N. 203 SENTENZA 24 - 28 maggio 1999

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
 
 Processo penale - Costituzione della Repubblica italiana - Pretore di
 Milano  e  Senato  della  Repubblica  -  Sen.  Francesco  Tabladini -
 Opinioni espresse da un membro del  parlamento  nell'esercizio  delle
 sue  funzioni  -  Insindacalibilita'  -  Tardivita'  del deposito del
 ricorso da parte del pretore di Milano  -  Carenza  dell'interesse  a
 giudizio da parte del ricorrente - Improcedibilita'.
 
(GU n.22 del 2-6-1999 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
 sorto a seguito della delibera del  Senato  della  Repubblica  del  7
 maggio 1997 con la quale e' stata dichiarata l'insindacabilita' delle
 opinioni  espresse  dal senatore Francesco Tabladini nei confronti di
 Francesco Lisciotto e Anna  Di  Martino,  promosso  con  ricorso  del
 pretore  di  Milano,  notificato  il  7 settembre 1998, depositato in
 cancelleria il 13 ottobre 1998 ed iscritto  al  n.  29  del  registro
 conflitti 1998.
   Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  14 aprile 1999 il giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un procedimento penale a carico, tra  altri,  del
 senatore  Francesco  Tabladini,  il  pretore di Milano, con ordinanza
 emessa il 1 dicembre 1997, ha sollevato conflitto di attribuzione nei
 confronti del Senato della Repubblica in relazione alla deliberazione
 del 7 maggio 1997 che ha ritenuto che i fatti per i quali il senatore
 Tabladini e' sottoposto a procedimento  penale  innanzi  allo  stesso
 pretore  concernono  opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento
 nell'esercizio delle sue funzioni, con conseguente  insindacabilita',
 ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.
   Il  giudice  ricorrente  espone  che il senatore Tabladini e' stato
 citato a giudizio, in ordine al  reato  di  cui  agli  artt.  110-112
 numero  1, 81 e 341 cod. pen., per aver apposto su alcuni edifici del
 centro di Brescia, contigui alla sede della Procura della  Repubblica
 presso il locale tribunale, scritte lesive dell'onore e del prestigio
 di  due  magistrati in servizio, rispettivamente, presso il tribunale
 di Brescia e la Procura della Repubblica presso detto  tribunale,  "a
 causa  delle  loro  funzioni  e  precisamente  per aver archiviato il
 procedimento  relativo  alla  costruzione  dell'immobile   denominato
 ''Cristal Palace''".
   Nel  corso  del  procedimento,  ritenendo  di  non poter accogliere
 l'eccezione  sollevata  dall'imputato,  il  pretore  di   Milano   ha
 trasmesso  copia  degli  atti  al  Senato  della  Repubblica,  per la
 determinazione circa  l'applicabilita'  dell'art.  68,  primo  comma,
 della  Costituzione,  ai  sensi  dell'allora vigente decreto-legge 23
 ottobre 1996, n. 555 (Disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art.
 68 della Costituzione).  Il  Senato,  approvando  la  proposta  della
 Giunta  delle  elezioni  e delle immunita' parlamentari, nella seduta
 del 7 maggio 1997, ha deliberato che i fatti per i quali e' in  corso
 il  procedimento penale concernono opinioni espresse da un membro del
 Parlamento  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,   e   ha   pertanto
 dichiarato l'insindacabilita'.
   E'  quindi  contro  detta  delibera  che  il  pretore  ha  promosso
 conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato,  ritenendo  che  il
 Senato abbia esercitato illegittimamente il proprio potere, in quanto
 i fatti specifici addebitati al senatore Tabladini sarebbero estranei
 all'ambito   di   operativita'   dell'art.  68,  primo  comma,  della
 Costituzione.
   Le attivita' diverse da atti parlamentari tipici possono rientrare,
 secondo il ricorrente,  nell'area  della  prerogativa  costituzionale
 soltanto a due condizioni: a) deve trattarsi di condotta che, sebbene
 tenuta al di fuori del Parlamento, e' tuttavia connessa all'attivita'
 parlamentare,  in  quanto  proiezione  esterna di iniziative poste in
 essere dalle  assemblee  parlamentari  o  dalle  commissioni;  b)  la
 condotta deve essere finalizzata alla divulgazione di tali iniziative
 con  l'utilizzo  di  qualsiasi  mezzo  lecito  di  comunicazione  del
 pensiero.
   Ma nessuna di tali condizioni ricorrerebbe nella  specie:  infatti,
 il  contenuto  delle scritte non puo' in alcun modo essere ricondotto
 all'attivita' parlamentare, contrariamente  a  quanto  sostenuto  nel
 giudizio  penale dalla difesa del senatore; ne' l'apporre scritte sui
 muri puo' qualificarsi come un mezzo  lecito  di  manifestazione  del
 pensiero,  in  quanto rientra nell'ipotesi delittuosa di cui all'art.
 639 cod. pen..
   La valutazione compiuta  dal  Senato  sarebbe  quindi,  secondo  il
 ricorrente,  del  tutto arbitraria e svincolata dalle caratteristiche
 concrete del caso in questione,  risultando  manifesta  l'estraneita'
 della  condotta  del  parlamentare  ai  concetti  di  "opinione" o di
 "esercizio delle funzioni" previsti  dalla  norma  costituzionale;  i
 comportamenti  tenuti  dal  senatore Tabladini costituirebbero invece
 attivita'  politica   non   connessa   all'esercizio   di   attivita'
 parlamentare  e  come  tale  sottoponibile  al  sindacato del giudice
 penale, sussistendo estremi di reato.
   2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile con ordinanza  n.
 300 del 18 luglio 1998 di questa Corte.
   Il  pretore  di  Milano  ha  notificato in data 7 settembre 1998 il
 ricorso e l'ordinanza di ammissibilita' al Senato  della  Repubblica,
 depositandoli poi, insieme con la prova dell'avvenuta notifica, nella
 cancelleria della Corte costituzionale in data 13 ottobre 1998.
   3.  -  Con atto depositato il 16 settembre 1998 si e' costituito in
 giudizio il Senato, che, con ulteriore atto depositato il  successivo
 26  settembre,  ha  svolto  le  proprie  deduzioni  e,  attraverso la
 ricostruzione delle vicende, parlamentari e  processuali,  che  hanno
 dato  origine  alla  pronuncia  di  insindacabilita' e al susseguente
 conflitto, ha concluso nel senso dell'inammissibilita' di esso -  per
 la parte in cui mira a censurare nel merito la valutazione effettuata
 dal  Senato  -  e comunque nel senso della correttezza della delibera
 parlamentare, argomentando  la  riconducibilita'  degli  atti  e  dei
 comportamenti   del   senatore   Tabladini  all'esercizio  delle  sue
 funzioni, anche alla luce dei precedenti parlamentari in materia.
   In prossimita' della camera di consiglio il Senato ha ulteriormente
 depositato una  memoria  nella  quale,  riassumendo  le  vicende  del
 procedimento   e  sottolineando  in  particolare  la  tardivita'  del
 deposito del ricorso da  parte  del  ricorrente  pretore  di  Milano,
 rispetto al termine di venti giorni previsto dall'art. 26 delle norme
 integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte costituzionale, ha
 concluso per una declaratoria di improcedibilita' del conflitto, alla
 luce  del  consolidato  orientamento  in  tal   senso   della   Corte
 costituzionale.
   Alla  deduzione  accennata,  il  Senato ha aggiunto altresi' taluni
 ulteriori rilievi circa il venir meno dell'interesse al  giudizio  da
 parte  del  ricorrente,  in  conseguenza  del  mancato rispetto della
 sequenza di adempimenti e di termini per il  conflitto:  benche'  non
 sia  previsto  un termine per sollevare il conflitto di attribuzioni,
 infatti, ad avviso  del  Senato,  una  volta  che  il  conflitto  sia
 sollevato  ma  - come e' nella specie - male coltivato deve ritenersi
 estinta la facolta' di sollevarne uno nuovo sullo  stesso  oggetto  e
 per  le  medesime  circostanze,  poiche'  altrimenti verrebbe meno la
 ratio del procedimento, che e' quella  di  risolvere  tempestivamente
 una  situazione  di  contrasto  dannosa per il corretto funzionamento
 delle istituzioni, e  si  aprirebbe  una  pericolosa  incertezza  nei
 rapporti  tra  poteri,  soggetti  a mutevoli determinazioni di uno di
 essi.
   Il  Senato  conclude  pertanto   per   l'inammissibilita'   o   per
 l'improcedibilita'  o comunque per il rigetto del ricorso, secondo le
 osservazioni formulate negli atti sopra indicati.
                         Considerato in diritto
   1. -  E'  stato  sollevato  dal  pretore  di  Milano  conflitto  di
 attribuzione  nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione
 alla deliberazione con la quale, il  7  maggio  1997,  il  Senato  ha
 ritenuto  che  i fatti addebitati al senatore Francesco Tabladini nel
 procedimento  penale  dinanzi  allo  stesso   pretore   costituiscono
 opinioni  espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, e sono
 quindi insindacabili  ai  sensi  dell'art.  68,  primo  comma,  della
 Costituzione.
   Secondo  il  ricorrente,  con  detta  deliberazione  il  Senato  ha
 ricondotto   alla   sfera   di   applicabilita'   della   prerogativa
 dell'insindacabilita'  comportamenti  che non possono in alcun modo a
 essa  ricollegarsi  e  in  tal   modo   ha   leso   le   attribuzioni
 costituzionali dell'autorita' giudiziaria.
   2.  -  Il ricorso, unitamente all'ordinanza n. 300 del 1998 con cui
 questa Corte lo ha dichiarato ammissibile,  e'  stato  notificato  al
 Senato, a cura del ricorrente, in data 7 settembre 1998; il ricorso e
 l'ordinanza,  con  la  prova  dell'eseguita notificazione, sono stati
 depositati nella cancelleria della Corte costituzionale il successivo
 13 ottobre.
   3. - Il Senato della Repubblica,  tempestivamente  costituitosi  in
 giudizio, ha concluso per l'improcedibilita' o l'inammissibilita' del
 conflitto,   e   comunque  per  il  rigetto  di  esso,  ribadendo  la
 riconducibilita'  delle  condotte  del  senatore  all'espressione  di
 opinioni nell'esercizio delle funzioni parlamentari.
   4.  -  L'eccezione  di  improcedibilita'  che  attiene  alla valida
 instaurazione del giudizio per conflitto di attribuzione ha carattere
 pregiudiziale.
   4.1. - L'eccezione e' fondata.
   4.2. - Nella disciplina dei conflitti di  attribuzione  tra  poteri
 dello  Stato, l'avvio di ciascuna delle due distinte fasi procedurali
 nelle quali si articola il giudizio -  destinate  a  concludersi,  la
 prima  con la delibazione sommaria sull'ammissibilita' del ricorso, e
 la  seconda  con  la  decisione  definitiva  sul  merito  oltre   che
 sull'ammissibilita'   -   e'   rimesso   all'iniziativa  della  parte
 interessata, che, in particolare,  all'esito  della  prima  fase,  ha
 l'onere   di   provvedere,   nei  termini  previsti,  non  solo  alla
 notificazione del ricorso e dell'ordinanza che lo ammette,  ma  anche
 al  deposito presso la cancelleria della Corte degli atti notificati,
 nel termine di  venti  giorni  dall'ultima  notificazione,  ai  sensi
 dell'art.  26,  terzo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
 davanti alla Corte costituzionale (sentenza n. 449 del 1997).
   Al riguardo, questa  Corte  ha  numerose  volte  affermato  che  il
 deposito  del ricorso nel termine indicato costituisce un adempimento
 necessario perche' possa aprirsi la seconda  fase  del  giudizio  sul
 conflitto,  e che l'anzidetto termine ha carattere perentorio perche'
 e' da esso  che  decorre  l'intera  catena  degli  ulteriori  termini
 stabiliti  per  la  prosecuzione  del  giudizio  dall'art. 26, quarto
 comma, delle richiamate norme  integrative  (v.,  oltre  alla  citata
 sentenza  n.  449  del 1997, sentenze nn. 50 e 35 del 1999; 342 e 274
 del 1998).
   4.3. - Non essendo stato  rispettato  l'anzidetto  termine  per  il
 deposito   del   ricorso,   non   puo'  procedersi  allo  svolgimento
 dell'ulteriore fase del giudizio.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara improcedibile il  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri
 dello  Stato  proposto dal pretore di Milano nei confronti del Senato
 della Repubblica con il ricorso indicato in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 maggio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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