N. 18 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 giugno 1999

                               N. 18
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria il 9 giugno 1999 (della Regione Lombardia)
 Zootecnia  -  Quote  latte - Conversione in legge, con modificazioni,
 del d.-l. n 43/1999, disciplinante la materia -  Mancanza  di  previa
 intesa  tra  Stato  e  regioni  ed  omessa  considerazione del parere
 successivo  espresso   in   sede   di   Conferenza   permanente   dai
 rappresentanti   regionali   -  Violazione  del  principio  di  leale
 collaborazione  tra  enti.    Zootecnia  -  Quote  latte   -   Errori
 intervenuti  nelle  operazioni  di  riesame  e  relative correzioni -
 Obbligo delle regioni di darne  comunicazione  all'AIMA  e  di  tener
 conto  delle  tipologie  individuate  dalla Commissione di garanzia -
 Lesione delle prerogative regionali - Irrazionalita' - Contrasto  con
 il  principio  di  decentralizzazione delle competenze.   Zootecnia -
 Quote latte - Comunicazione ai produttori, da  parte  dell'AIMA,  dei
 quantitativi  individuali  di  riferimento per il periodo 1997/1998 -
 Obbligo di tener conto  delle  decisioni  regionali  sui  ricorsi  di
 riesame  solo  relativamente  al  numero  di  capi accertato - Dovere
 regionale  di  trasmettere  i  dati  agli   acquirenti,   alle   loro
 organizzazioni  ed alle associazioni di produttori - Irragionevolezza
 e violazione delle prerogative regionali.  Zootecnia - Quota latte  -
 Certificazioni  provvisorie  dei trasferimenti di azienda con quota o
 di sola quota aventi efficacia dal 1999/2000 - Facolta' delle regioni
 di  rilasciarle   in   attesa   dell'aggiornamento   definitivo   dei
 quantitativi  individuali  di  riferimento per il periodo 1998/1999 -
 Possibile alterazione del quadro complessivo, con  pregiudizio  delle
 regioni  piu'  scrupolose  nella  gestione del settore.   Zootecnia -
 Quote latte - Compensazioni nazionali - Limiti alla non  applicazione
 delle  riduzioni  della  quota B per l'annata 1995/1996 - Slittamento
 del termine entro cui l'AIMA deve effettuare,  sulla  base  di  "dati
 certi"  la  compensazione  per  l'annata  1997/1998  - Decorrenza dal
 periodo   1998/1999   dell'obbligo   regionale   di   comunicare   le
 informazioni  relative  alla  localizzazione delle aziende ubicate in
 comuni parzialmente delimitati ai sensi della direttiva 75/268/CEE  -
 Introduzione di un criterio di priorita' a favore "di tutti gli altri
 produttori  titolari  di  quota"  -  Modalita'  di  compensazione per
 l'annata 1999/2000  -  Violazione  delle  prerogative  regionali  nel
 settore   lattiero-caseario   e   nel   controllo  del  territorio  -
 Insussistenza dei presupposti della decretazione d'urgenza -  Lesione
 del  principio  di leale cooperazione, per mancata intesa fra Stato e
 regioni - Riferimento alla sentenza n. 398/1998.   Zootecnia -  Quote
 latte  - Rideterminazione da parte dell'AIMA dei dati quantitativi da
 porre a base delle operazioni di compensazione, nel caso in cui siano
 intervenute ordinanze giurisdizionali di restituzione  ai  produttori
 di  importi  trattenuti  a  titolo  di  anticipo  -  Violazione delle
 prerogative regionali in materia - Irragionevolezza e  arbitrarieta'.
 Zootecnia  -  Quote  latte - Procedimento di verifica e rettifica, da
 parte dell'AIMA, dei dati dichiarati nei modelli  L1  per  i  periodi
 1995/1996  e 1996/1997 - Omessa considerazione dei produttori che non
 hanno proposto ricorso  di  riesame  -  Limitazione  irragionevole  e
 discriminatoria  - Vanificazione delle competenze programmatorie e di
 controllo  regionali.    Zootecnia  -  Quota  latte  -   Criteri   di
 ripartizione della riserva nazionale tra le regioni e di assegnazione
 da  parte di queste ai singoli produttori - Divieto di riassegnazione
 ai produttori che nei periodi 1997/1998 e 1998/1999 hanno  venduto  o
 affittato,  in  tutto  o  in  parte, le quote di cui erano titolari -
 Irragionevolezza - Limitazione dei  poteri  programmatori  regionali.
 (Legge  27  aprile  1999;  n. 118, d.-l. 1 marzo 1999, n. 43, art. 1,
 commi 1, 2, 3, lett. b), 3-bis, 3-ter, 4-bis, 6, 7, 8,  11,  17,  21,
 21-bis,  21-ter, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile
 1999, n. 118, art. 1, comma 1).  (Cost., artt. 3, 5, 77, 97, 115, 117
 e 118; d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, art. 2).
(GU n.36 del 8-9-1999 )
   Ricorso della regione Lombardia, in persona  del  Presidente  della
 Giunta regionale e legale rappresentante pro-tempore, on. dr. Roberto
 Formigoni,  rappresentata  e  difesa,  come  da  delega a margine del
 presente  atto,  ed  in  virtu'   di   deliberazione   di   g.r.   di
 autorizzazione  a  stare  in giudizio n. VI/43106 del 21 maggio 1999,
 dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari  e  Massimo  Luciani,  ed
 elettivamente  domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma,
 Lungotevere delle Navi n. 30;
   Contro  il  Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri   per   la
 dichiarazione  di illegittimita' costituzionale della legge 27 aprile
 1999, n. 118, pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie gen. n. 100  del
 30  aprile  1999,  recante  ad  oggetto  "Conversione  in  legge, con
 modificazioni, del d.-l. 1 marzo 1999, n.  43,  recante  disposizioni
 urgenti  per il settore lattiero-caseario", nella sua interezza ed in
 particolare quanto all'art. 1, comma  1,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione  prevede che, per il solo periodo 1995-1996, l'A.I.M.A.,
 nella esecuzione della rettifica di  cui  all'art.  3  del  d.-l.  n.
 411/1997,  convertito  con  modificazioni  dalla  legge  n. 5/1998, e
 successive modificazioni, non applica le riduzioni della quota  B  in
 ottemperanza alle sentenze concernenti la illegittimita' delle stesse
 riduzioni;
     quanto  all'art. 1, comma 2, nella parte in cui tale disposizione
 prevede  che  l'A.I.M.A.  recepisce  le   correzioni   degli   errori
 intervenuti nelle operazioni di riesame, di cui al d.-l. n. 411/1997,
 motivatamente segnalati dalle regioni e province autonome e da queste
 effettuate,  attraverso  il  sistema informatico, entro trenta giorni
 dall'entrata in vigore  del  decreto  convertito,  sulla  base  delle
 tipologie  individuate  nella  relazione  finale della commissione di
 garanzia quote latte e attribuisce alle regioni e  province  autonome
 l'onere  di  comunicazione delle medesime correzioni mediante lettera
 raccomandata con avviso di ricevimento;
     quanto all'art. 1, comma 3, lett. b), nella  parte  in  cui  tale
 disposizione  prevede  che  l'A.I.M.A., ai fini dell'esecuzione della
 compensazione nazionale per il periodo 1997-1998, entro trenta giorni
 dalla  scadenza  del  termine  prefissato  dal  comma   1   ai   fini
 dell'effettuazione   delle  compensazioni  nazionali  per  i  periodi
 1995-1996 e  1996-1997,  effettua  la  comunicazione  individuale  ai
 produttori,  secondo  le  modalita'  di  cui all'art. 2, comma 5, del
 d.-l. n. 411/1997, dei quantitativi individuali di riferimento di cui
 alla  lett.  a)  delle  produzioni  commercializzate  per  il periodo
 1997-1998, risultanti dai modelli L1 pervenuti all'A.I.M.A., e  delle
 anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei
 ricorsi relativamente al numero di capi accertato;
     quanto   all'art.  1,  comma  3-bis,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione prevede che, entro cinque giorni dal  ricevimento  della
 comunicazione  individuale  di  cui  alla  lett.  b)  del  comma 3, i
 produttori  sono  tenuti  a  trasmettere  copia  della  medesima   al
 rispettivo acquirente, che si avvale delle risultanze della stessa ai
 fini del prelievo supplementare;
     quanto   all'art.  1,  comma  3-ter,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione prevede che le comunicazioni di cui alla  lett.  b)  del
 comma  3  sono  trasmesse  dall'A.I.M.A. alle regioni e alle province
 autonome anche su supporto magnetico e che le regioni e  le  province
 autonome   ne   forniscono   copia   agli   acquirenti,   alle   loro
 organizzazioni, nonche' alle  associazioni  di  produttori  di  latte
 riconosciute ai sensi del regolamento CE n. 952/97 del Consiglio, del
 20 maggio 1997;
     quanto   all'art.  1,  comma  4-bis,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione prevede che, in attesa dell'aggiornamento definitivo, le
 regioni  e  le  province  autonome  sono  autorizzate  a   rilasciare
 certificazioni  provvisorie  dei trasferimenti di azienda con quota o
 di sola quota che abbiano  efficacia  per  il  periodo  1999-2000,  a
 condizione  che  tali  trasferimenti  riguardino  aziende  con quote,
 ovvero solo quote, i cui dati siano stati regolarmente verificati  ed
 accertati ai sensi della normativa vigente;
     quanto  all'art. 1, comma 6, nella parte in cui tale disposizione
 prevede che, ai fini dell'applicazione dei criteri  di  priorita'  di
 cui  al  comma 8, le regioni e le province autonome, entro il termine
 di cui al comma 1,  trasmettono all'A.I.M.A., attraverso  il  sistema
 informatico, le informazioni relative all'esatta localizzazione delle
 azienda  ubicate in comuni parzialmente delimitati ai sensi dell'art.
 3, paragrafi 3, 4 e 5 della direttiva  75/268/CEE del  Consiglio  del
 28 aprile 1975, con effetto a decorrere dal periodo 1998-1999;
     quanto  all'art. 1, comma 7, nella parte in cui tale disposizione
 prevede che l'A.I.M.A. effettua la  compensazione sulla base di  dati
 certi   per   il   periodo   1997-1998   entro  trenta  giorni  dalle
 determinazioni definitive di cui al comma 5, da parte delle regioni e
 delle  province  autonome,  e  comunque  entro  e  non  oltre  il  30
 settembre 1999;
     quanto  all'art. 1, comma 8, nella parte in cui tale disposizione
 fissa i criteri di compensazione nazionale e l'ordine degli stessi in
 riferimento ai periodi 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998 e 1998-1999 in
 favore dei produttori titolari di quota delle zone di montagna di cui
 alla direttiva 75/268/CEE del Consiglio del 28 aprile 1975 (lett. a);
 dei produttori titolari di quota A e di quota  B  nei  confronti  dei
 quali  e'  stata  disposta la riduzione della quota B, nei limiti del
 quantitativo ridotto (lett. b);  dei  produttori  titolari  di  quota
 ubicati nelle zone svantaggiate, di cui alla direttiva 75/268/CEE del
 Consiglio  del 28 aprile 1975, e nelle zone di cui all'obiettivo 1 ai
 sensi del regolamento (CEE) n. 2081/93 del Consiglio, del  20  luglio
 1993  (lett. c); dei produttori titolari esclusivamente della quota A
 che hanno superato la propria quota, nei limiti del 5 per cento della
 quota  medesima  (lett. d); di tutti gli altri produttori titolari di
 quota (lett. e); di tutti gli altri produttori (lett.  e-bis);
     quanto all'art. 1, comma 11, nella parte in cui tale disposizione
 prevede che, ai fini delle operazioni  di  compensazione,  l'A.I.M.A.
 utilizza    i   dati   quantitativi   contenuti   nei   provvedimenti
 giurisdizionali, anche cautelari e non definitivi,  notificati  entro
 il  trentesimo  giorno precedente la scadenza del termine fissato per
 l'effettuazione della compensazione,  ovvero,  in  mancanza  di  tali
 dati,  quelli  accertati  dalle  regioni  e dalle province autonome o
 rideterminati  dall'A.I.M.A.,  nel  caso  in  cui  siano  intervenute
 ordinanze  giurisdizionali  anche  non  definitive  che  hanno  fatto
 obbligo agli acquirenti  di  restituire  ai  produttori  gli  importi
 trattenuti   a   titolo   di  anticipo  per  gli  eventuali  prelievi
 supplementari dovuti;
     quanto all'art. 1, comma 17, nella parte in cui tale disposizione
 prevede  che,  ove  nei  trenta  giorni  successivi  alla   ricezione
 dell'elaborato  di verifica inviato dall'A.I.M.A. delle dichiarazioni
 di  commercializzazione  per  i  periodi   1995-1996   e   1996-1997,
 l'acquirente  confermi  le singole posizioni accertate, opponendo per
 ognuno  il  timbro  e  la  firma  per   l'accettazione   del   legale
 rappresentante dell'azienda e provveda a restituire all'A.I.M.A., con
 lettera  raccomandata  con  avviso  di  ricevimento, e alle regioni e
 province autonome l'elaborato stesso, che vale a  tutti  gli  effetti
 come  rettifica  dei  modelli  L1  a  suo tempo inviati, la rettifica
 determina  la  non  applicazione  della  revoca  del   riconoscimento
 prevista  dall'art. 23 del d.P.R. n. 569/1993, e delle altre sanzioni
 amministrative previste, a carico dell'acquirente, dall'art. 11 della
 legge n. 468/1992 e che, in ogni caso, gli accertamenti effettuati  e
 le  decisioni  dei  ricorsi  di  riesame  costituiscono,  a tutti gli
 effetti, modifica  delle  risultanze  dei  modelli  L1  a  suo  tempo
 inviati, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge;
     quanto all'art. 1, comma 21, nella parte in cui tale disposizione
 prevede  che le quote affluite nella riserva nazionale sono ripartite
 tra le regioni e le province autonome, ai fini  dell'assegnazione  ai
 produttori titolari di quota, in misura proporzionale ai quantitativi
 individuali   di  riferimento  allocati  presso  ciascuna  regione  e
 provincia autonoma accertati per i periodi 1995-1996 e  1996-1997  ai
 sensi del d.-l. n. 411/1997, convertito con modificazioni in legge n.
 5/1998, per essere riassegnate secondo criteri oggettivi di priorita'
 deliberati   dalle   stesse,  tenendo  prioritariamente  conto  delle
 riduzioni effettuate ai sensi del d.-l. n. 727/1994,  convertito  con
 modificazioni  in  legge  n.  46/1995,  e  che  tali  disposizioni si
 applicano a decorrere dal periodo 1999-2000;
     quanto  all'art.  1,  comma  21-bis,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione  prevede  che  in  nessun caso possono beneficiare delle
 riassegnazioni ai sensi del comma 21 i produttori che nel  corso  dei
 periodi  1997-1998  e  1998-1999  hanno  venduto ovvero affittato, in
 tutto o in parte, la quota di cui erano titolari;
     quanto  all'art.  1,  comma  21-ter,  nella  parte  in  cui  tale
 disposizione  prevede  che,  in  attesa  della riforma del settore, i
 criteri e l'ordine di priorita' stabiliti dal comma  8  si  applicano
 anche  per  l'effettuazione  della  compensazione  nazionale  per  il
 periodo 1999-2000  e  che  a  tale  periodo  si  applicano  anche  le
 disposizioni  previste  dal  comma  10,  in  quanto  compatibili, con
 esclusione dell'ultimo periodo del medesimo comma 10.
                                 F a t t o
   1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della
 produzione   nel   mercato   europeo,  e'  stato  introdotto  con  il
 Regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984.
   In  forza  del  predetto  Regolamento,  la  Comunita'  europea   ha
 attribuito  un quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno
 Stato membro  -  per  l'Italia  determinato  in  t.  9.212.000  -,  e
 sottoposto  le  eventuali  eccedenze al pagamento di una penalita' ad
 esse proporzionale (c.d.  prelievo).
   L'attuazione   del   predetto   regime   presupponeva   il   previo
 accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la
 successiva  proporzionale  attribuzione  dei  quantitativi in capo ai
 singoli produttori.
   In Italia, i relativi accertamenti  furono  inizialmente  demandati
 all'Unalat  e  poi,  in  ragione  dei  dubbi  sorti  in  ordine  alla
 correttezza di tali rilevazioni,  che  si  discostavano  marcatamente
 dalle   indicazioni  comunitarie,  al  C.C.I.A.  In  conclusione,  la
 produzione complessiva  nazionale  risultava  superiore  comunque  di
 circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito.
   Nel  frattempo  veniva  approvata la legge 26 novembre 1992 n. 468,
 recante attuazione del regime delle quote latte istituito  a  livello
 comunitario.
   Sulla  base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato il
 bollettino per la campagna 1994/1995  contenente,  nel  rispetto  del
 quantitativo   complessivamente   assegnato   all'Italia,   i  limiti
 individuali di produzione.
   Ne discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati,  che
 risultavano  di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno nazionale
 complessivo.
   2. - Ai fini del contenimento della produzione interna  complessiva
 entro  il  limite  quantitativo  imposto   a livello comunitario (nel
 frattempo aumentato a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo  del  d.-l.
 n.  727  del  1994,    convertito in legge n. 46 del 1995, operava un
 generalizzato taglio della quota B (che, come noto, e' costituita
  dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore nel
 periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988/1989).
   Gia'  tali  provvedimenti  legislativi  introducevano,  in   totale
 assenza  di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento con
 le regioni, criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti
 nei  confronti  delle  regioni  a  piu'  alta  vocazione  produttiva.
 Pertanto,  veniva da molte regioni proposto ricorso in via principale
 per   l'affermazione   dell'illegittimita'   costituzionale   e   dei
 provvedimenti  legislativi  citati, in riferimento alla grave lesione
 delle prerogative regionali  riconosciute  dalla  Costituzione  dagli
 stessi  perpetrata.  Codesta ecc.ma Corte si e' sul punto pronunciata
 con sentenza n. 520 del 1995, dichiarando l'illegittimita'  dell'art.
 2,  comma  1,  della  legge  n. 46 "nella parte in cui non prevede il
 parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione  delle
 quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino".
   3.   -   Il  Governo  e'  poi  reiteratamente  intervenuto  con  la
 decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353,  440,
 463,  542  e  552  del  1996,  nel  dichiarato  intento di operare un
 riordino  del  settore,  ma  di  fatto  aggravando  la  gia'  confusa
 situazione  esistente,  con  disposizioni  contraddittorie e comunque
 sempre lesive delle prerogative regionali.
   In particolare, il sistema di  compensazione  a  livello  nazionale
 introdotto  per mezzo delle citate disposizioni, sempre in assenza di
 qualsivoglia forma di coordinamento con le regioni,  ha  moltiplicato
 gli  effetti  distorsivi  dei  tagli di quota (peraltro confermati) a
 danno delle regioni del nord.
   I dd.-.ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono
 poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649 del 1996,
 subito  seguite  dalla  legge  n.  662  del   1996,   sostanzialmente
 ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute.
   In  ordine  ai  suddetti  provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma
 Corte, su ricorso presentato da numerose regioni - tra  le  quali  la
 Lombardia -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale
 ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere
 in  riferimento  ad  alcune  delle  disposizioni impugnate, in quanto
 sostituite nel contenuto  dai  successivi  provvedimenti  legislativi
 adottati  in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si riserva
 di  illustrare),   e,   dall'altro,   dichiarato   costituzionalmente
 illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore.
   In  particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la fondatezza
 delle censure sollevate in riferimento ai  criteri  di  compensazione
 inizialmente  introdotti con il d.-l. n. 124 del 1996 e poi da ultimo
 recepiti nell'art. 2, comma 168,  della  legge  n.  662  del  1996  -
 specifico  oggetto  della pronuncia de qua -, ed ha dunque dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale  della  predetta  disposizione  nella
 parte  in  cui  stabilisce  i  criteri  in  base ai quali deve essere
 effettuata  la  compensazione   nazionale   senza   che   sia   stato
 preventivamente  acquisito  il  parere delle regioni e delle province
 autonome".
   Sono stati, inoltre, dichiarati  costituzionalmente  illegittimi  i
 commi  4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito
 con modificazioni dalla legge n. 642 del 1996,  nella  parte  in  cui
 prevedono  "l'adozione  di  un  piano  di abbandono totale o parziale
 della produzione lattiera senza che su di esso sia stato  previamente
 acquisito  il  parere  delle  regioni  e  delle  province  autonome",
 attribuiscono "all'A.I.MA. anziche'  alle  regioni  e  alle  province
 autonome  il  compito  di  provvedere  alla riassegnazione, in ambito
 regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate", stabiliscono
 "i criteri in base ai quali la riassegnazione  di  dette  quote  deve
 essere  effettuata",  ed  infine prevedono "la riassegnazione su base
 nazionale  delle  quote  abbandonate  e  non  riassegnate  in  ambito
 regionale  e  provinciale, senza previa consultazione delle regioni e
 delle province autonome".   Infine, del  pari  illegittima  e'  stata
 dichiarata  la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della legge
 n. 662 del 1996, nella parte in cui essa "differisce  i  termini  ivi
 previsti   -   ovvero,  il  termine  di  efficacia  della  vendita  o
 dell'affitto di quote, spostato dal 30 novembre  al  31  dicembre  di
 ciascun  anno - senza la previa acquisizione del parere delle regioni
 e delle province autonome".
   La  summenzionata  pronuncia  ha   peraltro   in   linea   generale
 definitivamente  chiarito  che la produzione lattiera appartiene alla
 materia dell'agricoltura, di competenza delle regioni,  e  non  della
 regolazione  dei  mercati,  di competenza dello Stato e che "il nesso
 strumentale  tra  l'agricoltura,  che  e'  l'oggetto  specifico delle
 misure in questione, e la politica  del  mercato  agricolo  non  puo'
 giustificare  l'attrazione  della  prima  nell'ambito  della seconda,
 poiche' diversamente la competenza regionale  verrebbe  integralmente
 sacrificata  in  materia  di  agricoltura,  posto  che ogni attivita'
 agricola puo' sempre  essere  strumentale  al  mercato"  (cfr.  Corte
 cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto).
   La  regolamentazione  della  produzione  lattiera  rientra, dunque,
 senza dubbio alcuno  nel  piu'  ampio  settore  dell'agricoltura,  di
 dichiarata   competenza   regionale  ai  sensi  dell'art.  117  della
 Costituzione, come del resto e' confermato da ultimo  dal  d.lgs.  n.
 143  del  1997,  recante  "Conferimento  alle  regioni delle funzioni
 amministrative in materia di agricoltura e pesca  e  riorganizzazione
 dell'amministrazione centrale".
   Ne  deriva  che,  nella  determinazione degli indirizzi generali di
 politica agricola - sia pure  rimessi  all'elaborazione  statale  per
 garantirne  la  coerenza  con  i  principi  comunitari - , le regioni
 debbono  essere  necessariamente  coinvolte,  in   quanto,   appunto,
 titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in
 termini  generali,  ma  ancor prima sulla base dell'espresso disposto
 dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di
 una vera e propria intesa tra Stato e regioni in sede  di  Conferenza
 permanente  ai  sensi  dell'art.  3  del d.lgs. n. 281 del 1997 e non
 certo la  mera  consultazione,  sia  essa  preventiva  o  addirittura
 successiva,   delle   regioni,   che  non  puo'  garantire  la  reale
 partecipazione delle stesse al procedimento decisionale.
   4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto  nel
 settore  de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito in
 legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte,
 tra le altre, dalla regione Lombardia con ricorsi nn.rr.gg.  25 e  36
 del  1997).  In  sede  di conversione, si riconoscevano finalmente in
 capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in
 materia di quote latte, ma  cio'  solo  a  decorrere  dalla  campagna
 1997/1998,  e  comunque  facendo salve - in attesa di una fantomatica
 riforma organica del settore - tutte le competenze dell'A.I.M.A.
   Veniva inoltre istituita una  Commissione  governativa  d'indagine,
 nell'ambito   della   quale   non   era   peraltro   contemplata   la
 partecipazione di rappresentanti regionali, e si  prevedeva  altresi'
 un  regime  di  incentivi  a  fronte  dell'abbandono della produzione
 lattiera.
    Successivamente, ancora ricorrendo  alla  decretazione  d'urgenza,
 con d.-l. n. 118 del 1997, poi convertito in legge n. 204 delo stesso
 anno,   si   prevedeva   la  proroga  dei  lavori  della  Commissione
 governativa  piu'  sopra  menzionata,  nonche',  sulla   base   delle
 risultanze   dell'indagine   condotta   dalla   Commissione   stessa,
 l'aggiornamento da parte dell'A.I.M.A.  degli elenchi dei  produttori
 sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995/1996. In sede
 di conversione si aggiungeva, infine, la sospensione dei programmi di
 abbandono istituiti con il precedente d.-l. n. 11 dello stesso anno.
   Nel  frattempo,  in  esito  all'indagine effettuata, la Commissione
 governativa nelle relazioni dell'aprile e  dell'agosto  dello  stesso
 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti
 anomali"   e   rendeva   noti   i   risultati  delle  simulazioni  di
 compensazione  per l'annata 1995/1996 effettuate a livello sia di APL
 che nazionale.
   5. - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere ad
 una  complessiva  -  nonche'  definitiva  -   riforma   del   settore
 lattiero-caseario,  il  Governo  e' poi nuovamente intervenuto con la
 decretazione d'urgenza per mezzo del d.-l. n. 411 del 1997 (impugnato
 avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre,  dalla  regione  Lombardia
 con ricorso n.r.g. 4 del 1998).
   In  sintesi,  il decreto, nel testo coordinato con le modificazioni
 introdotte dalla legge  di  conversione  n.  5  del  1998  (del  pari
 impugnata  dalla  regione  Lombardia con ricorso n.r.g. 18 del 1998),
 quanto al procedimento di  accertamento  della  produzione  lattiera,
 prevedeva:
     che  l'A.I.M.A.  accertasse la produzione effettiva per i periodi
 1995/1996 e 1996/1997, avendo particolare riguardo: a) ai modelli  L1
 non   firmati   o   con   firme   apocrife,  b)ai  modelli  L1  privi
 dell'indicazione dei capi bovini, c) ai modelli L1 con  quantita'  di
 latte  commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del
 bestiame, d) ai contratti di  circolazione  di  quote  latte  (quelli
 ritenuti  atipici  dalla Commissione) con durata inferiore ai 6 mesi,
 e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o partite I.V.A. errate  o
 inesistenti,  o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei
 premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2,  comma
 1);
     che  i  contratti  di cui al precedente punto d) dovessero essere
 inviati  all'A.I.M.A.  a  cura  degli  acquirenti  entro  15   giorni
 dall'entrata  in  vigore  del  d.-l.  medesimo,  pena  la  revoca del
 riconoscimento previsto dall'art 23 del d.P.R. n. 569/1993  (art.  2,
 comma 2);
     che  l'A.I.M.A.  aggiornasse  i  quantitativi  di riferimento dei
 singoli produttori per i periodi  1995/1996,  1996/1997  e  1997/1998
 tenendo  conto:  a)  delle  istanze di riesame presentate entro il 30
 settembre 1997 dalle regioni e  dalle  province  autonome,  b)  degli
 azzeramenti  di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate dalle
 regioni e province autonome, pervenute all'A.I.M.A. entro la data  di
 entrata in vigore del decreto stesso, c) dei trasferimenti di quote e
 cambi  di  titolarita'  per  i  periodi considerati, comunicati dalle
 regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997, d)
 della correzione, in base alle risultanze del  censimento  1993/1994,
 delle  assegnazioni  di quote a loro tempo effettuate (art.  2, comma
 3);
     che  l'A.I.M.A.,  compiuto  l'accertamento  de   quo   nei   modi
 sopradescritti,  comunicasse  ai  produttori,  entro  sessanta giorni
 dalla entrata  in  vigore  del  decreto  medesimo,  mediante  lettera
 raccomandata  con  ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento
 individuali assegnati ed i  quantitativi  di  latte  commercializzato
 (art. 2, comma 5, prima parte);
     che  i  singoli  interessati potessero presentare alla regione, a
 pena di decadenza, ricorso di riesame  entro  quindici  giorni  dalla
 data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5,
 seconda parte e comma 6);
     che  le  regioni  dovessero  decidere sui ricorsi de quibus entro
 sessanta giorni  a  decorrere  dalla  scadenza  del  termine  per  la
 presentazione  ed  entro lo stesso termine comunicare all'A.I.M.A. la
 relativa  decisione,  a  pena   di   irricevibilita'   e   salva   la
 responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8).
   Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il
 Governo  disponeva  poi  in  favore dei produttori - limitatamente al
 periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti
 dagli acquirenti a titolo di  prelievo  supplementare  e,  quanto  al
 periodo  1997/1998,  la restituzione dell'intero importo trattenuto a
 titolo di prelievo supplementare  relativo  alla  parte  di  quota  B
 ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n.
 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da
 produttori  titolari  esclusivamente  di  quota  A nei limiti del 10%
 della medesima (art. l).
   Inoltre,  l'art.  3  disponeva  che  l'A.I.M.A.  provvedesse   alla
 rettifica  della  compensazione  nazionale  per i periodi 1995/1996 e
 1996/1997 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in
 vigore del decreto,  nonche'  degli  accertamenti  compiuti  e  delle
 decisioni  dei  ricorsi  di  riesame di cui all'art. 2. Si prevedeva,
 poi, che, limitatamente al periodo  1995/1996,  l'A.I.M.A.  -  previo
 raffronto tra i dati della compensazione nazionale e quelli derivanti
 dall'applicazione  delle  regole  di compensazione precedentemente in
 vigore  -  applicasse  in  via  perequativa  l'importo  del  prelievo
 supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore.
   L'art.  4, quanto alla campagna 1997/1998, disponeva che l'A.I.M.A.
 procedesse all'aggiornamento dell'elenco dei produttori  titolari  di
 quota  e  dei  quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di
 cui al comma 5 dell'art. 2.  Tali  aggiornamenti  erano  destinati  a
 sostituire  ad  ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente.
 Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo  supplementare
 - come espressamente recitava il medesimo articolo 4 - gli acquirenti
 sarebbero   stati   tenuti  a  considerare  esclusivamente  le  quote
 risultanti dal suddetto elenco.
   L'art. 4-bis istituiva una Commissione di  garanzia  -  nell'ambito
 della  quale  non  era  prevista la partecipazione di alcun membro di
 provenienza regionale - con il compito di verificare  la  conformita'
 alla   vigente   legislazione  delle  procedure  e  delle  operazioni
 effettuate per la determinazione della quantita' di latte prodotta  e
 commercializzata   e   per   l'aggiornamento   dei   quantitativi  di
 riferimento  spettanti  ai  produttori  per  i  periodi    1995/1996,
 1996/1997 e 1997/1998.
   Quanto  alla  campagna  1998/1999,  l'art.  5,  in  espressa deroga
 all'art.  1 del d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n.  81  del
 1997, attribuiva nuovamente all'A.I.M.A. la competenza in ordine alla
 redazione  degli  elenchi  dei  produttori  titolari  di  quota e dei
 quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.
   6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero  per  le  politiche  agricole
 emanava   un  decreto  disciplinante,  oltre  che  le  modalita'  per
 l'istruttoria dei ricorsi di riesame, anche  le  altre  modalita'  di
 applicazione  del  d.-l. n. 411, cosi' come convertito dalla legge n.
 5, in tal modo aggravando ulteriormente, a  discapito  dell'autonomia
 organizzativa   delle   regioni,  la  gia'  manifesta  illegittimita'
 costituzionale  delle  disposizioni  legislative  che  pretendeva  di
 attuare.
   Successivamente,   con  d.-l.  n.  187  del  1998,  convertito  con
 modificazioni in legge n. 276 del 1998, veniva prorogato  il  termine
 per la decisione da parte delle regioni dei ricorsi di riesame di cui
 all'art.  2,  comma  5,  del  d.-l.  n. 411 avverso le determinazioni
 A.I.M.A.  e  si  confermavano  in  capo  alla  stessa   A.I.M.A.   le
 attribuzioni  in  ordine all'aggiornamento degli elenchi dei titolari
 di quota  e  dei  quantitativi  ad  essi  spettanti  per  il  periodo
 1998/1999.
   7.  - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio'
 sommaria,    la    definitiva    riorganizzazione     del     settore
 lattiero-caseario si rendeva dunque - e si rende tuttora - tanto piu'
 necessaria   in  esito  alle  verifiche  compiute  dalla  Commissione
 governativa di indagine e dalla  Corte  dei  conti.  Dalle  relazioni
 redatte   sul   punto  dagli  organi  citati  emergeva,  infatti,  la
 necessita' di approntare un valido e definitivo sistema  di  gestione
 alternativo  a  quello  che  si e' venuto formando sotto l'assillo di
 fatti contingenti e  per  cio'  stesso  privo  di  qualsiasi  disegno
 programmatico   e   di   adeguata   stabilita'.  In  particolare,  si
 sottolineava come tale sistema  alternativo  dovesse  essere  attuato
 mediante   una  reale  decentralizzazione  regionale  in  materia  di
 agricoltura.
   Di conseguenza, il Governo, nella  consapevolezza  dell'inidoneita'
 dello  strumento  del  decreto  legge  ai  fini  di  cui sopra, aveva
 finalmente  predisposto  un  disegno  di   legge   preordinato   alla
 definitiva   regolamentazione   del  settore.  Senonche',  di  fronte
 all'opposizione della maggioranza dei rapprentanti regionali in  sede
 di  Conferenza   permanente del 24 febbraio 1999, ed ancora ignorando
 totalmente il disposto di cui all'art. 2, comma 1,  d.lgs. n. 143 del
 1997, che prescrive il  raggiungimento  di  un'intesa,  per  di  piu'
 necessariamente  preventiva,  tra  Stato  e  regioni,  il  Governo ha
 abbandonato  l'iniziale  intento,  ed  ha  trasfuso  parte  de  testo
 originario nel decreto-legge n. 43 del 1999 (impugnato avanti codesta
 ecc.ma  Corte,  tra  le  altre,  dalla  regione Lombardia con ricorso
 n.r.g. 14 del 99).
   Il d.-l. n. 43 del 1999 e' stato poi emanato - oltre che in assenza
 di adeguata intesa con le regioni - in totale assenza di una reale  -
 o  plausibile  -  situazione di straordinaria necessita' od urgenza e
 dunque  in  evidente  violazione  dell'art.  77  della  Costituzione.
 Infatti, rispetto ai fini dichiarati nel preambolo del decreto n.  43
 -  ovvero, la chiusura dei periodi di produzione lattiera 1995-1999 e
 l'adeguamento ai dettami di cui  alla  pronuncia  di  codesta  ecc.ma
 Corte  n.  398  del  1998 -, il decreto stesso non presentava affatto
 caratteri  di  inevitabilita',  poiche'  esso  si  inscriveva  in  un
 contesto  normativo  (quello delineato da ultimo dalla legge n. 5 del
 1998 citata) che gia' consentiva la definitiva chiusura  dei  periodi
 di  produzione  lattiera  1995-1999,  ed  in ogni caso non assicurava
 l'adeguamento ai principi espressi in materia dalla piu' sopra citata
 sentenza n. 398.
   Quanto ai contenuti, il d.l., in estrema sintesi, prevede:
     l'obbligo di comunicazione all'A.I.M.A. da parte delle regioni  e
 province  autonome,  entro  il  brevissimo termine di 30 giorni dalla
 data  di  entrata  in  vigore  del  decreto,  dei  "motivati"  errori
 intervenuti  nelle  operazioni  di riesame di cui al d.-l. n. 411 del
 1997 e delle relative correzioni, sulla base delle  risultanze  della
 relazione  finale  della  Commissione  di  garanzia quote latte, e la
 "recezione" di tali correzioni da parte dell'A.I.M.A. (art. 1,  comma
 2),  nonche' la definizione, entro 60 giorni dalla data di entrata in
 vigore del decreto,  con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro  delle
 politiche  agricole, di ogni ulteriore questione relativa alle stesse
 operazioni di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2  (art.
 1, comma 14);
     l'aggiornamento,  ancora  ad opera dell'A.l.M.A. (entro 30 giorni
 dal termine fissato al comma 1  ai  fini  della  effettuazione  della
 compensazione  per  le annate 1995/1996 e 1996/1997 - ovvero entro 90
 giorni dall'entrata in vigore del decreto impugnato) dei quantitativi
 individuali per il periodo 1997/1998, gia'  accertati  ai  sensi  del
 d.-l.  n.  411,  sulla  base  dei  mutamenti  di  titolarita' e delle
 informazioni relative ai contratti ed alle  mobilita'  fornite  dalle
 regioni  e  province  autonome  (art.  1,  comma  3,  lett.  a), e la
 comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi  individuali
 sopra   citati  delle  produzioni  commercializzate  per  il  periodo
 1997/1998 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'A.I.M.A.,  e  delle
 anomalie  in  essi  riscontrate (art.   1, comma 3, lett. b), nonche'
 l'aggiornamento  definitivo  dei  quantitativi  individuali  per   il
 periodo  1998/1999,  che costituiranno anche attribuzione provvisoria
 per il periodo 1999/2000, per mezzo dela stessa comunicazione di  cui
 al predetto comma 3, lett. b), (art. 1, comma 4);
     la  definizione  da parte del Ministro per le politiche agricole,
 con proprio decreto, delle modalita' procedurali per addivenire  alle
 determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati
 da parte delle regioni e province autonome (art. 1, comma 5) e per la
 comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla
 campagna 1998/1999 (art. 1, comma 10);
     il versamento, a seguito delle operazioni di compensazione di cui
 al  comma  10,  del  prelievo  dovuto  per  il periodo 1998/1999 agli
 acquirenti, entro il termine di venti giorni  dal  ricevimento  della
 comunicazione da parte dell'A.I.M.A. (art. 1, comma 19);
     l'attribuzione  ancora  in capo all'A.I.M.A., delle competenze in
 ordine all'effettuazione delle operazioni di compensazione  -  i  cui
 risultati  acquistano  dichiarato carattere di definitivita' ai sensi
 del comma 12 -, sia in riferimento alle annate 1995/1996 e  1996/1997
 (art.  1,  comma  1)  che  con  riferimento  alle  annate 1997/1998 e
 1998/1999 (art. 1, commi 7 e  9),  e  la  riproduzione  degli  stessi
 criteri  di compensazione di cui al d.-l. n. 552 del 1996, e relativa
 legge di conversione ed alla legge n. 662  del  1996,  mantenendo  il
 medesimo  ordine  di  priorita'  (art.  1, comma 8), salvo che per le
 annate 1997/1998 e 1998/1999, per le quali, in deroga ai  suaccennati
 criteri  ed al loro ordine, viene istituita una priorita' assoluta in
 favore delle regioni Marche ed Umbria (art. 1, comma 9);
     l'obbligo in capo al  produttore,  qualora  le  somme  trattenute
 dall'acquirente  a  titolo  di  prelievo  per  i  periodi 1995/1996 e
 1996/1997   non   siano   sufficienti   a   coprire    il    prelievo
 complessivamente   dovuto,   di   corrispondere   all'acquirente   la
 differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine
 per il versamento degli  importi  trattenuti  dall'acquirente  stesso
 (pari  a  trenta  giorni dal ricevimento della comunicazione da parte
 dell'A.I.M.A. dei prelievi dovuti) e, in  difetto,  su  comunicazione
 dell'acquirente  e  previa  intimazione  al pagamento, la riscossione
 coattiva  del  debito  residuo  mediante ruolo ad opera delle regioni
 (art. 1, comma 15);
     la fissazione, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, del
 termine per la stipula dei contratti di affitto e  vendita  di  quota
 senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, fatti
 salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997, e
 la  possibilita' che i contratti cosi' stipulati entro il 31 dicembre
 1996, su  concorde  volonta'  delle  parti  comunicata  all'A.I.M.A.,
 possano  avere  effetti  in  riferimento alla stessa annata 1996/1997
 (art. 1, comma 20);
     la ripartizione delle quote confluite nella riserva nazionale  in
 relazione  alla produzione media regionale commercializzata accertata
 per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 e l'assegnazione da  parte  delle
 singole regioni ai produttori secondo criteri di priorita' deliberati
 dagli  stessi enti, ma comunque in primis a favore dei produttori che
 hanno subito le riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995 (art.    1
 comma 21);
     la  possibilita'  in capo all'A.I.M.A., ai fini dello svolgimento
 delle operazioni di compensazione contemplate dallo  stesso  decreto,
 di   prendere   in   considerazione  esclusivamente  i  provvedimenti
 giurisdizionali, anche cautelari o non  definitivi,  contenenti  dati
 quantitativi  e  notificati entro il trentesimo giorno antecedente la
 scadenza del termine per l'effettuazione delle  compensazioni  e,  in
 assenza  delle  predette  indicazioni quantitative, l'obbligo in capo
 all'A.I.M.A.  di utilizzazione dei dati  accertati  dalle  regioni  e
 province autonome sulla base del d.-l. n. 411 del 1997 (art. 1, comma
 11),   nonche'   l'improduttivita'   di   effetti   delle   decisioni
 amministrative o giurisdizionali notificate oltre il termine  di  cui
 al   comma   11   in   riferimento  ai  risultati  complessivi  delle
 compensazioni,  che  restano  fermi  nei  confronti  dei   produttori
 estranei  ai  procedimenti  nei  quali le decisioni sono state emesse
 (art. 1, comma 13);
     l'effettuazione di un procedimento di verifica (che determina  la
 non  applicazione  delle  sanzioni amministrative di cui all'art.  11
 della legge n. 468 del 1992 e  la  non  punibilita'  degli  eventuali
 reati  di  falso  commessi nella dichiarazione di commercializzazione
 che risulti difforme da quella accertata, nonche' dei connessi  reati
 di  cui  agli  artt. 640-bis c.p. e 2621 c.c. commessi ai fini di cui
 all'art.  61,  n.  2,  c.p.)  rivolto  alla  comparazione  dei   dati
 dichiarati  nei  modelli  L1 con quelli risultanti dagli accertamenti
 effettuati ai sensi del d.-l. n. 411 ed alla eventuale rettifica  dei
 primi  sulla scorta dei secondi in riferimento alle annate 1995/1996,
 1996/1997 (comma 17) e 1997/1998 (comma 18).
   Da  ultimo,  il  d.-l.  sopradescritto  e'  stato  convertito   con
 modificazioni  in  legge  27  aprile 1999, n. 118, che, cosi' come il
 decreto convertito, contiene  disposizioni  gravemente  lesive  delle
 prerogative costituzionalmente garantite alle regioni.
   La  legge  di  conversione impugnata con il presente ricorso, nella
 sua  interezza,  e  con  particolare   riguardo   alle   disposizioni
 specificamente  impugnate  -  il  cui  contenuto  verra'  piu'  oltre
 dettagliatamente esposto -, e' dunque costituzionalmente  illegittima
 per i seguenti motivi di
                               D i r i t t o
   1.  - La legge impugnata reca conversione in legge del d.-l. n.  43
 del 1999, gia' impugnato, come ricordato nella descrizione dei  fatti
 della  presente  controversia,  dalla  regione ricorrente con ricorso
 n.r.g. 14/99. Tutte le censure gia' formulate nel menzionato  ricorso
 nei  confronti  del decreto legge e delle sue singole disposizioni si
 trasferiscono dunque, secondo i principi  generali,  sulla  impugnata
 legge  di conversione. Nondimeno, tale legge, seppure in alcune parti
 riconosce la palese illegittimita' del decreto  convertito  recependo
 le  censure  formulate  dalla regione ricorrente avverso tale decreto
 (si considerino a titolo esemplificativo le  modifiche  apportate  in
 sede di conversione al comma 15, quarto periodo, con riferimento alla
 riscossione  coattiva  del  prelievo dovuto per le annate 1995-1996 e
 1996-1997), da un lato conferma  ed  aggrava  i  vizi  gia'  rilevati
 avverso   il   d.-l.  convertito  e  dall'altro  propriamente  arreca
 ulteriori vulnera alle  prerogative  costituzionalmente  riconosciute
 alla ricorrente, per i motivi appresso esposti.
   2.  - Quanto alla legge nella sua interezza, violazione degli artt.
 3, 5, 97. 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento  al
 principio  di  leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art.  2
 del d.lgs. n. 143 del 1997.
   Si deve preliminarmente rilevare che il  legislatore  nazionale  ha
 riconosciuto  e  garantito  il  principio di leale collaborazione tra
 Stato e regioni con riferimento alla elaborazione delle  linee  guida
 in tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997,
 nel  conferire  alle  regioni  tutte  le  funzioni  amministrative in
 materia  di  agricoltura  -  in  relazione  alla  quale  materia,  la
 competenza  delle  regioni  e'  stata nettamente affermata da codesta
 ecc.ma Corte per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998  -,
 prescrive  che  i compiti di elaborazione e coordinamento delle linee
 di politica agricola in coerenza con la politica comunitaria  debbano
 essere  esercitati dal Ministero per le politiche agricole (istituito
 con il medesimo d.lgs.) d'intesa con la Conferenza permanente  per  i
 rapporti tra Stato e regioni.
   In   materia   di   produzione  normativa,  il  suddetto  principio
 costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni  e'  stato
 poi  affermato  dal  d.lgs.  n.  281  del  1997,  che  disciplina  le
 attribuzioni della Conferenza permanente nelle materie  di  interesse
 regionale,   prevedendo,  accanto  a  forme  di  collaborazione  meno
 "intense" quali la mera consultazione, l'intesa,  che  si  perfeziona
 con  l'assenso  del  Governo, e di tutti i presidenti delle regioni e
 province autonome (cfr. art. 3 del d.lgs.  citato).
   E' indubbio, infatti - come ha statuito di  recente  anche  codesta
 ecc.ma  Corte  -,  che  il  settore  lattiero-caseario  rientra nelle
 materie  di  competenza  regionale,  e   comunque,   in   quanto   la
 regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi
 generali  ed  uniformi  -  nonche'  conformi ai principi comunitari -
 dettati su tutto il  territorio  nazionale,  il  principio  di  leale
 collaborazione  impone  il  raccordo  tra Stato e regioni nelle forme
 dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile
 di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linea guida.
   Viceversa, il decreto-legge n. 43 del 1999,  ora  convertito  dalle
 legge  qui  impugnata, e' nato come stralcio di un piu' ampio disegno
 di legge, in ordine al quale, invocando l'art, 2, comma 5, d.lgs.  n.
 281 del 1997  -  che  consente  in  presenza  di  ragioni  d'urgenza,
 l'acquisizione  di  un  parere  successivo  da parte della Conferenza
 permanente, che sara' poi tenuto in considerazione in sede  di  esame
 parlamentare  dei  disegni  di legge o delle leggi di conversione dei
 decreti  legge  -,  il  Governo  ha   attivato   un   meccanismo   di
 consultazione successiva delle regioni.
   Pur in sede di consultazione successiva - e dunque non di intesa -,
 la  maggioranza  dei  rappresentanti  regionali,  in  occasione della
 Conferenza permanente del 24 febbraio 1999, ha  comunque  opposto  un
 generalizzato  parere  negativo  sul  contenuto  del disegno di legge
 sottoposto, manifestando assenso solo in riferimento alla  operazione
 di  trasfusione dell'art. 1 del medesimo disegno in un decreto legge,
 ma non certo in ordine ai contenuti dello stesso, rispetto  ai  quali
 rimaneva  ferma  l'opposizione  manifestata  al testo originariamente
 sottoposto.
   Le regioni non sono state quindi attivamente coinvolte a  priori  e
 nelle  forme  adeguate  nel  procedimento di elaborazione della nuova
 disciplina, come  richiederebbero  i  principi  costituzionali  prima
 ancora  che le disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo si
 e' preoccupato di  sollecitare  l'intervento  regionale  solo  in  un
 momento successivo e solo a livello di mera consultazione.
   La  violazione  delle  prerogative regionali cosi perpetrata e' poi
 ulteriormente  aggravata  dal  fatto  che,  pur  avendo  il   Governo
 dichiarato  di  agire ex art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 281 del 1997,
 non e' stata neppure rispettata la prescrizione afferente l'esame del
 parere  uccessivo  della  Conferenza  permanente  in  sede  di  esame
 parlamentare della legge di conversione qui impugnata.
   Infatti,  dai  lavori  preparatori  assolutamente  non  emerge  ne'
 l'esame, ne' tanto meno l'adeguamento al  parere  negativo  reso  dai
 rappresentanti  regionali  in  sede  di  Conferenza permanente del 24
 febbraio 1999 sui contenuti della riforma.
   In conclusione, la legge impugnata, non solo non e' stata preceduta
 dalla prescritta intesa con le regioni, ma neppure  da  una  adeguata
 considerazione  del  parere  successivo  (comunque  gia'  di  per se'
 insufficiente  a  garantire  il  rispetto  del  principio  di   leale
 cooperazione    tra    Stato    e   regioni   e   delle   prerogative
 costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5, 115,  117
 e  118  della  Costituzione, anche per come attuati dal d.lgs. n. 281
 del 1997) reso dai rappresentanti regionali, e cio' tanto in sede  di
 adozione del d.-l., tanto in sede di sua conversione in legge.
   Tutto  cio'  e' particolarmente grave in una materia in riferimento
 alla quale, come gia' piu'  sopra  rilevato,  lo  stesso  legislatore
 nazionale ha avvertito la necessita' di instaurare intensi meccanismi
 collaborativi tra Stato e  regioni.
   3.  -  Quanto  all'art. 1, comma 2 violazione degli artt. 3, 5, 97,
 115, 117 e 118 della Costituzione.
   La legge di conversione impugnata modifica  il  comma  indicato  in
 epigrafe  imponendo  alle  regioni  e  province autonome di tenere in
 considerazione, in sede di comunicazione  all'A.I.M.A.  dei  motivati
 errori  intervenuti  nelle  operazioni  di riesame di cui al d.-l. n.
 411 del 1997 e delle relative correzioni,  le  tipologie  individuate
 nella relazione finale della Commissione di garanzia quote latte.
   E'  di  tutta evidenza come tale limitazione, in un quadro che gia'
 determina la spoliazione di qualsivoglia autonomia decisionale  delle
 regioni  in  operazioni pur meramente materiali, renda, se possibile,
 ancor piu' marginale il ruolo attribuito alle regioni stesse, che  si
 vedono  infatti  costrette ad integrare o correggere le operazioni di
 riesame dalle stesse precedentemente eseguite sulla scorta di precisi
 parametri imposti da un organo - la  Commissione  di  garanzia  -  di
 derivazione  statale  e  privo  della  partecipazione di alcun membro
 rappresentativo degli interessi regionali.
   Tale scelta e' poi chiaramente viziata da  interna  irrazionalita',
 in  violazione  dell'art.  3, e con riferimento all'art. 5, in quanto
 sovrappone le valutazioni di un organo istituito  ai  soli  fini  del
 generico  controllo  di  legalita'  delle  operazioni di riesame alle
 decisioni assunte dalle regioni per le singole fattispecie  esaminate
 a  seguito  di adeguata istruttoria. Tale irragionevolezza ancora una
 volta finisce dunque per ostacolare  la  doverosa  decentralizzazione
 delle    competenze,    e   con   essa   le   prerogative   regionali
 costituzionalmente garantite in materia dagli artt.  5,  115,  117  e
 118.
   4.  -  Quanto  all'art.  1,  comma 3, lett. b), comma 3-bis e 3-ter
 violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   Nell'ambito delle operazioni, ancora di  competenza  dell'A.I.M.A.,
 di aggiornamento dei quantitativi individuali per le annate 1997-1998
 e  di  comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi delle
 produzioni commercializzate per lo stesso periodo e delle anomalie in
 essi  riscontrate,  la  legge  impugnata  aggiunge  che  le  suddette
 operazioni  dovranno  tenere anche conto delle risultanze dei ricorsi
 relativamente al numero dei  capi  accertato.  Ancora  una  volta  il
 legislatore  interviene a limitare irragionevolmente la portata delle
 decisioni assunte dalle Regioni sui ricorsi  di  riesame  di  cui  al
 d.-l. n. 411 del 1997, in evidente violazione degli artt. 5, 115, 117
 e 118.
   lnfatti,  il  richiamo  delle  decisioni  de  quibus  con  espresso
 riferimento  alla  sola  tipologia  del  numero  di  capi   accertati
 introduce   una  illogica  e  fuorviata  discriminazione  tra  queste
 decisioni e quelle  assunte  dalle  regioni  in  ordine  a  tutte  le
 molteplici  fattispecie concrete esaminate ai fini dell'aggiornamento
 "definitivo" dei quantitativi  individuali  ad  opera  dell'A.I.M.A.,
 ancora    una   volta   in   evidente   spregio   delle   prerogative
 costituzionalmente riconosciute alle regioni.
   La disposizione suesposta va poi  ad  incidere  direttamente  sulla
 determinazione del prelievo dovuto, in quanto, a norma del successivo
 comma  3-bis,  l'acquirente si avvale della comunicazione individuale
 di cui alla lett. b) del comma 3 ai fini del prelievo  supplementare;
 anche  il comma 3-bis e' dunque afflitto in via derivata degli stessi
 vizi eccepiti in riferimento al comma precedente.
   Anche  il  comma  3-ter,  parimenti  introdotto  dalla   legge   di
 conversione,  deriva dalla lett. b) del comma 3 i vizi gia' rilevati,
 ma contestualmente li aggrava imponendo alle  regioni  l'onere  della
 comunicazione  dei  dati di cui alla piu' volte citata lett. b)  agli
 acquirenti, alle loro organizzazioni, nonche'  alle  associazioni  di
 produttori. La riferita comunicazione, infatti, contiene dati viziati
 dalla  limitazione  (ai  soli  ricorsi  in  materia di numero di capi
 accertato) qui sopra contestata,  sicche'  le  prerogative  regionali
 vengono  qui  lese - per cosi' dire - alla seconda potenza. A cio' si
 aggiunga  l'ulteriore  vizio derivante dal fatto che ancora una volta
 le regioni vengono relegate ad  un  ruolo  meramente  esecutivo,  con
 aggravio  di  incombenti  complessi  e  onerosi,  e  cio' in evidente
 violazione degli artt. 5,
  115, 117 e 118 della Costituzione.
   5.- Quanto all'art. 1, comma 4-bis, violazione degli  artt.  3,  5,
 97, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   Il  comma  4-bis,  introdotto dalla legge di conversione impugnata,
 prevede che, in attesa dell'aggiornamento definitivo dei quantitativi
 individuali di riferimento per il periodo 1998-1999 (che varra' anche
 ai fini dell'attribuzione provvisoria per il periodo  1999-2000),  le
 regioni   e  le  province  autonome  sono  autorizzate  a  rilasciare
 certificazioni provvisorie dei trasferimenti di azienda con  quota  o
 di  sola  quota  che  abbiano  efficacia  a  partire dal 1999-2000, a
 condizione che  tali  trasferimenti  riguardino  aziende  con  quote,
 ovvero  solo quote, i cui dati siano stati verificati ed accertati ai
 sensi della normativa vigente.
   Alle regioni viene cosi'  attribuita  la  facolta',  in  un  quadro
 normativo di complessita' e confusione tali da impedire anche solo di
 intravedere   il   tanto   invocato  "aggiornamento  definitivo"  dei
 quantitativi  individuali,  di  rilasciare  attestazioni  provvisorie
 sulla  base  di  dati  provvisori  e  percio'  stesso dichiaratamente
 modificabili.
   Ovviamente, le regioni che intendono attuare una reale e  razionale
 programmazione  nel  settore  lattiero-caseario  non si avvarranno di
 tale  facolta',  ma  altre  potrebbero  farlo  e  cosi'   determinare
 l'alterazione  del  quadro  complessivo  a pregiudizio delle regioni,
 come la Lombardia, piu'  attente  e  scrupolose  nella  gestione  del
 settore; tuffo cio' in violazione, oltre che degli artt. 3 e 97 della
 Costituzione,  delle prerogative costituzionalmente riconosciute alle
 Regioni in materia, e dunque in violazione  diretta  degli  artt.  5,
 115, 117 e 118 della Costituzione.
   6. - Quanto all'art. 1, commi 1, 6, 7, 8 e 21-ter, violazione degli
 artt. 3, 5, 77, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   Il  legislatore,  in  sede  di  conversione del d.-l. n. 43, ha, se
 possibile, aggravato i gia' rilevati vizi di  incostituzionalita'  in
 relazione  alle  operazioni  di  compensazione, attribuite ancora una
 volta all'A.I.M.A. in assenza di adeguata intesa con le regioni.
   Il  comma  1  prevede  che,  limitatamente  al  periodo  1995-1996,
 l'A.I.M.A.,  nella  esecuzione  della rettifica di cui all'art. 3 del
 d.-l. n. 411  del  1997,  convertito  in  legge  n.  5  del  1998,  e
 successive  modificazioni, non applichi le riduzioni della quota B in
 ottemperanza alle sentenze concernenti la illegittimita' delle stesse
 riduzioni.
   Tale determinazione e' in tutta evidenza in  contrasto  con  quanto
 precedentemente  stabilito  dal  d.-l.  n. 411 del 1997 e la relativa
 legge di conversione, che, - anche sulla base delle risultanze  delle
 indagini  compiute  dalla Commissione governativa istituita con d.-l.
 n. 11 del 1997 - imponevano in via generale di applicare le modalita'
 di compensazione meno  onerose  per  il  produttore,  fossero  queste
 quelle introdotte nel 1996 ovvero quelle precedentemente in vigore; e
 cio'  a parziale soddisfazione delle note ragioni di contrasto con il
 principio del legittimo affidamento - conosciuto ed affermato anche a
 livello comunitario - dell'applicazione in  termini  retroattivi  del
 nuovo metodo di compensazione per l'annata 1995/1996.
   Ora,  la  disposizione  impugnata prevede la non applicazione delle
 riduzioni della quota B solo nel caso in cui  l'illegittimita'  della
 riduzione  sia  stata giuridicamente accertata con sentenza, e dunque
 disconosce i principi prima riconosciuti, seppure in modo imperfetto,
 in ordine alla generalizzata illegittimita' del taglio e  del  metodo
 di   compensazione   nazionale   introdotto   a  partire  dall'annata
 1995-1996,  a  campagna  gia'  inoltrata,  per  retroattivita'.  Tale
 limitazione  finisce  dunque  ancora  una  volta  per ridondare nella
 violazione delle prerogative regionali in materia per le ragioni gia'
 evidenziate da codesta ecc.ma Corte per mezzo della sentenza  n.  398
 del  1998,  consistenti  nella impossibilita' - indotta appunto dalle
 suddette  limitazioni  -  in  capo  alle  regioni  di  programmare  e
 governare il settore lattiero-caseario.
   Il  comma 6 impone alle regioni, ai fini dell'applicazione da parte
 dell'A.I.M.A. dei criteri di priorita' per la compensazione nazionale
 determinati dall'art.  8,  di  comunicare  le  informazioni  relative
 all'esatta   localizzazione   delle   aziende   ubicate   in   comuni
 parzialmente delimitati ai sensi dell'art. 3, par. 3, 4  e  5,  della
 direttiva  75/268/CEE,  ma  solo  con effetto a decorrere dal periodo
 1998-1999, e dunque ancora in violazione delle prerogative  regionali
 non  solo  in  materia  di  agricoltura,  ma  anche  di controllo del
 territorio, di cui agli artt.  5, 115, 117 e 118.
   Il comma 7 prevede che l'A.I.M.A. effettui la  compensazione  sulla
 base di dati certi per il periodo 1997-1998 entro trenta giorni dalle
 determinazioni  definitive  di  cui al comma 5 e comunque entro e non
 oltre (non piu' il 15 settembre 1999, previsto dal testo  originario)
 ma il 30 settembre 1999.
   Suddetta disposizione, nel prevedere lo slittamento del termine per
 l'effettuazione  della  compensazione  per  l'annata  1997-1998, vale
 implicitamente  a  dimostrare  che  il  legislatore  statale  non  ha
 sviluppato  sino  alle  sue  coerenti conseguenze i presupposti della
 necessita'  ed  urgenza  dell'intervento  normativo,  a   suo   tempo
 affermati  dal  Governo  in  sede  di  decretazione  d'urgenza.  Tale
 circostanza si riflette in una lesione dell'autonomia  regionale,  in
 quanto  ha  irragionevolmente comportato la spoliazione delle regioni
 dalle competenze che le  competerebbero  sulla  base  di  inesistenti
 presupposti di necessita' ed urgenza.
   Inoltre,  la disposizione in oggetto, nella parte in cui impone che
 la compensazione debba essere effettuata in base a "dati  certi",  e'
 gravemente  lesiva  degli  artt.  5,  115, 117 e 118, oltre che degli
 artt. 3 e  97  della  Costituzione,  in  quanto  il  legislatore  non
 definisce su che basi i dati de quibus debbano intendersi "certi" ne'
 assicura  il  coinvolgimento  delle  regioni  nella  elaborazione dei
 suddetti dati e nella stessa definizione dei parametri  sulla  scorta
 dei quali ne dovrebbe essere assicurata la certezza.
   La  legge  impugnata  ha  poi  parzialmente  modificato il comma 8,
 introducendo   un   ulteriore   criterio   di   priorita'   ai   fini
 dell'effettuazione  della  compensazione nazionale, ovvero "in favore
 di  tutti  gli  altri  produttori  titolari  di  quota".  Al  di  la'
 dell'assorbente  considerazione  che suddetti criteri - come ha anche
 recentemente affermato da codesta ecc.ma  Corte  -  avrebbero  dovuto
 essere    determinati    d'intesa   con   regioni   (eccezione   gia'
 esaurientemente  esposta  in  sede  di  impugnazione  del  d.-l.  ora
 convertito),   va  rilevata  l'evidente  illogicita'  della  suddetta
 disposizione, che viola pertanto l'art.  3  della  Costituzione,  con
 riferimento  agli artt. 5, 115, 117 e 118; non si vede, infatti, come
 i produttori sprovvisti di quota possano risentire di effetto  alcuno
 o   essere   coinvolti   dalle   operazioni  di  compensazione.  Tale
 illogicita'  finisce  dunque   ancora   una   volta   per   frustrare
 conseguentemente le prerogative regionali in materia.
   Il  comma 21-ter, introdotto dalla legge impugnata, nello stabilire
 che, in attesa della riforma  settore  (ormai  divenuta  clausola  di
 stile),  i  criteri  e l'ordine di priorita' stabiliti dal comma 8 si
 applicano anche per l'effettuazione della compensazione nazionale per
 il periodo 1999-2000 e che a  tale  periodo  si  applicano  anche  le
 disposizioni   previste   dal   comma   10,  mutua  dalle  precedenti
 disposizioni ivi richiamate i vizi di  illegittimita'  costituzionale
 gia'  rilevati  e contestualmente conferma l'originaria insussistenza
 delle ragioni di necessita' ed urgenza sottese alla  riforma,  ancora
 in  ulteriore  violazione  degli artt. 117 e 118 della Costituzione e
 del principio di leale cooperazione tra Stato e regioni.
   7. - Quanto all'art. 1, comma 11, violazione  degli  artt.  3,  97,
 115, 117 e 118 della Costituzione.
   La  legge impugnata modifica il comma 11, relativo agli effetti dei
 provvedimenti giurisdizionali sulle operazioni di compensazione,  nel
 senso   della   rideterminazione  ad  opera  dell'A.I.M.A.  dei  dati
 quantitativi che debbono essere posti  a  base  delle  operazioni  in
 questione  in  caso di ordinanze giurisdizionali anche non definitive
 che hanno fatto obbligo agli acquirenti di restituire  ai  produttori
 gli  importi  trattenuti  a  titolo  di  anticipo  per  gli eventuali
 prelievi supplementari dovuti.
   La suddetta disposizione introduce dunque  una  ulteriore  e  grave
 lesione  delle  prerogative costituzionalmente garantite alle regioni
 in quanto, invece che richiamare i  dati  contenuti  nelle  decisioni
 delle regioni stesse sui ricorsi di riesame, rimette all'A.I.M.A.  la
 radicale  rideterminazione  di tali dati quantitativi, cosi' non solo
 introducendo  una   surrettizia   limitazione   degli   effetti   dei
 provvedimenti  giurisdizionali  ottenuti  dai  produttori  in tema di
 quote latte, ma scavalcando le pur limitate  prerogative  decisionali
 prima riconosciute alle Regioni e dunque privandole di ogni potere di
 programmazione  e  controllo  del  settore.  La  rideterminazione del
 quantitativo ad  opera  dell'A.I.M.A.,  oltre  che  irragionevole  ed
 arbitraria  (in  quanto  la  mancata indicazione di dati quantitativi
 assolutamente  non  esclude  il  riconoscimento  giurisdizionale  del
 diritto   alla  produzione,  ne'  la  possibilita'  di  quantificarne
 l'oggetto)   incide    dunque    direttamente    sulle    prerogative
 costituzionalmente   riconosciute   alle   regioni   in  materia,  in
 violazione degli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   8. - Quanto all'art. 1, comma 17, violazione e  falsa  applicazione
 degli artt. 3, 115, 117 e 118.
   Il  comma 17, nella parte modificata dalle legge impugnata, prevede
 che, ove nei trenta giorni successivi alla  ricezione  dell'elaborato
 di    verifica   inviato   dall'A.I.M.A.   delle   dichiarazioni   di
 commercializzazione per i periodi 1995-1996 e 1996-1997, l'acquirente
 confermi le singole posizioni  accertate,  apponendo  per  ognuno  il
 timbro  e  la  firma  per  l'accettazione  del  legale rappresentante
 dell'azienda  e  provveda  a  restituire  all'A.I.M.A.,  con  lettera
 raccomandata  con  avviso  di  ricevimento, e alle regioni e province
 autonome l'elaborato stesso,  che  vale  a  tutti  gli  effetti  come
 rettifica  dei modelli L1 a suo tempo inviati, la rettifica determina
 la  non  applicazione  della  revoca  del   riconoscimento   prevista
 dall'art.   23  del  d.P.R.  n.  569/1993,  e  delle  altre  sanzioni
 amministrative previste, a carico dell'acquirente, dall'art. 11 della
 legge n. 468/1992 e che, in ogni caso, gli accertamenti effettuati  e
 le  decisioni  dei  ricorsi  di  riesame  costituiscono,  a tutti gli
 effetti, modifica  delle  risultanze  dei  modelli  L1  a  suo  tempo
 inviati, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge.
   Le  parziali  e marginali modifiche apportate dalla legge impugnata
 ai tempi e formalita' della verifica prevista dal comma 17 non  hanno
 saputo   ovviare   alle   illegittimita'   gia'  rilevate  per  mezzo
 dell'impugnazione del d.-l.  convertito,  in  riferimento  al  totale
 disinteresse  nei  confronti  dei  produttori  che non hanno proposto
 ricorso di riesame, ovvero hanno proposto ricorsi  irricevibili,  con
 cio'  escludendoli  in  toto dalla possibilita' di "sanare" eventuali
 pregresse irregolarita' delle dichiarazioni di commercializzazione  e
 dunque imponendo una limitazione discriminatoria ed irragionevole, in
 violazione  dell'art.    3  della  Costituzione e in evidente spregio
 delle competenze  legislative  ed  amministrative  costituzionalmente
 riconosciute alle regioni.
   Le   regioni   si  vedono  poi  costrette  a  recepire  "sanatorie"
 irragionevoli e per lo piu' compiute a livello statale  dall'A.I.M.A.
 -  sulla base, peraltro, degli accertamenti dalle stesse effettuati -
 cosi' risultando  arbitrariamente  spogliate  di  qualsivoglia  reale
 forma  di  controllo effettivo nel settore de quo. Risultano pertanto
 violati  gli  artt.    117  e  118  della  Costituzione,  in  ragione
 dell'illegittima   vanificazione   delle   prerogative  regionali  in
 materia, sia a livello programmatorio che di controllo.
   9. - Quanto all'art.1, commi 21 e 21-bis,  violazione  degli  artt.
 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   Il   comma   21,  cosi'  come  modificato  dalla  legge  impugnata,
 stabilisce che  le  quote  confluite  nella  riserva  nazionale  sono
 ripartite   tra   le   regioni   e  le  province  autonome,  ai  fini
 dell'assegnazione  ai  produttori  titolari  di  quota,   in   misura
 proporzionale  ai  quantitativi  individuali  di riferimento allocati
 presso ciascuna regione e provincia autonoma accertati per i  periodi
 1995/1996  e 1996/1997 e che tale principio vale anche per il periodo
 1999-2000.
   Inoltre, pur prevedendo il comma 21 - nell'originaria  formulazione
 mantenuta  dalla  legge impugnata - che l'assegnazione da parte delle
 singole regioni ai produttori segua criteri di  priorita'  deliberati
 dagli  stessi  enti  (ma  che comunque in primis avvenga a favore dei
 produttori che hanno subito le riduzioni di cui alla legge n. 46  del
 1995),  il successivo comma 21-bis, introdotto dalla legge impugnata,
 stabilisce   che   in   nessun   caso   possono   beneficiare   delle
 riassegnazioni  i  produttori  che  nel corso dei periodi 1997-1998 e
 1998-1999 hanno venduto ovvero affittato, in tutto  o  in  parte,  le
 quote di cui erano titolari.
   Le  innovazioni  introdotte  dalla  legge  impugnata  hanno  dunque
 decisamente aggravato le illegittimita' gia' contenute nel  d.-l.  n.
 43,  in  evidente  ed  ulteriore  spregio  dei  principi recentemente
 affermati da codesta ecc.ma Corte proprio  in  riferimento  a  questo
 particolare aspetto del settore.
   Il  criterio di ripartizione tra le regioni della riserva nazionale
 da parte dello Stato, di cui alla prima parte del comma  considerato,
 sulla   base,  non  piu'  della  produzione  media,  ma  delle  quote
 individuali "allocate" in  ciascuna  regione,  risulta  ulteriormente
 irragionevole   rispetto   al   precedente,   e  percio'  viziato  in
 riferimento agli artt.   3 e 97 della  Costituzione,  in  riferimento
 agli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione, in quanto ancora non
 tiene  conto del fatto che le regioni a maggiore vocazione produttiva
 (e tra di  esse  anche  la  ricorrente)  hanno  subito  nelle  annate
 considerate  -  ovvero nelle annate 1995/1996 e 1996/1997 - drastiche
 riduzioni di produzione  in  conseguenza  ed  in  ragione  dei  tagli
 operati  sui quantitativi individuali "allocati" nelle regioni stesse
 a partire dal 1994,  sia  dei  criteri  di  priorita'  seguiti  nelle
 operazioni di compensazione.
   Inoltre,  quanto  alla ripartizione interna delle quote nell'ambito
 di ogni singola regione,  il  legislatore  continua  ad  ignorare  la
 pronuncia  di  codesta  ecc.ma  Corte,  che  ha  statuito l'esclusiva
 competenza  regionale  in  ordine  alla   scelta   dei   criteri   di
 assegnazione  ai singoli produttori (cfr. Corte costituzionale, sent.
 n.  398  del  1998,  punto  15  del  Considerato  in  diritto).  Gia'
 l'originario  comma  21,  pur  rimettendo  in  via  di principio tale
 determinazione  all'autonomia   regionale,   imponeva   un   criterio
 prioritario,  contravvenendo  al  disposto  della  pronuncia citata e
 comunque    limitando    fortemente    i     poteri     programmatori
 costituzionalmente riconosciuti alle regioni; tale limitazione e' ora
 aggravata  dalla  limitazione  introdotta  con  il  comma 21-bis, che
 esclude una intera categoria di produttori dalla  riassegnazione,  in
 evidente  contrasto  degli  artt.  5,  117 e 118 della Costituzione e
 degli  stessi  principi  costituzionali  recentemente  affermati   da
 codesta ecc.ma Corte.
                               P. Q. M.
   Per i suestesi motivi, voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento
 del  presente  ricorso,  pronunciare  l'illegittimita' costituzionale
 della legge 27 aprile 1999, n. 118, pubblicata in Gazzetta  Ufficiale
 -  serie  generale  n.  100  - del 30 aprile 1999, recante ad oggetto
 "Conversione in legge, con modificazioni, del d.-l. 1 marzo 1999,  n.
 43,  recante  disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario",
 nella sua interezza e con particolare riguardo all'art. 1,  comma  1,
 nella parte in cui converte, con modificazioni, l'art. 1, commi 1, 2,
 3,  lett.  b),  3-bis,  3-ter,  4-bis,  6, 7, 8, 11, 17, 21, 21-bis e
 21-ter del d.-l. 1 marzo 1999, n. 43.
     Milano-Roma, addi' 26 maggio  1999  Avv.  prof.  Giuseppe  Franco
 Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani
 99C0672