N. 320 ORDINANZA 14 - 16 luglio 1999

 
 
 Giudizio sull'ammissibilita' di conflitto di attribuzione tra
 poteri dello Stato.
 
 Procedimento penale - Decreto di fissazione dell'udienza in camera di
 consiglio,  adottato  (ai  sensi dell'art.   409, comma 2, cod. proc.
 pen.) sulla base di atti e documenti sui quali era stato  ritualmente
 opposto  il  segreto di Stato - Ricorso per conflitto di attribuzione
 tra poteri dello Stato promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri,  nei
 confronti del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
 di Bologna - Preliminare delibazione di ammissibilita' -  Sussistenza
 della legittimazione attiva del Presidente del Consiglio dei Ministri
 e passiva del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
 di   Bologna,   nonche'  del  requisito  oggettivo  del  conflitto  -
 Ammissibilita'   del   conflitto    -    Conseguente    comunicazione
 dell'ordinanza  al  ricorrente,  a cura della cancelleria, e onere di
 notificazione e deposito del ricorso,  a  cura  del  ricorrente,  nei
 termini fissati.
 
 (Decreto  del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
 di Bologna 31 maggio 1999).
 
 (Cost., artt. 1, 5, 52, 87, 94, 95, 102 e 126; legge 24 ottobre 1977,
 n. 801, artt. 12 e 16; legge 11 marzo 1953, n.  87,  art.  37;  norme
 integrative  per  i  giudizi  davanti alla Corte costituzionale, art.
 26).
 
(GU n.29 del 21-7-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo   CHIEPPA,   prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.
 Fernanda CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,  prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  sull'ammissibilita'  del conflitto di attribuzione tra
 poteri  dello  Stato  sollevato  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri nei confronti del giudice per le indagini preliminari presso
 il  tribunale  di  Bologna  -  in  relazione al decreto di fissazione
 dell'udienza in camera di consiglio  emesso  il  31  maggio  1999  in
 seguito  alla  richiesta della Procura della Repubblica di Bologna di
 non doversi procedere nei confronti di  funzionari  del  SISDE  e  di
 funzionari di polizia per essere le fonti di prova incise dal segreto
 di  Stato - con ricorso depositato il 6 luglio 1999 ed iscritto al n.
 123 del registro ammissibilita' conflitti.
   Udito nella camera di consiglio  del  14  luglio  1999  il  giudice
 relatore Fernanda Contri.
   Ritenuto  che con ricorso del 5 luglio 1999, depositato il 6 luglio
 1999, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sollevato -  previa
 la  necessaria  deliberazione  del Consiglio dei ministri, assunta in
 data 30 giugno 1999 - conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello
 Stato nei confronti del giudice per le indagini preliminari presso il
 tribunale  di  Bologna  in  relazione  al  decreto,  emesso  ai sensi
 dell'art. 409, comma 2, cod. proc. pen. in data 31 maggio  1999,  con
 il  quale  e'  stata fissata al 14 luglio 1999 l'udienza in camera di
 consiglio, a seguito della richiesta del Procuratore della Repubblica
 presso il tribunale di Bologna di non doversi procedere nei confronti
 di funzionari del SISDE e di polizia, per essere le  fonti  di  prova
 incise  da  segreto  di  Stato ritualmente opposto dal Presidente del
 Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 12 della legge  24  ottobre
 1977,   n.   801  (Istituzione  e  ordinamento  dei  servizi  per  le
 informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto  di  Stato),  in
 quanto  il  provvedimento  e'  stato  adottato sulla base di tutta la
 documentazione,  compresa  quella  segretata,  che  accompagnava   le
 precedenti  richieste  di  rinvio  a  giudizio  proposte dal pubblico
 ministero riguardo ai medesimi fatti, e costituisce quindi  esercizio
 di  attivita'  giurisdizionale  in  materie sottratte alla competenza
 dell'autorita' giudiziaria;
     che  riguardo  all'ammissibilita'  del  ricorso il Presidente del
 Consiglio dei Ministri richiama le decisioni assunte con le  sentenze
 nn. 110 e 410 del 1998 e le ordinanze nn. 426 del 1997 e 266 del 1998
 di  questa  Corte,  ritenendo  che a nulla rilevi, dal punto di vista
 oggettivo,   che   tali   decisioni   riguardassero    la    funzione
 giurisdizionale  nel  suo  aspetto  di  esercizio dell'azione penale,
 "mentre  si  tratta  oggi  della  manifestazione  tipica   di   detta
 funzione",  e,  sotto  il profilo soggettivo, che si trattasse allora
 del Procuratore della Repubblica ed oggi del giudice per le  indagini
 preliminari, attesa la natura "diffusa" del potere giudiziario;
     che  anche  riguardo  al merito il ricorrente si riporta a quanto
 affermato da questa Corte nelle decisioni citate, ed  in  particolare
 ai  principi  secondo  i  quali  i  rapporti tra Governo ed autorita'
 giudiziaria debbono  essere  ispirati  a  correttezza  e  lealta',  e
 l'opposizione  del  segreto  di  Stato non comporta alcuna ipotesi di
 immunita' sostanziale e non impedisce l'esercizio dell'azione penale,
 ma ha l'effetto di inibire all'autorita' giudiziaria  l'acquisizione,
 in  via  diretta o indiretta, degli elementi di conoscenza e di prova
 coperti dal segreto  al  fine  di  fondare  su  di  essi  l'esercizio
 dell'azione  penale, che puo' essere esercitata solo qualora vi siano
 elementi indizianti del tutto autonomi ed indipendenti;
     che secondo il  ricorrente  l'iniziativa  del  Procuratore  della
 Repubblica  di porre nella disponibilita' del giudice per le indagini
 preliminari, con la richiesta di archiviazione, gli  atti  segretati,
 da  un  lato,  si e' posta in contrasto con quanto statuito da questa
 Corte con le sentenze nn. 110 e 410 del 1998, dall'altro, ha posto il
 giudice nella posizione di delibare detta  richiesta  sulla  base  di
 emergenze documentali di cui non avrebbe dovuto prendere cognizione;
     che  il  Presidente del Consiglio dei Ministri ritiene quindi che
 il  provvedimento  del  giudice  per  le  indagini   preliminari   di
 fissazione  dell'udienza in camera di consiglio, pronunciato ai sensi
 dell'art.    409,  comma  2,  cod.  proc.  pen.,  abbia  violato   le
 prerogative  del  Governo  nella  materia  del  segreto di Stato, dal
 momento che e' stato adottato sulla base  di  documenti  coperti  dal
 segreto  di  Stato  e quindi non conoscibili dal giudice; che esso e'
 idoneo  ad  offrire  la  documentazione  segreta   alla   pubblicita'
 dell'udienza;  e ancora che esso e' prodromico ad ulteriori attivita'
 giurisdizionali o l'ordinanza con la quale si indica la necessita' di
 ulteriori indagini - o l'ordinanza  con la quale si  dispone  che  il
 pubblico  ministero  formuli l'imputazione - che restano precluse dal
 segreto di  Stato opposto;
     che pertanto il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto
 conflitto - deducendo la violazione degli artt. 1, 5, 52, 87, 94, 95,
 102 e 126 della Costituzione, in relazione agli artt. 12 e  16  della
 legge  24 ottobre 1977, n. 801, agli artt. 202, 256 e 362 cod.  proc.
 pen. e con riferimento alle sentenze nn. 110 e  410  del  1998  della
 Corte  costituzionale  -  per  sentir  dichiarare  che  non spetta al
 giudice per le indagini preliminari presso il tribunale  di  Bologna,
 ne'  acquisire,  ne'  utilizzare  sotto alcun profilo, direttamente o
 indirettamente, atti  o  documenti  sui  quali  e'  stato  legalmente
 opposto  e  confermato  dal  Presidente del Consiglio dei Ministri il
 segreto di Stato; che non spetta allo stesso giudice, a fronte di una
 richiesta  del  pubblico  ministero  di  non  doversi  procedere  per
 l'esistenza  di  un  segreto di Stato, corredata dei documenti che da
 quel segreto di Stato sono coperti, prendere cognizione degli  stessi
 e,  su  tale  base, fissare l'udienza in camera di consiglio prevista
 dall'art.   409, comma  2,  cod.  proc.  pen.,  cosi'  offrendo  tali
 documenti  alla  pubblicita'  ed in particolare alla conoscenza della
 parte  offesa;  con  il  conseguente  annullamento  del  decreto   di
 fissazione  dell'udienza  in  camera di consiglio del 31 maggio 1999,
 ordinando la restituzione dei documenti coperti dal segreto di  Stato
 ai legittimi detentori.
   Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.  37,
 terzo  e  quarto  comma,  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte
 costituzionale e' chiamata a delibare senza contraddittorio in ordine
 all'ammissibilita' del conflitto di attribuzione,  sotto  il  profilo
 della  sussistenza  della "materia di un conflitto la cui risoluzione
 spetti alla sua competenza", restando impregiudicata  ogni  ulteriore
 decisione, anche in punto di ammissibilita';
     che  il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri e' legittimato a
 sollevare il conflitto, in  quanto  organo  competente  a  dichiarare
 definitivamente  la volonta' del potere cui appartiene in ordine alla
 tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di Stato, non
 solo in base alla legge 24  ottobre  1977,  n.  801,  ma  anche  alla
 stregua delle norme costituzionali che ne definiscono le attribuzioni
 (sentenze  nn. 410 e 110 del 1998; 86 del 1977; ordinanze nn. 266 del
 1998 e 426 del 1997);
     che  anche  la  legittimazione  del  giudice  per   le   indagini
 preliminari  presso il tribunale di Bologna a resistere nel conflitto
 deve essere affermata, in conformita' alla giurisprudenza  di  questa
 Corte   che   riconosce   ai   singoli   organi   giurisdizionali  la
 legittimazione ad essere  parti  di  conflitti  di  attribuzione  tra
 poteri  dello  Stato,  in  quanto, in posizione di piena indipendenza
 garantita    dalla    Costituzione,    competenti    a     dichiarare
 definitivamente,  nell'esercizio delle relative funzioni, la volonta'
 del potere cui appartengono (ex plurimis sentenze nn.  50  e  35  del
 1999;  375  del  1997; ordinanze nn. 471, 261 e 250 del 1998; 269 del
 1996);
     che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, e' lamentata  dal
 ricorrente  la  lesione  di attribuzioni costituzionalmente garantite
 (v. sentenze nn. 410 e 110 del 1998; 86 del 1977; ordinanze  nn.  266
 del 1998 e 426 del 1997);
     che  dal  ricorso  possono ricavarsi "le ragioni del conflitto" e
 "le norme costituzionali che regolano  la  materia",  come  richiesto
 dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  ammissibile,  ai  sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Presidente del
 Consiglio dei Ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
   Dispone:
     a) che la cancelleria della  Corte  dia  immediata  comunicazione
 della  presente  ordinanza  al Presidente del Consiglio dei Ministri,
 ricorrente;
     b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza
 siano notificati al giudice per le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale  di  Bologna,  entro  il  termine  di  venti  giorni  dalla
 comunicazione,  per  essere  successivamente  depositati  presso   la
 cancelleria di questa Corte entro venti giorni dalla notificazione, a
 norma  dell'art.  26,  terzo  comma,  delle  norme  integrative per i
 giudizi davanti alla Corte  costituzionale,  termine  che  il  quarto
 comma  del  citato  art. 26 assegna alle parti per la costituzione in
 giudizio.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Contri
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 16 luglio 1999.
                       Il cancelliere: Fruscella
 99C0778