N. 68 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 giugno 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'11  giugno  2013  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Commercio - Norme della Regione Toscana - Requisiti obbligatori delle
  grandi strutture di vendita -  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata
  ingiustificata distinzione tra strutture a seconda della superficie
  di vendita - Lamentata previsione  di  requisiti  per  il  rilascio
  dell'autorizzazione  commerciale   riguardanti   profili   estranei
  all'attivita' commerciale - Contrasto con i  principi  posti  dalla
  legislazione statale in tema di liberalizzazione e con  i  principi
  dell'ordinamento   comunitario   -   Violazione   della    potesta'
  legislativa esclusiva  dello  Stato  in  materia  di  tutela  della
  concorrenza - Violazione della liberta' di iniziativa economica. 
- Legge  della  Regione  Toscana  5  aprile  2013,  n.  13,  art.   2
  (sostitutivo dell'art. 18-septies della legge regionale 7  febbraio
  2005, n. 28). 
- Costituzione, artt. 41 e 117, commi  primo  e  secondo,  lett.  e);
  decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 31, comma
  2. 
Commercio - Norme della Regione Toscana - Apertura, trasferimento  di
  sede e  ampliamento  della  superficie  di  vendita  di  un  centro
  commerciale - Assoggettamento ad autorizzazione rilasciata dal SUAP
  (sportello  unico  per  le  attivita'  produttive)  competente  per
  territorio - Assoggettamento a SCIA  (segnalazione  certificata  di
  inizio attivita') da presentare al SUAP competente  per  territorio
  nel caso di mutamento di un  settore  merceologico  -  Ricorso  del
  Governo - Denunciato contrasto con il principio di  semplificazione
  amministrativa sancito dalla normativa  statale  di  riferimento  -
  Violazione della potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
  materia di tutela della concorrenza e di determinazione dei livelli
  essenziali  delle  prestazioni  concernenti  i  diritti  civili   e
  sociali. 
- Legge  della  Regione  Toscana  5  aprile  2013,  n.  13,  art.   3
  (modificativo dell'art. 19 della legge regionale 7  febbraio  2005,
  n. 28). 
- Costituzione, artt. 41 e 117, comma secondo, lett. e) ed m);  legge
  7 agosto 1990, n. 241, art. 19; decreto-legge 6 dicembre  2011,  n.
  201, convertito, con modificazioni, nella legge 22  dicembre  2011,
  n. 214, art. 31; direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. 
Commercio - Norme della  Regione  Toscana  -  Vincoli  commerciali  -
  Modalita' di esposizione del prezzo di vendita in outlet -  Ricorso
  del Governo - Denunciata eccedenza dalle  competenze  regionali  in
  materia di commercio, con incidenza sui principi della  trasparenza
  dei prezzi - Contrasto con  la  disciplina  statale  contenuta  nel
  Codice  del  consumo  -  Violazione  della   potesta'   legislativa
  esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza  e  di
  ordinamento civile. 
- Legge della Regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13, art. 5,  comma  2
  (modificativo dell'art. 19-quater, comma 2, della legge regionale 7
  febbraio 2005, n. 28). 
- Costituzione, art. 117, comma secondo,  lett.  e)  ed  l);  decreto
  legislativo 6 settembre 2005, n. 206, art. 2, comma 2, lett.  c)  e
  parte II, titolo II. 
Commercio - Norme della Regione Toscana -  Strutture  di  vendita  in
  forma aggregata - Ricorso del Governo - Denunciata introduzione  di
  limitazioni relative alle distanze  tra  esercizi  commerciali,  in
  contrasto con la normativa statale e comunitaria - Violazione della
  potesta' legislativa esclusiva dello Stato  in  materia  di  tutela
  della  concorrenza  -  Violazione  della  liberta'  di   iniziativa
  economica. 
- Legge  della  Regione  Toscana  5  aprile  2013,  n.  13,  art.   6
  (modificativo  dell'art.  19-quinquies  della  legge  regionale   7
  febbraio 2005, n. 28). 
- Costituzione, artt. 41 e 117, commi  primo  e  secondo,  lett.  e);
  decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 22  dicembre  2011,  n.  214,  art.  34;
  direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. 
Commercio  -  Norme  della  Regione  Toscana  -   Distribuzione   dei
  carburanti - Previsione dell'installazione nelle  aree  montane  di
  nuovi  impianti  senza  gestore   a   condizione   di   un'adeguata
  sorveglianza - Ricorso del Governo -  Denunciato  contrasto  con  i
  principi di liberalizzazione  dettati  dalla  normativa  statale  -
  Violazione della potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
  materia di tutela della concorrenza. 
- Legge  della  Regione  Toscana  5  aprile  2013,  n.  13,  art.  16
  (sostitutivo dell'art. 54-bis  della  legge  regionale  7  febbraio
  2005, n. 28). 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett.  e);  decreto-legge  6
  luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella  legge  15
  luglio 2011, n. 111, art. 28, comma 7. 
Commercio  -  Norme  della  Regione  Toscana  -   Impianti   per   la
  distribuzione  dei  carburanti  -  Previsione   del   funzionamento
  contestuale in modalita' servito  e  in  modalita'  self-service  -
  Ricorso del Governo -  Denunciata  introduzione  di  limitazioni  e
  restrizioni in contrasto con  la  normativa  statale  -  Violazione
  della potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
  tutela della concorrenza. 
- Legge  della  Regione  Toscana  5  aprile  2013,  n.  13,  art.  18
  (sostitutivo dell'art. 84 della legge regionale 7 febbraio 2005, n.
  28). 
- Costituzione, art. 117, comma secondo, lett.  e);  decreto-legge  6
  luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella  legge  15
  luglio 2011, n. 111, art. 28, comma 7. 
(GU n.32 del 7-8-2013 )
    Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (C.F.
80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
Stato (C.F. 80224030587), presso  i  cui  Uffici  in  Roma,  via  dei
Portoghesi  n.  12  e'   domiciliato   -   Fax   0696514000   -   PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
    Nei confronti della Regione Toscana  in  persona  del  Presidente
della  Giunta  regionale  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale della legge della regione Toscana del 5
aprile 2013 n. 13, pubblicata sul B.U.R. n. 14 del  10  aprile  2013,
recante «Disposizioni in materia di commercio  in  sede  fissa  e  di
distribuzione di carburanti. Modifiche alla L.R. n.  28/2005  e  alla
L.R. n. 52/2012», negli artt. 2-3-5-6-16 e 18. 
    Le disposizioni riportate in epigrafe vengono  impugnate,  giusta
delibera del Consiglio dei Ministri In data 31 maggio  2013,  perche'
in contrasto con gli artt. 41 e 117, primo  e  secondo  comma,  della
Costituzione, in relazione ai principi in  materia  di  tutela  della
concorrenza e  dell'ordinamento  civile,  nonche'  con  la  normativa
statale e comunitaria di riferimento. 
    1) Si premette che  con  la  legge  n.  13/2013,  il  legislatore
regionale si e' proposto di  emendare  le  modifiche  apportate  alla
legge regionale n. 28/2005, «Codice del  Commercio.  Testo  Unico  in
materia  di   commercio   in   sede   fissa,   su   aree   pubbliche,
somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa  quotidiana
e periodica e distribuzione di carburanti», con la  L.R.  n.  52/2012
censurata con precedente ricorso dal Governo negli artt. 11, 12,  13,
14, 15, 17, 18, 19, 20 39 e 41. 
    Da un esame comparativo della legge n. 52/2012 e  n.  13/2013  si
evince tuttavia che il legislatore regionale e' incorso negli  stessi
errori gia' segnalati  a  codesta  Ecc.ma  Corte  con  il  precedente
ricorso in quanto le modifiche apportate con la legge n. 13/2013  non
elidono  i  dubbi  di  illegittimita'  costituzionale  a  suo   tempo
evidenziati. 
    La disciplina di dettaglio tesa a rivedere, tra  l'altro,  alcuni
aspetti del commercio, quali quelli relativi  al  rilascio  e/o  alla
modifica delle autorizzazioni, alla vendita di  beni,  alle  distanze
tra gli esercizi commerciali ed infine  alla  vendita  di  carburante
sembra   infatti   presentare   profili   di   illegittimita'   nelle
disposizioni in epigrafe indicate, in relazione ai principi di tutela
della concorrenza e di ordinamento civile. 
    In  dettaglio  si  premette  che  il  punto  1   della   delibera
dell'impugnativa relativa alla legge  toscana  13/2013  riprende  gli
stessi motivi del punto 3  della  l.r.  52/2012;  il  punto  2  della
delibera  dell'impugnativa  relativa  alla  legge   toscana   13/2013
riprende gli stessi motivi del punto 1 della l.r. 52/2012; il punto 4
della delibera dell'impugnativa relativa alla legge  toscana  13/2013
riprende gli stessi motivi del punto 4 della l.r. 52/2012. Cio' posto
si osserva che: 
        2) L'articolo 2,  che  sostituisce  integralmente  l'articolo
18-septies della L.R. 7 febbraio 2005 n. 28, e' rubricato  «requisiti
obbligatori per le grandi  strutture  di  vendita»,  dispone:  «1.  I
requisiti obbligatori  delle  grandi  strutture  di  vendita  sono  i
seguenti: 
    a) elementi obbligatori per tutte le grandi strutture di vendita: 
        1) dotazione di una classificazione  energetica,  di  cui  al
decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno  2009  (Linee
guida nazionali per  la  certificazione  energetica  degli  edifici),
superiore o uguale alla classe energetica globale B; 
        2) produzione di energia termica da fonte  rinnovabile  senza
emissione in atmosfera tale da  garantire  il  rispetto  dei  livelli
minimi prestazionali indicati nell'allegato 3, comma 1, lettera c), e
al comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n.  28  (Attuazione
della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili, recanti modifica e  successiva  abrogazione  delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), fermo restando quanto  prescritto
nello stesso allegato 3, comma 5, aumentati del 10 per cento  qualora
l'attivita' commerciale insista su uno dei comuni di cui all'allegato
4 (Individuazione dei Comuni tenuti all'adozione del Piano di  Azione
Comunale "PAC" ai sensi dell'art.  12  comma  2,  lettera  a),  della
Delib.G.R. 6 dicembre 2010, n. 1025 (Zonizzazione  e  classificazione
del territorio regionale ai sensi della L.R. 9/2010 e  al  d.lgs.  n.
155/2010 ed individuazione della rete regionale di rilevamento  della
qualita' dell'aria - Revoca Delib.G.R.  27/2006,  337/2006,  21/2008,
1406/2001,1325/2003); 
        3) potenza  elettrica  degli  impianti  alimentati  da  fonti
rinnovabili obbligatoriamente installati sopra, all'interno  o  nelle
relative pertinenze dell'attivita' commerciale tale da  garantire  il
rispetto di quanto previsto per gli edifici di  cui  all'allegato  3,
comma 3, lettera c), del d.lgs. 28/2011, aumentati del  5  per  cento
qualora l'attivita' commerciale insista su  uno  dei  comuni  di  cui
all'allegato 4 della del.g.r. 1025/2010; 
        4) collaborazione con associazioni  di  volontariato  sociale
per la realizzazione di progetti  di  raccolta  e  ridistribuzione  a
soggetti deboli dei prodotti  alimentari  invenduti  e  comunque  non
scaduti; 
        5) attivazione di  specifici  programmi  per  la  limitazione
della produzione di rifiuti, la riduzione di imballaggi monouso e  di
shopper in plastica, la vendita di prodotti a  mezzo  erogatori  alla
spina, l'uso di sistemi di riuso per imballaggi secondari e  terziari
in plastica do legno ed altre modalita' proposte dal richiedente; 
        6) realizzazione di apposite aree di servizio destinate  alla
raccolta  dzfferenziata  ed  allo  stoccaggio  dei  rifiuti  prodotti
dall'esercizio; 
        7) attivazione di un  sistema  di  gestione  dei  rifiuti  da
apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), limitatamente agli
esercizi che commerciano prevalentemente tali prodotti. 
    b) elementi obbligatori, aggiuntivi a quelli di cui alla  lettera
a), per le grandi strutture con superficie  di  vendita  superiore  a
4.000 metri quadrati: 
        1) protezione dei bersagli piu' esposti  all'inquinamento  da
polveri  attraverso   fasce   verdi   di   protezione   adeguatamente
piantumate. Verifica degli apporti inquinanti prodotti dagli impianti
della  struttura  da  realizzare  e  dalle  emissioni  del   traffico
afferente, nel rispetto di quanto previsto dal decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  28  marzo  1983  (Limiti  massimi   di
accettabilita' delle concentrazioni  e  di  esposizione  relativi  ad
inquinanti  dell'aria  nell'ambiente  esterno)  e  dal  decreto   del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n, 203 (Attuazione  delle
direttive CEE numeri 80/779,  82/884,  84/360  e  85/203  concernenti
norme in materia di qualita'  dell'aria,  relativamente  a  specifici
agenti  inquinanti,  e  di  inquinamento  prodotto   dagli   impianti
industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, numero
183); 
        2) valutazione degli effetti acustici cumulativi  all'interno
della struttura ed all'esterno, con riferimento ai bersagli  ritenuti
significativi, in relazione agli  obiettivi  e  livelli  di  qualita'
definiti  dalla  legge  26  ottobre  1995,  n.  447   (Legge   quadro
sull'inquinamento acustico), dal decreto legislativo 19 agosto  2005,
n.  194  (Attuazione  della  direttiva   2002/49/CE   relativa   alla
determinazione e alla gestione del rumore ambientale) e  dal  decreto
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   14   novembre   1997
(Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore); 
        3) progetto per la raccolta di almeno il 50 per  cento  delle
acque meteoriche attraverso la realizzazione di una vasca di recupero
di  dimensioni   adeguate   al   fabbisogno   di   operazioni   quali
l'annaffiatura, il lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per  la
quale non sia richiesta l'acqua potabile; 
        4)  esistenza  di  servizi  di  trasporto  pubblico  per   il
collegamento dell'area dove e' insediata la struttura,  in  relazione
agli orari  di  attivita'  della  stessa  ovvero,  in  assenza  o  ad
integrazione del servizio pubblico, esistenza di servizi di trasporto
privato; 
        5) nel caso in cui l'area di insediamento della struttura non
disponga delle infrastrutture previste dallo  strumento  urbanistico,
esistenza di apposita  convenzione  sottoscritta  dal  comune  e  dal
richiedente,  per  la  realizzazione  delle  infrastrutture   stesse,
contenente la subordinazione  dell'avvio  dell'attivita'  alla  piena
funzionalita'  delle  infrastrutture;  6)  realizzazione   di   spazi
destinati ai bambini, attrezzati anche per l'igiene e la  cura  degli
stessi. 
    2. I requisiti di cui al comma 1, lettera a), numeri 1 e  2,  non
si applicano agli ampliamenti della superficie di  vendita  inferiori
al 20 per cento ed alle modifiche di' settore merceologico». 
    In via preliminare si rileva che la  disposizione,  che  contiene
una serie variegata di prescrizioni,  e'  strutturata  in  due  parti
poiche' opera una distinzione nell'ambito  della  unitaria  categoria
"grandi strutture di vendita" tra quelle con  superficie  di  vendita
minore o maggiore di mq. 4.000, per introdurre solo  a  carico  delle
seconde prescrizioni ulteriori, peraltro prive di giustificazione. 
    Gia' sotto questo profilo dunque si  ravvisa  una  ingiustificata
limitazione al principio della parita' concorrenziale. 
    In   dettaglio   poi,   la   norma    subordina    il    rilascio
dell'autorizzazione commerciale per grande struttura  di  vendita  al
possesso di numerosi requisiti obbligatori  che  riguardano  tuttavia
profili estranei all'attivita'  commerciale,  quali  ad  esempio:  la
collaborazione  con  associazioni  di  volontariato  sociale  per  la
realizzazione di progetti di raccolta e  ridistribuzione  a  soggetti
deboli dei prodotti alimentari invenduti e comunque non scaduti  (sub
4); l'attivazione di specifici programmi  per  la  limitazione  della
produzione di rifiuti,  la  riduzione  di  imballaggi  monouso  e  di
shopper in plastica, la vendita di prodotti a  mezzo  erogatori  alla
spina, l'uso di sistemi di riuso per imballaggi secondari e  terziari
in plastica e/o legno ( sub 5); la realizzazione di apposite aree  di
servizio destinate alla raccolta differenziata ed allo stoccaggio dei
rifiuti prodotti dall'esercizio (sub 6); l'attivazione di un  sistema
di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche
(RAFE) limitatamente agli esercizi  che  commerciano  prevalentemente
tali prodotti (sub 7). 
    La disciplina regionale, inoltre, e' ancora piu'  vincolante  per
le strutture oltre i 4000 mq, poiche' richiede (comma 1,  lettera  b)
in tali ipotesi il possesso di ulteriori requisiti,  oltre  a  quelli
precedentemente esposti, quali per esempio: 
        un progetto per la raccolta di almeno il  50  %  delle  acque
meteoriche attraverso la realizzazione di una vasca  di  recupero  di
dimensioni adeguate al fabbisogno di operazioni quali l'annaffiatura,
il lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per la  quale  non  sia
richiesta l'acqua potabile; 
        la  disponibilita'  a  favore  dell'utenza  di   servizi   di
trasporto pubblico per il collegamento dell'area dove e' insediata la
struttura ovvero, in assenza o ad integrazione del servizio pubblico,
nell'esistenza di servizi di trasporto privato; 
        la realizzazione di spazi destinati ai  bambini,  gestiti  da
apposito personale, attrezzati anche per l'igiene  e  la  cura  degli
stessi. 
    Le norme introdotte ora nell'ordinamento regionale toscano,  come
quelle  analoghe  gia'  al   vaglio   della   Corte   costituzionale,
introducono  pertanto  una  disciplina  discriminatoria  che   incide
direttamente sul confronto concorrenziale nonche' penalizzante e poco
logica, perche' gravante solo sulle Grandi Strutture di vendita ed in
tale ambito ancora piu' sugli esercizi  con  superficie  maggiore  di
4000  mq,  che,   nei   diversi   mercati   interessati,   condiziona
negativamente  la  programmazione   quantitativa   dell'offerta,   in
contrasto con le  esigenze  di  salvaguardia  della  concorrenza,  in
violazione degli artt. 41 e l'art. 117, comma 1 e comma  2  lett.  e)
della Costituzione, atteso che la previsione di requisiti a tal punto
stringenti per il rilascio dell'autorizzazione  commerciale,  risulta
lesiva della concorrenza poiche' rende piu' gravoso per gli operatori
attivi in Toscana ottenere detta autorizzazione, determinando in  tal
modo un evidente svantaggio competitivo. Cio' senza  tacere  come  la
fissazione di requisiti particolari a livello solo regionale tende ad
ostacolare  il  libero  esercizio  della   liberta'   di   iniziativa
economica, nonche', di seguito, il corretto ed omogeneo sviluppo  del
mercato unico europeo, introducendo un regime peculiare vigente  solo
a livello della regione toscana. 
    Ne' potrebbe affermarsi che il  richiamo  all'art.  117  comma  1
lett. e) sia inesatto. 
    Infatti non e' dubbio che la disposizione in esame non e' diretta
a regolare la materia del "commercio" in se' per  se',  ma  piuttosto
quella dei rapporti fra  gli  esercenti  il  commercio  e  le  grandi
strutture di vendita, poiche' tende in sostanza alla realizzazione di
un regime di vendita tale da non  consentire  pari  opportunita'  per
ogni esercizio. Per tale motivo, la disposizione censurata lungi  dal
poter rientrare nell'ambito della materia "commercio", di  competenza
residuale regionale, appartiene invece all'ambito della "tutela della
concorrenza", materia di competenza legislativa esclusiva statale, ai
sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. e), della Costituzione. 
    In realta'  la  normativa  regionale  censurata  oblitera  sia  i
recenti interventi  statali  in  punto  di  liberalizzazione,  sia  i
consolidati principi  dell'ordinamento  comunitario  secondo  cui  le
deroghe  al  principio  di  libera  prestazione  dei   servizi   sono
sostanzialmente ammessi per motivi di interesse generale, laddove non
discriminatorie e improntate ad un criterio di proporzionalita'. 
    La normativa statale di  riferimento,  in  subjecta  materia,  e'
costituita in particolare dall'art. 31, comma 2,  legge  22  dicembre
2011 n. 214,  a  mente  del  quale  "costituisce  principio  generale
dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura di nuovi  esercizi
commerciali sul territorio senza contingenti, limiti  territoriali  o
altri vincoli di qualsiasi natura e che le Regioni e gli enti  locali
adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni  del  presente  comma
entro il 30 settembre 2012". 
    La Corte costituzionale, intervenuta a chiarire la ratio di  tale
disposizione, ha avuto modo di precisare di recente (sentenza del  19
dicembre 2012 n.  299)  che  «una  regolamentazione  delle  attivita'
economiche ingiustificatamente intrusive -  cioe'  non  necessaria  e
sproporzionata  rispetto  alla  tutela  dei  beni  costituzionalmente
protetti-genera  inutili  ostacoli  alle  dinamiche   economiche,   a
detrimento degli interessi degli operatori economici, dei consumatori
e degli stessi lavoratori e, dunque, in definitiva  reca  danno  alla
stessa  utilita'  sociale.   L'eliminazione   degli   inutili   oneri
regolamentari, mantenendo  pero'  quelli  necessari  alla  tutela  di
superiori  beni  costituzionali,  e'  funzionale  alla  tutela  della
concorrenza  e  rientra  a  questo  titolo   nelle   competenze   del
legislatore statale». 
    Trattasi di giurisprudenza consolidata, atteso che piu' volte  la
Corte costituzionale ha espressamente  posto  quale  finalita'  della
disciplina  in  materia  di  commercio,  tra  le  altre,  quelle   di
realizzare «la trasparenza del mercato, la concorrenza,  la  liberta'
di impresa e la libera circolazione delle merci»,  «l'efficienza,  la
modernizzazione  e  lo  sviluppo  della  rete  distributiva,  nonche'
l'evoluzione tecnologica dell'offerta» (cfr.  sent.  Corte  Cost.  n.
430/07). 
    Ed e' palese come la norma in esame si ponga in contrasto  con  i
citati principi che  hanno  carattere  generale  perche'  pongono  le
finalita' della  disciplina  in  materia  di  commercio,  ed  al  cui
rispetto deve tendere anche la legislazione regionale. 
    3) L'articolo 3, che ha modificato l'articolo 19 L.R. 7  febbraio
2005 n. 28, dispone che «1. L'apertura, il trasferimento  di  sede  e
l'ampliamento della superficie di vendita di  un  centro  commerciale
sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal  SUAP  competente  per
territorio,  secondo  le  condizioni  e   le   procedure   stabiliti,
rispettivamente, per le medie o per le grandi strutture  di  vendita.
L'autorizzazione abilita alla realizzazione complessiva del centro  e
ne  stabilisce  la  superficie  di  vendita,  suddivisa  tra  settori
merceologici». 
    2. Dopo il comma 1 dell'articolo 19  della  L.R.  n.  28/2005  e'
inserito  il  seguente:   «1-bis.   La   modifica,   quantitativa   o
qualitativa, di settore merceologico  di  un  centro  commerciale  e'
soggetta a SCIA da presentare  al  SUAP  competente  per  territorio,
purche' la  struttura  presenti  tutti  i  requisiti  previsti  dalla
normativa statale e regionale in materia di medie o grandi  strutture
di vendita. In caso contrario, alla modifica di settore  merceologico
si applica il comma 1.». 
    In  sostanza  secondo  la  nuova  disposizione   l'apertura,   il
trasferimento di sede, l'ampliamento della superficie di  vendita  di
un  centro  commerciale  sono  soggetti  ad  autorizzazione  espressa
rilasciata dal SUAP competente per territorio, secondo le  condizioni
e le procedure stabiliti rispettivamente per le  medie  e  le  grandi
strutture di vendita. Il comma 2 prevede poi che debba presentarsi la
SCIA solo per l'ipotesi di modifica del settore merceologico. 
    Le nuove disposizioni si pongono in contrasto con il principio di
semplificazione amministrativa sancito  dalla  normativa  statale  di
riferimento contenuta nell'art. 19 legge 7 agosto  1990  n.  241,  in
base ai quale ogni atto di autorizzazione o licenza  per  l'esercizio
di un'attivita' commerciale e/o imprenditoriale e' sostituito da  una
segnalazione (S.C.I.A.) dell'interessato, e  nell'art.  31  Legge  22
dicembre 2011 n. 214 che, in un ottica di semplificazione, ha abolito
i  regimi  autorizzativi  espressi,  con  la  sola  esclusione  degli
interessi pubblici piu' sensibili indicati dalla  Direttiva  Servizi.
L'intervento statale ha introdotto una sostanziale  liberalizzazione,
per cui i regimi autorizzatori non costituiscono piu'  la  regola  ma
un'ipotesi del tutto residuale, in quanto possono essere istituiti  o
mantenuti solo se giustificati  da  motivi  imperativi  di  interesse
generale, ma sempre nel rispetto dei principi di non  discriminazione
e di proporzionalita'. 
    La Regione Toscana oblitera invece  il  vincolo  recato  da  tali
nuovi principi  e  condiziona  nuovamente  e  in  modo  evidentemente
anacronistico  l'  apertura,  il  trasferimento  di  sede   e   anche
l'ampliamento della superficie ad un regime autorizzatorio  non  piu'
richiesto  agli  altri  operatori  del  settore   operanti   aliunde,
imponendo agli operatori commerciali che  esercitano  nel  territorio
toscano oneri maggiori e piu' impegnativi rispetto a quelli  previsti
dalla normativa statale, e  cio'  senza  che  sia  dato  conto  delle
ragioni sottese a tale scelta. 
    D'altra parte la stessa Corte costituzionale (cfr. Corte cost. n.
282 del 2009 e n. 336 del 2005) ha avuto modo piu' volte di precisare
che il principio di semplificazione, di derivazione comunitaria (cfr.
direttiva 2006/123/CE,  relativa  ai  servizi  nel  mercato  interno,
attuata nell'ordinamento italiano con d.lgs. 26 marzo  2010  n.  59),
appartiene al novero dei principi fondamentali. 
    Qualora si analizzi la natura giuridica della SCIA e la  connessa
disciplina e'  agevole  rilevare  che  essa,  quale  espressione  del
generale principio di semplificazione, teso a sveltire i rapporti tra
privato e P.A. in un'ottica  di  collaborazione  basata  su  atti  di
autocertificazione  ovvero  di  mera  segnalazione,  ha   un   ambito
applicativo diretto alla generalita' dei cittadini tale da costituire
livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali, ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  m)  Cost.
(cosi' Corte Cost, 27 giugno 2012 n. 164). Se dunque  il  legislatore
statale tende alla abolizione delle fattispecie autorizzatorie appare
evidente come al  contrario  l'intervento  legislativo  regionale  si
ponga in contrasto con l'art. 117 comma 2,  lettere  e)  e  m)  della
Costituzione, atteso che limiti di tal  fatta  vengono  imposti  solo
agli operatori locali, cosi' posti in posizione  di  svantaggio,  sia
sul  piano   concorrenziale   che   su   quello   delle   prestazioni
amministrative, rispetto ai soggetti omologhi operanti sul resto  del
territorio nazionale. 
    A  conferma  di  cio'  e'  poi  da  rilevare   come   la   stessa
giurisprudenza  costituzionale  e  amministrativa  abbia  piu'  volte
disposto la disapplicazione delle disposizioni legislative  regionali
eventualmente  in  conflitto  con  i  ricordati  principi,  dovendosi
quest'ultime  considerarsi  recessive  rispetto  alle  corrispondenti
disposizioni statali, le quali sono invece immediatamente applicatili
senza che vi sia necessita' di' un loro recepimento  espresso,  (cfr.
Corte Cost. n.150/2011; TAR aiuti Venezia Giulia, Sez. I, 13 dicembre
2007 n. 76). 
    4) L'articolo 5, comma 2, modifica  l'articolo  19  quater  della
Legge regionale n. 28/2005, sostituendone il comma 2 , prevedendo che
"Le merci poste in vendita in outlet recano il solo prezzo finale  di
vendita,  tranne  che  nelle  ipotesi  di  vendite  straordinarie   e
promozionali, cui si applicano gli articoli da 88 a 96". 
    La norma regionale, nell'obbligare gli esercizi  commerciali  che
vendono in outlet ad una precisa modalita' di esposizione del  prezzo
di vendita, eccede dalle competenze regionali in materia di commercio
poiche' va ad incidere sui principi della trasparenza dei  prezzi  e,
di seguito, delle informazioni al consumatore. 
    Sotto questo profilo la disposizione in esame non puo'  ritenersi
rientrare nella sfera della normativa sul commercio  poiche'  involge
invece  aspetti  che  attengono  alla  tutela  dei  consumatori,  che
esorbitano dalla disciplina del commercio andando a ricadere in sfere
di  competenza  riservate  allo  Stato.   La   materia   e'   infatti
disciplinata dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice
del consumo), che, all'art. 2, comma 2, lettera c),  annovera  fra  i
diritti  fondamentali  del  consumatore  quello   ad   una   adeguata
informazione sul  prodotto.  Il  medesimo  codice  detta  inoltre  la
disciplina dei prezzi, nella  parte  II,  titolo  II,  dedicata  alle
informazioni al consumatore. 
    Come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n.n. 191
del 2012 e 66/2013, la disciplina contenuta nel  codice  del  consumo
attiene alla materia del diritto civile,  riservata  alla  competenza
esclusiva dello Stato ex art. 117 comma 2 Cost. 
    La  previsione  regionale,  inoltre,  imponendo   agli   esercizi
commerciali outlet, ricadenti nel territorio regionale,  una  precisa
modalita'  di  esposizione  del  prezzo   di   vendita   elimina   la
possibilita' di un confronto dei prezzi attuabile  tra  esercizi  che
vendono lo stesso prodotto, cosi' elidendo un importante strumento di
tutela del consumatore rispondente ad una politica di trasparenza nel
commercio. 
    Sotto tale aspetto appare quindi anche lesiva del principio, piu'
volte evidenziato dalla Corte costituzionale (cfr.  sentenze  n.  299
del 19 dicembre 2012; n. 27 del 13 febbraio 2013;n. 68/2013), che  le
normative regionali in materia di commercio si adeguino ai criteri di
liberalizzazione delle attivita' commerciali anche in relazione  alle
disposizioni normative in tema di concorrenza. 
    Per tali  motivi,  la  norma  regionale  in  esame  eccede  dalle
competenze regionali risultando invasiva delle  competenze  esclusive
dello Stato in materia di tutela della concorrenza e  di  ordinamento
civile, di cui all'art.117, secondo comma , lettere e)  ed  I)  della
Costituzione. 
    5)  L'articolo  6  reca   modifiche   all'articolo   19-quinquies
introdotto nella L.R. 28/2005 dall'art. 20 l.r. n. 52/2012. 
    Si e' gia' detto che  l'art.  20,che  prevede,  oltre  alle  gia'
esistenti tipologie, le strutture di vendita in forma  aggregata,  e'
stato oggetto di censura da parte del Governo. 
    La norma, come ora modificata  dalla  l.r.  n.  13/2013,  che  ha
soppresso la lett. c) del comma  6  ed  introdotto  un  comma  6-bis,
prevede: 
        medie  strutture  di  vendita  adiacenti  tra   loro,   anche
verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri
lineari; 
        medie strutture di vendita adiacenti tra loro ad  una  grande
struttura di vendita, anche  verticalmente  o  insediate  a  distanza
inferiore a 120 metri lineari da una grande struttura di vendita; 
        le grandi strutture di vendita  adiacenti  «tra  loro,  anche
verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri
lineari». 
    Le  descritta  previsione  introduce  limitazioni  relative  alle
distanze tra esercizi commerciali,  si'  pone  in  contrasto  con  la
normativa statale e comunitaria vigente,  costituita  in  particolare
dall'articolo 34 Legge 214/2011  secondo  cui  «la  disciplina  delle
attivita' economiche  e'  improntata  al  principio  di  liberta'  di
accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le  esigenze
imperative di  interesse  generale,  costituzionalmente  rilevanti  e
compatibili con l'ordinamento comunitario, che  possono  giustificare
l'introduzione  di   previ   atti   amministrativi   di   assenso   o
autorizzazione  o  di  controllo,  nel  rispetto  del  principio   di
proporzionalita'». 
    Con  il  precedente  ricorso  si  era  anche  avuto  riguardo  al
contrasto con l'art. 1, DL n. 1/2012 convertito in legge n.  27/2012.
Tali norme statali hanno recepito  le  prescrizioni  della  Direttiva
comunitaria 2006/123CE, cosi abrogando le norme che pongono divieti e
restrizioni economiche e vietando  in  particolare  l'imposizione  di
distanze  minime  tra   le   localizzazioni   delle   sedi   deputate
all'esercizio di un'attivita' economica. Anche in  questo  caso  deve
rilevarsi quindi che la Regione Toscana appare non essersi conformata
ai  principi  stabiliti  dal  legislatore   nazionale,   introducendo
nuovamente regole restrittive e discrininatorie, in contrasto con gli
artt 41 e 117,comma 1 e co.2 lett. e) della Costituzione. 
    6) L'articolo 16, nel sostituire il comma 1 dell'articolo  54-bis
(Impianti senza gestore) della legge n. 28/2005, dispone  che  "Nelle
aree montane di cui  all'articolo  50,  comma  1,  lettera  h-bis)  e
insulari, carenti del servizio di distribuzione di carburanti possono
essere installati  anche  nuovi  impianti  dotati  esclusivamente  di
apparecchiature self-service  pre-pagamento  senza  la  presenza  del
gestore, a condizione che ne sia garantita  un'adeguata  sorveglianza
secondo le modalita' stabilite dal comune". 
    La norma regionale dunque ha condizionato alla  presenza  di  una
adeguata sorveglianza la possibilita' di  installare  nuovi  impianti
dotati esclusivamente di apparecchiature  self-service  pre-pagamento
senza la presenza del gestore anche in aree al di  fuori  dei  centri
abitati, seppure per le sole aree montane  e  insulari,  carenti  del
servizio di distribuzione carburanti. 
    La norma statale di riferimento e' costituita dall'art. 28, comma
7, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con legge 16 luglio 2011,
n. 111 (come modificato ed integrato dall'art.18,  comma  1,  di.  24
gennaio 2012 n. 1, conv. con modificazioni dalla 1. 24 marzo 2012, n.
27).   Essa   vieta   l'imposizione    di    qualunque    limitazione
all'installazione degli impianti di self-service  senza  la  presenza
del gestore al di fuori  dei  centri  abitati,  disponendo  che  "Non
possono   essere   posti   specifici    vincoli    all'utilizzo    di
apparecchiature per la modalita' di rifornimento senza  servizio  con
pagamento anticipato,  durante  le  ore  in  cui  e'  contestualmente
assicurata la possibilita' di rifornimento assistito dal personale, a
condizione che venga effettivamente mantenuta e garantita la presenza
del titolare della  licenza  di  esercizio  dell'impianto  rilasciata
dall'ufficio tecnico di finanza o di suoi dipendenti o collaboratori.
Nel  rispetto  delle  norme  di  circolazione  stradale,  presso  gli
impianti stradali di distribuzione carburanti posti al di  fuori  dei
centri abitati, quali definiti ai sensi del  codice  della  strada  o
degli  strumenti  urbanistici  comunali,  non  possono  essere  posti
vincoli  o  limitazioni  all'utilizzo   continuativo,   anche   senza
assistenza, delle apparecchiature per la  modalita'  di  rifornimento
senza servizio con pagamento anticipato». 
    Diversamente, la disposizione regionale dispone genericamente che
gli impianti di distribuzione di carburante in modalita' self-service
debbano  comunque  avere  forme  di  assistenza  per  cui   contrasta
apertamente con l'obiettivo di liberalizzazione di cui al citato art.
28, comma 7, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, (e successive modifiche)  che
ha liberalizzato gli impianti completamente automatizzati al di fuori
dei centri abitati. 
    Anche in  questo  caso  la  illegittimita'  costituzionale  della
disposizione si coglie nella violazione  della  competenza  esclusiva
dello  Stato  in  materia  di  tutela  della   concorrenza   di   cui
all'articolo  articolo  117,  secondo   comma,   lettera   e)   della
Costituzione.  E'  palese  infatti  come  la   previsione   regionale
costituisca  un  appesantimento,  sia  in   termini   economici   che
organizzativi, per l'operatore toscano rispetto al collega  di  altra
regione. 
    7) L'articolo 18, che sostituisce il  comma  3  dell'articolo  84
(Orario degli impianti di distribuzione dei carburanti)  della  legge
n. 28/2005, dispone che: 
    "3. Durante l'orario di apertura  nell'impianto  deve  funzionare
almeno un erogatore di benzina e un erogatore di gasolio in modalita'
servito, con  l'esclusione  del  collegamento  con  l'accettatore  di
banconote o almeno un'apparecchiatura self-service post-pagamento". 
    2. Dopo il comma 3 dell'articolo 84  della  L.R.  n.  28/2005  e'
inserito  il  seguente:  "3-bis.   Durante   l'orario   di   apertura
dell'impianto deve  essere  garantita  l'assistenza  al  rifornimento
diretto da parte del gestore o dei suoi dipendenti  o  collaboratori,
qualora richiesto, nonche' l'assistenza al rifornimento a  favore  di
persone con disabilita' di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme
per il  diritto  al  lavoro  dei  disabili).  La  possibilita'  della
richiesta  dell'assistenza  al  rifornimento  diretto   deve   essere
pubblicizzata  mediante  apposito  cartello  predisposto  secondo  le
indicazioni del comune.». 
    In sostanza la norma impone  che  durante  l'orario  di  apertura
dell'impianto funzioni contestualmente il servizio sia  in  modalita'
servito che in modalita' self-service, ancora una volta in  contrasto
con il dettato dell'articolo 28 del citato d.l. n. 28/2011 che invece
tende ad eliminare quanto piu' possibile vincoli e/o restrizioni. 
    Infatti, la  norma  statale  non  impone  la  contestualita'  del
servizio in modalita' servito e in modalita' self-service, ma dispone
che,  durante  le  ore  in  cui  e'  contestualmente  assicurata   la
possibilita' di rifornimento assistito  dal  personale,  non  possono
essere  apposti  vincoli  all'utilizzo  di  apparecchiature  per   la
modalita' di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato. 
    Anche  tale  previsione,  pertanto,  risulta  in  contrasto   con
l'articolo 28, comma 7 del  decreto  legge  6  luglio  2011,  n.  98,
configurando,  quindi,  violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,
lettera e) della Costituzione. 
    8) Dall'analisi svolta emerge  come  la  normativa  esaminata  si
ponga in contrasto con l'art. 117 comma I e II, Cost., laddove  viene
ad eliminare solo in ambito regionale i  vincoli  e  i  limiti  posti
dalla  disciplina  statale  in  punto  di  regolazione   di   aspetti
fondamentali delle attivita' commerciali,  mentre  e'  certo  che  il
legislatore regionale avrebbe dovuto limitarsi a richiamare la  norma
statale  piuttosto  che  intervenire  di  nuovo   su   aspetti   gia'
compiutamente regolati a livello generale, con l'effetto di  porre  a
carico unicamente degli operatori della  regione  Toscana  previsioni
limitative, contenenti in definitiva veri e propri obblighi. 
    Le ingiustificate limitazioni evidenziate pongono la legislazione
regionale in contrasto con i principi  statali  generali  vigenti  in
materia, tesi invece verso la concreta realizzazione del principio di
"libera concorrenza" per quanto concerne  la  regolamentazione  delle
grandi strutture di vendita, nonche' degli impianti di  distribuzione
carburanti,  principio  la  cui  osservanza  e'  stata  ripetutamente
riaffermata dalla Corte costituzionale, quale mezzo  per  «realizzare
la trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta'  d'impresa  e
la  libera  circolazione  delle  merci,  ...  in   un   processo   di
modernizzazione», cosi' corte Cost. n. 430/2007). 
    La norma regionale in esame al contrario, ponendo i vincoli sopra
evidenziati,  determina  una   non   giustificabile   disparita'   di
trattamento con i soggetti  esercenti  la  medesima  attivita'  nelle
altre  zone  del  territorio  nazionale,  cosi  da   eccedere   dalle
competenze  regionali,  incidendo  sull'assetto  concorrenziale   del
commercio, e da invadere la competenza statale in materia  di  tutela
della concorrenza di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera  e)
Cost 
    Ne' potrebbe argomentarsi, in senso  contrario,  che  essendo  la
«tutela della concorrenza» una materia «trasversale», la disposizione
regionale censurata sarebbe legittima  in  quanto  espressione  della
competenza legislativa concorrente o residuale  delle  regioni.  Osta
infatti a tale conclusione il rilievo per cui interventi  legislativi
regionali di tal genere presuppongono una necessaria sintonia con  la
realta' regionale, che nella specie appare assente. 
    Per tali motivi non  pare  revocabile  in  dubbio  che  le  norme
censurate contrastino con il principio di libera concorrenza,  intesa
quale pari opportunita' e  corretto  ed  uniforme  funzionamento  del
mercato, tanto piu' qualora le si esaminino alla  luce  dei  principi
fissati dalla  giurisprudenza  costituzionale  in  materia,  per  cui
"l'espressione "tutela della concorrenza" comprende, tra l'altro,  le
misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o  a
consolidarne l'apertura, eliminando barriere  all'entrata,  riducendo
od  eliminando  vincoli  al   libero   esplicarsi   della   capacita'
imprenditoriale e della competizione tra  imprese,  e,  in  generale,
vincoli alle modalita' di esercizio delle  attivita'  economiche.  In
tale maniera vengono perseguite finalita' di ampliamento dell'area di
libera scelta sia dei cittadini che delle imprese"  (Corte  cost.  n.
430/2007). 
    Ed e' sufficiente esaminare le disposizioni regionali  alla  luce
di tale consolidato orientamento, per verificare come esse violino il
concetto di tutela della concorrenza sopra delineato, poiche' tendono
a creare limiti e barriere all'accesso  al  mercato  ed  alla  libera
esplicazione dell'attivita'  imprenditoriale  in  maniera  del  tutto
discriminatoria  senza  alcuna  valida   ragione,   giustificata   da
particolari esigenze regionali, ad essa sottesa. 
    D'altra parte deve ritenersi che il  medesimo  obbligo  affermato
dalla giurisprudenza comunitaria a carico degli Stati membri, "tenuti
in virtu' dell'art. 4, par. 3, TUE, a non mantenere  e  non  adottare
misure  legislative  o  regolamentari   suscettibili   di   eliminare
l'effetto  utile  delle  norme  sulla  concorrenza  applicabili  alle
imprese'', (crfr. Ledere, 229/83,  sent.  10  gennaio  1985;  Vlaamse
Reisbureaus, 311/85, sent. 1° ottobre 1987; Van Eycke, 267/86,  sent.
21 settembre 1988; Ahmed Saeed, 66/86, sent. 11 aprile 1989; Inno  c.
ATAB, 13/77, sent. 145 novembre 1977; Commissione c. Italia, C-35/96,
sent. 18 giugno  1998),  debba  del  pari  sussistere  a  carico  del
legislatore   regionale,   anche   nella   considerazione   che    la
determinazione, per via legislativa e in  generale,  di  limiti  alla
liberta' di iniziativa economica privata deve ritenersi di competenza
esclusiva statale, ex art. 117, comma 2,  lett  e),  sussistendo,  in
relazione alle liberta' in materia economica ( artt. 41  ss.  Cost.),
una implicita riserva di legge (sul punto, cfr. tra tante Corte cost.
n. 9/1973; 97/1969). 
 
                               P.Q.M. 
 
    Alla luce di quanto  sopra  esposto  si  conclude  affinche'  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge della  regione
Toscana del 5 aprile 2013 n. 13, pubblicata sul B.U.R. n. 14  del  10
aprile 2013 recante "Disposizioni in materia  di  commercio  in  sede
fissa e di  distribuzione  di  carburanti.  Modifiche  alla  L.R.  n.
28/2005 e alla L.R. n. 52/2012 negli artt. 2; 3; 5; 6; 16; 113. 
 
        Roma, 5 giugno 2013 
 
                   L'avvocato dello Stato: Ranucci