N. 194 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 marzo 2013

Ordinanza del 25 marzo 2013 emessa dal Giudice di pace di Mercato San
Severino nel procedimento civile promosso da Guariniello Marco contro
Gori S.p.a.. 
 
Spese processuali - Liquidazione  dei  compensi  professionali  nelle
  cause (davanti al giudice di pace, di valore non superiore ad  euro
  1.100) previste dall'art. 82, primo  comma,  c.p.c.  -  Divieto  di
  superare il valore della domanda  -  Violazione  del  diritto  alla
  difesa tecnica - Disparita'  di  trattamento  rispetto  alle  cause
  davanti al giudice del lavoro  di  valore  non  superiore  ad  euro
  129,11,  disciplinate  dall'art.  417  c.p.c.  -  Incidenza   sulla
  remunerazione del soggetto esercente la professione legale. 
- Codice di procedura civile, art. 91 (comma 4, aggiunto dall'art. 13
  [comma 1, lett. b),] del decreto-legge 22 dicembre  2011,  n.  212,
  convertito, con modificazioni, nella legge  17  febbraio  2012,  n.
  10), in relazione all'art. 82 dello stesso codice. 
- Costituzione, artt. 3 e 24. 
(GU n.38 del 18-9-2013 )
 
                         IL GIUDICE DI PACE 
 
    Sciogliendo  la  decisione  riservata  assunta  all'udienza   del
31/10/2012  nel  procedimento  civile  in  epigrafe   emarginato   ha
pronuncialo   la   seguente   ordinanza   fra   Guariniello    Marco,
rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Di Geronimo  come  in  atti
attore; 
    Contro Soc. GORI  S.p.A.  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti
Renato Buonajuto e Mario Percuoco come in atti convenuta; 
    Oggetto: restituzione somma. 
Svolgimento del procedimento. 
    L'attore evocava dinanzi a questo Giudice la Soc. G.O.R.I. S.p.a.
- Gestione Ottimale di Risorse Idriche -  al  fine  di  ottenerne  la
condanna alla restituzione della somma di euro 29,31, oltre accessori
di legge, richieste dalla convenuta e ad  essa  corrisposte  come  da
fattura in atti, in relazione alla  voce  di  tariffa  relativa  alla
adeguata  remunerazione  del  capitale  investito,  non  piu'  dovuta
all'esito della nota consultazione referendaria del 12  e  13  giugno
2011. Chiedeva altresi' la condanna della  convenuta  alla  refusione
delle spese e competenze di lite. 
    Nel corso dell'udienza dei 31 ottobre 2012, il difensore di parte
attrice   sollevava   eccezione   pregiudiziale    di    legittimita'
costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma
della Costituzione e questo Giudicante, ritenendo  la  questione  non
manifestamente infondata, la solleva, a sua volta, innanzi a  codesta
Ill.ma Corte, nei termini e per i motivi sotto indicati. 
Rilevanza della questione nel giudizio a quo. 
    L'art. 13 del decreto-legge n. 212/2011, convertito  nella  legge
n. 10/2012, nell'introdurre  un  nuovo  comma  all'art.  91,  c.p.c.,
stabilisce che «Nelle cause previste dall'art. 82, primo comma c.p.c.
(ossia le cause innanzi ai giudice di  pace  di  valore  interiore  a
1.100,00 euro, per le quali non e' obbligatoria  l'assistenza  di  un
legale,  in  virtu'  della  modifica  dell'art.  82,   primo   comma,
c.p.c., operata dallo stesso decreto  in  esame,  che  ha  elevato  a
millecento euro il  limite  per  l'autodifesa  -  n.d.r.)  le  spese,
competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono  superare  il
valore della domanda». 
    Occorre precisare che, nel caso che ci occupa: 
        la citazione e' stata notificata in data 04/4/2012, e  quindi
successivamente all'entrata in vigore della norma qui censurata; 
        trattasi di controversia di valore non superiore a millecento
euro; 
        la causa e' matura per la decisione e la domanda,  risultando
fondata, va accolta; 
        alla soccombenza della parte convenuta consegue  la  condanna
alle spese della stessa,  principio  cui  questo  giudicante  ritiene
doversi pienamente  conformare  nel  caso  di  specie,  con  assoluta
esclusione,  in  tal  modo,  di  ricorso  alla   compensazione,   non
ricorrendo ipotesi alcuna di  sussistenza  di  gravi  ed  eccezionali
ragioni. 
    Il presente giudizio non puo' essere  definito  indipendentemente
dalla risoluzione della  questione  di  legittimita'  costituzionale,
dipendendo, la liquidazione delle spese, dalla  legittimita'  o  meno
del limite imposto, a tal fine, dall'impugnata norma; 
        trattasi di controversia di valore esiguo  che,  in  base  ai
nuovi  parametri  di  liquidazione,  per  come  stabiliti  dal   D.M.
20/7/2012, n. 140, l'applicazione del limite alla liquidazione  delle
spese legati a carico del  soccombente  implicherebbe  il  sacrificio
totale del diritto accertato dalla sentenza  in  favore  della  parte
vincitrice, dovendo quest'ultima corrispondere al  proprio  avvocato,
quale residua parte delle competenze legali, una somma  ben  maggiore
di quella che otterrebbe complessivamente dal  soccombente  in  forza
dell'esecuzione della sentenza. 
Non manifesta infondatezza della questione. 
    In relazione alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione
sollevata, si osserva che il rimborso delle spese che la  parte  deve
sostenere per retribuire il proprio  difensore  cui  ha  affidato  la
tutela legale delle proprie ragioni  per  la  tutela  di  un  proprio
diritto, attiene in maniera diretta ed  immediata  alla  possibilita'
della parte di poter far valere fondatamente dinanzi  al  Giudice  le
proprie  ragioni,  quindi  la  questione  attiene  alla  concreta  ed
immediata attuazione dell'art. 24 della Costituzione. 
    E' ben vero che la norma vada letta nel senso che fino al  valore
di euro 1100,00 la parte, potendo stare  in  giudizio  personalmente,
potrebbe non dover sostenere spesa  alcuna  per  la  difesa  tecnica,
sicche'  la  scelta  di  farsi  difendere  da  un  professionista  si
ridurrebbe ad una scelta personale, facoltativa e  non  obbligatoria,
cui consegue l'onere di sopportarne i costi. 
    E' pero' allo stesso modo di tutta evidenza il fatto che  ove  la
parte non sia in possesso di specifiche competenze giuridiche che gli
consentano anche da sola di valutare  l'opportunita'  di  proporre  o
meno  l'azione  giudiziaria,   la   possibilita'   di   ottenere   un
provvedimento favorevole avanti alla autorita' giudiziaria e',  senza
dubbio legata, in modo anche considerevole, alla scelta (sul) se e da
quale  difensore  farsi  assistere  in  giudizio;  la  scelta  di  un
difensore specializzato nel  settore  anziche'  in  materia  diversa,
incide in maniera immediata e diretta sulla possibilita'  di  esporre
compiutamente e correttamente al Giudice gli elementi di fatto  e  di
diritto a se' favorevoli. In definitiva, il ricorso al patrocinio  di
un professionista, per lo piu' qualificato nel settore specifico, non
puo'  essere  considerato  tra  elemento  neutro  alla   fine   della
formazione del libero convincimento dell'autorita' giudiziaria adita,
ne' puo' darsi luogo alla  semplicistica  equazione  cause  di  minor
valore eguale a diritti di grado deteriore siccome aventi  un  valore
economico modesto. 
    La difesa tecnica e' di per se stessa un valore fondamentale  nel
nostro ordinamento, cio' lo si  evince  da  una  lettura  sistematica
delle complessive norme processuali cui consegue  la  obbligatorieta'
della difesa tecnica. La stessa Corte costituzionale, con sentenza n.
46 del 18 marzo 1957 circa il significato e la  portata  del  diritto
della difesa sanci' che esso e' «intimamente legato alla esplicazione
del potere  giurisdizionale  e  alla  possibilita'  di  rimuovere  le
difficolta' di carattere economico che possono  opporsi  (come  si e'
detto nel terzo comma dello stesso art. 24) al concreto esercizio dei
diritto medesimo, deve essere inteso come  potesta'  effettiva  della
assistenza tecnica e professionale  nello  svolgimento  di  qualsiasi
processo, in modo che venga assicurato  il  contraddittorio  e  venga
rimosso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti.  Cosi'  il
compito della difesa assume una importanza essenziale  nel  dinamismo
della funzione giurisdizionale, tanto  da  poter  essere  considerato
come esercizio di funzione pubblica». 
    Occorre anche evidenziarti  che  una  patente  contraddizione  di
sistema che e' rappresentata dal fatto che nelle cause affidate  alla
competenza del Giudice del lavoro, disciplinate dall'art. 409  cpc  e
seguenti, aventi valore inferiore ad euro 129,11  la  parte  potrebbe
stare in giudizio personalmente, ma vincolo alcuno e' previsto  circa
la regolamentazione delle spese in  quanto  l'art.  91  cpc  richiama
unicamente l'art. 82 cpc e non l'art.  417  cpc,  pertanto,  in  quel
procedimento, ove la parte ritenesse di volersi della difesa  tecnica
otterrebbe  l'integrale  ristoro  delle  spese  legali  con  evidente
disparita' di trattamento con  chi  si  trovi  in  analoga  posizione
processuale con l'unica differenza che abbia chiesto la tutela di  un
diritto che appartenga alla cognizione del Giudice di Pace  in  luogo
del Giudice del Lavoro. 
    Ma il processo dinanzi al Giudice di Pace, qualunque sia  il  suo
valore, e'  caratterizzato  dal  regime  di  preclusioni  tipico  del
procedimento davanti al Tribunale (v.  Cassazione  Civile  27925/11),
all'interno  del  quale  alcuna  discrezionalita'  e'  consentita  al
Giudice di Pace. E' di tutta evidenza che l'ignoranza dei tecnicisimi
del processo puo' senz'altro condurre  ad  un  esito  infausto  della
domanda e tale vulnus costituisce violazione dell'art. 24 Cost. oltre
che dell'art. 3 per la disparita' che si creerebbe  ove  tra  le  due
parti del processo che decidessero entrambe di  difendersi  da  sole,
una avesse la padronanza delle  norme  che  regolano  il  processo  e
l'altra no oppure l'una potesse permettersi di sostenere  comunque  i
costi della difesa tecnica e l'altra no. E' oltretutto singolare,  se
non  paradossale,  osservare  che  a  mente  della   novella   ultima
rappresentata  dal  decreto  legislativo  150/2011,  al  procedimento
previsto dalla L. 689/81, massimamente devoluto alla  cognizione  del
Giudice di Pace (artt. 22 e segg. legge 689/81) si applica proprio il
rito del lavoro con tutte le relativo preclusioni e decadenze per chi
propone  il  ricorso  e,  ovviamente,  per  chi  intenda  al  ricorso
resistere, benche' in tale ultima ipotesi  il  resistente  e'  sempre
costituito da una Pubblica Amministrazione la quale disponendo di  un
proprio apparato tecnico, ben puo' far ricorso al proprio funzionario
e delegare lo stesso per la difesa, diversamente accade per il comune
cittadino che in tenda opporsi ad  una  sanzione  amministrativa  (di
natura pecuniaria-afflittiva), ritenuta ingiusta. 
    Escluso il ricorso alla ipotesi di compensazione delle spese,  in
ordine alla quale anche la Cassazione ha ritenuto,  con  orientamento
costante, che l'esiguo valore della controversia non puo'  essere  un
buon motivo per compensare le spese di lite (Cfr. tra le tante, Cass.
n. 26580/11; 12893/2011; n. 8114/2011), proprio perche', diversamente
opinando, il diritto di  tutela  giurisdizionale  ed  il  diritto  di
difesa subirebbero un sostanziale  ed  intollerabile  svuotamento  di
contenuto, anche facendo applicazione dei nuovi parametri vigenti  in
materia di liquidazione di competenze legali, questo Giudicante,  pur
ritenendo di contenere entro valori minimi il compenso  spettante  al
professionista, considerato il modesto valore della causa, in  nessun
caso  liquiderebbe  l'importo  di  euro  29,31,  importo  che  appare
certamente esiguo per rappresentare un giusto ristoro delle spese che
certamente verrebbe sostenuto direttamente  dalla  parte  che  si  e'
rivolta ad un soggetto esercente la professione legale, il  quale,  a
sua volta, deve necessariamente ricevere una remunerazione rapportata
alla qualita' e quantita' del servizio reso, giusta disposto  di  cui
all'art.  2233  co.  2  cc  e  dell'art.   13   della   nuova   legge
sull'ordinamento forense, in G.U. n. 15 del 18.01.2013, pena, in caso
contrario la violazione dell'art. 36 Cost. 
    Va   infine   esclusa   la   possibilita'    di    una    lettura
costituzionalmente orientata della norma, giusta sentenza n. 149/1994
della Corte costituzionale. Deve infatti osservarsi  che  la  lettera
della norma in cui  si  sospetta  la  illegittimita'  costituzionale,
novellata dalla L. n. 212/2011 non  Consente  di  operare  il  citato
tentativo in quanto non appare possibile conferire alla norma  stessa
un diverso significato  rispetto  a  quello  palese  dal  significato
proprio delle parole, avuto riguardo alla connessione di esse ed alla
intenzione del legislatore il quale ha fatto addirittura rientrare le
spese vive sostenute dalla parte nel limite  massimo  liquidabile  da
parte del Giudice di Pace. 
    In conclusione, questo Giudice di Pace dubita della  legittimita'
costituzionale dell'art. 91 c.p.c., in relazione all'art.  82  c.p.c,
siccome in contrasto  con  gli  artt.  3  e  24  della  Costituzione,
pertanto letto l'art. 23 L. n. 87/1953 e l'art. 295 c.p.c.; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Rimette  gli  atti   del   presente   procedimento   alla   Corte
costituzionale e dispone la sospensione del  procedimento  in  attesa
della decisione nel giudizio ad quem; 
    Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
Consiglio del Ministri, al Presidente della Camera dei Deputati e  al
Presidente del Senato della Repubblica; 
    Dispone  che  la   cancelleria   di   questo   Ufficio   provveda
all'esecuzione di ogni incombente. 
      Mercato San Severino, 25 marzo 2013 
 
              Il Giudice di Pace coordinatore: Lombardi