N. 195 SENTENZA 24 - 28 maggio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza   e   assistenza  -  Lavoratore  dipendente  deceduto  in
 attivita' di servizio - Indennita' di buonuscita maturata  -  Oggetto
 di  successione per testamento o, in mancanza, per legge - Esclusione
 in caso di assenza dei beneficiari indicati dalla legge -  Indennita'
 avente   natura   di   retribuzione   differita  -  Riferimento  alla
 giurisprudenza della Corte in materia  (vedi  sentenze  nn.  243  del
 1997, n. 106 del 1996 e n. 99 del 1993 - n. 319 del 1991 - n. 471 del
 1989 - n. 8 del 1972) - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge 14 dicembre 1973, n. 929, art. 16).
 
(GU n.22 del 2-6-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge
 14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma dell'opera di previdenza  a  favore
 del  personale  dell'Azienda  autonoma  delle  ferrovie dello Stato),
 promosso con ordinanza emessa il 27  novembre  1996  dal  pretore  di
 Gorizia  sul  ricorso  proposto  da  Loviscek Ines contro le Ferrovie
 dello Stato s.p.a., iscritta al n. 104 del registro ordinanze 1997  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 12, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto l'atto di costituzione delle Ferrovie dello Stato s.p.a.;
   Udito nell'udienza pubblica del 27 aprile 1999 il giudice  relatore
 Cesare Ruperto;
   Udito  l'Avvocato  Giulio  Prosperetti  per le Ferrovie dello Stato
 s.p.a.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Nel corso di un procedimento civile - promosso dalla erede di
 un dipendente delle Ferrovie dello  Stato  s.p.a.,  per  ottenere  il
 pagamento  della indennita' di buonuscita dovuta al proprio fratello,
 suo dante causa, deceduto in servizio in  data  5  marzo  1994  -  il
 pretore  di  Gorizia,  con  ordinanza  emessa il 27 novembre 1996, ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della
 legge 14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma dell'opera  di  previdenza  a
 favore  del  personale  dell'Azienda  autonoma  delle  ferrovie dello
 Stato), "nella parte in cui esclude che, nell'assenza dei beneficiari
 ivi indicati,  l'indennita'  di  buonuscita  maturata  a  favore  del
 dipendente,  deceduto  in  attivita'  di  servizio,  formi oggetto di
 successione per testamento o, in mancanza, per legge".
   Sottolinea il rimettente  che  la  norma  impugnata  -  applicabile
 ratione  temporis  alla  fattispecie - riconosce il diritto de quo ai
 congiunti solo ove questi siano, al momento del decesso, a carico del
 dipendente (ed, in particolare, alla sorella solo se convivente), con
 cio' prevedendo, in deroga ai  generali  principi  della  successione
 mortis causa, l'attribuzione dell'intera indennita' esclusivamente in
 favore  di  determinati  soggetti  (coniuge,  discendenti e familiari
 conviventi e/o a carico del de cuius), nei cui confronti  si  ritiene
 che  il  decesso  abbia  influenza sui relativi mezzi di sussistenza.
 Tuttavia, a giudizio del rimettente, tale  disposto  trova  razionale
 fondamento  nella funzione previdenziale della buonuscita; fondamento
 che  viceversa  viene  meno  in  assenza   dei   soggetti   tutelati,
 allorquando  acquista  rilievo  la  concorrente natura retributiva di
 detta indennita'. Per il pretore a  quo,  pertanto,  la  disposizione
 censurata  - la' dove, appunto, non prevede che essa indennita' possa
 formare oggetto di successione per testamento o per legge, mancando i
 beneficiari privilegiati - si pone in contrasto:   a) con  l'art.  36
 Cost.,  in  quanto  priva  il  lavoratore  e  i suoi aventi causa del
 corrispettivo  della  prestazione  dell'attivita'   lavorativa   gia'
 entrato nel patrimonio del lavoratore stesso; b) con l'art.  3 Cost.,
 per  l'evidente  disparita'  di  trattamento  tra  i dipendenti delle
 Ferrovie dello Stato e le altre categorie di  lavoratori  dipendenti,
 nei  cui  confronti opera la normale trasmissibilita' del trattamento
 di fine rapporto o di buonuscita.
   2. - Si e' costituita nel  giudizio  la  Societa'  "Ferrovie  dello
 Stato-Societa'  di  Trasporti  e  Servizi  per  Azioni",  la quale ha
 concluso    preliminarmente    chiedendo    la    declaratoria     di
 inammissibilita'   per  irrilevanza  della  sollevata  questione  nel
 giudizio a quo. In proposito ha dedotto che  il  giudice  a  quo  non
 potrebbe   nuovamente   pronunciarsi  sulla  domanda,  avendone  gia'
 precedentemente rigettata un'altra proposta dalla  stessa  ricorrente
 (ugualmente  diretta  ad  ottenere  la  corresponsione della medesima
 indennita') ma nella quale non era stata sottolineata  dalla  istante
 la  propria  qualita'  di  erede del dipendente defunto.   Secondo la
 deducente, il giudice a  quo  sarebbe  infatti  tenuto  a  dichiarare
 l'inammissibilita'  o  l'improcedibilita'  della  nuova  domanda, per
 violazione del divieto del  ne bis in idem,  con  cio'  verificandosi
 un'ipotesi   di   evidente  carenza  di  potere  giurisdizionale  del
 rimettente stesso.
   Nel merito, la societa' Ferrovie dello Stato  ha  concluso  per  la
 declaratoria  d'infondatezza della sollevata questione, rilevando che
 la tendenziale equiparazione dei trattamenti  di  fine  rapporto  nei
 settori  pubblico e privato, agli effetti della trasmissibilita' iure
 hereditatis delle indennita', in mancanza dei  soggetti  diversamente
 individuati  nelle  varie  normative  di  settore  aventi titolo iure
 proprio,  trova  la sua ratio nel riconoscimento - quando la funzione
 strettamente previdenziale del trattamento venga  meno  -  della  sua
 natura  di retribuzione differita, acquisibile, al pari di ogni altra
 erogazione d'ordine economico, al patrimonio del de cuius nel momento
 del decesso, in dipendenza della cessazione del rapporto  di  lavoro,
 con conseguente trasmissibilita' agli eredi.
   Peraltro,  secondo  la parte, il suddetto carattere di retribuzione
 differita  -  certamente  sussistente  nel  regime  privatistico  (in
 ragione del graduale accantonamento delle somme in corso di rapporto,
 commisurato  alle  retribuzioni  via via maturate), ma gia' attenuato
 rispetto alle altre indennita' nei settori pubblico e del parastato -
 viene  del  tutto  meno  nel  sistema  assistenziale  dei  dipendenti
 dell'Ente Ferrovie dello Stato, preesistente alla privatizzazione, in
 cui  l'OPAFS (Opera di Previdenza a favore del personale dell'Azienda
 autonoma delle ferrovie dello Stato) gestiva,  alimentandole  con  le
 proprie  risorse,  oltre  le  indennita'  de  quibus,  numerose altre
 prestazioni (quali assegni integrativi per malattia al  personale  in
 servizio;  assegni  previdenziali al personale esonerato dal servizio
 senza diritto  a  pensione,  poiche'  riconosciuto  inidoneo,  ed  ai
 superstiti;  assegni  temporanei  agli  orfani;  sussidi  scolastici;
 sussidi funerari; sussidi soggiorno vacanze in favore dei  figli  dei
 ferrovieri).  Da  cio',  la  predominanza dell'aspetto specificamente
 mutualistico, previdenziale e assistenziale di tale  sistema  chiuso,
 caratterizzato,  oltre  che da specifiche modalita' di finanziamento,
 anche  dal  particolare  tipo  di   prestazione   erogata   e   dalla
 insussistenza  di  un  fondo  autonomo  destinato alla buonuscita dei
 dipendenti, nonche' dalle peculiari modalita' di  liquidazione  della
 stessa.
   Tali  specificita',  secondo  la  parte privata costituita, rendono
 inconfigurabili i prospettati dubbi di costituzionalita',  sia  sotto
 il  profilo  della  disparita'  di  trattamento  rispetto  agli altri
 diversi sistemi di attribuzione  ai  superstiti  del  trattamento  in
 oggetto,  sia sotto quello della tutela del diritto del lavoratore ad
 una retribuzione proporzionata alla quantita' di  lavoro  prestato  e
 comunque  sufficiente  ad assicurare i mezzi di sostentamento per se'
 ed  il  proprio  nucleo  familiare,   non   essendo   esclusa   dalla
 Costituzione  una  disciplina  differenziata  del trattamento di fine
 rapporto.
                         Considerato in diritto
   1. - Il pretore di Gorizia dubita della legittimita' costituzionale
 dell'art. 16 della legge 14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma dell'opera
 di previdenza a favore  del  personale  dell'Azienda  autonoma  delle
 ferrovie  dello Stato), "nella parte in cui esclude che, nell'assenza
 dei beneficiari ivi indicati, l'indennita' di buonuscita  maturata  a
 favore  del  dipendente,  deceduto  in  attivita'  di servizio, formi
 oggetto di successione per testamento o, in mancanza, per legge".
   Secondo il rimettente, la norma impugnata si pone in contrasto:  a)
 con l'art. 36 Cost., in quanto priva il lavoratore e i suoi eredi del
 corrispettivo  della  prestazione  dell'attivita'   lavorativa   gia'
 entrato  nel patrimonio del lavoratore stesso; b) con l'art. 3 Cost.,
 per la disparita' di trattamento tra i dipendenti dell'Ente  Ferrovie
 dello  Stato  e le altre categorie di lavoratori subordinati, nei cui
 confronti opera invece la  normale  trasmissibilita'  ereditaria  del
 trattamento di fine rapporto o di buonuscita.
   2.   -   In   via   preliminare,   va   esaminata   l'eccezione  di
 inammissibilita' per irrilevanza,  proposta  dalla  costituita  parte
 privata  sull'assunto  che  il  pretore rimettente (se non a costo di
 incorrere nella violazione del divieto del    ne  bis  in  idem)  non
 potrebbe   comunque  pronunciarsi,  neanche  all'esito  del  presente
 incidente di costituzionalita', sulla domanda azionata nel giudizio a
 quo  avendone  egli  gia'  precedentemente   rigettata   un'altra   -
 ugualmente  diretta  ad  ottenere  la  corresponsione  della medesima
 indennita' -,  proposta  a  suo  tempo  dalla  stessa  ricorrente  in
 qualita' di sorella del de cuius.
   In  proposito  va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza
 di questa  Corte,  la  valutazione  della  rilevanza  spetta  in  via
 principale  al  giudice  a  quo,  e  puo'  essere  disattesa  solo se
 palesemente incongrua o non  plausibile,  ovvero  contraddetta  dagli
 atti:  non  essendo dato trasferire nel giudizio di costituzionalita'
 valutazioni che trovino, viceversa,  appropriata  sede  nel  processo
 principale  (cfr.  sentenze n. 227 del 1998, n. 340 e n. 2 del 1996).
 D'altronde, emerge dal contesto dell'ordinanza di rimessione, dove e'
 evidenziato che la ricorrente agisce in qualita' di  erede,  e  dalla
 stessa  memoria  di costituzione della Societa' Ferrovie dello Stato,
 l'insussistenza, nella specie, di un'identita' di domande  (le  quali
 appaiono  palesemente  diverse  quanto  a  causae petendi) e, quindi,
 l'inconfigurabilita' delle asserite eventuali ipotesi alternative  di
 gia' intervenuto giudicato o di litispendenza.
   L'eccezione d'inammissibilita' e' pertanto da disattendere.
   3. - Nel merito, la questione e' fondata.
   3.1.  -  Giova  rammentare  che, all'esito di una complessa fase di
 evoluzione  giurisprudenziale,  questa   Corte   e'   definitivamente
 pervenuta  al  superamento  dell'iniziale  affermazione del carattere
 meramente previdenziale dei vari trattamenti  di  fine  rapporto  nel
 settore  pubblico,  dei quali - cosi' come in precedenza era avvenuto
 per quelli del settore  privato  -  e'  stata  infine  esplicitamente
 riconosciuta  l'essenziale  natura  di retribuzione differita, pur se
 legata ad una concorrente funzione previdenziale (v. sentenze n.  243
 e  n.  99 del 1993). Trattasi infatti di indennita' che costituiscono
 una porzione del compenso dovuto  per  il  lavoro  prestato,  la  cui
 corresponsione  e' differita - appunto in funzione previdenziale - al
 fine di agevolare la soluzione di  eventuali  difficolta'  economiche
 che possano insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione.
   Ben  si comprende, allora, perche' e come sia stato ritenuto che la
 corrispondente percentuale di indennita', nel  caso  di  decesso  del
 lavoratore  in  servizio, faccia gia' parte integrante del patrimonio
 del de cuius; e che qualunque forma di devoluzione  di  essa  a  quei
 determinati  soggetti  indicati  dalle  varie  normative,  in  quanto
 anomala,  possa  trovare  razionale  fondamento   e   giustificazione
 esclusivamente     nella     concorrente    funzione    previdenziale
 dell'indennita' medesima.  Funzione che, infatti, torna  ad  assumere
 rilievo  in ragione della peculiare integrazione di quei soggetti nel
 nucleo  familiare  del  de  cuius,  dal  quale  essi  ricevevano   un
 sostentamento, venuto a cessare in tutto o in parte dopo la sua morte
 (v. sentenza n. 243 del 1997).
   Ma  altrettanto  evidente  appare,  ed  e'  stato  ritenuto, che in
 assenza dei soggetti stessi - a favore dei quali  opera  una  riserva
 legale   di   destinazione   -  la  menzionata  concorrente  funzione
 previdenziale perde codesta rilevanza tipica, espandendosi  in  tutta
 la   sua  portata  la  natura  retributiva  dell'indennita';  con  la
 conseguenza che la devoluzione mortis causa di questa  deve  rimanere
 soggetta alle generali regole successorie (v. la gia' citata sentenza
 n.  243 del 1997, nonche' la sentenza n. 106 del 1996, richiamata dal
 rimettente).
   3.2. - Riaffermata la  connotazione  unitaria,  per  natura  e  per
 funzione,  di  tutte  le  indennita'  di fine rapporto - la quale non
 risente dell'esistenza di specifiche regolamentazioni  riguardanti  i
 particolari  meccanismi  di  provvista, i soggetti gravati dall'onere
 contributivo e quelli tenuti ad erogare il  trattamento,  nonche'  le
 differenti  modalita'  di  erogazione (che non ne fanno venir meno la
 richiamata omogeneita' quanto a natura e funzione) -  e'  sufficiente
 in  questa sede ribadire che essa comporta la generale applicabilita'
 a qualsiasi tipo di rapporto  di  lavoro  subordinato,  dei  relativi
 principi   informatori   della   materia  e,  in  particolare,  delle
 disposizioni sulla successione ereditaria.
   E dunque, identica essendo la ratio decidendi rispetto a  tutte  le
 gia'   intervenute  pronunce  d'illegittimita'  costituzionale  delle
 analoghe normative disciplinanti l'attribuzione ai  superstiti  nella
 forma indiretta delle diverse indennita' di fine rapporto nei settori
 privati  e pubblici (v. sentenze n. 243 del 1997, n. 106 del 1996, n.
 319 del 1991, n. 471 del 1989 e n. 8 del  1972),  va  dichiarata,  in
 riferimento  all'art.  3 Cost., l'illegittimita' costituzionale anche
 del denunciato art. 16 della legge n. 829 del 1973,  nella  parte  in
 cui   esclude   che,   in   assenza  dei  beneficiari  ivi  indicati,
 l'indennita' di buonuscita maturata a favore del dipendente, deceduto
 in attivita' di servizio, formi oggetto di successione per testamento
 o, in mancanza, per legge.
   Restano assorbiti gli ulteriori profili legati all'altro  parametro
 evocato dal rimettente.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 16 della legge
 14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma dell'opera di previdenza  a  favore
 del  personale  dell'Azienda  autonoma  delle  ferrovie dello Stato),
 nella parte in cui esclude  che,  nell'assenza  dei  beneficiari  ivi
 indicati, l'indennita' di buonuscita formi oggetto di successione per
 testamento o, in mancanza, per legge.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 maggio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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