N. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 agosto 1999

                                 N. 28
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale  depositato  in
 cancelleria il 6 agosto 1999 (della provincia autonoma di Trento)
 Sanita'  pubblica  -  Norme  per  la  razionalizzazione  del servizio
    sanitario nazionale - Prestazioni erogate  in  forma  indiretta  -
    Limiti riguardanti la misura massima dei rimborsi e le prestazioni
    fruibili  -  Applicabilita' alle province autonome - Ricorso della
    provincia autonoma di Trento -  Denunciato  carattere  dettagliato
    della   disposizione   limitativa   -   Lesione  delle  competenze
    provinciali e  del  sistema  di  rapporti  tra  Stato  e  province
    autonome.
 Sanita'  pubblica  -  Norme  per  la  razionalizzazione  del servizio
    sanitario nazionale - Formazione del personale sanitario - Obbligo
    delle regioni e province autonome di organizzare e attivare  corsi
    di  formazione  manageriale, previo accordo con il Ministero della
    sanita' e secondo criteri  definiti  con  decreto  ministeriale  -
    Onere  di avvalersi, all'occorrenza, di soggetti accreditati dalla
    Commissione nazionale per la formazione continua -  Ricorso  della
    provincia autonoma di Trento - Denunciata lesione delle competenze
    provinciali  e  del  sistema  di  rapporti  tra  Stato  e province
    autonome - Inosservanza delle regole di esercizio  della  funzione
    di  indirizzo e coordinamento - Violazione di principi posti dalla
    legge delega n. 419/1998.
 Sanita' pubblica  -  Norme  per  la  razionalizzazione  del  servizio
    sanitario  nazionale  -  Strutture per la formazione del personale
    sanitario - Individuazione riservata al Ministro della sanita', su
    proposta della regione o provincia autonoma interessata ed in base
    ai requisiti di idoneita' fissati dalla Commissione nazionale  per
    la  formazione  continua  -  Ricorso  della  provincia autonoma di
    Trento - Denunciata invasione di competenze ad  essa  spettanti  -
    Violazione  di norme statutarie e di attuazione.  D.Lgs. 19 giugno
    1999, n. 229, artt. 8 e 14.
 Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 29, 9, n. 10  e  16;  d.lgs.
    16  marzo  1992,  n.  266; legge 30 novembre 1998, n. 419, art. 2,
    comma 2.
(GU n.47 del 24-11-1999 )
   Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona   del
 presidente della Giunta provinciale pro-tempore dott. Lorenzo Dellai,
 autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n. 6322 del 30
 luglio  1999  (allegato  1), rappresentata e difesa - come da procura
 speciale del 3 agosto 1999 (rep. n. 023552) rogata dal dott.  Claudio
 Nanfito'  in  qualita'  di  ufficiale  rogante della provincia stessa
 (allegato 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova  e  Luigi
 Manzi  di  Roma,  con  domicilio  eletto  in  Roma  presso  lo studio
 dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5;
   Contro,   il   Presidente   del   Consiglio  dei  Ministri  per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale:
     dell'art. 8 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, recante "Norme per
 la  razionalizzazione  del  servizio  sanitario  nazionale,  a  norma
 dell'art.  1  della  legge  30  novembre 1998, n. 419", pubblicato in
 Gazzetta Ufficiale,  serie  generale  n.  165  del  16  luglio  1999,
 supplemento   ordinario,   nella  parte  in  cui  esso,  introducendo
 "Modificazioni all'art.  8 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n.  502"  con
 il  nuovo art. 8-septies pone rigidi limiti alla potesta' provinciale
 di  stabilire  il  rimborso  per  le  prestazioni  erogate  in  forma
 indiretta;
     dell'art. 14 dello stesso decreto legislativo, nella parte in cui
 esso,  introducendo  "Integrazioni all'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre
 1992, n. 502", prevede ai nuovi art. 16-quinquies e 16-sexies  poteri
 statali  di  ingerenza  in  funzioni  legislative e amministrative di
 competenza provinciale per violazione;
     dell'art. 8, n. 29, e dell'art. 9, n. 10 dello statuto; dell'art.
 16 dello  statuto  e  delle  relative  norme  di  attuazione,  ed  in
 particolare del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, e del d.P.R. 1 novembre
 1973, n.  689;
     del  sistema di relazioni tra Stato e province autonome stabilito
 dal d.P.R. 16 marzo 1992, n. 266;
     del principio  stabilito  a  garanzia  dell'autonomia  di  talune
 regioni  speciali  e  delle  province  autonome dall'art. 2, comma 2,
 della legge delega 30 novembre 1998, n. 419 per i profili e nei  modi
 di seguito illustrati.
                            Fatto e diritto
   Il presente ricorso riguarda tre disposizioni introdotte dal d.lgs.
 19  giugno  1999,  n.  229  nel  corpo  della disciplina del servizio
 sanitario nazionale gia' stabilita dal d.lgs. 30  dicembre  1992,  n.
 502,  relative  rispettivamente ai rimborsi relativi alle prestazioni
 erogate in forma indiretta (nuovo art. 8-septies) ed alla  formazione
 del personale sanitario (nuovi artt. 16-quinquies e sexies).
   Non  e'  dubbio  che  si  tratti  di ambiti e materia affidati alla
 competenza legislativa ed amministrativa provinciale,  sia  sotto  il
 profilo della assistenza sanitaria che sotto quello della formazione.
 Da  un  lato  infatti  l'art.  8,  n.  29,  dello statuto affida alle
 province la potesta'  legislativa  in  materia  dell'addestramento  e
 formazione  professionale, dall'altro l'art. 9, n. 10, affida ad essa
 la potesta' legislativa in materia dell'igiene  e  sanita'  pubblica,
 compresa  l'assistenza  sanitaria e ospedaliera e per entrambe l'art.
 16,  secondo  la  regola  generale  del  parallelismo,  assegna  alle
 province altresi' la potesta' amministrativa.
   Tali  attribuzioni  di  competenza  sono  state  concretizzate  con
 apposite norme di attuazione. Precisamente, si tratta  per  la  parte
 sanitaria  del  d.P.R.  28  marzo 1975, n. 474, per la parte relativa
 alla formazione del d.P.R. 1 novembre 1973, n. 689.
   Nell'esercizio delle proprie  competenze  statutarie  la  provincia
 autonoma  di Trento ha via via disciplinato la materia con le proprie
 leggi in modo completo e rispettoso dei vincoli che ad essa  derivano
 secondo i principi statutari dalla legislazione statale.
   La  nuova  legislazione  sanitaria  dello  Stato, introdotta con il
 d.lgs. n. 229 del 1999, appare in genere rispettosa delle regole  che
 riguardano   in   generale   i   rapporti   tra   la  legislazione  e
 l'amministrazione statale e  la  regione  Trentino-Alto  Adige  e  le
 province autonome di Trento e di Bolzano, come precisate specialmente
 dal  d.P.R.  16  marzo  1992,  n.  266,  oltre  che (sotto il profilo
 dell'autonomia finanziaria) dal titolo VI dello statuto e dalla legge
 30 novembre 1989, n. 386.
   Cio' anche in  attuazione  del  principio  direttivo  della  delega
 espressamente previsto dell'art. 2, comma 2, della legge n. 419/1998,
 secondo  cui  "la  regione  Valle  d'Aosta, la regione Friuli-Venezia
 Giulia e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano  adaguano  la
 propria legislazione, in coerenza con il sistema di autofinanziamento
 del  settore  sanitario  e  nei limiti dei rispettivi statuti e delle
 relative norme di attuazione, ai principi  fondamentali  dei  decreti
 legislativi attuativi della presente legge".
   Con tale disposizione il legislatore delegato ha voluto riconoscere
 la  posizione  particolare  spettante  per quanto qui interessa) alle
 province autonome di Trento  e  di  Bolzano:  alle  quali  spetta  il
 compito di individuare nella nuova legislazione statale quei principi
 fondamentali  o  di  riforma  ai  quali  adeguare  la  propria, salva
 l'eventuale contestazione statale del mancato adeguamento.
   Per le ragioni indicate, dunque, di regola il  decreto  legislativo
 non  menziona  espressamente  le  province  autonome  di  Trento a di
 Bolzano, lasciando in relazione ad esse funzionare appunto le  regole
 generali:    il dovere di adeguamento della propria legislazione, nei
 limiti previsti dallo Statuto,  nei  sei  mesi  successivi  a  quella
 statale  (art.  2 d.P.R.  n. 266/1992), la partecipazione provinciale
 ai fondi di cui e' previsto il riparto tra le regioni a l'utilizzo  a
 favore di esse (art. 5, legge n. 386/1989).
   Allontanandosi  da  tale  corretta  applicazione dei principi nelle
 disposizioni qui impugnate il d.lgs. n. 229 del 1999 dispone invece a
 carico delle province autonome di Trento e di Bolzano  o  la  diretta
 applicazione  di norme dello stesso decreto, o la soggezione a poteri
 amministrativi statali incompatibili con il quadro  statutario,  come
 sopra delineato.
   Occorre dunque ora considerare le disposizioni contestate.
   L'art.  8-septies  del  d.lgs.  n.  502  del  1992, come introdotto
 dall'art.  8 del d.lgs. n. 229 del 1999, concernente le  "Prestazioni
 erogate  in  forma  indiretta"  dispone che "i rimborsi relativi alle
 prestazioni erogate in forma indiretta sono definiti dalle regioni  e
 dalle  provincie  autonome  in  misura non superiore al cinquanta per
 cento delle corrispondenti tariffe  regionali  determinate  ai  sensi
 dell'art. 8-sexies", e che "entro diciotto mesi dalla data di entrata
 in  vigore  del  presente  decreto che modifica il d.lgs. 30 dicembre
 1992, n. 502, e successive modificazioni, e' abolita l'assistenza  in
 forma  indiretta  per  le  prestazioni  di  assistenza  specialistica
 ambulatoriale e in regime di degenza".
   Non tocca notare qui l'infelice redazione del testo normativa,  che
 essendo concepito quale nuovo articolo del d.lgs. n. 502 del 1992 non
 dovrebbe  contenere  riferimenti  ad un "presente decreto" diverso da
 quello. Ovviamente, quello che qui interessa  e'  la  sostanza  della
 disposizione, la quale con diretto riferimento alle province autonome
 limita  ad un massimo del 50% delle tariffe stabilite in generale per
 il servizio sanitario nazionale il rimborso.
   Va  premesso  che  nella provincia autonoma di Trento la materia e'
 attualmente gia' disciplinata dall'art. 68 della legge provinciale 11
 settembre  1998,  n.  10.  Secondo  tale   disposizione   la   Giunta
 provinciale  "nell'osservanza del principio della libera scelta delle
 strutture e dei professionisti"  e  "nell'ambito  degli  obiettivi  e
 indirizzi  della programmazione sanitaria e delle risorse finanziarie
 disponibili", definisce "il quadro delle prestazioni sanitarie per le
 quali e' possibile la fruizione in forma indiretta ... i criteri,  le
 modalita'  e  le  misure  del  concorso  alla  spesa  sostenuta dagli
 assistiti" (comma 2).
   Come  si  vede,  la  legge  provinciale  inserisce  totalmente   la
 determinazione sia delle prestazioni ammissibili sia della misura del
 rimborso nella programmazione e nel quadro delle risorse disponibili,
 fermo  restando che si tratti di un concorso nella spesa, e non della
 totale assunzione  a  carico  della  spesa  provinciale.  Il  decreto
 legislativo  introduce  ora  - sia quanto alle prestazioni che quanto
 alla misura del concorso - limitazioni di  dettaglio  e  direttamente
 operative,  in  violazione  dell'art. 2 del d.P.R. n. 266 del 1992, e
 comunque incompatibili con il sistema delle  relazioni  tra  Stato  e
 provincie autonome.
   In  effetti,  ad  avviso della ricorrente provincia la legittimita'
 costituzionale della disposizione non verrebbe salvata neppure ove la
 si interpretasse nel senso che essa non e' direttamente operativa, ma
 pone un vincolo di  adeguamento,  perche'  e'  proprio  il  contenuto
 dettagliato e preciso della disposizione a confliggere con il vincolo
 della   provincia   ai   soli   principi   fondamentali  del  decreto
 legislativo:  limitato vincolo derivante gia' dallo statuto  e  dalle
 norme di attuazione e precisato dalla stessa legge di delega.
   Si  noti  che  nella  legge  di  delega  n. 419/1998 la particolare
 limitazione del vincolo derivante alle provincie autonome di Trento e
 di Bolzano  posta  dall'art.  2  comma  2,  conteneva  uno  specifico
 riferimento  al  "sistema di autofinanziamento del settore sanitario"
 in esse vigente, che sta ad ulteriore  fondamento  di  un  regime  di
 particolare liberta' la' dove, come in questo caso, si tratti proprio
 di un problema di misura della spesa.
   In definitiva, posto che le risorse utilizzate per il finanziamento
 della  spesa  sanitaria  in  generale,  e  di quella per l'assistenza
 indiretta  in  particolare,  sono  comunque  risorse  proprie   della
 comunita'   provinciale,  che  attraverso  le  sue  procedure  decide
 semplicemente se allocarle in questo o in quel settore  ed  in  quale
 misura, viene meno ogni possibile ragione di interesse nazionale alla
 precisa delimitazione "unitaria" delle prestazioni o della misura del
 rimborso.  E  se  non  vi  e'  -  per  la  specifica situazione della
 provincia autonoma di Trento - alcuna base di interesse  nazionale  a
 fondamento  della  disciplina  limitativa viene evidentemente meno la
 possibilita' di qualificare le  corrispondenti  norme  come  principi
 fondamentali.
   Ne  consegue  l'illegittimita'  costituzionale  del vincolo posto a
 carico della provincia autonoma di Trento.
   Allo  stesso  modo  costituzionalmente   illegittima   risulta   la
 disposizione  dall'art. 16-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, come
 aggiunto dal d.lgs.  n.  229  del  1999,  nella  parte  in  cui  pone
 limitazioni  procedurali e di contenuto alla facolta' della provincia
 di disciplinare e istituire corsi  di  formazione  per  il  personale
 chiamato  a  svolgere  incarichi  relativi  a  funzioni  di direzione
 sanitaria  aziendale  o  comunque  a funzioni dirigenziali di secondo
 livello nell'ambito del servizio sanitario provinciale.
   Viene  qui  in  contestazione,  come  conviene  precisare,  non  il
 principio   posto  dal  comma  1  secondo  il  quale  tali  incarichi
 richiedono una  particolare  formazione,  bensi'  quanto  di  seguito
 disposto dai commi 2 e 3.
   Secondo  il  comma 2 "le regioni e le province autonome di Trento e
 di Bolzano, previo accordo con il Ministero della  sanita'  ai  sensi
 dell'art.  4  del  d.lgs.  28  agosto  1997,  n.  281,  organizzano e
 attivano, a livello regionale o  interregionale,  avvalendosi  anche,
 ove  necessario,  di  soggetti  pubblici  e privati accreditati dalla
 commissione di cui all'art. 16-ter, i corsi per la formazione di  cui
 al comma 1, tenendo anche conto delle discipline di appartenenza". Si
 precisa inoltre che lo "stesso accordo definisce i criteri in base ai
 quali  l'Istituto superiore di sanita' attiva e organizza i corsi per
 i  direttori  sanitari  e  i  dirigenti  responsabili  di   struttura
 complessa  dell'area  di  sanita'  pubblica  che  vengono  attivati a
 livello nazionale".
   Ora, va rilevato in primo luogo come sia del  tutto  arbitrario  il
 riferimento  all'art. 4 del d.lgs. n. 281 del 1997, il quale prevede,
 in tutt'altro spirito e tutt'altro significato, che il Governo (e non
 un singolo Ministro) e le regioni e province autonome di Trento e  di
 Bolzano  possano  (nella  rispettiva  autonomia  politica,  e non per
 vincolo legislativo e come condizione per l'esercizio di una  proprie
 competenza)  concludere  accordi  al  fine  di coordinare l'esercizio
 delle proprie competenze e svolgere attivita' di interesse comune.
   E' evidente come tutto cio' non abbia  nulla  a  che  fare  con  il
 sottoporre  l'attivazione l'organizzazione dei corsi di formazione di
 competenza provinciale alla condizione  di  un  previo  consenso  del
 Ministro  della  sanita',  e  come cio' realizzi invece una impropria
 ingerenza del Ministro nell'attivita' legislativa e amministrativa di
 competenza provinciale, del  tutto  estranea  allo  strumentario  dei
 possibili  rapporti  tra  Stato  e provincia autonoma di Trento quale
 delineato dallo statuto e dalle norme di attuazione.
   Non meno impropria e' la precisazione che per tali corsi le regioni
 e le province autonome di Trento e di Bolzano potranno  avvalersi  di
 soggetti  diversi,  ma  solo  "ove  necessario"  e  comunque  solo di
 soggetti "accreditati  dalla  commissione  di  cui  all'art.  16-ter:
 sostituendo  cosi'  nelle  scelte  amministrative della provincia una
 entita' statale del tutto estranea ad essa.
   Ancora, il seguente comma 3 dello stesso articolo dispone che  "con
 decreto  del Ministro della sanita', su proposta della commissione di
 cui all'art. 16-ter, sono definiti i criteri  per  l'attivazione  dei
 corsi    di   cui   al   comma   2,   con   particolare   riferimento
 all'organizzazione e gestione dei servizi  sanitari,  ai  criteri  di
 finanziamento  e  ai  bilanci,  alla  gestione  delle risorse umane e
 all'organizzazione  del  lavoro,  agli  indicatori  di  qualita'  dei
 servizi   e  delle  prestazioni,  alla  metodologia  delle  attivita'
 didattiche, alla durata dei corsi stessi, nonche' alle modalita'  con
 cui valutate i risultati ottenuti dai partecipanti".
   Anche  tale  potere di ingerenza affidato al Ministro della sanita'
 e' del tutto estraneo al sistema dei rapporti tra Stato  e  provincia
 autonoma di Trento. Mentre per alcuni aspetti e' del tutto assente un
 interesse  nazionale  che possa giustificare un qualunque intervento,
 almeno nella situazione di autofinanziamento propria della ricorrente
 provincia  (si  pensi  appunto al riferimento al finanziamento o alla
 gestione delle risorse umane), per  gli  altri  aspetti  indicati  si
 possono  immaginare profili di principio, che potrebbero giustificare
 un intervento di livello statale: tuttavia  da  effettuarsi  mediante
 l'uso degli strumenti costituzionalmente appropriati.
   Si   vuole   dire  che,  ferma  la  titolarita'  provinciale  della
 formazione anche del personale del servizio sanitario nazionale e del
 personale sanitario in particolare (come gia'  stabilito  da  codesta
 ecc.ma  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n. 319 del 1993) il
 legislatore  avrebbe  potuto  dettare  esso  stesso,  ove  lo  avesse
 ritenuto  necessario,  le idonee disposizioni di principio, o avrebbe
 potuto attivare la funzione di indirizzo e coordinamento, secondo  le
 regole  proprie  di  essa:    tra  cui  il  rispetto del principio di
 legalita' sostanziale e la collegialita' del Governo  (come  ribadito
 da  codesta ecc.ma Corte costituzionale da ultimo con sentenza n. 408
 del 1998, con ampia illustrazione  delle  regioni  e  del  fondamento
 costituzionale  della  regola),  la  previa  intesa con la conferenza
 Stato-regioni e, per quanto riguarda le province autonome di Trento e
 di Bolzano, con previa consultazione ai sensi dell'art. 3,  comma  3,
 del d.P.R. n. 266 del 1992.
   Naturalmente,   all'attivazione   della  funzione  di  indirizzo  e
 coordinamento avrebbe poi dovuto conseguire il  risultato  tipico  di
 tale  funzione,  cioe' il caratteristico vincolo agli obbiettivi e ai
 risultati (per la provincia  di  Trento,  specificatamente,  art.  3,
 comma 2, del d.P.R.  ora citato).
   Nella  disciplina  recata  dal  d.lgs.  n. 229 del 1999, invece, si
 tratta soltanto  di  impropri  ed  illegittimi  poteri  di  ingerenza
 dell'ammissione  statale  di  settore  sulle  funzioni legislative ed
 amministrative spettanti alla provincia.
   Ne' puo' dirsi che l'esercizio di tali  poteri  e'  necessario  per
 assicurare  la  "validita'  nazionale"  degli  attestati di qualifica
 rilasciati a fine corso di formazione: da un lato, infatti, eventuali
 esigenze di coordimento nazionale non possono che trovare espressione
 nell'ambito della  tipica  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento,
 dall'altro e' da ricordare che per regola generale, posta dall'art. 5
 del  d.P.R.    11  novembre 1973, n. 689, "gli attestati di qualifica
 rilasciati nella provincia di Trento e  di  Bolzano,  al  termine  di
 corsi   di   addestramento   o   formazione   professionale  da  esse
 autorizzati, hanno la stessa validita' degli attestati  rilasciati  a
 norma della legislazione statale".
   Si  tratta  dunque di un sorta di principio di riconoscimento degli
 attestati, che puo' presupporre  a  monte  un  coordimento  nei  modi
 costituzionalmente  legittimi, ma che non tollera poteri di ingerenza
 normativi ed amministrativi dell'amministrazione di settore.
   Infine, i poteri statali qui contestati contrastano  anche  con  il
 principio  enunciato  dall'art.  2,  comma 2, della legge delega, che
 limitando il vincolo derivante alle province autonome di Trento e  di
 Bolzano   ai  soli  principi  fondamentali  del  decreto  legislativo
 chiaramente esclude che  esso  potesse  prevedere  la  subordinazione
 delle  province  a  poteri statali regolativi secondari o addirittura
 amministrativi.
   Ragioni  analoghe a quelle ora illustrate stanno a fondamento anche
 della illegittimita' costituzionale della disposizione ora introdotta
 quale art. 16-sexies, comma 1, del d.lgs. n. 502 del  1992,  relativo
 alle  "strutture del servizio sanitario nazionale per la formazione",
 secondo cui il "Ministro della sanita', su proposta della  regione  o
 provincia  autonoma  interessa,  individua  i presidi ospedalieri, le
 strutture distrettuali e i dipartimenti in possesso dei requisiti  di
 idoneita'  stabiliti  dalla  Commissione  di  cui all'art. 16-ter, ai
 quali riconoscere funzioni di insegnamento ai fini della formazione e
 dell'aggiornamento del personale sanitario".
   Anche in tali disposizioni  la  ricorrente  provincia  ravvisa  una
 consistente   violazione   della  propria  autonomia  legislativa  ed
 amministrativa, realizzata attraverso  la  previsione  di  poteri  di
 ingerenza  di organi settoriali statali: in primo luogo vi e', in via
 normativa la fissazione dei "requisiti di idoneita'" da  parte  della
 Commissione  di  cui  all'art.    16-ter.  In  secondo  luogo  vi  e'
 addirittura la sostituzione del Ministro ai competenti  organi  della
 regione  nella  concreta  individuazione  dei presidi ospedalieri, le
 strutture distrettuali e i dipartimenti in possesso dei requisiti  di
 idoneita'.
   Quest'ultima    attribuzione    di   potere   ministeriale   appare
 particolarmente   arbitraria:   si   tratta   infatti    di    potere
 amministrativo   di   contenuto  eminentemente  provvedimentale,  che
 consiste soltanto nella applicazione di  criteri  predefiniti  e  non
 presenta  alcun risvolto politico (per il quale dunque non vi sarebbe
 alcuna  ragione  di  competenza  statale  ministeriale),  quindi   di
 indubbia  spettanza  provinciale: come d'altronde emerge nella stessa
 disposizione qui impugnata, che prevede essa stessa la necessita'  di
 una  proposta regionale o provinciale, senza la quale il Ministro non
 puo' provvedere e dalla quale non puo' discostarsi.
   Ma detto questo, cio' che emerge e' che il ruolo  che  il  Ministro
 esercita  non  puo' essere altro che quello di un improprio controllo
 sulla correttezza dell'esercizio del potere di individuazione attuato
 con la proposta dei competenti organi provinciali.
   E' ovvio pero'  che  i  poteri  di  controllo  che  lo  Stato  puo'
 esercitare   sulla  provincia  sono  puntualmente  ed  esaustivamente
 definiti dallo statuto di autonomia e dalle norme  di  attuazione,  e
 che  nessun  altro  potere  del  genere  puo' essere surrettiziamente
 introdotto mediante un arbitrario coinvolgimento del  Ministro  nelle
 funzioni amministrative locali.
   Il  potere  ministeriale  in questione non rappresenta dunque altro
 che una ingiustificata ed  arbitraria  spoliazione  della  competenza
 provinciale, in contrasto anche (come d'altronde deve dirsi anche per
 i  poteri  puntuali  previsti dall'art. 16-quinquies) con il disposto
 dell'art. 4 del  d.P.R.  n.  266  del  1992,  che  nelle  materie  di
 competenza  provinciale  vieta  il  conferimento ad organi statali di
 funzioni amministrative diverse da quelle previste  dallo  statuto  e
 dalle norme di attuazione.
   Ma  non  meno lesivo e' il potere riconosciuto alla "commissione di
 cui all'art. 16-ter" di stabilire i  criteri  per  il  riconoscimento
 della  idoneita',  sostituendosi  in  cio'  alla potesta' legislativa
 provinciale. Va osservato di  nuovo  che  le  eventuali  esigenze  di
 coordimento nazionale devono trovare soluzione nell'ambito dei tipici
 strumenti   di   coordimento  sia  in  via  legislativa  che  in  via
 amministrativa, senza deleghe e sovrapposizioni di potere  ad  organi
 settoriali  ed  estranei ai rapporti consentiti tra Stato e provincia
 autonoma.
                                P. Q. M.
   Chiede  di   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale   delle
 contestate  disposizioni  dell'art.  8  e dell'art. 14 dell'impugnato
 d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, in quanto si applicano alla ricorrente
 provincia, per violazione dello statuto di autonomia e delle norme di
 attuazione, cosi' come indicato in premessa e secondo i profili e  le
 ragioni illustrate nel ricorso.
     Padova-Roma, addi' 3 agosto 1999.
        Prof. avv. Giandomenico Falcon - prof. avv. Luigi Manzi
 99C0894