N. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 agosto 1999
N. 28 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 agosto 1999 (della provincia autonoma di Trento) Sanita' pubblica - Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale - Prestazioni erogate in forma indiretta - Limiti riguardanti la misura massima dei rimborsi e le prestazioni fruibili - Applicabilita' alle province autonome - Ricorso della provincia autonoma di Trento - Denunciato carattere dettagliato della disposizione limitativa - Lesione delle competenze provinciali e del sistema di rapporti tra Stato e province autonome. Sanita' pubblica - Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale - Formazione del personale sanitario - Obbligo delle regioni e province autonome di organizzare e attivare corsi di formazione manageriale, previo accordo con il Ministero della sanita' e secondo criteri definiti con decreto ministeriale - Onere di avvalersi, all'occorrenza, di soggetti accreditati dalla Commissione nazionale per la formazione continua - Ricorso della provincia autonoma di Trento - Denunciata lesione delle competenze provinciali e del sistema di rapporti tra Stato e province autonome - Inosservanza delle regole di esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento - Violazione di principi posti dalla legge delega n. 419/1998. Sanita' pubblica - Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale - Strutture per la formazione del personale sanitario - Individuazione riservata al Ministro della sanita', su proposta della regione o provincia autonoma interessata ed in base ai requisiti di idoneita' fissati dalla Commissione nazionale per la formazione continua - Ricorso della provincia autonoma di Trento - Denunciata invasione di competenze ad essa spettanti - Violazione di norme statutarie e di attuazione. D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, artt. 8 e 14. Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 29, 9, n. 10 e 16; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; legge 30 novembre 1998, n. 419, art. 2, comma 2.(GU n.47 del 24-11-1999 )
Ricorso della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 6322 del 30 luglio 1999 (allegato 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 3 agosto 1999 (rep. n. 023552) rogata dal dott. Claudio Nanfito' in qualita' di ufficiale rogante della provincia stessa (allegato 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5; Contro, il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: dell'art. 8 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, recante "Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419", pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 165 del 16 luglio 1999, supplemento ordinario, nella parte in cui esso, introducendo "Modificazioni all'art. 8 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502" con il nuovo art. 8-septies pone rigidi limiti alla potesta' provinciale di stabilire il rimborso per le prestazioni erogate in forma indiretta; dell'art. 14 dello stesso decreto legislativo, nella parte in cui esso, introducendo "Integrazioni all'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502", prevede ai nuovi art. 16-quinquies e 16-sexies poteri statali di ingerenza in funzioni legislative e amministrative di competenza provinciale per violazione; dell'art. 8, n. 29, e dell'art. 9, n. 10 dello statuto; dell'art. 16 dello statuto e delle relative norme di attuazione, ed in particolare del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, e del d.P.R. 1 novembre 1973, n. 689; del sistema di relazioni tra Stato e province autonome stabilito dal d.P.R. 16 marzo 1992, n. 266; del principio stabilito a garanzia dell'autonomia di talune regioni speciali e delle province autonome dall'art. 2, comma 2, della legge delega 30 novembre 1998, n. 419 per i profili e nei modi di seguito illustrati. Fatto e diritto Il presente ricorso riguarda tre disposizioni introdotte dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 nel corpo della disciplina del servizio sanitario nazionale gia' stabilita dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, relative rispettivamente ai rimborsi relativi alle prestazioni erogate in forma indiretta (nuovo art. 8-septies) ed alla formazione del personale sanitario (nuovi artt. 16-quinquies e sexies). Non e' dubbio che si tratti di ambiti e materia affidati alla competenza legislativa ed amministrativa provinciale, sia sotto il profilo della assistenza sanitaria che sotto quello della formazione. Da un lato infatti l'art. 8, n. 29, dello statuto affida alle province la potesta' legislativa in materia dell'addestramento e formazione professionale, dall'altro l'art. 9, n. 10, affida ad essa la potesta' legislativa in materia dell'igiene e sanita' pubblica, compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera e per entrambe l'art. 16, secondo la regola generale del parallelismo, assegna alle province altresi' la potesta' amministrativa. Tali attribuzioni di competenza sono state concretizzate con apposite norme di attuazione. Precisamente, si tratta per la parte sanitaria del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, per la parte relativa alla formazione del d.P.R. 1 novembre 1973, n. 689. Nell'esercizio delle proprie competenze statutarie la provincia autonoma di Trento ha via via disciplinato la materia con le proprie leggi in modo completo e rispettoso dei vincoli che ad essa derivano secondo i principi statutari dalla legislazione statale. La nuova legislazione sanitaria dello Stato, introdotta con il d.lgs. n. 229 del 1999, appare in genere rispettosa delle regole che riguardano in generale i rapporti tra la legislazione e l'amministrazione statale e la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, come precisate specialmente dal d.P.R. 16 marzo 1992, n. 266, oltre che (sotto il profilo dell'autonomia finanziaria) dal titolo VI dello statuto e dalla legge 30 novembre 1989, n. 386. Cio' anche in attuazione del principio direttivo della delega espressamente previsto dell'art. 2, comma 2, della legge n. 419/1998, secondo cui "la regione Valle d'Aosta, la regione Friuli-Venezia Giulia e le province autonome di Trento e di Bolzano adaguano la propria legislazione, in coerenza con il sistema di autofinanziamento del settore sanitario e nei limiti dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, ai principi fondamentali dei decreti legislativi attuativi della presente legge". Con tale disposizione il legislatore delegato ha voluto riconoscere la posizione particolare spettante per quanto qui interessa) alle province autonome di Trento e di Bolzano: alle quali spetta il compito di individuare nella nuova legislazione statale quei principi fondamentali o di riforma ai quali adeguare la propria, salva l'eventuale contestazione statale del mancato adeguamento. Per le ragioni indicate, dunque, di regola il decreto legislativo non menziona espressamente le province autonome di Trento a di Bolzano, lasciando in relazione ad esse funzionare appunto le regole generali: il dovere di adeguamento della propria legislazione, nei limiti previsti dallo Statuto, nei sei mesi successivi a quella statale (art. 2 d.P.R. n. 266/1992), la partecipazione provinciale ai fondi di cui e' previsto il riparto tra le regioni a l'utilizzo a favore di esse (art. 5, legge n. 386/1989). Allontanandosi da tale corretta applicazione dei principi nelle disposizioni qui impugnate il d.lgs. n. 229 del 1999 dispone invece a carico delle province autonome di Trento e di Bolzano o la diretta applicazione di norme dello stesso decreto, o la soggezione a poteri amministrativi statali incompatibili con il quadro statutario, come sopra delineato. Occorre dunque ora considerare le disposizioni contestate. L'art. 8-septies del d.lgs. n. 502 del 1992, come introdotto dall'art. 8 del d.lgs. n. 229 del 1999, concernente le "Prestazioni erogate in forma indiretta" dispone che "i rimborsi relativi alle prestazioni erogate in forma indiretta sono definiti dalle regioni e dalle provincie autonome in misura non superiore al cinquanta per cento delle corrispondenti tariffe regionali determinate ai sensi dell'art. 8-sexies", e che "entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto che modifica il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e' abolita l'assistenza in forma indiretta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e in regime di degenza". Non tocca notare qui l'infelice redazione del testo normativa, che essendo concepito quale nuovo articolo del d.lgs. n. 502 del 1992 non dovrebbe contenere riferimenti ad un "presente decreto" diverso da quello. Ovviamente, quello che qui interessa e' la sostanza della disposizione, la quale con diretto riferimento alle province autonome limita ad un massimo del 50% delle tariffe stabilite in generale per il servizio sanitario nazionale il rimborso. Va premesso che nella provincia autonoma di Trento la materia e' attualmente gia' disciplinata dall'art. 68 della legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10. Secondo tale disposizione la Giunta provinciale "nell'osservanza del principio della libera scelta delle strutture e dei professionisti" e "nell'ambito degli obiettivi e indirizzi della programmazione sanitaria e delle risorse finanziarie disponibili", definisce "il quadro delle prestazioni sanitarie per le quali e' possibile la fruizione in forma indiretta ... i criteri, le modalita' e le misure del concorso alla spesa sostenuta dagli assistiti" (comma 2). Come si vede, la legge provinciale inserisce totalmente la determinazione sia delle prestazioni ammissibili sia della misura del rimborso nella programmazione e nel quadro delle risorse disponibili, fermo restando che si tratti di un concorso nella spesa, e non della totale assunzione a carico della spesa provinciale. Il decreto legislativo introduce ora - sia quanto alle prestazioni che quanto alla misura del concorso - limitazioni di dettaglio e direttamente operative, in violazione dell'art. 2 del d.P.R. n. 266 del 1992, e comunque incompatibili con il sistema delle relazioni tra Stato e provincie autonome. In effetti, ad avviso della ricorrente provincia la legittimita' costituzionale della disposizione non verrebbe salvata neppure ove la si interpretasse nel senso che essa non e' direttamente operativa, ma pone un vincolo di adeguamento, perche' e' proprio il contenuto dettagliato e preciso della disposizione a confliggere con il vincolo della provincia ai soli principi fondamentali del decreto legislativo: limitato vincolo derivante gia' dallo statuto e dalle norme di attuazione e precisato dalla stessa legge di delega. Si noti che nella legge di delega n. 419/1998 la particolare limitazione del vincolo derivante alle provincie autonome di Trento e di Bolzano posta dall'art. 2 comma 2, conteneva uno specifico riferimento al "sistema di autofinanziamento del settore sanitario" in esse vigente, che sta ad ulteriore fondamento di un regime di particolare liberta' la' dove, come in questo caso, si tratti proprio di un problema di misura della spesa. In definitiva, posto che le risorse utilizzate per il finanziamento della spesa sanitaria in generale, e di quella per l'assistenza indiretta in particolare, sono comunque risorse proprie della comunita' provinciale, che attraverso le sue procedure decide semplicemente se allocarle in questo o in quel settore ed in quale misura, viene meno ogni possibile ragione di interesse nazionale alla precisa delimitazione "unitaria" delle prestazioni o della misura del rimborso. E se non vi e' - per la specifica situazione della provincia autonoma di Trento - alcuna base di interesse nazionale a fondamento della disciplina limitativa viene evidentemente meno la possibilita' di qualificare le corrispondenti norme come principi fondamentali. Ne consegue l'illegittimita' costituzionale del vincolo posto a carico della provincia autonoma di Trento. Allo stesso modo costituzionalmente illegittima risulta la disposizione dall'art. 16-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, come aggiunto dal d.lgs. n. 229 del 1999, nella parte in cui pone limitazioni procedurali e di contenuto alla facolta' della provincia di disciplinare e istituire corsi di formazione per il personale chiamato a svolgere incarichi relativi a funzioni di direzione sanitaria aziendale o comunque a funzioni dirigenziali di secondo livello nell'ambito del servizio sanitario provinciale. Viene qui in contestazione, come conviene precisare, non il principio posto dal comma 1 secondo il quale tali incarichi richiedono una particolare formazione, bensi' quanto di seguito disposto dai commi 2 e 3. Secondo il comma 2 "le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previo accordo con il Ministero della sanita' ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, organizzano e attivano, a livello regionale o interregionale, avvalendosi anche, ove necessario, di soggetti pubblici e privati accreditati dalla commissione di cui all'art. 16-ter, i corsi per la formazione di cui al comma 1, tenendo anche conto delle discipline di appartenenza". Si precisa inoltre che lo "stesso accordo definisce i criteri in base ai quali l'Istituto superiore di sanita' attiva e organizza i corsi per i direttori sanitari e i dirigenti responsabili di struttura complessa dell'area di sanita' pubblica che vengono attivati a livello nazionale". Ora, va rilevato in primo luogo come sia del tutto arbitrario il riferimento all'art. 4 del d.lgs. n. 281 del 1997, il quale prevede, in tutt'altro spirito e tutt'altro significato, che il Governo (e non un singolo Ministro) e le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano possano (nella rispettiva autonomia politica, e non per vincolo legislativo e come condizione per l'esercizio di una proprie competenza) concludere accordi al fine di coordinare l'esercizio delle proprie competenze e svolgere attivita' di interesse comune. E' evidente come tutto cio' non abbia nulla a che fare con il sottoporre l'attivazione l'organizzazione dei corsi di formazione di competenza provinciale alla condizione di un previo consenso del Ministro della sanita', e come cio' realizzi invece una impropria ingerenza del Ministro nell'attivita' legislativa e amministrativa di competenza provinciale, del tutto estranea allo strumentario dei possibili rapporti tra Stato e provincia autonoma di Trento quale delineato dallo statuto e dalle norme di attuazione. Non meno impropria e' la precisazione che per tali corsi le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano potranno avvalersi di soggetti diversi, ma solo "ove necessario" e comunque solo di soggetti "accreditati dalla commissione di cui all'art. 16-ter: sostituendo cosi' nelle scelte amministrative della provincia una entita' statale del tutto estranea ad essa. Ancora, il seguente comma 3 dello stesso articolo dispone che "con decreto del Ministro della sanita', su proposta della commissione di cui all'art. 16-ter, sono definiti i criteri per l'attivazione dei corsi di cui al comma 2, con particolare riferimento all'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, ai criteri di finanziamento e ai bilanci, alla gestione delle risorse umane e all'organizzazione del lavoro, agli indicatori di qualita' dei servizi e delle prestazioni, alla metodologia delle attivita' didattiche, alla durata dei corsi stessi, nonche' alle modalita' con cui valutate i risultati ottenuti dai partecipanti". Anche tale potere di ingerenza affidato al Ministro della sanita' e' del tutto estraneo al sistema dei rapporti tra Stato e provincia autonoma di Trento. Mentre per alcuni aspetti e' del tutto assente un interesse nazionale che possa giustificare un qualunque intervento, almeno nella situazione di autofinanziamento propria della ricorrente provincia (si pensi appunto al riferimento al finanziamento o alla gestione delle risorse umane), per gli altri aspetti indicati si possono immaginare profili di principio, che potrebbero giustificare un intervento di livello statale: tuttavia da effettuarsi mediante l'uso degli strumenti costituzionalmente appropriati. Si vuole dire che, ferma la titolarita' provinciale della formazione anche del personale del servizio sanitario nazionale e del personale sanitario in particolare (come gia' stabilito da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n. 319 del 1993) il legislatore avrebbe potuto dettare esso stesso, ove lo avesse ritenuto necessario, le idonee disposizioni di principio, o avrebbe potuto attivare la funzione di indirizzo e coordinamento, secondo le regole proprie di essa: tra cui il rispetto del principio di legalita' sostanziale e la collegialita' del Governo (come ribadito da codesta ecc.ma Corte costituzionale da ultimo con sentenza n. 408 del 1998, con ampia illustrazione delle regioni e del fondamento costituzionale della regola), la previa intesa con la conferenza Stato-regioni e, per quanto riguarda le province autonome di Trento e di Bolzano, con previa consultazione ai sensi dell'art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 266 del 1992. Naturalmente, all'attivazione della funzione di indirizzo e coordinamento avrebbe poi dovuto conseguire il risultato tipico di tale funzione, cioe' il caratteristico vincolo agli obbiettivi e ai risultati (per la provincia di Trento, specificatamente, art. 3, comma 2, del d.P.R. ora citato). Nella disciplina recata dal d.lgs. n. 229 del 1999, invece, si tratta soltanto di impropri ed illegittimi poteri di ingerenza dell'ammissione statale di settore sulle funzioni legislative ed amministrative spettanti alla provincia. Ne' puo' dirsi che l'esercizio di tali poteri e' necessario per assicurare la "validita' nazionale" degli attestati di qualifica rilasciati a fine corso di formazione: da un lato, infatti, eventuali esigenze di coordimento nazionale non possono che trovare espressione nell'ambito della tipica funzione di indirizzo e coordinamento, dall'altro e' da ricordare che per regola generale, posta dall'art. 5 del d.P.R. 11 novembre 1973, n. 689, "gli attestati di qualifica rilasciati nella provincia di Trento e di Bolzano, al termine di corsi di addestramento o formazione professionale da esse autorizzati, hanno la stessa validita' degli attestati rilasciati a norma della legislazione statale". Si tratta dunque di un sorta di principio di riconoscimento degli attestati, che puo' presupporre a monte un coordimento nei modi costituzionalmente legittimi, ma che non tollera poteri di ingerenza normativi ed amministrativi dell'amministrazione di settore. Infine, i poteri statali qui contestati contrastano anche con il principio enunciato dall'art. 2, comma 2, della legge delega, che limitando il vincolo derivante alle province autonome di Trento e di Bolzano ai soli principi fondamentali del decreto legislativo chiaramente esclude che esso potesse prevedere la subordinazione delle province a poteri statali regolativi secondari o addirittura amministrativi. Ragioni analoghe a quelle ora illustrate stanno a fondamento anche della illegittimita' costituzionale della disposizione ora introdotta quale art. 16-sexies, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, relativo alle "strutture del servizio sanitario nazionale per la formazione", secondo cui il "Ministro della sanita', su proposta della regione o provincia autonoma interessa, individua i presidi ospedalieri, le strutture distrettuali e i dipartimenti in possesso dei requisiti di idoneita' stabiliti dalla Commissione di cui all'art. 16-ter, ai quali riconoscere funzioni di insegnamento ai fini della formazione e dell'aggiornamento del personale sanitario". Anche in tali disposizioni la ricorrente provincia ravvisa una consistente violazione della propria autonomia legislativa ed amministrativa, realizzata attraverso la previsione di poteri di ingerenza di organi settoriali statali: in primo luogo vi e', in via normativa la fissazione dei "requisiti di idoneita'" da parte della Commissione di cui all'art. 16-ter. In secondo luogo vi e' addirittura la sostituzione del Ministro ai competenti organi della regione nella concreta individuazione dei presidi ospedalieri, le strutture distrettuali e i dipartimenti in possesso dei requisiti di idoneita'. Quest'ultima attribuzione di potere ministeriale appare particolarmente arbitraria: si tratta infatti di potere amministrativo di contenuto eminentemente provvedimentale, che consiste soltanto nella applicazione di criteri predefiniti e non presenta alcun risvolto politico (per il quale dunque non vi sarebbe alcuna ragione di competenza statale ministeriale), quindi di indubbia spettanza provinciale: come d'altronde emerge nella stessa disposizione qui impugnata, che prevede essa stessa la necessita' di una proposta regionale o provinciale, senza la quale il Ministro non puo' provvedere e dalla quale non puo' discostarsi. Ma detto questo, cio' che emerge e' che il ruolo che il Ministro esercita non puo' essere altro che quello di un improprio controllo sulla correttezza dell'esercizio del potere di individuazione attuato con la proposta dei competenti organi provinciali. E' ovvio pero' che i poteri di controllo che lo Stato puo' esercitare sulla provincia sono puntualmente ed esaustivamente definiti dallo statuto di autonomia e dalle norme di attuazione, e che nessun altro potere del genere puo' essere surrettiziamente introdotto mediante un arbitrario coinvolgimento del Ministro nelle funzioni amministrative locali. Il potere ministeriale in questione non rappresenta dunque altro che una ingiustificata ed arbitraria spoliazione della competenza provinciale, in contrasto anche (come d'altronde deve dirsi anche per i poteri puntuali previsti dall'art. 16-quinquies) con il disposto dell'art. 4 del d.P.R. n. 266 del 1992, che nelle materie di competenza provinciale vieta il conferimento ad organi statali di funzioni amministrative diverse da quelle previste dallo statuto e dalle norme di attuazione. Ma non meno lesivo e' il potere riconosciuto alla "commissione di cui all'art. 16-ter" di stabilire i criteri per il riconoscimento della idoneita', sostituendosi in cio' alla potesta' legislativa provinciale. Va osservato di nuovo che le eventuali esigenze di coordimento nazionale devono trovare soluzione nell'ambito dei tipici strumenti di coordimento sia in via legislativa che in via amministrativa, senza deleghe e sovrapposizioni di potere ad organi settoriali ed estranei ai rapporti consentiti tra Stato e provincia autonoma.
P. Q. M. Chiede di dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle contestate disposizioni dell'art. 8 e dell'art. 14 dell'impugnato d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, in quanto si applicano alla ricorrente provincia, per violazione dello statuto di autonomia e delle norme di attuazione, cosi' come indicato in premessa e secondo i profili e le ragioni illustrate nel ricorso. Padova-Roma, addi' 3 agosto 1999. Prof. avv. Giandomenico Falcon - prof. avv. Luigi Manzi 99C0894