N. 201 SENTENZA 24 - 28 maggio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza  -  Pensione  di  anzianita'  -  Posizione
 assicurativa  mista  del  lavoratore  con  contribuzioni  nel   fondo
 gestione   lavoratori   autonomi  e  nel  fondo  gestione  lavoratori
 dipendenti  -  Liquidazione  -  Criteri  -   Ammontare   -   Presunta
 irrazionalita'  della  determinazione di un trattamento pensionistico
 inferiore a quello spettante  sulla  base  della  sola  contribuzione
 obbligatoria  gia' sufficiente a far maturare il diritto a pensione -
 Norma gia' modificata dalle pronunce  della  Corte  nn.  428/1992,  e
 264/1994  - Riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia
 (v. sentenze  nn.  388/1995,  427/1997,  307/1989,  822/1988)  -  Non
 fondatezza.
 
 (Legge  2 agosto 1990, n. 233, art. 16; legge 29 maggio 1982, n. 297,
 art. 3, ottavo comma).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 38).
 
(GU n.22 del 2-6-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della  legge
 2  agosto  1990,  n.  233  (Riforma dei trattamenti pensionistici dei
 lavoratori autonomi), in relazione all'art. 3,  ottavo  comma,  della
 legge  29  maggio  1982,  n.  297 (Disciplina del trattamento di fine
 rapporto e norme in materia pensionistica),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il 19 febbraio 1997 dal tribunale di Cremona nel procedimento
 civile vertente tra Tartari Lucio e l'INPS, iscritta al  n.  269  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti gli atti di costituzione di Tartari Lucio e dell'INPS;
   Udito nella udienza pubblica del 23 marzo 1999 il giudice  relatore
 Cesare Ruperto;
   Uditi  gli  avvocati Salvatore Cabibbo per Tartari Lucio e Carlo De
 Angelis per l'INPS.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio di appello avverso  la  sentenza  con
 cui il pretore di Cremona aveva respinto una domanda rivolta all'INPS
 per  il ricalcolo dell'importo della pensione d'anzianita' sulla base
 della sola contribuzione obbligatoria, il tribunale  di  Cremona,  in
 funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, con ordinanza emessa il
 19  febbraio  1997,  questione  di  legittimita'  costituzionale - in
 riferimento agli artt. 3, primo comma,  e  38  della  Costituzione  -
 dell'art.  16  della  legge  2  agosto  1990,  n.  233  (Riforma  dei
 trattamenti pensionistici  dei  lavoratori  autonomi),  in  relazione
 all'art.  3,  ottavo  comma,  della  legge  29  maggio  1982,  n. 297
 (Disciplina dei  trattamentidi  fine  rapporto  e  norme  in  materia
 pensionistica), nella parte in cui, in caso di posizione assicurativa
 mista  (derivante, nella specie, dal cumulo di contributi obbligatori
 versati nella gestione dei lavoratori autonomi con quelli obbligatori
 e volontari versati nella gestione dei  lavoratori  dipendenti),  non
 prevede  che  la  pensione  di anzianita', per la quota imputabile al
 periodo di iscrizione del lavoratore  alla  gestione  dei  lavoratori
 dipendenti,  non  possa essere liquidata in misura inferiore a quella
 calcolata sulla base del  cumulo  dei  soli  contributi  obbligatori,
 qualora  questi  siano  sufficienti  a  far  maturare il diritto alla
 pensione.
   Il rimettente - esclusa l'applicabilita', per la  diversita'  della
 fattispecie,  delle  sentenze  della  Corte costituzionale n. 307 del
 1989, n. 428 del 1992 e n. 264 del 1994 - rileva  che,  assunto  come
 base  di riferimento (ai sensi del citato art. 3, ottavo comma, della
 legge n. 297 del 1982)  l'ultimo  periodo  di  iscrizione  al  fondo,
 durante  il  quale  il  ricorrente  aveva  versato  la  contribuzione
 volontaria,  si  ottiene  (secondo  quanto  emerso  da una consulenza
 tecnica di ufficio) un assegno pensionistico di importo  inferiore  a
 quello  calcolato  sulla  base delle sole contribuzioni obbligatorie,
 gia' sufficienti per la maturazione del diritto alla pensione.  Donde
 il  prospettato  dubbio  di illegittimita' costituzionale delle norme
 denunciate, sotto il profilo dell'irrazionalita'  di  un  trattamento
 pensionistico  inferiore nel caso di versamento (anche) di contributi
 volontari rispetto al caso in cui tale versamento (ulteriore) non  vi
 sia  stato,  e  sotto  il profilo della vanificazione delle finalita'
 della contribuzione volontaria ove questa comporti la  "compressione"
 dell'importo  dell'assegno pensionistico rendendolo non adeguato alla
 contribuzione (obbligatoria e volontaria) complessivamente versata.
   Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo  sottolinea
 che  l'eventuale  declaratoria di illegittimita' costituzionale della
 denunciata normativa comporterebbe l'accoglimento della domanda,  con
 conseguente rideterminazione dell'assegno pensionistico.
   2. - Si sono costituite in giudizio entrambe le parti.
   La  parte  privata  ha ribadito la correttezza dell'interpretazione
 gia' prospettata  con  il  ricorso  davanti  al  Pretore,  sostenendo
 l'immediata  applicazione  anche  al  caso  di  specie  delle  citate
 sentenze della Corte costituzionale.
   L'INPS ha invece chiesto  la  declaratoria  di  infondatezza  della
 questione,  in quanto nel giudizio a quo "si prescinde dal compimento
 dell'eta'  pensionabile  da  parte  dell'interessato",  mentre  nelle
 sentenze della Corte costituzionale n. 307 del 1989, n. 428 del 1992,
 n.  264  del  1994 e n. 388 del 1995 si ha riguardo all'importo della
 pensione nel momento dell'eta' pensionabile, con la  conseguenza  che
 nella  specie, ove si riliquidasse la pensione con riferimento a tale
 momento (in applicazione del principio di cui alla  sentenza  n.  428
 del 1992), gli effetti decorrerebbero dal 1 agosto 2001, tenuto conto
 della  data  di  nascita dell'interessato (6 luglio 1936) e dell'eta'
 pensionabile prevista per gli esercenti le attivita' commerciali  (65
 anni).
                         Considerato in diritto
   1. - Il tribunale di Cremona ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale - in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38 della
 Costituzione  -  del  combinato  disposto  dell'art. 16 della legge 2
 agosto 1990, n. 233, e dell'art. 3,  ottavo  comma,  della  legge  29
 maggio  1982,  n. 297, nella parte in cui non prevede che la pensione
 di  anzianita',  in  caso  di  posizione   assicurativa   mista   del
 lavoratore, con contribuzioni nel fondo della gestione dei lavoratori
 autonomi  e  nel  fondo della gestione dei lavoratori dipendenti, non
 possa essere liquidata, per  la  quota  relativa  alla  gestione  dei
 lavoratori dipendenti, in misura inferiore a quella calcolata in base
 ai   soli   contributi   obbligatori,  qualora  questi  ultimi  siano
 sufficienti a far maturare il diritto alla pensione.
   Il rimettente prospetta l'ipotesi di un lavoratore che  abbia  gia'
 conseguito  la  prescritta  anzianita'  assicurativa  e  contributiva
 obbligatoria, e che negli ultimi cinque anni abbia versato contributi
 volontari nel fondo della gestione dei  lavoratori  dipendenti,  dopo
 aver  versato contributi obbligatori in tale fondo ed in quello della
 gestione  dei  lavoratori  autonomi.   L'applicazione   della   norma
 denunciata,  imponendo  la  considerazione (al fine di individuare la
 retribuzione   pensionabile)   delle   ultime   260   settimane    di
 contribuzione    antecedenti    la    decorrenza    del   trattamento
 pensionistico,  comporterebbe  -  secondo  il  rimettente  stesso   -
 l'irrazionale  ed  ingiusto  risultato  di determinare un trattamento
 pensionistico inferiore a quello  spettante  sulla  base  della  sola
 contribuzione  obbligatoria,  gia'  sufficiente  a  far  maturare  il
 diritto a pensione.
   2. - La questione e' infondata, muovendo il giudice  a  quo  da  un
 erroneo presupposto interpretativo.
   L'art.  16  della  legge n. 233 del 1990 stabilisce infatti che, in
 caso di cumulo dei periodi assicurativi presso diverse  gestioni,  e'
 liquidata  un'unica  pensione, il cui importo deve corrispondere alla
 somma delle quote di pensione calcolate in  base  alla  contribuzione
 finale  presso ciascuna gestione. Cio' implica il frazionamento della
 retribuzione  pensionabile  in  rapporto  ai   singoli   periodi   di
 iscrizione  del  lavoratore  alle  diverse  gestioni; con conseguente
 rinvio,  per  la  quota  di  pensione  riguardante  la  gestione  dei
 lavoratori   dipendenti,   alle  "norme  dell'assicurazione  generale
 obbligatoria" (comma 1,  lettera  b),  del  citato  art.  16),  e  in
 particolare all'art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982.
   Poiche'  le censure formulate dal giudice rimettente attengono solo
 alle  modalita'  di  calcolo  della  retribuzione  pensionabile   per
 l'assicurazione  generale  obbligatoria dei lavoratori dipendenti, la
 sollevata questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  dunque  da
 ritenere  circoscritta  proprio al disposto di quest'ultimo articolo,
 non essendo  dette  modalita'  influenzate  dal  cumulo  dei  periodi
 assicurativi. Ma la norma stessa e' rimasta modificata dalle pronunce
 di  questa  Corte  n.  428  del  1992 e n. 264 del 1994, che ne hanno
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale nella parte  in  cui  essa
 non  prevedeva  che,  in  caso  di  minore  contribuzione nell'ultimo
 quinquennio, la pensione  non  venisse  liquidata  al  lavoratore  in
 misura  inferiore  a  quella spettantegli sulla base della precedente
 contribuzione, ove questa fosse gia'  sufficiente  al  raggiungimento
 dell'anzianita' contributiva minima.
   Giova  in proposito rammentare che questa Corte ha piu' volte posto
 in evidenza gli effetti paradossali ai quali conduceva l'articolo  in
 parola,   allorche'   la   contribuzione   previdenziale  volontaria,
 successiva a quella obbligatoria gia'  sufficiente  alla  maturazione
 del  diritto  a pensione, fosse venuta a determinare un peggioramento
 del trattamento pensionistico, con  riguardo  a  quello  che  sarebbe
 spettato  ove  il  lavoratore avesse omesso di effettuare l'ulteriore
 contribuzione volontaria. E da tale considerazione muovono, non  solo
 le  due  succitate,  ma anche altre pronunce (come le sentenze n. 427
 del 1997, n. 388 del 1995, n. 307 del 1989, n. 822 del 1988), la  cui
 ratio  decidendi  e'  individuabile  proprio nel rilievo che, dopo il
 perfezionamento  del  requisito  minimo   contributivo,   l'ulteriore
 contribuzione (obbligatoria, volontaria o figurativa), mentre vale ad
 incrementare  il  livello  di  pensione  gia'  consolidato,  non deve
 comunque   poter   compromettere   la   misura   della    prestazione
 potenzialmente   maturata  in  itinere:  effetto,  quest'ultimo,  che
 sarebbe infatti da considerare palesemente contrastante con gli artt.
 3 e 38 della Costituzione (v., in particolare, sentenza  n.  388  del
 1995).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 16 della  legge  2  agosto  1990,  n.  233  (Riforma  dei
 trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi) e 3, ottavo comma,
 della  legge  29  maggio  1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di
 fine rapporto  e  norme  in  materia  pensionistica),  sollevata,  in
 riferimento  agli  artt. 3, primo comma, e 38 della Costituzione, con
 l'ordinanza di cui in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 maggio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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