilita'..." (vedasi sentenza n. 289 del 1998). Detta verifica "... ha per oggetto la regolarita' dell'iter procedurale e, nei limiti sopra indicati, la sussistenza dei presupposti richiesti dal primo comma dell'art. 68, e cioe' la riferibilita' dell'atto alle funzioni parlamentari: e' il nesso funzionale, infatti, il discrimine fra quell'insieme di dichiarazioni, giudizi e critiche - che ricorrono cosi' di frequente nell'attivita' politica di deputati e senatori - e le opinioni che, godono della particolare garanzia introdotta dall'art. 68, primo comma, della Costituzione ..." (sentenze n. 375 del 1997, e n. 289 del 1998). Per quanto, poi, riguarda il c.d. nesso funzionale, la Corte ha, altresi', precisato che "... costituisce premessa ormai costante il principio, concernente i presupposti di applicabilita' della prerogativa di insindacabilita', per cui quest'ultima non si estende a tutti i comportamenti di chi sia membro delle Camere, ma solo a quelli funzionali all'esercizio delle attribuzioni proprie del potere legislativo..." (sent. n. 289 del 1998); "... La funzione parlamentare ha una dimensione peculiare nel sistema. Se essa non si risolve negli atti tipici, e ricomprende quelli presupposti e conseguenziali, non si puo' pero' ricondurvi l'intera attivita' politica svolta dal deputato o dal senatore: tale interpretazione finirebbe, invero, per vanificare il nesso funzionale posto dall'art. 68, primo comma, e comporterebbe il rischio di trasformare la prerogativa in un privilegio personale..." (sentt. n. 375 del 1997 e n. 289 del 1998). Trattasi di un principio del tutto pacifico, che anche la Suprema Corte ha di recente ribadito, affermando che gli atti c.d. - "di funzione" - quegli atti, cioe', che, compiuti da parlamentari in relazione a tale specifica qualita', si rendono insindacabili anche da parte dell'autorita' giudiziaria perche' espressione della loro indipendenza ed autonomia - sono soltanto quelli relativi all'esercizio delle funzioni proprie di membro del Parlamento, vale a dire gli atti tipici del mandato parlamentare (presentazione di disegni di legge, interpellanze ed interrogazioni, relazioni ecc.), compiuti nei vari organi parlamentari o para-parlamentari (gruppi), con l'esclusione di quelle attivita' che, pur latamente connesse con l'esercizio di tali funzioni, ne sono tuttavia estranee, quali l'attivita' politica extraparlamentare esplicata all'interno dei partiti. Ne consegue che non possono farsi rientrare nell'attivita' coperta dalla prerogativa dell'insindacabilita', tutte quelle manifestazioni di pensiero che - espresse in comizi, cortei, trasmissioni radio-televisive, o durante lo svolgimento di scioperi - non possono vantare alcun collegamento funzionale con l'attivita' parlamentare, se non meramente soggettivo in quanto poste in essere da persona fisica che e' "anche" membro del Parlamento (cfr. Cass. sez. V, sent. 11667 del 16 dicembre 1997, (ud. 24 settembre 1997) C.E.D. 209264). Orbene, nel caso di specie, non e' dato ravvisare, a parere di questo tribunale, alcun collegamento funzionale tra le espressioni contestate come diffamatorie al deputato Sgarbi e la sua attivita' parlamentare; non e', infatti, riscontrabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parlamentare, ne' risulta possibile individuare nel suo comportamento, sottoposto alla cognizione di questo giudice, un qualche intento divulgativo di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare (quale ad es. una proposta di legge, un'interrogazione od una interpellanza, ecc.). Il relatore della Giunta per le autorizzazioni a procedere, on. Giovanni Giulio Deodato, ha cosi' motivato la proposta di dichiarare che i fatti per i quali e' in corso il procedimento nei confronti del deputato Sgarbi concernono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di membro del Parlamento: "... nel corso del dibattito e' prevalsa l'opinione che le espressioni usate dall'onorevole Sgarbi, che sono alla base del procedimento penale intentato nei suoi confronti, costituiscano "attivita' divulgative, pur se svolte fuori dal Parlamento" come previsto dall'art. 2, terzo comma, del decreto-legge n. 466 del 1996. La Giunta e' pervenuta a tale conclusione attraverso tre diversi ambiti di riferimento: il contesto in cui le espressioni dell'onorevole Sgarbi sono collocate, il fatto che sullo stesso argomento il citato deputato abbia indirizzato la sua azione politica dentro e fuori dal Parlamento e, infine, il contenuto delle frasi incriminate, come emerge dal testo trascritto dalla trasmissione televisiva Sgarbi quotidiani del 2 ottobre 1995. Sotto il primo profilo si rileva come nella trasmissione l'onorevole Sgarbi abbia inizialmente censurato il comportamento tenuto in occasione di un processo trasmesso dalla televisione, dal dott. Paolo Ielo, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano rispetto al quale il deputato ha parlato di "caduta di stile" e, riportando un giudizio del magistrato dott. Italo Ghitti, di "corruzione di immagine" intesa "quella di un magistrato che, per il consenso popolare, usa gli stumenti della giustizia". Sotto il secondo profilo occorre rilevare come il tema affrontato nella trasmissione televisiva de qua sulla parzialita' e sulla intoccabilita' di alcuni magistrati ed in generale sul problema della giustizia e sul comportamento dei magistrati sia uno di quelli verso i quali l'onorevole Sgarbi ha, quasi quotidianamente, indirizzato la sua azione politica sia all'interno che all'esterno del Parlamento. E' chiaro, quindi, che per le frasi pronunciate dall'onorevole Sgarbi le quali anche per il contenuto sono collocabili certamente in un contesto politico, sussiste il carattere di "attivita' divulgativa connessa" all'esercizio della funzione parlamentare. Infine, sotto il terzo profilo, occorre considerare specificamente il contenuto delle espressioni usate. Nella parte finale del suo commento l'onorevole Sgarbi, prende in esame alcune notizie di stampa relative al dott. Di Pietro esprimendo il proprio convincimento circa la irrisorieta' del canone di locazione pagato dallo stesso per l'affitto di un appartamento di proprieta' della Cariplo sito nel centro di Milano. Al riguardo l'onorevole Sgarbi sostiene che, indipendentemente dalla fonte cui proviene, la notizia e' grave, che si tratta di un affitto di favore e che nel fatto c'e' "tradimento della giustizia" e "corruzione di immagine" secondo il concetto sopra riferito. Nel valutare tali espressioni come attivita' divulgative connesse alla funzione parlamentare pur se svolte fuori dal Parlamento, la Giunta ha confermato i criteri gia' da essa adottati e che possono cosi' essere sintetizzati: 1'art. 68, primo comma, della Costituzione e' applicabile a tutti i comportamenti del parlamentare riconducibili all'attivita' politica intesa in senso lato, anche se svolti fuori dalla sede parlamentare (cosiddetta: attivita' extra moenia) e anche in presenza dell'espressione di giudizi oggettivamente pesanti e tali, quindi, da costituire in astratto una condotta illecita purche' non costituiscano insulti gratuiti e personali che nulla hanno a che vedere con la funzione parlamentare...". L'assemblea, dopo una breve discussione introdotta dall'on. Filippo Berselli, seguita da due sole dichiarazioni di voto, tra cui quella dello stesso On. Sgarbi, ha accolto la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere (cfr. resoconto stenografico della seduta del 17 giugno 1998) deliberando nel senso che i fatti per quali e' in corso il procedimento nei confronti del deputato Sgarbi concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. Ad avviso del tribunale, la deliberazione adottata dalla Camera si appalesa del tutto arbitraria in quanto nel caso in esame difetta palesemente il necessario collegamento tra il comportamento per il quale il deputato Sgarbi e' chiamato a rispondere dinanzi a questo tribunale e l'esercizio della funzione parlamentare. 1. - Va, in particolare, evidenziato che, come emerge dagli atti parlamentari qui pervenuti, la Camera, accogliendo la proposta della Giunta, ha del tutto omesso di considerare che nella funzione parlamentare non si puo' ricondurre (come, invece pare assumere la Camera dei deputati, nel condividere i criteri adottati dalla Giunta e sintetizzati nella sopra richiamata relazione dell'on. Deodato) l'intera attivita politica svolta dal deputato o dal senatore: tale interpretazione finirebbe, invero, per vanificare il nesso funzionale posto dall'art. 68, primo comma, e comporterebbe il rischio di trasformare la prerogativa in un privilegio personale (vedansi sentenze della Corte n. 375 del 1997 e n. 289 del 1998 gia' sopra citate). Nella vicenda in esame, le opinioni espresse dal deputato Sgarbi nei riguardi del dott. Di Pietro, quale magistrato della Repubblica, appaiono del tutto prive di alcuna riferibilita' alle funzioni parlamentari, trattandosi non gia' di espressioni divulgative di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare, bensi' di meri apprezzamenti personali espressi, alla stregua di un qualunque privato cittadino. Ne' puo' sostenersi, cosi' come invece si afferma nella relazione della Giunta che sussista un collegamento tra le opinioni espresse e la funzione parlamentare sulla base della semplice constatazione che "... il tema affrontato nella trasmissione televisiva de qua sulla parzialita' e sulla intoccabilita' di alcuni magistrati ed in generale sul problema della giustizia e sul comportamento dei magistrati sia uno di quelli verso i quali l'onorevole Sgarbi ha, quasi quotidianamente, indirizzato la sua azione politica sia all'interno che all'esterno del parlamento...". Il fatto che si tratti di un argomento, avente rilevanza politica, trattato in piu' occasioni ed in plurime sedi da un deputato non comporta, di per se', che ci si trovi in presenza di esercizio della funzione parlamentare, ravvisabile solo allorquando siffatta attivita' divulgativa sia correlabile ad uno specifico atto tipico del parlamentare. 2. - La palese carenza del presupposto di applicabilita' della prerogativa di insindacabilita' emerge, in ogni caso e con tutta evidenza, dalla seguente considerazione: anche a voler ammettere che la insindacabilita' di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione si estenda pure all'attivita' svolta al di fuori delle Camere (per le opinioni espresse in comizi, interviste ecc.), sicuramente non potevasi ravvisare nella partecipazione del deputato Sgarbi alla trasmissione diffusa dalla rete televisiva privata "Canale 5" un'attivita' riconducibile all'esercizio delle sue funzioni di membro del Parlamento, atteso che (come si evince chiaramente dal verbale delle dichiarazioni rese al pubblico ministero dal direttore di "Canale 5" in data 29 novembre 1996 e dalla documentazione ad esso allegata, acquisita dal tribunale all'odierna udienza ai soli fini della decisione circa il promovimento del conflitto di attribuzione) l'on. Sgarbi e' intervenuto nella suddetta trasmissione nella veste di conduttore/entertainer di un programma televisivo, denominato "Sgarbi quotidiani", nel corso del quale egli aveva l'obbligo - sulla base di uno specifico contratto stipulato con la Reti televisive italiane S.p.a. cui fa capo "Canale 5" - di commentare ed esprimere le proprie opinioni su argomenti di attualita' e su quanto riportato dalla stampa in generale. Orbene, poiche' per tali prestazioni era, altresi', contrattualmente prevista una determinata retribuzione, non e' seriamente revocabile in dubbio che l'on. Sgarbi abbia preso parte alle varie puntate del programma "Sgarbi quotidiani" nella sua qualita' di privato cittadino, non essendo ovviamente ammissibile - ne' penalmente lecito - che un membro del Parlamento percepisca qualsiasi ricompensa o retribuzione come corrispettivo per atti inerenti lo svolgimento del proprio mandato (artt. 67 e 69 della Costituzione in relazione all'art. 318 cod. pen.). La delibera di insindacabilita' adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 17 giugno 1998 appare, pertanto, lesiva delle attribuzioni di questo organo giurisdizionale in quanto il potere conferito al Parlamento dall'art. 68 della Costituzione (cosi' come interpretato dalla Corte costituzionale) e' stato esercitato in modo arbitrario dalla Camera. Non rimane, pertanto, che sollevare conflitto di attribuzione a norma dell'art. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87, vertendosi in materia di correttezza dell'esercizio del potere conferito alla Camera dei deputati dall'art. 68, primo comma, Costituzione con riferimento alla lesione di attribuzioni giurisdizionali costituzionalmente previste e garantite (artt. 102 e seguenti della Costituzione).
P. Q. M. Visti gli articoli 37, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 26, delibera codice civile 16 marzo 1956; Solleva conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, richiedendo che la Corte costituzionale: 1) dichiari che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato on. Vittorio Sgarbi, secondo quanto deliberato dalla stessa Camera dei deputati in data 17 giugno 1998; 2) annulli conseguentemente la predetta deliberazione adottata dalla Camera dei deputati (atti Camera, doc. IV-ter n. 21-A); Dispone la sospensione del procedimento penale n. 178/97, r.g. tribunale, nei confronti dell'On. Vittorio Sgarbi nonche' l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Bergamo, addi' 8 ottobre 1998 Il presidente: Grasso I giudici: De Bortoli - Nava 99C0519