N. 457 SENTENZA 14 - 23 dicembre 1999

 Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
 Corte  dei  conti  -  Controllo  sugli enti - Riduzione dei poteri di
    controllo su enti di ricerca (CNR, ASI ed ENEA),  per  effetto  di
    provvedimenti  legislativi  del Governo - Ricorso per conflitto di
    attribuzione tra poteri dello Stato  nei  confronti  del  Governo,
    proposto dalla Corte dei conti - Condizioni soggettive e oggettive
    per  la  proposizione  del conflitto - Sussistenza.  Costituzione,
    art. 100, secondo comma; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 37.
 Giurisdizione costituzionale sui conflitti tra poteri  -  Definizione
    in  relazione  alla natura dei soggetti confliggenti - Distinzione
    dalla giurisdizione costituzionale sulla legittimita' delle leggi.
 Conflitti tra poteri dello Stato - Esperibilita' in relazione ad atti
    legislativi - Condizioni e limiti.
 Corte dei conti - Funzione di controllo sugli enti ai quali lo  Stato
    contribuisce  in  via  ordinaria  -  Prescrizione costituzionale -
    Valore integrativo delle disposizioni legislative di attuazione  -
    Vincolo  alle  successive  scelte  in  materia  del  legislatore -
    Esclusione.  Costituzione, art. 100, secondo comma; legge 21 marzo
    1958, n. 259; legge 14 gennaio 1994, n. 20, art. 3, comma 7.
 Corte dei conti - Controllo su enti di ricerca  (Consiglio  nazionale
    delle  ricerche,  Agenzia  spaziale  italiana,  Ente  per le nuove
    tecnologie l'energia e l'ambiente) -  Riduzione,  per  effetto  di
    decreti legislativi adottati dal Governo su delega legislativa, al
    controllo  successivo  sui  conti  consuntivi,  con esclusione del
    controllo sulla gestione degli enti  -  Ricorso  della  Corte  dei
    conti  per  conflitto  tra  poteri  nei  confronti  del  Governo -
    Prospettata  lesione   della   propria   sfera   di   attribuzioni
    costituzionali  nonche'  violazione  dei  limiti  di oggetto e dei
    principi e criteri direttivi della delega  legislativa  -  Rigetto
    del  ricorso.  D.Lgs. 30 gennaio 1999, n. 19, n. 27 e n. 36, artt.
    9, comma 3, 9, comma 5 e 11, comma 2.    Costituzione,  art.  100,
    secondo  comma;  legge  15  marzo  1997,  n. 59, art. 14; legge 14
    gennaio 1994, n. 20, art. 3, comma 6.
 Corte dei conti - Attribuzioni - Parere della stessa Corte dei  conti
    sui  provvedimenti  legislativi che prevedono la soppressione o la
    modifica delle sue attribuzioni  -  Inidoneita'  a  instaurare  un
    procedimento  di normativa   speciale.  R.D.L. 9 febbraio 1939, n.
    273, art. 1.
(GU n.52 del 29-12-1999 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI, dott.
 Franco BILE;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
 sorto a seguito della limitazione del controllo della Corte dei conti
 sulla gestione finanziaria del C.N.R.,  dell'A.S.I.  e  dell'E.N.E.A.
 ai  soli  "conti  consuntivi",  attuata  con i decreti legislativi 30
 gennaio  1999,  n.  19  (Riordino  del  Consiglio   nazionale   delle
 ricerche), n. 27 (Riordino dell'Agenzia spaziale italiana - A.S.I., a
 norma degli articoli 11, comma 1, e 18, comma 1, della legge 15 marzo
 1997,  n.  59)  e  n. 36 (Riordino dell'Ente per le nuove tecnologie,
 l'energia e l'ambiente - ENEA, a norma degli articoli 11, comma 1,  e
 18,  comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59), promosso con ricorso
 della Corte dei conti, notificato il 22 luglio  1999,  depositato  in
 Cancelleria  il  30  successivo  ed  iscritto  al  n. 25 del registro
 conflitti 1999.
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  novembre  1999  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky;
   Uditi  l'Avvocato  Filippo  Lubrano  per  la  Corte  dei  conti   e
 l'Avvocato  dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio
 dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - La Corte dei conti, in persona del suo Presidente,  a  seguito
 della determinazione n. 13/1999 della sezione competente al controllo
 sulla  gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in
 via ordinaria, ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione  tra
 poteri  dello  Stato  contro  il  Governo della Repubblica e contro i
 Ministri del tesoro, per l'universita' e la ricerca scientifica,  per
 la  funzione  pubblica,  dell'industria,  commercio  e  artigianato e
 dell'ambiente, in relazione ai decreti legislativi 30  gennaio  1999,
 n.  19  (Riordino  del  Consiglio  nazionale  delle  ricerche), n. 27
 (Riordino dell'Agenzia spaziale italiana  -  A.S.I.,  a  norma  degli
 articoli  11,  comma  1, e 18, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n.
 59) e n. 36 (Riordino dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia  e
 l'ambiente - ENEA, a norma degli articoli 11, comma 1, e 18, comma 1,
 della legge 15 marzo 1997, n. 59), "nella parte in cui si e' limitato
 il  potere  di  controllo  della  Corte  dei  conti,  previsto in via
 generale dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, in  attuazione  dell'art.
 100,  secondo  comma, della Costituzione", per violazione degli artt.
 76 e 100, secondo comma, della Costituzione, chiedendo che  la  Corte
 costituzionale,    "previo    annullamento   e/o   dichiarazione   di
 illegittimita'  costituzionale"  dei  suddetti  decreti  legislativi,
 dichiari  che "spetta alla Corte dei conti - nella composizione della
 sezione del controllo sugli enti - l'esercizio del controllo previsto
 dalla  legge  21  marzo  1958,  n.  259, sugli enti considerati dalle
 richiamate norme".
   La  ricorrente,  richiamato  l'art.  100,  secondo   comma,   della
 Costituzione  per  quanto  attiene  all'esercizio del controllo della
 Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo  Stato
 contribuisce  in  via ordinaria nonche' ai successivi adempimenti nei
 confronti  delle  Camere  "sul  risultato  del  riscontro  eseguito",
 osserva che, in attuazione di tale parametro costituzionale, e' stata
 emanata  la legge n. 259 del 1958, la quale, ai fini del controllo di
 cui trattasi, ha istituito una  speciale  sezione  e  ha  dettato  le
 modalita'  per l'esercizio della funzione che le norme ora denunciate
 riducono a un "semplice esame del bilancio annuale consuntivo,  senza
 alcuna  possibilita'  di  effettivo  controllo sulla gestione" di tre
 fondamentali enti di ricerca.
   Riguardo  alla  legittimazione  attiva  il  ricorso   richiama   la
 giurisprudenza  costituzionale  (sentenza  n.  466  del  1993) che ha
 riconosciuto alla Corte dei conti, nella sua  funzione  di  controllo
 sulla  gestione  finanziaria degli enti svolta in piena autonomia, la
 qualita' di "potere" dello Stato  legittimato  alla  proposizione  di
 conflitti  di  attribuzione.    Il fatto che, nel caso di specie, sia
 mancato l'esercizio  del  controllo  su  un  atto  concreto,  sarebbe
 conseguenza proprio dell'applicazione delle norme censurate, "onde e'
 risultato  preliminare  l'esame  della  legittimita'  dell'intervento
 legislativo limitativo dell'esercizio concreto del controllo".
   Quanto al requisito oggettivo richiesto  per  la  proposizione  del
 conflitto nei confronti di un atto legislativo, la ricorrente osserva
 che  esiste  uno stretto collegamento tra la lamentata violazione, da
 parte dei decreti legislativi in questione, della legge di delega  n.
 59  del  1997,  e  la  lesione  delle attribuzioni costituzionalmente
 riconosciute alla Corte dei conti. Inoltre, le medesime  disposizioni
 legislative  si  porrebbero  in  diretto  contrasto  con  i  principi
 generali ispiratori del controllo  della  Corte  dei  conti,  con  la
 conseguenza   che  l'invasione  della  sfera  di  attribuzione  della
 medesima Corte si prospetta anche indipendentemente  dall'eccesso  di
 delega.
   Nel  merito si sostiene che la legge n. 59 del 1997, nel prevedere,
 all'art. 11, il riordinamento di particolari enti pubblici e privati,
 operanti in  specifici  settori,  non  ha  fatto  alcun  riferimento,
 nell'indicazione  dei  necessari  criteri direttivi, alle funzioni di
 controllo della Corte dei conti nei  riguardi  degli  enti  medesimi,
 manifestando  anzi,  nell'art.  14,  con  il  richiamo  alla legge 14
 gennaio 1994, n. 20, l'intento di mantenere il sistema  di  controllo
 previgente.   D'altra   parte,   l'art.  100,  secondo  comma,  della
 Costituzione, pur rinviando alla legge  ordinaria  la  determinazione
 dei  casi e delle forme del controllo, riferisce quest'ultimo a tutti
 gli enti ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria, senza porre
 alcuna distinzione, per cui la  limitazione  di  tale  controllo,  da
 parte  delle  disposizioni  impugnate,  alla  semplice  verifica  dei
 bilanci   consuntivi   violerebbe   la    sfera    di    attribuzioni
 costituzionalmente assegnate alla Corte dei conti medesima.
   Infine  il  ricorso  affida  alla  Corte costituzionale di valutare
 "quanto  rilievo  possa  avere  ...  la  circostanza  che  i  decreti
 legislativi in questione siano stati emanati in violazione del r.d.l.
 9  febbraio  1939,  n.  273,  che prescrive che tutti i provvedimenti
 legislativi  che  incidono  sulle attribuzioni o funzioni della Corte
 dei conti devono essere adottati previo parere della Corte  stessa  a
 sezioni riunite".
   2.  -  Con  ordinanza  n.  323 del 1999, la Corte costituzionale ha
 dichiarato l'ammissibilita' del conflitto proposto  dalla  Corte  dei
 conti,  individuando  nel  Governo,  rappresentato dal Presidente del
 Consiglio dei Ministri, il soggetto legittimato a resistere.
   3. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
   Quanto all'ammissibilita' del conflitto, sostiene l'Avvocatura che,
 tenuto conto degli "sviluppi della ... giurisprudenza costituzionale"
 successiva alla sentenza n. 406 del 1989, ai quali  si  riferisce  la
 Corte  stessa  nell'ordinanza  n.  323  del 1999, e atteso il rilievo
 costituzionale della sfera  delle  attribuzioni  proprie  di  ciascun
 potere  dello  Stato, di cui la Corte costituzionale e' garante, "non
 sembra    che    abbia    ancora    ragione    d'essere    la    tesi
 dell'inammissibilita'  oggettiva  del  ricorso  in  esame per effetto
 della natura legislativa degli atti normativi che avrebbero  leso  la
 sfera delle attribuzioni che la Corte dei conti ritiene proprie".
   Nel  merito,  il  ricorso  sarebbe  infondato  sia sotto il profilo
 dell'eccesso di delega, sia sotto quello della  violazione  dell'art.
 100, secondo comma, della Costituzione.
   In  ordine  al  primo  aspetto,  secondo  l'Avvocatura i principi e
 criteri direttivi di cui agli artt. 14, 17 e 18 della legge n. 59 del
 1997  richiamerebbero  non  l'intera  legge  n.  20  del  1994,  come
 sostenuto dalla ricorrente per argomentare la necessita' di mantenere
 tutti i controlli esistenti, ma il solo art. 3, comma 6, della stessa
 legge n. 20, che si riferisce alle relazioni della Corte dei conti al
 Parlamento e ai consigli regionali, all'esito del controllo eseguito,
 nonche'  all'invio  delle  medesime alle amministrazioni interessate,
 alle quali  la  Corte  formula,  in  qualsiasi  momento,  le  proprie
 osservazioni:    tale  vincolo  risulterebbe rispettato "sia pure nei
 suoi minimi termini  letterali  e  logici",  essendosi  mantenuto  il
 controllo successivo della Corte dei conti, esercitato sul consuntivo
 annuale degli enti in questione.
   Riguardo  al  secondo profilo, posto che l'art. 100, secondo comma,
 della Costituzione, contiene certamente una riserva di legge, ma  non
 una  riserva  rinforzata,  il mantenimento del controllo sul bilancio
 consuntivo  e'  sufficiente  a  escludere  la  violazione  di   detta
 disposizione  costituzionale.  Non  puo'  infatti  ipotizzarsi che la
 citata  legge  n.  20  del   1994   sia   stata   in   qualche   modo
 "costituzionalizzata",  come  testimonia  la  medesima giurisprudenza
 costituzionale la quale, sia pure con riguardo alla legge n. 259  del
 1958,   ha   implicitamente   ammesso   l'astratta   possibilita'  di
 abrogazione da parte di qualunque legge ordinaria  (sentenza  n.  466
 del 1993).
   Quanto  alla  censura  adombrata  dal ricorso riguardo alla mancata
 acquisizione del parere preventivo della Corte dei  conti  a  sezioni
 riunite,  non  potrebbe  ritenersi  violato  l'art.  1  del  r.d.l. 9
 febbraio 1939, n. 273, in quanto non si tratterebbe di soppressione o
 modificazione delle esistenti attribuzioni della Corte dei conti,  ma
 soltanto della esclusione di alcune forme di controllo in riferimento
 a singoli enti.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  Corte dei conti, con il ricorso in esame, rivendica, nel
 conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, la  competenza  a
 esercitare  il controllo sulla gestione finanziaria nei confronti del
 Consiglio nazionale delle ricerche, dell'Agenzia spaziale italiana  e
 dell'Ente  per  le  nuove  tecnologie,  l'energia e l'ambiente, quale
 prevista dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, per gli  enti  a  cui  lo
 Stato   contribuisce   in   via  ordinaria,  controllo  oggetto  ora,
 rispettivamente, degli artt. 9, comma 3, 9, comma 5 e  11,  comma  2,
 dei  decreti  legislativi  n.  19, n. 27 e n. 36 del 30 gennaio 1999,
 adottati dal Governo sulla base della delega  contenuta  negli  artt.
 11, comma 1, e 18, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
   Le disposizioni dei decreti legislativi indicati prevedono in tutti
 e  tre  i  casi  la  riduzione  dei  poteri  della Corte dei conti al
 controllo successivo,  esercitato  unicamente  sui  conti  consuntivi
 degli  enti  e  finalizzato alla relazione annuale al Parlamento, con
 l'esclusione del controllo amministrativo di regolarita' contabile  e
 sui  singoli atti di gestione (secondo le precisazioni esplicitamente
 contenute nei decreti nn. 19 e 27).
   Ritiene   la   ricorrente   che   tali   disposizioni,    derogando
 restrittivamente   alla   disciplina  generale  del  controllo  sulla
 gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato  contribuisce  in  via
 ordinaria  - disciplina contenuta nella legge 21 marzo 1958, n. 259 -
 violino gli artt. 76 e 100, secondo  comma,  della  Costituzione,  da
 tale   violazione   derivando  la  lesione  della  propria  sfera  di
 attribuzioni costituzionali, quale definita dal  medesimo  art.  100,
 secondo   comma,   della  Costituzione.     Viene  poi  rimesso  alla
 valutazione  di  questa  Corte  quale  possa  essere  il  rilievo  da
 attribuire  alla  circostanza  che  le norme in questione dei decreti
 legislativi menzionati siano state adottate ignorando  l'art.  1  del
 r.d.l.  9 febbraio 1939, n. 273, il quale prevede che i provvedimenti
 legislativi che importino la soppressione o  la  modificazione  delle
 attribuzioni  della  Corte dei conti siano preceduti dal parere delle
 sezioni riunite della Corte medesima.
   La  Corte  dei  conti  chiede  pertanto  che   questa   Corte,   in
 accoglimento  del  ricorso,  dichiari  che  le spetta l'esercizio del
 controllo previsto dalla legge n. 259  del  1958  sugli  enti  cui  i
 decreti  legislativi  nn.  19,  27  e  36  del  1999  si riferiscono,
 annullando le disposizioni di tali decreti che lo impediscono.
   2. - Sussistono, nella specie, le condizioni soggettive e oggettive
 per la proposizione del conflitto, a norma dell'art. 37  della  legge
 11 marzo 1953, n. 87.
   Sotto  il  profilo soggettivo, come gia' rilevato nell'ordinanza n.
 323 del 1999 di questa Corte, resa in sede di valutazione preliminare
 di ammissibilita' del presente giudizio, la Corte  dei  conti,  nella
 sua funzione di controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui
 lo  Stato  contribuisce  in  via  ordinaria, e' potere costituzionale
 legittimato  alla  proposizione  del   conflitto   di   attribuzione,
 esercitando  tale funzione in piena autonomia dagli altri poteri  (v.
 anche la sentenza n. 466 del 1993). D'altro canto, nessun dubbio puo'
 sussistere circa la legittimazione a resistere del  Governo,  essendo
 contestata  la  lesione delle attribuzioni costituzionali della Corte
 dei conti che si assume  derivare  da  decreti  legislativi  da  esso
 adottati nell'esercizio della funzione legislativa delegata.
   Anche  sotto  il  profilo  oggettivo,  il conflitto e' ammissibile.
 Conformemente a quanto previsto  dall'art.  37,  primo  comma,  della
 legge  n. 87 del 1953, esso e' promosso per la difesa di attribuzioni
 costituzionali che la ricorrente ritiene di propria spettanza a norma
 dell'art.   100,   secondo    comma,    della    Costituzione.    Ne'
 l'ammissibilita'  del  presente  conflitto  potrebbe essere negata in
 considerazione della  natura  legislativa  degli  atti  ai  quali  e'
 ascritta  la  pretesa  lesione  delle  competenze  costituzionali  in
 questione.
   Il  conflitto   costituzionale   e'   preordinato   alla   garanzia
 dell'integrita'  "della  sfera di attribuzioni determinata per i vari
 poteri da norme costituzionali" (art. 37, primo comma, citato), senza
 che, ne' dalla disciplina costituzionale ne' da  quella  legislativa,
 si  dia alcun rilievo alla natura degli atti da cui possa derivare la
 lesione all'anzidetta "sfera di  attribuzioni".  A  differenza  della
 giurisdizione  costituzionale  sulla legittimita' delle leggi, il cui
 ambito e' determinato in relazione ai tipi di atti assoggettabili  al
 giudizio,   la   giurisdizione   costituzionale   sui   conflitti  e'
 determinata in relazione alla natura dei soggetti che  confliggono  e
 delle loro competenze la cui integrita' essi difendono.  E in effetti
 il  giudizio  per  conflitto  di  attribuzioni  non e' giudizio sulla
 legittimita' di atti (anche se, a  seconda  dell'esito  del  giudizio
 stesso,  puo'  conseguire  l'annullamento  dell'atto  lesivo)  ma  e'
 garanzia dell'ordine costituzionale delle competenze (art.  38  della
 legge  n.  87  del  1953), quale che possa essere la natura dell'atto
 cui,  in  ipotesi,  sia  ascrivibile  la  lesione  delle   competenze
 medesime.
   Resta peraltro fondamentalmente vera l'affermazione di questa Corte
 contenuta  nella  sentenza  n.  406  del  1989  -  essere il giudizio
 incidentale  il  mezzo   che   il   nostro   sistema   di   giustizia
 costituzionale  prevede  specificamente,  nella generalita' dei casi,
 per sottoporre le leggi al controllo di costituzionalita' -. Da  cio'
 non  puo' peraltro derivare l'esclusione assoluta dell'ammissibilita'
 di  conflitti  di  attribuzione   prospettati   in   relazione   alla
 definizione  delle  competenze operata con legge - con l'eventualita'
 che all'invalidazione di tale atto si possa giungere anche  all'esito
 di  un  giudizio su conflitto di attribuzione - come del resto questa
 Corte ha riconosciuto, in relazione a casi ed  esigenze  particolari,
 con la sentenza n. 161 del 1995 e, piu' ampiamente, nella motivazione
 dell'ordinanza  n.  480  del  medesimo anno. Dal valore, si' generale
 (rispetto  alle  leggi  e  agli  atti  equiparati),  ma  al  contempo
 specifico   (rispetto  alla  generalita'  degli  atti)  del  giudizio
 incidentale sulle leggi deriva invece soltanto che  deve  escludersi,
 nella  normalita'  dei  casi,  l'esperibilita' del conflitto tutte le
 volte che la legge, dalla quale, in ipotesi, deriva la lesione  delle
 competenze,  sia  denunciabile  dal soggetto interessato nel giudizio
 incidentale,  come  accade  di  norma  quando  l'usurpazione   o   la
 menomazione    del   potere   costituzionale   riguardi   l'autorita'
 giudiziaria, nell'esercizio delle sue funzioni (ordinanza n. 278  del
 1997):  ipotesi  -  quest'ultima  - che non ricorre evidentemente nel
 caso presente.
   3.  -  Il  ricorso - per i motivi anzidetti, ammissibile - e' pero'
 infondato.
   3.1. - Non esiste innanzitutto lesione  dell'attribuzione  prevista
 dall'art.  100,  secondo comma, della Costituzione, nella forma della
 partecipazione al controllo sulla gestione finanziaria degli  enti  a
 cui  lo  Stato  contribuisce  in via ordinaria, la determinazione dei
 casi e delle forme della quale e' rimessa alla legge.
   Le norme dei decreti legislativi in questione  -  parallelamente  a
 quanto previsto per le Universita' degli studi dall'art. 5, comma 21,
 della  legge  24  dicembre 1993, n. 537 - rappresentano per l'appunto
 una  forma  possibile  della  partecipazione  al  controllo  che   la
 Costituzione  rimette  alle discrezionali determinazioni legislative,
 una  partecipazione  che,  configurata  come  controllo   successivo,
 esercitato  unicamente sui conti consuntivi degli enti, al fine della
 relazione annuale al Parlamento, costituisce un legittimo svolgimento
 del rinvio che l'art. 100, secondo comma, fa alla legge.
   Ne' potrebbe ritenersi  lesa  l'attribuzione  costituzionale  della
 Corte dei conti in conseguenza della riduzione, rispetto agli enti in
 questione,  di  quelle  che,  in  passato,  erano  le  sue competenze
 generali di  controllo  risultanti  dalla  legge  n.  259  del  1958,
 ribadite  nell'art.  3,  comma 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
 Tali disposizioni di legge ordinaria  -  analogamente  a  quelle  dei
 decreti   legislativi   in  questione  -  integrano  la  disposizione
 costituzionale e  possono  cosi',  eventualmente,  nei  conflitti  di
 attribuzione  fungere  da  norme di riferimento per la determinazione
 delle competenze di controllo della Corte dei conti,  quando  -  come
 nel  caso deciso con la sentenza n. 466 del 1993 di questa Corte - si
 controverta sul mancato rispetto  di  tali  competenze.  Non  possono
 invece  valere a condizionare scelte legislative successive le quali,
 in  attuazione  anch'esse  dell'art.    100,  secondo  comma,   della
 Costituzione,  in  generale  o  con  riferimento  a casi particolari,
 ridefiniscano i casi  e  le  forme  del  controllo.    Si  verrebbero
 altrimenti  a configurare fonti legislative dotate di valore anomalo,
 non previste dalla Costituzione.
   3.2.  -  La  lesione  delle   attribuzioni   costituzionali   della
 ricorrente  e' poi argomentata in relazione alla violazione dell'art.
 76  della  Costituzione,  poiche'   le   disposizioni   dei   decreti
 legislativi  sarebbero  state  adottate  -  secondo la prospettazione
 della ricorrente - in violazione dei limiti di oggetto e dei principi
 e criteri direttivi della delega, determinati dagli artt.  11,  comma
 1,  e 18, comma 1, della legge n. 59 del 1997. La censura - ancorche'
 ammissibile, in quanto dalla pretesa violazione  dell'art.  76  della
 Costituzione  deriverebbe  una  compressione delle attribuzioni della
 ricorrente (analogamente, con riguardo  al  caso  della  difesa,  nel
 giudizio costituzionale, delle attribuzioni regionali, la sentenza n.
 408 del 1998), - e' peraltro infondata.
   L'art.  11, comma 1, lettere b) e d), della legge n. 59 del 1997 ha
 delegato il Governo a emanare decreti legislativi, tra  l'altro,  per
 "riordinare  gli  enti pubblici nazionali operanti in settori diversi
 dall'assistenza e previdenza" e per "riordinare e razionalizzare  gli
 interventi  diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca
 scientifica e tecnologica nonche' gli organismi operanti nel  settore
 stesso".  La stessa legge, nel dettare i principi e criteri direttivi
 per l'attuazione della delega - principi e criteri, nel settore della
 ricerca,  particolarmente  orientati  alla  razionalizzazione   delle
 strutture   esistenti,   in  vista  di  flessibilita',  autonomia  ed
 efficienza (artt. 14 e 18) - ha puntualmente prescritto (art. 14)  il
 rispetto dell'art. 3, comma 6, della legge n. 20 del 1994.
   Nell'ambito della delega cosi' disciplinata, per quanto concerne la
 pretesa  violazione  dei  limiti di oggetto, e' sufficiente osservare
 che il disegno di riforma delle amministrazioni e degli enti pubblici
 risultante dalla legge n. 59 del 1997 comprende nell'insieme  i  loro
 aspetti  organizzativi  e  che  cio'  e'  conforme  alla  profondita'
 dell'intervento  riformatore  in   quella   legge   configurato.   La
 riconsiderazione   della  disciplina  dei  controlli  rappresenta  un
 elemento di tale riforma, cio' che e'  del  resto  indirettamente  ma
 chiaramente  palesato  dal rinvio che l'art. 14 della legge n. 59 del
 1997 fa all'art. 3, comma 6, della legge n. 20 del 1994.
   La prospettata violazione dei principi e criteri direttivi,  a  sua
 volta,  viene  motivata  con riferimento a quest'ultima disposizione,
 con la quale si stabilisce, per quanto qui interessa, che  "la  Corte
 dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ... sull'esito
 del  controllo  eseguito.  Le  relazioni  della  Corte  sono altresi'
 inviate  alle  amministrazioni  interessate,  alle  quali  la   Corte
 formula,  in  qualsiasi  altro  momento,  le proprie osservazioni. Le
 amministrazioni    comunicano    alla    Corte    ...    le    misure
 conseguenzialmente adottate".
   Il  "controllo  eseguito" e' formula che non esprime un suo proprio
 contenuto circa i caratteri del controllo medesimo, ma che  rinvia  a
 quanto  altrove  previsto.  Il  controllo  in questione e' ora quello
 successivo, che si esercita  unicamente  sui  conti  consuntivi,  con
 l'esclusione  del controllo amministrativo di regolarita' contabile e
 sui singoli atti di gestione, secondo quanto previsto dalle norme dei
 decreti legislativi. Di tale controllo, secondo le  norme  che  hanno
 dato origine al conflitto, la Corte dei conti "riferisce annualmente"
 al  Parlamento, mentre, secondo il comma 6 dell'art. 3 della legge n.
 20, la relazione  al  Parlamento  e'  prevista  con  cadenza  "almeno
 annuale".  Cio'  non  comporta  peraltro  violazione  di quest'ultima
 disposizione (e quindi indirettamente dell'art. 14 della legge n.  59
 del  1997  che  la  richiama),  poiche' e' chiaro ch'essa contiene la
 previsione di un adempimento minimo inderogabile, un  limite  che  le
 norme   delegate   puntualmente  rispettano.  Quanto  agli  ulteriori
 rapporti di collaborazione  da  instaurarsi  con  le  amministrazioni
 interessate  secondo  il comma 6 dell'art. 3 della legge n. 20 (invio
 delle relazioni della Corte; formulazione in qualsiasi momento  delle
 sue  osservazioni;  comunicazione  alla  Corte  stessa  delle  misure
 conseguenzialmente adottate dalle amministrazioni),  essi  hanno  una
 loro autonoma ragion d'essere rispetto alla relazione al Parlamento e
 configurano, nell'insieme, un sistema non privo di una propria logica
 (si  v.,  per  la Corte dei conti europea, l'analogo sistema previsto
 dall'art. 248, par. 4, del Trattato  della  comunita'  Europea).  Non
 essendo  incisi  dalle  norme  dei decreti legislativi, tali rapporti
 restano pertanto salvi, in forza  del  richiamo  fatto  dall'art.  14
 della  legge  n.  59  del 1997 allo stesso comma 6 dell'art.  3 della
 legge  n.  20,  nella  sua  integralita',  senza   pero'   che   cio'
 necessariamente presupponga - contrariamente a quanto sostenuto dalla
 ricorrente,  soprattutto  con  riferimento  al  potere  di  formulare
 osservazioni "in ogni momento" - l'esistenza di ulteriori  poteri  di
 controllo,   diversi  da  quello  previsto  dalle  norme  legislative
 delegate.
   3.3.  - Quanto infine al dubbio sollevato dalla ricorrente circa le
 conseguenze da trarre dal mancato rispetto dell'art. 1 del r.d.l.   9
 febbraio  1939,  n. 273, che prevede il previo parere della Corte dei
 conti a sezioni riunite sui provvedimenti legislativi che  comportino
 la soppressione o la modificazione delle attribuzioni della Corte dei
 conti   medesima  -  dubbio  formulato  in  modo  da  non  costituire
 propriamente motivo del ricorso, ma rimesso comunque alla valutazione
 di questa Corte -, e' sufficiente rilevare  che  tale  onere  per  il
 legislatore non e' idoneo a istituire, in un sistema - come l'attuale
 -  a  costituzione rigida che totalmente l'ignora, un procedimento di
 normazione primaria speciale che possa pretendere di essere garantito
 costituzionalmente.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che non spetta alla Corte dei conti, sezione del controllo
 sugli enti, il controllo sulla gestione finanziaria nei confronti del
 Consiglio nazionale delle ricerche, dell'Agenzia spaziale italiana  e
 dell'Ente  per  le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, in forma
 diversa da quella prevista dagli artt. 9, comma 3, 9, comma 5  e  11,
 comma  2, dei decreti legislativi n. 19, n. 27 e n. 36 del 30 gennaio
 1999.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1999.
                        Il Presidente: Vassalli
                       Il redattore: Zagrebelsky
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1999.
                       Il cancelliere: Fruscella
 99C2270