N. 604 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 febbraio 1999

                                N. 604
  Ordinanza  emessa  il  3  febbraio 1999 dal tribunale amministrativo
 regionale per l'Emilia-Romagna sul  ricorso  proposto  da  Scoglietti
 Domenico contro Ministero di grazia e giustizia
 Impiego  pubblico  -  Corpo  di  polizia  penitenziaria  - Dipendente
    condannato in sede penale - Possibilita' di destituzione all'esito
    del procedimento disciplinare  -  Termine  perentorio  di  novanta
    giorni  per  la  conclusione  di  detto  procedimento  - Eccessiva
    brevita' del termine stesso per lo  svolgimento,  da  parte  della
    pubblica  amministrazione,  di  tutti  gli atti endoprocedimentali
    previsti a difesa dell'incolpato - Dedotta inadeguata  valutazione
    dei   fatti   -   Irragionevolezza  -  Lesione  del  principio  di
    imparzialita' e buon andamento della P.A.
 - D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, art. 6, comma 4.
 - Cost., artt. 3 e 97.
(GU n.44 del 3-11-1999 )
                       IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1752 del  1997,
 proposto  da  Domenico  Scoglietti,  rappresentato e difeso dall'avv.
 Antonio Carullo ed elettivamente domiciliato presso lo  studio  dello
 stesso, in Bologna, strada Maggiore n. 47;
   Contro  il  Ministro di grazia e giustizia, in persona del Ministro
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocatura  distrettuale
 dello  Stato  di  Bologna, per l'annullamento del decreto 1 settembre
 1997 del Direttore  generale  del  dipartimento  dell'amministrazione
 penitenziaria  presso  il  Ministero  di  grazia e giustizia, con cui
 viene  irrogata  la  sanzione  della  destituzione  dal  servizio  al
 ricorrente Domenico Scoglietti;
     della  delibera  del consiglio centrale di disciplina (depositata
 il 7 giugno 1997), che propone la sanzione di cui sopra;
     nonche'  di  ogni   altro   atto   conseguenziale   o   correlato
 eventualmente  emanato dall'amministrazione e, comunque, contrastante
 con le richieste del ricorrente, anche se allo stato ignoto;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero di grazia  e
 gistizia;
   Viste le memorie difensive delle parti;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Designato  relatore  per la pubblica udienza del 3 febbraio 1999 il
 dott  Domenico Lundini;
   Uditi,  all'udienza  predetta,  l'avv.   Belli,   in   sostituzione
 dell'avv.    Carullo, per il ricorrente, e l'avv. dello Stato Mancini
 per l'amministrazione;
   Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
                               F a t t o
   Nei   confronti   del  sig.  Domenico  Scoglietti,  dipendente  del
 Ministero di grazia e giustizia in qualita' di  agente  di  custodia,
 sottoposto  a  procedimento penale per concorso nel reato di falso in
 atto pubblico  e  per  truffa  aggravata,  e'  stata  applicata,  con
 sentenza  del  g.i.p.    presso il tribunale di Saluzzo, ex art. 444,
 c.p.p., la pena di  mesi  cinque  e  giorni  25  di  reclusione,  col
 beneficio della sospensione condizionale.
   Conseguentemente  il Ministero di grazia e giustizia ha notificato,
 allo Scoglietti, in data 9 luglio  1996,  contestazione  disciplinare
 per  infrazione  di cui all'art. 6, comma 2, lettere a) e d), e comma
 3, lettera a), del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449.
   Il  consiglio  centrale  di  disciplina,  nella  riunione   dell'11
 febbraio 1997, ha proposto la destituzione, che e' stata poi di fatto
 irrogata   con   decreto  del  Direttore  generale  del  dipartimento
 dell'amministrazione penitenziaria in data 1 settembre 1947.
   Avverso tale provvedimento insorge l'interessato, deducendo:
     1) illegittimita' per violazione di legge:  violazione  dell'art.
 6   del   d.lgs.   30   ottobre  1992,  n.  449.  E'  stato  ignorato
 dall'amministrazione il termine perentorio di novanta giorni entro il
 quale il procedimento disciplinare, avviato  a  seguito  di  condanna
 penale  passata  in giudicato, deve essere concluso, ex art. 6, comma
 4, d.lgs. n. 449/1992. Invero  la  contestazione  degli  addebiti  e'
 stata  notificata nel luglio 1996 e la sanzione della destituzione e'
 stata irrogata con decreto del 1 luglio 1997,  notificato  il  giorno
 successivo.
     2)  illegittimita'  per violazione di legge: violazione dell'art.
 16 del d.lgs.  30  ottobre  1992,  n.  449.  Eccesso  di  potere  per
 violazione  del  procedimento.  Ai  sensi  dell'art. 16 del d.lgs. n.
 449/1992, la riunione del consiglio di disciplina per la  trattazione
 e  deliberazione deve aver luogo entro 15 giorni dalla prima riunione
 del consiglio stesso, mentre nella specie tale termine non  e'  stato
 rispettato.
     3)  illegittimita'  per  eccesso di potere sotto il profilo della
 carenza  di  motivazione  ed  illogicita'  manifesta  della   stessa.
 Illegittimita'  per  violazione  di  legge:  violazione  dell'art. 1,
 d.lgs. n. 449/1992 e dell'art. 3 legge n.  241/1990.  La  costruzione
 accusatoria e' speciosa ed illogica. Non e' stato contestato, invero,
 lo  stato  patologico  dello  Scoglietti,  ma  si e' assunto che tale
 patologia non poteva sussistere perche' l'agente non aveva  avuto  il
 tempo   materiale  per  farsi  visitare.  Con  tale  ragionamento  si
 giustifica  l'applicazione  della  piu'  grave  delle  sanzioni   nei
 confronti di un dipendente che mai prima di allora aveva dato modo ai
 suoi   superiori   di   sollevare  la  minima  osservazione  sul  suo
 comportamento.
   La sanzione poi e' immotivata, considerando anche che  la  sentenza
 penale,  essendo  frutto  di  "patteggiamento",  non ha dato luogo ai
 necessari  accertamenti  in  fatto,  sicche'  a  maggior  ragione  il
 Consiglio  di  disciplina doveva provvedere ad un esame esauriente ed
 ad una esaustiva motivazione.
     4) illegittimita' per violazione di legge:  violazione  dell'art.
 11  del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, non essendo stata rispettata,
 nella  specie,  la  corrispettivita'  tra   sanzione   e   infrazione
 disciplinare.    Invero,  il  ricorrente  e'  stato incolpato di aver
 inventato uno stato morboso per procurarsi alcuni giorni di riposo in
 coincidenza col capodanno. Lo Scoglietti non aveva mai dato motivo di
 doglianza   per  il  suo  comportamento  in  servizio  e  la  pretesa
 infrazione e' avvenuta dopo il termine del servizio, senza che vi sia
 stata dimostrazione di particolare malafede. Inoltre,  il  ricorrente
 e'  stato  condannato  a  soli  5  mesi  e 25 giorni di carcere (pena
 sospesa),  ben  al  sotto  quindi  della  condanna  minima   indicata
 dall'ultimo  periodo  lettera  a)  del  citato  art.  6  comma  3. Il
 consiglio  di  disciplina   e   il   Direttore   dell'amministrazione
 penitenziaria  hanno dunque errato nel non tener conto di circostanze
 tutte volte a mitigare la pena.
   Conclude per l'accoglimento del ricorso.
   La p.a. si e' costituita in giudizio e controdeduce ex adverso alle
 censure del ricorrente.
   Questi ha depositato ulteriori memorie in date 29 ottobre 1997 e 22
 gennaio 1999.
   L'istanza cautelare e' stata accolta, con ordinanza n.  668  del  6
 novembre 1997.
   Alla  pubblica  udienza  del 3 febbraio 1999 la causa e' passata in
 decisione.
                             D i r i t t o
   1. -  Con  il  primo  motivo  di  ricorso  l'istante  sostiene  che
 l'amministrazione  avrebbe  violato  l'art.  6  del d.lgs. 30 ottobre
 1992, n. 449, il quale, al comma 4, stabilisce  che  la  destituzione
 per  condanna penale passata in giudicato - comma 3, lett. a), stesso
 art. 6 - "e' inflitta all'esito di un procedimento disciplinare,  che
 deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data
 in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile
 di condanna ..." e "concluso nei successivi novanta giorni".
   Ad  avviso del ricorrente il superamento di questo secondo termine,
 da ritenersi perentorio ed invalicabile,  comporterebbe  la  radicale
 illegittimita' della sanzione espulsiva irrogata nei suoi confronti.
   2.  -  Al riguardo il collegio rileva preliminarmente che l'esposta
 censura e' prioritaria e potenzialmente assorbente, in quanto il  suo
 ipotetico   accoglimento   comporterebbe   (a  differenza  di  quanto
 conseguirebbe all'eventuale favorevole esame di altre doglianze  pure
 prospettate dall'opponente) la definitiva perenzione del procedimento
 disciplinare,   restando   quindi   preclusi  all'amministrazione  la
 riedizione dell'atto ed il nuovo esercizio del potere disciplinare.
   3. - Cio' posto, va rilevato, in punto di fatto, che effettivamente
 il termine di cui trattasi e' stato nella specie ampiamente superato,
 atteso che il funzionario istruttore e' stato nominato il  25  giugno
 1996  e  la  contestazione di addebiti e' stata formulata il 6 luglio
 1996 mentre il  decreto  ministeriale  d'irrogazione  della  sanzione
 disciplinare della destituzione e' stato adottato il 1 settembre 1997
 e successivamente notificato.
   4.  -  Orbene,  il ripetuto termine e' sicuramente perentorio, alla
 stessa stregua, del resto di quello stabilito  dall'art.  9,  secondo
 comma,  della  legge  7  febbraio  1990,  n. 19, cui l'art. 6, quarto
 comma, del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, e'  chiaramente  ispirato,
 sia dal punto di vista letterale che della ratio ad esso sottostante.
   Entrambe  dette  disposizioni,  infatti, hanno inteso drasticamente
 delimitare  una  parentesi  temporale  entro  la  quale  puo'  essere
 esercitato  il  potere  disciplinare a seguito di condanna penale, il
 cui termine iniziale e' quello di centottanta giorni dalla conoscenza
 della sentenza di condanna e il  cui  termine  finale  e'  quello  di
 novanta   giorni   decorrente   dall'inizio   del   procedimento;  il
 superamento  di  quest'ultimo  termine,  quindi,  come  ha   ritenuto
 l'adunanza plenaria del consiglio di Stato (decisione del 3 settembre
 1997,  n.  16),  risolvendo  le  precedenti incertezze interpretative
 della giurisprudenza amministrativa,  comporta  l'illegittimita'  del
 provvedimento  punitivo,  senza  nemmeno  che  possa tenersi conto di
 eventuali  ragioni  giustificatrici  connesse  a  fasi  ed   esigenze
 endoprocedimentali.
   5.  -  Tanto  premesso,  il  collegio  reputa  peraltro  di doversi
 astenere da una pronuncia di accoglimento del ricorso in esame  e  di
 conseguente  annullamento  dell'atto  impugnato,  ritenendo  di dover
 condividere i  profili  d'illegittimita'  costituzionale  prospettati
 dall'adunanza  plenaria nella citata decisione (nonche' da C.d.S. VI,
 n. 591 del 29 aprile 1998  e  n.  1244  del  14  settembre  1998)  in
 relazione  all'art.    9, comma 2, della legge n. 19/1990 e di dovere
 pertanto sollevare, d'ufficio, analoga questione anche  nel  presente
 giudizio in riferimento all'art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 449 del 30
 ottobre 1992.
   Al    riguardo   possono   essere   sostanzialmente   recepite   le
 argomentazioni gia' svolte dalla  menzionata  giurisprudenza  e  puo'
 rilevarsi,  quindi,  circa  un possibile contrasto con l'art. 3 della
 Costituzione, che la fissazione di un termine (novanta giorni) troppo
 breve puo risultare illogica perche' in contrasto con le esigenze  di
 pieno  accertamento  ed  attenta valutazione dei fatti attraverso' un
 procedimento  disciplinare  il  quale,  sebbene  caratterizzato,  nel
 d.lgs.  n.  449/1992,  da  una  scansione  di  adempimenti  piuttosto
 serrata, resta pur sempre un procedimento complesso  e  articolato  e
 comprensibilmente  suscettibile,  quindi,  di svolgersi e concludersi
 entro tempi superiori a quelli di cui al denunciato comma 4,  art.  6
 del ripetuto d.lgs. del 1992.
   Deve  inoltre osservarsi che puo' apparire irragionevole fissare il
 medesimo termine per la conclusione di un  procedimento  disciplinare
 gia'  avviato  e  successivamente  sospeso  in  pendenza del giudizio
 penale e per la conclusione di un procedimento disciplinare promosso,
 come nella specie, dopo la conclusione del procedimento penale  (CdS,
 VI, n. 1244/1998).
   Anche  l'art.  97  della  Costituzione appare vulnerato, poiche' la
 ristrettezza del termine in questione puo' in  concreto  pregiudicare
 l'adeguata  valutazione  dei  fatti  in  una  materia delicata in cui
 l'ordinamento    postula    il    conteperamento     tra     esigenze
 dell'amministrazione  e  interesse  dell'incolpato  alla prosecuzione
 dell'attivita' lavorativa.
   La necessita', poi, di una specifica ed  autonoma  valutazione,  in
 sede  disciplinare,  degli  elementi  pur  gia' sottoposti al giudice
 penale, appare poi  particolarmente  emergente  ed  apprezzabile  nel
 caso,  come  appunto quello di specie, in cui la vicenda penale si e'
 chiusa con applicazione della pena su "patteggiamento", ex art.   444
 c.p.p.,  e non vi e' stato quindi, in quella sede, accertamento pieno
 dei fatti e delle responsabilita'.
   6. - La  prospettata  questione  di  illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  6,  comma  4,  del  d.lgs.  n.  449/1992 appare dunque non
 manifestamente infondata, mentre la  sua  rilevanza,  ai  fini  della
 definizione   della   presente   controversia,   discende  da  quanto
 considerato al precedente punto 2.
   La  questione  stessa va pertanto rimessa alla Corte costituzionale
 previa sospensione del giudizio in corso.
                               P. Q. M.
   Il  tribunale  amministrativo   regionale   per   l'Emilia-Romagna,
 Bologna, I Sezione;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 6, quarto comma, del d.lgs.  30
 ottobre 1992, n. 449, nella parte in cui fissa il termine di  novanta
 giorni   per   la  conclusione  del  procedimento  disciplinare,  per
 contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
   Sospende il giudizio in corso.
   Dispone la trasmissione degli atti  alla  Corte  costituzionale,  a
 cura della segreteria di questo tribunale.
   Ordina,  altresi',  che,  a  cura  della  suddetta  segreteria,  la
 presente ordinanza sia notificata alle  parti  in  causa  nonche'  al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti
 della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
   Cosi' deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del  3  febbraio
 1999.
                          Il presidente: Scola
                                                  L'estensore: Lundini
 99C1064