N. 68 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 giugno 2013
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 giugno 2013 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Commercio - Norme della Regione Toscana - Requisiti obbligatori delle grandi strutture di vendita - Ricorso del Governo - Denunciata ingiustificata distinzione tra strutture a seconda della superficie di vendita - Lamentata previsione di requisiti per il rilascio dell'autorizzazione commerciale riguardanti profili estranei all'attivita' commerciale - Contrasto con i principi posti dalla legislazione statale in tema di liberalizzazione e con i principi dell'ordinamento comunitario - Violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza - Violazione della liberta' di iniziativa economica. - Legge della Regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13, art. 2 (sostitutivo dell'art. 18-septies della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28). - Costituzione, artt. 41 e 117, commi primo e secondo, lett. e); decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 31, comma 2. Commercio - Norme della Regione Toscana - Apertura, trasferimento di sede e ampliamento della superficie di vendita di un centro commerciale - Assoggettamento ad autorizzazione rilasciata dal SUAP (sportello unico per le attivita' produttive) competente per territorio - Assoggettamento a SCIA (segnalazione certificata di inizio attivita') da presentare al SUAP competente per territorio nel caso di mutamento di un settore merceologico - Ricorso del Governo - Denunciato contrasto con il principio di semplificazione amministrativa sancito dalla normativa statale di riferimento - Violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. - Legge della Regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13, art. 3 (modificativo dell'art. 19 della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28). - Costituzione, artt. 41 e 117, comma secondo, lett. e) ed m); legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 19; decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 31; direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. Commercio - Norme della Regione Toscana - Vincoli commerciali - Modalita' di esposizione del prezzo di vendita in outlet - Ricorso del Governo - Denunciata eccedenza dalle competenze regionali in materia di commercio, con incidenza sui principi della trasparenza dei prezzi - Contrasto con la disciplina statale contenuta nel Codice del consumo - Violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile. - Legge della Regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13, art. 5, comma 2 (modificativo dell'art. 19-quater, comma 2, della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28). - Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e) ed l); decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, art. 2, comma 2, lett. c) e parte II, titolo II. Commercio - Norme della Regione Toscana - Strutture di vendita in forma aggregata - Ricorso del Governo - Denunciata introduzione di limitazioni relative alle distanze tra esercizi commerciali, in contrasto con la normativa statale e comunitaria - Violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza - Violazione della liberta' di iniziativa economica. - Legge della Regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13, art. 6 (modificativo dell'art. 19-quinquies della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28). - Costituzione, artt. 41 e 117, commi primo e secondo, lett. e); decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 34; direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. Commercio - Norme della Regione Toscana - Distribuzione dei carburanti - Previsione dell'installazione nelle aree montane di nuovi impianti senza gestore a condizione di un'adeguata sorveglianza - Ricorso del Governo - Denunciato contrasto con i principi di liberalizzazione dettati dalla normativa statale - Violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza. - Legge della Regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13, art. 16 (sostitutivo dell'art. 54-bis della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28). - Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e); decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 28, comma 7. Commercio - Norme della Regione Toscana - Impianti per la distribuzione dei carburanti - Previsione del funzionamento contestuale in modalita' servito e in modalita' self-service - Ricorso del Governo - Denunciata introduzione di limitazioni e restrizioni in contrasto con la normativa statale - Violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza. - Legge della Regione Toscana 5 aprile 2013, n. 13, art. 18 (sostitutivo dell'art. 84 della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28). - Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. e); decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 28, comma 7.(GU n.32 del 7-8-2013 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (C.F. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato - Fax 0696514000 - PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it Nei confronti della Regione Toscana in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge della regione Toscana del 5 aprile 2013 n. 13, pubblicata sul B.U.R. n. 14 del 10 aprile 2013, recante «Disposizioni in materia di commercio in sede fissa e di distribuzione di carburanti. Modifiche alla L.R. n. 28/2005 e alla L.R. n. 52/2012», negli artt. 2-3-5-6-16 e 18. Le disposizioni riportate in epigrafe vengono impugnate, giusta delibera del Consiglio dei Ministri In data 31 maggio 2013, perche' in contrasto con gli artt. 41 e 117, primo e secondo comma, della Costituzione, in relazione ai principi in materia di tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile, nonche' con la normativa statale e comunitaria di riferimento. 1) Si premette che con la legge n. 13/2013, il legislatore regionale si e' proposto di emendare le modifiche apportate alla legge regionale n. 28/2005, «Codice del Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti», con la L.R. n. 52/2012 censurata con precedente ricorso dal Governo negli artt. 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20 39 e 41. Da un esame comparativo della legge n. 52/2012 e n. 13/2013 si evince tuttavia che il legislatore regionale e' incorso negli stessi errori gia' segnalati a codesta Ecc.ma Corte con il precedente ricorso in quanto le modifiche apportate con la legge n. 13/2013 non elidono i dubbi di illegittimita' costituzionale a suo tempo evidenziati. La disciplina di dettaglio tesa a rivedere, tra l'altro, alcuni aspetti del commercio, quali quelli relativi al rilascio e/o alla modifica delle autorizzazioni, alla vendita di beni, alle distanze tra gli esercizi commerciali ed infine alla vendita di carburante sembra infatti presentare profili di illegittimita' nelle disposizioni in epigrafe indicate, in relazione ai principi di tutela della concorrenza e di ordinamento civile. In dettaglio si premette che il punto 1 della delibera dell'impugnativa relativa alla legge toscana 13/2013 riprende gli stessi motivi del punto 3 della l.r. 52/2012; il punto 2 della delibera dell'impugnativa relativa alla legge toscana 13/2013 riprende gli stessi motivi del punto 1 della l.r. 52/2012; il punto 4 della delibera dell'impugnativa relativa alla legge toscana 13/2013 riprende gli stessi motivi del punto 4 della l.r. 52/2012. Cio' posto si osserva che: 2) L'articolo 2, che sostituisce integralmente l'articolo 18-septies della L.R. 7 febbraio 2005 n. 28, e' rubricato «requisiti obbligatori per le grandi strutture di vendita», dispone: «1. I requisiti obbligatori delle grandi strutture di vendita sono i seguenti: a) elementi obbligatori per tutte le grandi strutture di vendita: 1) dotazione di una classificazione energetica, di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009 (Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici), superiore o uguale alla classe energetica globale B; 2) produzione di energia termica da fonte rinnovabile senza emissione in atmosfera tale da garantire il rispetto dei livelli minimi prestazionali indicati nell'allegato 3, comma 1, lettera c), e al comma 2, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recanti modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), fermo restando quanto prescritto nello stesso allegato 3, comma 5, aumentati del 10 per cento qualora l'attivita' commerciale insista su uno dei comuni di cui all'allegato 4 (Individuazione dei Comuni tenuti all'adozione del Piano di Azione Comunale "PAC" ai sensi dell'art. 12 comma 2, lettera a), della Delib.G.R. 6 dicembre 2010, n. 1025 (Zonizzazione e classificazione del territorio regionale ai sensi della L.R. 9/2010 e al d.lgs. n. 155/2010 ed individuazione della rete regionale di rilevamento della qualita' dell'aria - Revoca Delib.G.R. 27/2006, 337/2006, 21/2008, 1406/2001,1325/2003); 3) potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili obbligatoriamente installati sopra, all'interno o nelle relative pertinenze dell'attivita' commerciale tale da garantire il rispetto di quanto previsto per gli edifici di cui all'allegato 3, comma 3, lettera c), del d.lgs. 28/2011, aumentati del 5 per cento qualora l'attivita' commerciale insista su uno dei comuni di cui all'allegato 4 della del.g.r. 1025/2010; 4) collaborazione con associazioni di volontariato sociale per la realizzazione di progetti di raccolta e ridistribuzione a soggetti deboli dei prodotti alimentari invenduti e comunque non scaduti; 5) attivazione di specifici programmi per la limitazione della produzione di rifiuti, la riduzione di imballaggi monouso e di shopper in plastica, la vendita di prodotti a mezzo erogatori alla spina, l'uso di sistemi di riuso per imballaggi secondari e terziari in plastica do legno ed altre modalita' proposte dal richiedente; 6) realizzazione di apposite aree di servizio destinate alla raccolta dzfferenziata ed allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dall'esercizio; 7) attivazione di un sistema di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), limitatamente agli esercizi che commerciano prevalentemente tali prodotti. b) elementi obbligatori, aggiuntivi a quelli di cui alla lettera a), per le grandi strutture con superficie di vendita superiore a 4.000 metri quadrati: 1) protezione dei bersagli piu' esposti all'inquinamento da polveri attraverso fasce verdi di protezione adeguatamente piantumate. Verifica degli apporti inquinanti prodotti dagli impianti della struttura da realizzare e dalle emissioni del traffico afferente, nel rispetto di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 marzo 1983 (Limiti massimi di accettabilita' delle concentrazioni e di esposizione relativi ad inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno) e dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n, 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualita' dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, numero 183); 2) valutazione degli effetti acustici cumulativi all'interno della struttura ed all'esterno, con riferimento ai bersagli ritenuti significativi, in relazione agli obiettivi e livelli di qualita' definiti dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico), dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194 (Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale) e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 1997 (Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore); 3) progetto per la raccolta di almeno il 50 per cento delle acque meteoriche attraverso la realizzazione di una vasca di recupero di dimensioni adeguate al fabbisogno di operazioni quali l'annaffiatura, il lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per la quale non sia richiesta l'acqua potabile; 4) esistenza di servizi di trasporto pubblico per il collegamento dell'area dove e' insediata la struttura, in relazione agli orari di attivita' della stessa ovvero, in assenza o ad integrazione del servizio pubblico, esistenza di servizi di trasporto privato; 5) nel caso in cui l'area di insediamento della struttura non disponga delle infrastrutture previste dallo strumento urbanistico, esistenza di apposita convenzione sottoscritta dal comune e dal richiedente, per la realizzazione delle infrastrutture stesse, contenente la subordinazione dell'avvio dell'attivita' alla piena funzionalita' delle infrastrutture; 6) realizzazione di spazi destinati ai bambini, attrezzati anche per l'igiene e la cura degli stessi. 2. I requisiti di cui al comma 1, lettera a), numeri 1 e 2, non si applicano agli ampliamenti della superficie di vendita inferiori al 20 per cento ed alle modifiche di' settore merceologico». In via preliminare si rileva che la disposizione, che contiene una serie variegata di prescrizioni, e' strutturata in due parti poiche' opera una distinzione nell'ambito della unitaria categoria "grandi strutture di vendita" tra quelle con superficie di vendita minore o maggiore di mq. 4.000, per introdurre solo a carico delle seconde prescrizioni ulteriori, peraltro prive di giustificazione. Gia' sotto questo profilo dunque si ravvisa una ingiustificata limitazione al principio della parita' concorrenziale. In dettaglio poi, la norma subordina il rilascio dell'autorizzazione commerciale per grande struttura di vendita al possesso di numerosi requisiti obbligatori che riguardano tuttavia profili estranei all'attivita' commerciale, quali ad esempio: la collaborazione con associazioni di volontariato sociale per la realizzazione di progetti di raccolta e ridistribuzione a soggetti deboli dei prodotti alimentari invenduti e comunque non scaduti (sub 4); l'attivazione di specifici programmi per la limitazione della produzione di rifiuti, la riduzione di imballaggi monouso e di shopper in plastica, la vendita di prodotti a mezzo erogatori alla spina, l'uso di sistemi di riuso per imballaggi secondari e terziari in plastica e/o legno ( sub 5); la realizzazione di apposite aree di servizio destinate alla raccolta differenziata ed allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dall'esercizio (sub 6); l'attivazione di un sistema di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAFE) limitatamente agli esercizi che commerciano prevalentemente tali prodotti (sub 7). La disciplina regionale, inoltre, e' ancora piu' vincolante per le strutture oltre i 4000 mq, poiche' richiede (comma 1, lettera b) in tali ipotesi il possesso di ulteriori requisiti, oltre a quelli precedentemente esposti, quali per esempio: un progetto per la raccolta di almeno il 50 % delle acque meteoriche attraverso la realizzazione di una vasca di recupero di dimensioni adeguate al fabbisogno di operazioni quali l'annaffiatura, il lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per la quale non sia richiesta l'acqua potabile; la disponibilita' a favore dell'utenza di servizi di trasporto pubblico per il collegamento dell'area dove e' insediata la struttura ovvero, in assenza o ad integrazione del servizio pubblico, nell'esistenza di servizi di trasporto privato; la realizzazione di spazi destinati ai bambini, gestiti da apposito personale, attrezzati anche per l'igiene e la cura degli stessi. Le norme introdotte ora nell'ordinamento regionale toscano, come quelle analoghe gia' al vaglio della Corte costituzionale, introducono pertanto una disciplina discriminatoria che incide direttamente sul confronto concorrenziale nonche' penalizzante e poco logica, perche' gravante solo sulle Grandi Strutture di vendita ed in tale ambito ancora piu' sugli esercizi con superficie maggiore di 4000 mq, che, nei diversi mercati interessati, condiziona negativamente la programmazione quantitativa dell'offerta, in contrasto con le esigenze di salvaguardia della concorrenza, in violazione degli artt. 41 e l'art. 117, comma 1 e comma 2 lett. e) della Costituzione, atteso che la previsione di requisiti a tal punto stringenti per il rilascio dell'autorizzazione commerciale, risulta lesiva della concorrenza poiche' rende piu' gravoso per gli operatori attivi in Toscana ottenere detta autorizzazione, determinando in tal modo un evidente svantaggio competitivo. Cio' senza tacere come la fissazione di requisiti particolari a livello solo regionale tende ad ostacolare il libero esercizio della liberta' di iniziativa economica, nonche', di seguito, il corretto ed omogeneo sviluppo del mercato unico europeo, introducendo un regime peculiare vigente solo a livello della regione toscana. Ne' potrebbe affermarsi che il richiamo all'art. 117 comma 1 lett. e) sia inesatto. Infatti non e' dubbio che la disposizione in esame non e' diretta a regolare la materia del "commercio" in se' per se', ma piuttosto quella dei rapporti fra gli esercenti il commercio e le grandi strutture di vendita, poiche' tende in sostanza alla realizzazione di un regime di vendita tale da non consentire pari opportunita' per ogni esercizio. Per tale motivo, la disposizione censurata lungi dal poter rientrare nell'ambito della materia "commercio", di competenza residuale regionale, appartiene invece all'ambito della "tutela della concorrenza", materia di competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. e), della Costituzione. In realta' la normativa regionale censurata oblitera sia i recenti interventi statali in punto di liberalizzazione, sia i consolidati principi dell'ordinamento comunitario secondo cui le deroghe al principio di libera prestazione dei servizi sono sostanzialmente ammessi per motivi di interesse generale, laddove non discriminatorie e improntate ad un criterio di proporzionalita'. La normativa statale di riferimento, in subjecta materia, e' costituita in particolare dall'art. 31, comma 2, legge 22 dicembre 2011 n. 214, a mente del quale "costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi natura e che le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012". La Corte costituzionale, intervenuta a chiarire la ratio di tale disposizione, ha avuto modo di precisare di recente (sentenza del 19 dicembre 2012 n. 299) che «una regolamentazione delle attivita' economiche ingiustificatamente intrusive - cioe' non necessaria e sproporzionata rispetto alla tutela dei beni costituzionalmente protetti-genera inutili ostacoli alle dinamiche economiche, a detrimento degli interessi degli operatori economici, dei consumatori e degli stessi lavoratori e, dunque, in definitiva reca danno alla stessa utilita' sociale. L'eliminazione degli inutili oneri regolamentari, mantenendo pero' quelli necessari alla tutela di superiori beni costituzionali, e' funzionale alla tutela della concorrenza e rientra a questo titolo nelle competenze del legislatore statale». Trattasi di giurisprudenza consolidata, atteso che piu' volte la Corte costituzionale ha espressamente posto quale finalita' della disciplina in materia di commercio, tra le altre, quelle di realizzare «la trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta' di impresa e la libera circolazione delle merci», «l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonche' l'evoluzione tecnologica dell'offerta» (cfr. sent. Corte Cost. n. 430/07). Ed e' palese come la norma in esame si ponga in contrasto con i citati principi che hanno carattere generale perche' pongono le finalita' della disciplina in materia di commercio, ed al cui rispetto deve tendere anche la legislazione regionale. 3) L'articolo 3, che ha modificato l'articolo 19 L.R. 7 febbraio 2005 n. 28, dispone che «1. L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie di vendita di un centro commerciale sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal SUAP competente per territorio, secondo le condizioni e le procedure stabiliti, rispettivamente, per le medie o per le grandi strutture di vendita. L'autorizzazione abilita alla realizzazione complessiva del centro e ne stabilisce la superficie di vendita, suddivisa tra settori merceologici». 2. Dopo il comma 1 dell'articolo 19 della L.R. n. 28/2005 e' inserito il seguente: «1-bis. La modifica, quantitativa o qualitativa, di settore merceologico di un centro commerciale e' soggetta a SCIA da presentare al SUAP competente per territorio, purche' la struttura presenti tutti i requisiti previsti dalla normativa statale e regionale in materia di medie o grandi strutture di vendita. In caso contrario, alla modifica di settore merceologico si applica il comma 1.». In sostanza secondo la nuova disposizione l'apertura, il trasferimento di sede, l'ampliamento della superficie di vendita di un centro commerciale sono soggetti ad autorizzazione espressa rilasciata dal SUAP competente per territorio, secondo le condizioni e le procedure stabiliti rispettivamente per le medie e le grandi strutture di vendita. Il comma 2 prevede poi che debba presentarsi la SCIA solo per l'ipotesi di modifica del settore merceologico. Le nuove disposizioni si pongono in contrasto con il principio di semplificazione amministrativa sancito dalla normativa statale di riferimento contenuta nell'art. 19 legge 7 agosto 1990 n. 241, in base ai quale ogni atto di autorizzazione o licenza per l'esercizio di un'attivita' commerciale e/o imprenditoriale e' sostituito da una segnalazione (S.C.I.A.) dell'interessato, e nell'art. 31 Legge 22 dicembre 2011 n. 214 che, in un ottica di semplificazione, ha abolito i regimi autorizzativi espressi, con la sola esclusione degli interessi pubblici piu' sensibili indicati dalla Direttiva Servizi. L'intervento statale ha introdotto una sostanziale liberalizzazione, per cui i regimi autorizzatori non costituiscono piu' la regola ma un'ipotesi del tutto residuale, in quanto possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, ma sempre nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalita'. La Regione Toscana oblitera invece il vincolo recato da tali nuovi principi e condiziona nuovamente e in modo evidentemente anacronistico l' apertura, il trasferimento di sede e anche l'ampliamento della superficie ad un regime autorizzatorio non piu' richiesto agli altri operatori del settore operanti aliunde, imponendo agli operatori commerciali che esercitano nel territorio toscano oneri maggiori e piu' impegnativi rispetto a quelli previsti dalla normativa statale, e cio' senza che sia dato conto delle ragioni sottese a tale scelta. D'altra parte la stessa Corte costituzionale (cfr. Corte cost. n. 282 del 2009 e n. 336 del 2005) ha avuto modo piu' volte di precisare che il principio di semplificazione, di derivazione comunitaria (cfr. direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno, attuata nell'ordinamento italiano con d.lgs. 26 marzo 2010 n. 59), appartiene al novero dei principi fondamentali. Qualora si analizzi la natura giuridica della SCIA e la connessa disciplina e' agevole rilevare che essa, quale espressione del generale principio di semplificazione, teso a sveltire i rapporti tra privato e P.A. in un'ottica di collaborazione basata su atti di autocertificazione ovvero di mera segnalazione, ha un ambito applicativo diretto alla generalita' dei cittadini tale da costituire livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m) Cost. (cosi' Corte Cost, 27 giugno 2012 n. 164). Se dunque il legislatore statale tende alla abolizione delle fattispecie autorizzatorie appare evidente come al contrario l'intervento legislativo regionale si ponga in contrasto con l'art. 117 comma 2, lettere e) e m) della Costituzione, atteso che limiti di tal fatta vengono imposti solo agli operatori locali, cosi' posti in posizione di svantaggio, sia sul piano concorrenziale che su quello delle prestazioni amministrative, rispetto ai soggetti omologhi operanti sul resto del territorio nazionale. A conferma di cio' e' poi da rilevare come la stessa giurisprudenza costituzionale e amministrativa abbia piu' volte disposto la disapplicazione delle disposizioni legislative regionali eventualmente in conflitto con i ricordati principi, dovendosi quest'ultime considerarsi recessive rispetto alle corrispondenti disposizioni statali, le quali sono invece immediatamente applicatili senza che vi sia necessita' di' un loro recepimento espresso, (cfr. Corte Cost. n.150/2011; TAR aiuti Venezia Giulia, Sez. I, 13 dicembre 2007 n. 76). 4) L'articolo 5, comma 2, modifica l'articolo 19 quater della Legge regionale n. 28/2005, sostituendone il comma 2 , prevedendo che "Le merci poste in vendita in outlet recano il solo prezzo finale di vendita, tranne che nelle ipotesi di vendite straordinarie e promozionali, cui si applicano gli articoli da 88 a 96". La norma regionale, nell'obbligare gli esercizi commerciali che vendono in outlet ad una precisa modalita' di esposizione del prezzo di vendita, eccede dalle competenze regionali in materia di commercio poiche' va ad incidere sui principi della trasparenza dei prezzi e, di seguito, delle informazioni al consumatore. Sotto questo profilo la disposizione in esame non puo' ritenersi rientrare nella sfera della normativa sul commercio poiche' involge invece aspetti che attengono alla tutela dei consumatori, che esorbitano dalla disciplina del commercio andando a ricadere in sfere di competenza riservate allo Stato. La materia e' infatti disciplinata dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), che, all'art. 2, comma 2, lettera c), annovera fra i diritti fondamentali del consumatore quello ad una adeguata informazione sul prodotto. Il medesimo codice detta inoltre la disciplina dei prezzi, nella parte II, titolo II, dedicata alle informazioni al consumatore. Come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n.n. 191 del 2012 e 66/2013, la disciplina contenuta nel codice del consumo attiene alla materia del diritto civile, riservata alla competenza esclusiva dello Stato ex art. 117 comma 2 Cost. La previsione regionale, inoltre, imponendo agli esercizi commerciali outlet, ricadenti nel territorio regionale, una precisa modalita' di esposizione del prezzo di vendita elimina la possibilita' di un confronto dei prezzi attuabile tra esercizi che vendono lo stesso prodotto, cosi' elidendo un importante strumento di tutela del consumatore rispondente ad una politica di trasparenza nel commercio. Sotto tale aspetto appare quindi anche lesiva del principio, piu' volte evidenziato dalla Corte costituzionale (cfr. sentenze n. 299 del 19 dicembre 2012; n. 27 del 13 febbraio 2013;n. 68/2013), che le normative regionali in materia di commercio si adeguino ai criteri di liberalizzazione delle attivita' commerciali anche in relazione alle disposizioni normative in tema di concorrenza. Per tali motivi, la norma regionale in esame eccede dalle competenze regionali risultando invasiva delle competenze esclusive dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile, di cui all'art.117, secondo comma , lettere e) ed I) della Costituzione. 5) L'articolo 6 reca modifiche all'articolo 19-quinquies introdotto nella L.R. 28/2005 dall'art. 20 l.r. n. 52/2012. Si e' gia' detto che l'art. 20,che prevede, oltre alle gia' esistenti tipologie, le strutture di vendita in forma aggregata, e' stato oggetto di censura da parte del Governo. La norma, come ora modificata dalla l.r. n. 13/2013, che ha soppresso la lett. c) del comma 6 ed introdotto un comma 6-bis, prevede: medie strutture di vendita adiacenti tra loro, anche verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri lineari; medie strutture di vendita adiacenti tra loro ad una grande struttura di vendita, anche verticalmente o insediate a distanza inferiore a 120 metri lineari da una grande struttura di vendita; le grandi strutture di vendita adiacenti «tra loro, anche verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri lineari». Le descritta previsione introduce limitazioni relative alle distanze tra esercizi commerciali, si' pone in contrasto con la normativa statale e comunitaria vigente, costituita in particolare dall'articolo 34 Legge 214/2011 secondo cui «la disciplina delle attivita' economiche e' improntata al principio di liberta' di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, che possono giustificare l'introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalita'». Con il precedente ricorso si era anche avuto riguardo al contrasto con l'art. 1, DL n. 1/2012 convertito in legge n. 27/2012. Tali norme statali hanno recepito le prescrizioni della Direttiva comunitaria 2006/123CE, cosi abrogando le norme che pongono divieti e restrizioni economiche e vietando in particolare l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di un'attivita' economica. Anche in questo caso deve rilevarsi quindi che la Regione Toscana appare non essersi conformata ai principi stabiliti dal legislatore nazionale, introducendo nuovamente regole restrittive e discrininatorie, in contrasto con gli artt 41 e 117,comma 1 e co.2 lett. e) della Costituzione. 6) L'articolo 16, nel sostituire il comma 1 dell'articolo 54-bis (Impianti senza gestore) della legge n. 28/2005, dispone che "Nelle aree montane di cui all'articolo 50, comma 1, lettera h-bis) e insulari, carenti del servizio di distribuzione di carburanti possono essere installati anche nuovi impianti dotati esclusivamente di apparecchiature self-service pre-pagamento senza la presenza del gestore, a condizione che ne sia garantita un'adeguata sorveglianza secondo le modalita' stabilite dal comune". La norma regionale dunque ha condizionato alla presenza di una adeguata sorveglianza la possibilita' di installare nuovi impianti dotati esclusivamente di apparecchiature self-service pre-pagamento senza la presenza del gestore anche in aree al di fuori dei centri abitati, seppure per le sole aree montane e insulari, carenti del servizio di distribuzione carburanti. La norma statale di riferimento e' costituita dall'art. 28, comma 7, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con legge 16 luglio 2011, n. 111 (come modificato ed integrato dall'art.18, comma 1, di. 24 gennaio 2012 n. 1, conv. con modificazioni dalla 1. 24 marzo 2012, n. 27). Essa vieta l'imposizione di qualunque limitazione all'installazione degli impianti di self-service senza la presenza del gestore al di fuori dei centri abitati, disponendo che "Non possono essere posti specifici vincoli all'utilizzo di apparecchiature per la modalita' di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato, durante le ore in cui e' contestualmente assicurata la possibilita' di rifornimento assistito dal personale, a condizione che venga effettivamente mantenuta e garantita la presenza del titolare della licenza di esercizio dell'impianto rilasciata dall'ufficio tecnico di finanza o di suoi dipendenti o collaboratori. Nel rispetto delle norme di circolazione stradale, presso gli impianti stradali di distribuzione carburanti posti al di fuori dei centri abitati, quali definiti ai sensi del codice della strada o degli strumenti urbanistici comunali, non possono essere posti vincoli o limitazioni all'utilizzo continuativo, anche senza assistenza, delle apparecchiature per la modalita' di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato». Diversamente, la disposizione regionale dispone genericamente che gli impianti di distribuzione di carburante in modalita' self-service debbano comunque avere forme di assistenza per cui contrasta apertamente con l'obiettivo di liberalizzazione di cui al citato art. 28, comma 7, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, (e successive modifiche) che ha liberalizzato gli impianti completamente automatizzati al di fuori dei centri abitati. Anche in questo caso la illegittimita' costituzionale della disposizione si coglie nella violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza di cui all'articolo articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. E' palese infatti come la previsione regionale costituisca un appesantimento, sia in termini economici che organizzativi, per l'operatore toscano rispetto al collega di altra regione. 7) L'articolo 18, che sostituisce il comma 3 dell'articolo 84 (Orario degli impianti di distribuzione dei carburanti) della legge n. 28/2005, dispone che: "3. Durante l'orario di apertura nell'impianto deve funzionare almeno un erogatore di benzina e un erogatore di gasolio in modalita' servito, con l'esclusione del collegamento con l'accettatore di banconote o almeno un'apparecchiatura self-service post-pagamento". 2. Dopo il comma 3 dell'articolo 84 della L.R. n. 28/2005 e' inserito il seguente: "3-bis. Durante l'orario di apertura dell'impianto deve essere garantita l'assistenza al rifornimento diretto da parte del gestore o dei suoi dipendenti o collaboratori, qualora richiesto, nonche' l'assistenza al rifornimento a favore di persone con disabilita' di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili). La possibilita' della richiesta dell'assistenza al rifornimento diretto deve essere pubblicizzata mediante apposito cartello predisposto secondo le indicazioni del comune.». In sostanza la norma impone che durante l'orario di apertura dell'impianto funzioni contestualmente il servizio sia in modalita' servito che in modalita' self-service, ancora una volta in contrasto con il dettato dell'articolo 28 del citato d.l. n. 28/2011 che invece tende ad eliminare quanto piu' possibile vincoli e/o restrizioni. Infatti, la norma statale non impone la contestualita' del servizio in modalita' servito e in modalita' self-service, ma dispone che, durante le ore in cui e' contestualmente assicurata la possibilita' di rifornimento assistito dal personale, non possono essere apposti vincoli all'utilizzo di apparecchiature per la modalita' di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato. Anche tale previsione, pertanto, risulta in contrasto con l'articolo 28, comma 7 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, configurando, quindi, violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. 8) Dall'analisi svolta emerge come la normativa esaminata si ponga in contrasto con l'art. 117 comma I e II, Cost., laddove viene ad eliminare solo in ambito regionale i vincoli e i limiti posti dalla disciplina statale in punto di regolazione di aspetti fondamentali delle attivita' commerciali, mentre e' certo che il legislatore regionale avrebbe dovuto limitarsi a richiamare la norma statale piuttosto che intervenire di nuovo su aspetti gia' compiutamente regolati a livello generale, con l'effetto di porre a carico unicamente degli operatori della regione Toscana previsioni limitative, contenenti in definitiva veri e propri obblighi. Le ingiustificate limitazioni evidenziate pongono la legislazione regionale in contrasto con i principi statali generali vigenti in materia, tesi invece verso la concreta realizzazione del principio di "libera concorrenza" per quanto concerne la regolamentazione delle grandi strutture di vendita, nonche' degli impianti di distribuzione carburanti, principio la cui osservanza e' stata ripetutamente riaffermata dalla Corte costituzionale, quale mezzo per «realizzare la trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta' d'impresa e la libera circolazione delle merci, ... in un processo di modernizzazione», cosi' corte Cost. n. 430/2007). La norma regionale in esame al contrario, ponendo i vincoli sopra evidenziati, determina una non giustificabile disparita' di trattamento con i soggetti esercenti la medesima attivita' nelle altre zone del territorio nazionale, cosi da eccedere dalle competenze regionali, incidendo sull'assetto concorrenziale del commercio, e da invadere la competenza statale in materia di tutela della concorrenza di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e) Cost Ne' potrebbe argomentarsi, in senso contrario, che essendo la «tutela della concorrenza» una materia «trasversale», la disposizione regionale censurata sarebbe legittima in quanto espressione della competenza legislativa concorrente o residuale delle regioni. Osta infatti a tale conclusione il rilievo per cui interventi legislativi regionali di tal genere presuppongono una necessaria sintonia con la realta' regionale, che nella specie appare assente. Per tali motivi non pare revocabile in dubbio che le norme censurate contrastino con il principio di libera concorrenza, intesa quale pari opportunita' e corretto ed uniforme funzionamento del mercato, tanto piu' qualora le si esaminino alla luce dei principi fissati dalla giurisprudenza costituzionale in materia, per cui "l'espressione "tutela della concorrenza" comprende, tra l'altro, le misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo od eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacita' imprenditoriale e della competizione tra imprese, e, in generale, vincoli alle modalita' di esercizio delle attivita' economiche. In tale maniera vengono perseguite finalita' di ampliamento dell'area di libera scelta sia dei cittadini che delle imprese" (Corte cost. n. 430/2007). Ed e' sufficiente esaminare le disposizioni regionali alla luce di tale consolidato orientamento, per verificare come esse violino il concetto di tutela della concorrenza sopra delineato, poiche' tendono a creare limiti e barriere all'accesso al mercato ed alla libera esplicazione dell'attivita' imprenditoriale in maniera del tutto discriminatoria senza alcuna valida ragione, giustificata da particolari esigenze regionali, ad essa sottesa. D'altra parte deve ritenersi che il medesimo obbligo affermato dalla giurisprudenza comunitaria a carico degli Stati membri, "tenuti in virtu' dell'art. 4, par. 3, TUE, a non mantenere e non adottare misure legislative o regolamentari suscettibili di eliminare l'effetto utile delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese'', (crfr. Ledere, 229/83, sent. 10 gennaio 1985; Vlaamse Reisbureaus, 311/85, sent. 1° ottobre 1987; Van Eycke, 267/86, sent. 21 settembre 1988; Ahmed Saeed, 66/86, sent. 11 aprile 1989; Inno c. ATAB, 13/77, sent. 145 novembre 1977; Commissione c. Italia, C-35/96, sent. 18 giugno 1998), debba del pari sussistere a carico del legislatore regionale, anche nella considerazione che la determinazione, per via legislativa e in generale, di limiti alla liberta' di iniziativa economica privata deve ritenersi di competenza esclusiva statale, ex art. 117, comma 2, lett e), sussistendo, in relazione alle liberta' in materia economica ( artt. 41 ss. Cost.), una implicita riserva di legge (sul punto, cfr. tra tante Corte cost. n. 9/1973; 97/1969).
P.Q.M. Alla luce di quanto sopra esposto si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge della regione Toscana del 5 aprile 2013 n. 13, pubblicata sul B.U.R. n. 14 del 10 aprile 2013 recante "Disposizioni in materia di commercio in sede fissa e di distribuzione di carburanti. Modifiche alla L.R. n. 28/2005 e alla L.R. n. 52/2012 negli artt. 2; 3; 5; 6; 16; 113. Roma, 5 giugno 2013 L'avvocato dello Stato: Ranucci