N. 428 SENTENZA 8 - 19 novembre 1999

 
 
 Processo  penale  -  Incidente  probatorio  -  Esame  delle  persone
 imputate  in  procedimento  connesso e della persona  sottoposta alle
 indagini  su  fatti  concernenti  la  responsabilita'  di   altri   -
 Presupposti  -  Omessa  previsione  di   condizioni analoghe a quelle
 previste per i testimoni - Dedotta irragionevolezza,  con  disparita'
 di  trattamento    e  lesione  del diritto di difesa - Non fondatezza
 della questione.
 
 (Cod. proc. pen. 392, comma 1, lettere c) e d)).
 
 (Costituzione, artt. 3 e 24).
 
 Questione proposta con ordd. nn. 17, 199  e  386  del  1999  (GIP  di
 Marsala e GIP di Genova) - GG.UU. nn. 4, 14 e 28, 1a s.s., del 1999
 
(GU n.47 del 24-11-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  392,  comma  1,
 lettere  c)  e  d)  del  codice  di procedura penale, promossi con le
 seguenti ordinanze emesse il 20 novembre  1998  dal  giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso il Tribunale di Marsala, il 16 novembre
 1998 dal giudice per le indagini preliminari presso il  Tribunale  di
 Genova  e  l'11  maggio  1999 dal giudice per le indagini preliminari
 presso il Tribunale di Marsala, rispettivamente iscritte ai  nn.  17,
 199  e  386  del  registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale,  nn.  4,  14  e  28
 dell'anno 1999.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  13  ottobre  1999  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -    Con ordinanza emessa in data 16 novembre 1998 (r.o. n. 199
 del 1999), il  giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di
 Genova  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 392,
 comma 1, lettera c) del codice di procedura penale nella parte in cui
 consente
  l'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti  concernenti
 la  responsabilita'  di  altri  senza  che  ricorrano  le circostanze
 previste dalle lettere a) e b) dello stesso articolo e quindi "in  un
 momento   scelto   discrezionalmente   dalla  parte  che  conduce  le
 indagini".
   Il giudice  a  quo  premette  in  fatto  che  in  sede  di  udienza
 preliminare,  su  richiesta del pubblico ministero, era stato ammesso
 incidente probatorio ai sensi dell'art. 392, comma 1, lettera c) cod.
 proc.  pen., avente ad oggetto l'esame di imputati che  avevano  reso
 dichiarazioni  nei confronti di altri e che, alla successiva udienza,
 il difensore di un imputato aveva chiesto di dichiarare inammissibile
 l'incidente.
   Osserva inoltre il  rimettente  che  la  legge  n.  267  del  1997,
 modificando  l'art.  513  cod.  proc.  pen., da un lato ha introdotto
 consistenti  limitazioni   alla   possibilita'   di   utilizzare   in
 dibattimento  le  dichiarazioni  rese  dalla  persona sottoposta alle
 indagini al pubblico ministero nella fase delle indagini  preliminari
 nei  confronti  di altri, prevedendone l'utilizzabilita', nel caso in
 cui l'imputato si sia rifiutato di sottoporsi all'esame, solo con  il
 consenso  della  parte interessata; dall'altro ha ampliato le ipotesi
 di incidente  probatorio,  eliminando  le  limitazioni  di  cui  alle
 lettere  c) e d) in relazione all'esame dell'indagato e dell'imputato
 in procedimento connesso su fatti concernenti la  responsabilita'  di
 terzi.
   Su tale tessuto normativo e' poi intervenuta la sentenza n. 361 del
 1998    della    Corte    costituzionale   che,   "ripristinando   la
 utilizzabilita'   (...)   delle    dichiarazioni    concernenti    la
 responsabilita' altrui, (ha fatto) venire meno la ragione ispiratrice
 della riforma dell'art.  392 cod. proc. pen.".
   Sostiene  infatti  il  rimettente  che  l'estensione dell'incidente
 probatorio doveva ritenersi funzionalmente  collegata al nuovo regime
 (piu' restrittivo) previsto per la utilizzazione delle  dichiarazioni
 sul fatto altrui, e quindi finalizzata a consentire l'utilizzabilita'
 dibattimentale  delle  dichiarazioni eventualmente rese in tale sede;
 venuto meno, a  seguito  della  predetta  sentenza,  il  pericolo  di
 dispersione   della   prova  nel  dibattimento,  la  possibilita'  di
 anticipare  la  formazione  della  prova   in   un   momento   scelto
 discrezionalmente  dalla  parte  che  conduce le indagini, verrebbe a
 costituire una non  piu'  giustificata  limitazione  del  diritto  di
 difesa.
   La  norma  violerebbe  inoltre  l'art.  3  della  Costituzione  sia
 perche', ad avviso  del  rimettente,  appare  oggi  irragionevole  la
 deroga  ai  principi  della  concentrazione e dell'immediatezza nella
 formazione della prova, sia perche', "una volta equiparato il  regime
 di  utilizzabilita' delle dichiarazioni del coimputato che si rifiuta
 di rispondere  a  quello  dettato  per  il  testimone  reticente,  la
 diversita'  di disciplina contenuta nell'art. 392 cod. proc. pen. per
 le due ipotesi non appare piu' giustificata".
   Anche il giudice per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di
 Marsala,  con  ordinanza  emessa  il 20 novembre 1998 (r.o. n. 17 del
 1999),  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 392,
 comma  1,  lettera  d),  cod.  proc.  pen.  "nella  parte in cui tale
 disposizione non subordina l'ammissibilita' della richiesta di  esame
 del chiamante in correita', nei casi suddetti, alla ricorrenza di una
 delle circostanze di cui alle lettere a) e b) dello stesso articolo".
   Il  giudice a quo, premesso in fatto che l'incidente probatorio era
 stato richiesto per procedere all'esame di alcune persone che avevano
 gia'  reso  al  pubblico  ministero  dichiarazioni  accusatorie   nei
 confronti  di  altri  e  che,  essendo state separatamente rinviate a
 giudizio, rivestivano nel processo la qualifica di imputati di  reato
 connesso,  ex  art.  12,  lettera  c) cod. proc. pen., osserva che il
 pubblico ministero, nel chiedere l'esame, aveva "omesso  di  indicare
 l'esistenza  di  qualsivoglia  condizione  o circostanza che rendesse
 indifferibile   l'assunzione   della   prova   nella   sede   propria
 del(l'eventuale) dibattimento".
   Emerge in tal modo, sempre secondo il rimettente, una disparita' di
 trattamento  irragionevole ed ingiustificatamente discriminatoria tra
 situazioni analoghe quali sono quelle dell'imputato  in  procedimento
 connesso  e  quella  del  testimone, in contrasto quindi con l'art. 3
 Cost.
   Sarebbe inoltre violato l'art.  24  della  Costituzione  in  quanto
 l'indagato,  stante la disciplina dell'art. 392  cod. proc. pen., "e'
 costretto ''a subire'' l'esame  del  coimputato  o  dell'imputato  in
 procedimento  connesso  in  una  sede  che non e' quella naturale del
 dibattimento, senza poter esaminare o controesaminare il  dichiarante
 alla  luce  delle  prove  eventualmente  gia' acquisite nel corso del
 dibattimento o, comunque, nel caso in cui la richiesta  di  incidente
 probatorio   sia   presentata  dal  P.M.  nel  corso  delle  indagini
 preliminari, sulla base di quanto acquisito definitivamente in  esito
 all'attivita'  istruttoria;  ed ancora non consentendo alla difesa di
 far valere le proprie eccezioni od opposizioni innanzi al giudice che
 dovra' adottare la decisione finale, che e' quello del dibattimento".
   Analoga questione e'  stata  sollevata  da  altro  giudice  per  le
 indagini  preliminari dello stesso Tribunale di Marsala con ordinanza
 dell'11 maggio 1999 (r.o. n. 386 del 1999) a seguito della richiesta,
 avanzata dalla  difesa  di  un  imputato,  di  procedere,  nel  corso
 dell'udienza  preliminare,  e con le forme dell'incidente probatorio,
 all'esame di due persone imputate in procedimento connesso.
   Nell'ordinanza di rimessione il  giudice  richiama  e  fa  espresso
 rinvio  alle  argomentazioni  svolte  nell'ordinanza 20 novembre 1998
 (r.o. n. 17 del  1999),  facendo  pero'  esclusivo  riferimento  alla
 violazione dell'art. 3 Cost.
   2.  -  Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,   che   ha   chiesto   che  le  questioni  vengano  dichiarate
 inammissibili e, comunque, infondate.
   Successivamente la stessa Avvocatura  ha  depositato  due  memorie.
 Con  la  prima,  in  data  3  settembre 1999, concernente l'ordinanza
 iscritta al n.  199  del  r.o.  del  1999,  l'Avvocatura,  dopo  aver
 richiamato  le  argomentazioni  del  rimettente secondo cui l'attuale
 formulazione dell'art. 392, comma 1,  lettera  c),  cod.  proc.  pen.
 (possibilita'  di  procedere con incidente probatorio all'esame della
 persona  sottoposta   alle   indagini   su   fatti   concernenti   la
 responsabilita'   di  altri,  indipendentemente  dal  concorso  delle
 condizioni - piu' restrittive - previste dalle lettere a) e b)  dello
 stesso articolo per l'assunzione della testimonianza) e' frutto della
 novella  operata  dall'art.  4  della legge n. 267 del 1997 ed appare
 funzionalmente  collegata  alla  modifica  contestualmente  apportata
 all'art.   513   cod.   proc.  pen.  ed  alle  relative,  consistenti
 limitazioni  previste  nella  nuova  disciplina  dell'utilizzabilita'
 delle dichiarazioni rese al pubblico ministero dall'imputato che poi,
 in  dibattimento,  si  sia  rifiutato  di  rispondere, afferma che la
 questione appare "meritevole di considerazione". La sentenza n.   361
 del  1998,  sostiene  l'Avvocatura, facendo sostanzialmente cadere le
 predette limitazioni, avrebbe reso "problematico  il  reperimento  di
 una  razionale  giustificazione  del diverso trattamento" in punto di
 ammissibilita'  dell'incidente  probatorio  "tra   assunzione   della
 testimonianza  (...) ed esame della persona sottoposta ad indagini su
 fatti concernenti la responsabilita' di altri".
   Nella seconda memoria,  in  data  25  settembre  1999,  concernente
 l'ordinanza  iscritta  al  n.  17 del r.o. del 1999 e, quindi, l'art.
 392, comma 1, lettera d) cod. proc. pen., l'Avvocatura, riassunto  il
 quadro  fattuale e normativo della vicenda in esame, come ricostruito
 dal giudice rimettente, chiede che la questione  sia  dichiarata  non
 fondata  alla  luce  della  significativa differenza tra la posizione
 dell'imputato  in  procedimento  connesso  e  quella  del  testimone;
 l'imputato   infatti  "non  giura,  puo'  affermare  il  falso  senza
 commettere il reato di cui all'art. 372 cod. pen. ed ha il diritto al
 silenzio".  Appare  pertanto  logico,  conclude   l'Avvocatura,   che
 l'ordinamento  "appresti  qualche  rimedio compensativo allo scopo di
 assicurare, senza  ledere  altre  esigenze  di  pari  grado,  la  non
 dispersione delle sue dichiarazioni pregresse".
                         Considerato in diritto
   1.  - Con tre ordinanze di tenore sostanzialmente analogo i Giudici
 per le indagini preliminari dei   Tribunali di Genova  e  di  Marsala
 hanno  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale dell'art.
 392, comma 1, lettere c) e d) del codice di procedura  penale,  nella
 parte  in  cui  la  richiesta  di esame della persona sottoposta alle
 indagini su fatti concernenti la responsabilita' di  altri  (r.o.  n.
 199  del  1999)  e delle persone imputate in un procedimento connesso
 (r.o. nn. 17 e 386 del 1999)  non  e'  subordinata  alla  sussistenza
 delle  condizioni  previste  dalle    lettere  a) e b) della medesima
 disposizione.
   Poiche' le ordinanze hanno ad oggetto  la  medesima  norma,  i  tre
 giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia.
   Con  argomentazioni in gran parte coincidenti, i giudici rimettenti
 sostengono che  la  piu'  ampia  possibilita'  di  assumere  mediante
 incidente probatorio l'esame dei soggetti sopra indicati - introdotta
 dall'art.    4,  comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 267, mediante
 l'eliminazione nelle lettere c) e d) dell'art. 392  cod.  proc.  pen.
 del richiamo alle condizioni previste per l'esame dei testimoni dalle
 lettere  a) e b) (il fondato motivo di ritenere, rispettivamente, che
 il  testimone  non  potra'  essere  esaminato  in  dibattimento   per
 infermita'  o altro grave impedimento, ovvero sia esposto a violenza,
 minaccia, offerta o promessa di danaro o di altra utilita'  affinche'
 non  deponga  o  deponga  il  falso)  - deve ritenersi funzionalmente
 collegata al piu' restrittivo regime di utilizzazione  dibattimentale
 delle   dichiarazioni   rese   in   precedenza   sul   fatto  altrui,
 contestualmente previsto dalla modifica dell'art. 513, commi 1  e  2,
 cod. proc. pen. operata dalla stessa legge.
   Venuti  meno,  a  seguito della sentenza di questa Corte n. 361 del
 1998, i limiti di utilizzazione delle dichiarazioni  rese  sul  fatto
 altrui  dai  soggetti  di cui alle lettere c) e d) dell'art. 392 cod.
 proc. pen., la possibilita' di anticipare la formazione  della  prova
 mediante  la mera richiesta di incidente probatorio, e la conseguente
 violazione dei principi  della  concentrazione  e  dell'immediatezza,
 risulterebbero  privi  di  razionale giustificazione, e si porrebbero
 quindi in contrasto con l'art. 3 della  Costituzione  a  causa  della
 irragionevolezza  complessiva  del  sistema venuto cosi' a delinearsi
 (r.o. n. 199 del 1999).
   Inoltre, avendo la sentenza n. 361 del 1998 esteso al coimputato  e
 all'imputato  in  un procedimento connesso la disciplina prevista per
 il testimone che in dibattimento omette o rifiuta in tutto o in parte
 di rispondere, cosi' consentendo il recupero delle dichiarazioni rese
 da tali soggetti  sul  fatto  altrui  mediante  il  meccanismo  delle
 contestazioni, risulterebbe violato anche il principio di eguaglianza
 per   la  irragionevole  disparita'  delle  condizioni  previste  per
 assumere mediante incidente probatorio l'esame di soggetti aventi  la
 medesima   posizione   processuale  di  persone  chiamate  a  rendere
 dichiarazioni concernenti la responsabilita' di altri (r.o.  nn.  17,
 199 e 386 del 1999).
   Infine,  il  fatto  che la persona sottoposta alle indagini sarebbe
 costretta  a  subire  l'esame  del  coimputato  o  dell'imputato   in
 procedimento  connesso  in  una  sede  diversa da quella naturale del
 dibattimento, senza potere esaminare o controesaminare il dichiarante
 alla luce delle prove eventualmente  gia'  acquisite  nel  corso  del
 dibattimento,  ne'  fare  valere  le  proprie eccezioni o opposizioni
 davanti al giudice  del  dibattimento,  e  comunque  senza  avere  la
 possibilita',  ove  l'incidente  probatorio  venga disposto nel corso
 delle indagini preliminari, di tenere conto  di  tutti  gli  elementi
 acquisiti durante le indagini stesse, si porrebbe in contrasto con il
 diritto di difesa (r.o. nn.  17 e 199 del 1999).
   2.  -  Nell'affrontare  le censure di illegittimita' costituzionale
 prospettate dai rimettenti, e' opportuno richiamare in somma  sintesi
 il  sistema  delineato  dalla  legge n. 267 del 1997 in tema di esame
 mediante incidente probatorio dei soggetti indicati nelle lettere  c)
 e d) dell'art. 392 cod. proc. pen.
   La  legge  in  esame,  al fine di evitare il rischio di dispersione
 delle dichiarazioni rese da coimputati  o  imputati  in  procedimenti
 connessi  nella  fase  predibattimentale,  correlato alla contestuale
 modifica apportata all'art. 513 cod. proc.  pen.,  ha  introdotto  la
 possibilita' per le parti di richiedere l'esame dei soggetti chiamati
 a  rendere  dichiarazioni  sul  fatto  altrui  anche in assenza delle
 condizioni previste per i testimoni dalle lettere a) e  b)  dell'art.
 392  cod.    proc.  pen., cosi' da favorire nella fase antecedente al
 dibattimento la formazione della prova  nel  contraddittorio  tra  le
 parti.
   La  sentenza  n.  361  del  1998,  dopo  aver  preso  atto  che  il
 legislatore del 1997 aveva ampliato, "mediante  strumenti  attivabili
 anche  per  iniziativa  della  difesa  dell'imputato,  gli  spazi del
 contraddittorio (sia pure anticipato) su  atti  destinati  ad  essere
 utilizzati in dibattimento" (con riferimento, appunto, alle modifiche
 introdotte  negli artt.   392, comma 1, lettere c) e d), e 421, comma
 2,  cod.  proc.  pen.),  e'  intervenuta  sul  diverso  piano   della
 disciplina  della  utilizzabilita'  dibattimentale  delle  precedenti
 dichiarazioni rese sul fatto altrui dal soggetto sottoposto ad  esame
 (imputato   in   procedimento   connesso   o  imputato  nel  medesimo
 procedimento) estendendo al dichiarante che si avvalga della facolta'
 di non rispondere il meccanismo delle  contestazioni,  gia'  previsto
 dall'art.  500, commi 2-bis e 4, cod. proc. pen. per il testimone che
 rifiuti o comunque ometta in tutto o in  parte  di  rispondere  sulle
 circostanze  riferite  nelle  precedenti dichiarazioni.   La Corte ha
 infatti ritenuto privo di ragionevole giustificazione un  sistema  in
 cui  la  utilizzabilita'  delle  precedenti  dichiarazioni  sul fatto
 altrui, rese all'autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria  su
 delega  del  pubblico  ministero, veniva fatta dipendere dalla scelta
 meramente discrezionale del dichiarante di esercitare la facolta'  di
 non rispondere.
   Tale   sentenza   non   ha   in  alcun  modo  inciso  sull'istituto
 dell'incidente probatorio, che si colloca nella fase  delle  indagini
 preliminari   e  rimane  deputato  alla  formazione  anticipata,  nel
 contraddittorio delle parti, di  una  prova  soggetta  a  rischio  di
 dispersione,  i  cui verbali sono destinati ad essere letti, e quindi
 utilizzati, in dibattimento  ove  ricorrano  le  condizioni  previste
 dall'art. 511, comma 2, cod.  proc. pen.
   Ne  e'  emerso  un sistema in cui risulta potenziata la facolta' di
 scelta delle parti in ordine al momento di  formazione della prova di
 cui si discute: ad esse e' rimessa  la  valutazione  se  attivare  la
 formazione  anticipata  della  prova  mediante  incidente probatorio,
 ovvero  fare  esclusivamente  affidamento  sulla  sua  assunzione  in
 dibattimento,   caratterizzato   dalla   contestuale  attuazione  dei
 principi del contraddittorio, dell'oralita'  e  dell'immediatezza,  e
 sulla   residua   possibilita'   di   recuperare   le   dichiarazioni
 precedentemente  rese  mediante  il  meccanismo  delle  contestazioni
 disciplinato dall'art. 500, comma 2-bis, cod.  proc. pen.
   3.  -  Nel  quadro cosi' delineato, le questioni sono infondate con
 riferimento ad entrambi i parametri evocati dai giudici rimettenti.
   4. -  Le  censure  di  irragionevolezza  complessiva  del  sistema,
 prospettate   in   relazione   all'art.   3   Cost.,   si  basano  su
 argomentazioni prive di fondamento.
   L'attuale assetto normativo, come si e'  gia'  accennato,  rafforza
 l'esercizio   dei  poteri  dispositivi  delle  parti  in  materia  di
 formazione della prova. Ne' puo' ritenersi che la menzionata sentenza
 della  Corte  abbia  reso  irragionevole  la   deroga   ai   principi
 dell'immediatezza  e  dell'oralita'  introdotta  dal  legislatore del
 1997, in quanto  la  deroga  rimane  pur  sempre  giustificata  dalle
 particolarita'  della prova in esame, caratterizzata dall'essere resa
 da soggetti aventi la qualita' di coimputato  o  di  imputato  in  un
 procedimento  connesso  e dall'avere per oggetto circostanze relative
 alla responsabilita' di altri. La disciplina che, a  prescindere  dal
 presupposto  della  non  rinviabilita'  al  dibattimento, consente di
 assicurare anticipatamente la formazione di tale prova, rende  invero
 le   parti   (e   anche   la  difesa)  maggiormente  garantite  anche
 nell'ipotesi  in  cui  in  dibattimento  il  dichiarante  rifiuti  di
 rispondere.
   Parimenti  infondate  sono  le censure riferite alla violazione del
 principio di eguaglianza, sotto il profilo della  supposta  simmetria
 tra la posizione del teste e quella del coimputato o dell'imputato in
 procedimento connesso chiamati a rendere dichiarazioni concernenti la
 responsabilita'   di   altri,   e   della  conseguente  irragionevole
 disparita'    tra    i    presupposti    dell'incidente    probatorio
 rispettivamente  previsti  per le due categorie di soggetti dall'art.
 392 cod. proc. pen.
   Nella sentenza n. 361  del  1998  questa  Corte  ha  equiparato  la
 posizione   processuale   di   tali   soggetti  solo  ai  fini  delle
 contestazioni nell'esame dibattimentale, in base  alla  constatazione
 che  tali  dichiarazioni "sono contraddistinte dall'essere rivolte, e
 dall'essere destinate a valere, nei confronti di altri", ma ha  nello
 stesso   tempo   richiamato  la  distinzione,  prevista  dall'attuale
 disciplina,   tra   le   posizioni   sostanziali   dell'imputato   in
 procedimento  connesso  (nonche'  del  coimputato  chiamato a rendere
 dichiarazioni sul fatto altrui) e  del  testimone.    Ed  infatti,  a
 differenza  del  testimone,  la  persona  sottoposta  alle indagini e
 l'imputato in procedimento connesso, anche  quando  sono  chiamati  a
 rendere  dichiarazioni  su  fatti  concernenti  la responsabilita' di
 altri, non sono soggetti all'obbligo del giuramento,  non  commettono
 il  delitto di falsa testimonianza ove affermino il falso o rifiutino
 di rispondere, sono assistiti dal diritto al silenzio.
   5. - Le  censure  sollevate  con  riferimento  all'art.  24,  comma
 secondo,  della Costituzione si basano, in primo luogo, sul confronto
 con  i  piu'  ampi  poteri  che  la  difesa  dell'imputato   potrebbe
 esercitare  ove  l'esame  si  svolgesse in dibattimento. Sotto questo
 profilo, esse ripropongono i rilievi di incostituzionalita', gia'  in
 precedenza   esaminati,   relativi   alla  presunta  irragionevolezza
 complessiva della nuova disciplina, in quanto i rimettenti in realta'
 criticano  il  piu'  ampio  ricorso  all'incidente  probatorio  e  il
 conseguente  sacrificio  peraltro  futuro  ed  eventuale,  dell'esame
 dibattimentale.
   Per altro aspetto tali censure sono il frutto  di  un'insufficiente
 valutazione delle potenzialita' connesse all'esercizio del diritto di
 difesa nelle varie fasi del processo.
   Invero,  ove l'incidente probatorio venga richiesto nel corso delle
 indagini  preliminari,  la  persona  sottoposta  alle  indagini  puo'
 anticipatamente  prendere  cognizione  delle  dichiarazioni  rese  in
 precedenza dalla persona da  esaminare (art. 398, comma 3, cod. proc.
 pen.);  se,  poi,  l'incidente  viene   chiesto   durante   l'udienza
 preliminare  (v.,  per  l'appunto,  r.o.  nn. 199 e 386 del 1999), la
 difesa  ha  facolta'  di  prendere  visione, a norma degli artt. 419,
 commi 2 e 3, cod. proc.  pen. e 131 disp. att. cod. proc.  pen.,  del
 complesso degli atti delle indagini preliminari.
   I  rimettenti  inoltre  non  considerano che l'incidente probatorio
 puo' essere chiesto anche dalla persona sottoposta alle indagini come
 d'altronde e' avvenuto in uno dei procedimenti a quibus (r.o.  n. 386
 del 1999), e non solo dal pubblico ministero.
   E' assorbente comunque il  rilievo  che,  contrariamente  a  quanto
 sembrano  ritenere  i rimettenti, l'incidente probatorio non preclude
 la facolta' delle parti di richiedere l'esame in dibattimento, con le
 piu' ampie possibilita' di contestazioni  derivanti  da  questa  fase
 processuale.  Ove,  poi,  l'esame  dibattimentale non abbia luogo, il
 diritto di difesa risulta certamente piu'  garantito  dai  meccanismi
 che  sovraintendono  alla  formazione anticipata della prova mediante
 incidente probatorio rispetto all'ipotesi in cui le dichiarazioni  su
 fatti  concernenti  la  responsabilita'  di  altri  vengano  raccolte
 unilateralmente dal pubblico ministero, senza la  partecipazione  del
 difensore dell'indagato cui le dichiarazioni si riferiscono.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondate  le  questioni  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 392, comma 1, lettere c)  e  d)
 del  codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt.
 3 e 24 della  Costituzione, dai Giudici per le  indagini  preliminari
 del Tribunale di Marsala e del Tribunale di Genova.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 novembre 1999.
                        Il Presidente: Vassalli
                      Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 19 novembre 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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