N. 274 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 settembre 2013

Ordinanza del 17 settembre 2013 emessa dal Tribunale di  Bergamo  nel
procedimento penale a carico di Farina Natale. 
 
Reati tributari -  Omesso  versamento  dell'IVA  -  Previsione  della
  sanzione della reclusione da sei  mesi  a  due  anni  -  Denunciato
  deteriore  trattamento  relativamente  ai   fatti   commessi   fino
  all'entrata in vigore del decreto-legge n. 138 del 2011 rispetto al
  trattamento sanzionatorio previsto per le ipotesi di  dichiarazione
  infedele e di omessa dichiarazione di cui agli  artt.  4  e  5  del
  d.lgs. n. 74 del 2000, nella versione vigente  sino  alla  modifica
  apportata dal suddetto decreto-legge - Violazione dei  principi  di
  uguaglianza e di ragionevolezza. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000, n.  74,  art.  10-ter,  aggiunto
  dall'art. 35, comma 7, del decreto-legge 4  luglio  2006,  n.  223,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.52 del 27-12-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Letti gli  atti  dell'emarginato  processo  a  carico  di  Natale
Farina, nato a San Pellegrino Terme il 6 febbraio 1951, elettivamente
domiciliato presso l'avv. Antonino Crea del Foro di Monza, di fiducia
difeso dall'avv. Antonio Crea del Foro di Monza e dall'avv.  Giuseppe
Moretta del Foro di Palmi, pronuncia la seguente ordinanza. 
    Natale Farina e' accusato di avere, nella sua qualita' di  legale
rappresentante della Farina Natale e C. s.n.c. e  della  Grassi  Anna
Maria  e  C.  s.n.c.,  omesso  il  versamento  della  imposta  I.V.A.
risultante dalla dichiarazione per l'anno 2008  in  ragione  di  euro
87.475 per la  prima  societa'  e  di  euro  58.431  per  la  seconda
societa',  entro  il  termine  (27  dicembre  2009)   di   versamento
dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo. 
    La istruttoria dibattimentale ha, dal punto di  vista  oggettivo,
dimostrato il superamento della soglia di penale  rilevanza  pari  ad
euro  50.000  prevista,  in   relazione   all'art.   10-bis   decreto
legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dal successivo art. 10-ter che, per
il delitto in  esame,  prevede  pena  da  sei  mesi  a  due  anni  di
reclusione. 
    Nel corso della discussione, la difesa dell'imputato ha  eccepito
la  illegittimita'  costituzionale  della   norma,   per   violazione
dell'art.   3   della   Costituzione,   sotto   il   profilo    della
irragionevolezza, per l'ingiustificato  trattamento  deteriore  dalla
stessa previsto rispetto alle piu' gravi ipotesi di cui agli articoli
4  e  5  dello  stesso  decreto,  nella  formulazione  anteriore   al
decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138,  convertito  con  legge  14
settembre 2011, n. 148. 
    Ritiene chi scrive che la eccezione, oltre che rilevante - atteso
che il giudizio non puo'  essere  definito  dalla  risoluzione  della
questione,  dovendo  derivare  dalla   eventuale   dichiarazione   di
illegittimita' della norma il proscioglimento dell'imputato - non sia
manifestamente infondata. 
    Prima  della  modifica  introdotta  in  virtu'   del   richiamato
decreto-legge n. 138/2011, gli articoli 4 e 5 del decreto legislativo
n. 74/2000 prevedevano rispettivamente che la dichiarazione  infedele
e la omessa dichiarazione fossero penalmente rilevanti  solo  con  il
superamento della soglia di punibilita' stabilita rispettivamente  in
euro 103.291 ed in euro 77,468 di imposta evasa. 
    Da cio' derivava - e deriva tuttora,  atteso  che,  nel  caso  di
specie, in ragione della data  del  commesso  reato,  occorre  tenere
conto della disciplina vigente anteriormente alla entrata  in  vigore
del decreto-legge n. 138/2011 - la paradossale  conseguenza  per  cui
l'odierno imputato, quale  legale  rappresentate  della  Grassi  Anna
Maria  e  C.  s.n.c.,  se  invece  di  presentare   regolarmente   la
dichiarazione I.V.A. e non versare l'imposta dovuta in base  ad  essa
(euro 58.431), avesse omesso di presentare la relativa dichiarazione,
non avrebbe commesso alcun reato, atteso che  il  delitto  di  omessa
presentazione  della  dichiarazione  prevedeva   soglia   di   penale
rilevanza pari ad euro 77.468. 
    Analogamente,  ed  altrettanto  paradossalmente,   se   l'odierno
imputato, quale legale rappresentate della Farina Natale e C. s.n.c.,
anziche'  presentare  regolarmente  la  dichiarazione  I.V.A.  e  non
versare l'imposta dovuta  in  base  ad  essa  (euro  87.475),  avesse
presentato una infedele dichiarazione  volta  all'occultamento  della
imposta (ed a prescindere dalla ricorrenza della  seconda  condizione
richiesta dall'art. 4, lettera b), decreto legislativo  n.  74/2000),
non  avrebbe  commesso  alcun  reato,  atteso  che  il   delitto   di
dichiarazione infedele prevedeva soglia di penale rilevanza  pari  ad
euro 103.291. 
    Con la conseguenza che la condotta piu' insidiosa e  di  ostacolo
all'accertamento (e, cosi', da combattere,  secondo  la  ratio  e  lo
spirito del decreto legislativo 10  marzo  2000,  n.  74),  quale  la
omissione  della  presentazione  della  dichiarazione  I.V.A.  o   la
presentazione della dichiarazione infedele, con evasione  di  imposta
per l'ammontare oggi in discussione, nell'anno 2008 non sarebbe stata
punita,  contrariamente  a  quella,  evidentemente  piu'  trasparente
dell'imputato che, raffigurando  regolarmente  la  propria  posizione
fiscale, ha omesso il versamento dell'importo dichiarato. 
    La  evidente  convenienza,   per   l'agente,   di   omettere   la
dichiarazione o di presentarla in modo infedele  (quanto  la  imposta
evasa fosse superiore ad euro 50.000, ma inferiore rispettivamente ad
euro 77.468 e ad euro 103.291),  introduce,  allora,  un  trattamento
discriminatorio e contraddittorio e le relative norme non possono non
impingere con il principio di uguaglianza sancito dall'art.  3  della
Costituzione. 
    Invero, se condotte di uguale gravita' debbono essere  punite  in
modo  eguale,  condotte  di  minore  gravita'  non  possono   trovare
trattamento deteriore  rispetto  a  condotte  di  maggiore  gravita',
addirittura esenti da pena. 
    E, tale manifesta irragionevolezza, non puo' essere  superata  in
nome della nota discrezionalita' del legislatore  che,  nel  caso  di
specie, urta irrimediabilmente con il libero arbitrio,  tanto  palese
che i piu' volte citati limiti di rilevanza penale sono stati ridotti
dal decreto-legge n. 138/2011  rispettivamente  ad  euro  50.000  per
l'art. 4 e ad euro 30.000 per l'art. 5. 
    Appare, in definitiva, necessario il vaglio di  costituzionalita'
delle norma oggi in contestazione nella ipotesi in cui, come nel caso
di specie, la imposta I.V.A. non versata non sia superiore ai  limiti
di rilevanza penale  previsti  dagli  articoli  4  e  5  del  decreto
legislativo 10 marzo 2000, n. 74,  nella  formulazione  anteriore  al
decreto-legge 13  agosto  2011,  n.  138,  convertito  con  legge  14
settembre 2011, n. 148. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 159 c.p. 
    Sospende l'emarginato processo a carico di  Natale  Farina  ed  i
termini di prescrizione dei delitti in esame. 
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale  e,
per l'effetto; 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai  Presidenti
delle due Camere del Parlamento. 
 
      Bergamo, 17 settembre 2013 
 
                         Il giudice: D. Vita