N. 25 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2013
Ordinanza del 10 aprile 2013 emessa dal Tribunale di Verona - sez. fallimentare nel procedimento civile promosso da Alkimia S.r.l.. Fallimento e procedure concorsuali - Ammissione alla procedura di concordato preventivo - Proposta concordataria che non preveda il pagamento integrale dell'IVA (ancorche' risorsa propria dell'Unione europea) - Necessaria inammissibilita' alla stregua del diritto vivente - Conseguente impossibilita' per la Pubblica Amministrazione di valutare "in concreto, e nel singolo caso proposto e quindi senza generalizzazione", la convenienza della proposta e del piano dell'imprenditore che prospettino un grado di soddisfazione del credito IVA in misura pari al valore delle attivita' del proponente e superiore a quella ricavabile dalla procedura fallimentare - Violazione del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione. - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, artt. 160 e 182-ter. - Costituzione, art. 97. Fallimento e procedure concorsuali - Ammissione alla procedura di concordato preventivo - Proposta concordataria che non preveda il pagamento integrale dell'IVA (ancorche' risorsa propria dell'Unione europea) - Necessaria inammissibilita' alla stregua del diritto vivente - Conseguente impossibilita' per la Pubblica Amministrazione di accettare, in relazione a crediti IVA, un pagamento inferiore al credito ma superiore a quello ricavabile dalla liquidazione del patrimonio del debitore - Violazione della parita' di trattamento rispetto a tutti gli altri creditori privilegiati. - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, artt. 160 e 182-ter. - Costituzione, art. 3.(GU n.11 del 5-3-2014 )
IL TRIBUNALE Premesso che la societa' Alkimia S.r.l., con ricorso depositato il 4 dicembre 2012, ha avanzato ai suoi creditori una proposta che sinteticamente prevede il pagamento di tutte le spese di procedura ed il pagamento integrale dei creditori privilegiati diversi dall'Erario in relazione all'iva; il pagamento dell'Erario per credito iva nella misura del 38,02% oltre ad un'ulteriore percentuale del 5% a mezzo di apporto di finanza di terzi; il pagamento dei creditori chirografari fornitori, con mezzi apportati da terzi, nella misura del 20,75% ed una banca nella misura del 99% pagata sempre con mezzi apportati da terzi; osservato che la questione del pagamento parziale dell'Erario per crediti iva, alla luce dei recente orientamento giurisprudenziale della Cassazione (Cass. S.U. 23 gennaio 2013 n. 1521) costituisce questione attinente alla possibilita' giuridica di ammettere la societa' al concordato; che, pertanto, rientra nei poteri esclusivi del Tribunale l'obbligo di valutare l'ammissibilita' della proposta sotto il profilo giuridico; che l'interpretazione del combinato disposto dell'art. 160 e 182-ter l.f. per cui, come in sede di transazione fiscale, anche in sede di concordato preventivo, non puo' essere proposto il pagamento parziale dell'iva, rappresenta diritto vivente a seguito non solo delle pronunce gemelle della Cassazione 4 novembre 2011 nn. 22931 e 22932 ma anche di Cass. 16 maggio 2012 n. 7667; che va osservato che l'interpretazione della Cassazione di equiparare la transazione fiscale ed il concordato preventivo appare fondata sull'attribuzione della natura di norma sostanziale alla previsione contenuta nell'art. 182-ter 1.f.; che, pertanto, non puo' condividersi la decisione del Tribunale di Como del 29 gennaio 2013 in II caso.it 8561 per il quale la previsione del pagamento integrale dell'iva deve considerarsi operante solo nella transazione fiscale e non nel concordato preventivo, non solo perche' cio' risulta in aperto contrasto con le citate decisioni della Cassazione ma soprattutto perche' l'orientamento della Suprema Corte di equiparazione tra le due fattispecie trova fondamento oggettivo ed indiscutibile nel fatto che anche la transazione fiscale persegue il fine di trovare soluzione extra fallimentare alla crisi dell'azienda all'interno della procedura di concordato preventivo; che, nella specie, ai sensi dell'art. 160, II co l.f. la relazione giurata depositata con la domanda ha assunto che in caso di fallimento, in ragione della collocazione del privilegio concesso allo Stato per i crediti iva, non sarebbe possibile alcuna soddisfazione per l'Erario; che la proposta prevede che al pagamento di tutti i creditori privilegiati (e delle spese di procedura), per un complessivo importo di euro 132.034 mediante apporto esterno effettuato dal socio che metterebbe a disposizione dei creditori, ma senza conferimento alla procedura, l'importo ricavato dalla vendita di un suo immobile; che al creditore Erario, per iva (il cui importo e' di euro 280.000), verrebbe corrisposto l'importo di euro 106.467 (pari all'intero valore dei patrimonio della societa' proponente) oltre euro 8.677 (pari al 5% del residuo credito residuo degradato a chirografo, e costituente classe a se') con una presumibile percentuale di soddisfazione del 41,12%; mentre gli altri chirografari verrebbero inseriti in due diverse classi: 1) fornitori (per un totale di euro 359.222) soddisfatti al 20%; 2) banca che verrebbe soddisfatta al 99%; che anche i creditori chirografari nelle percentuali indicate verrebbero soddisfatti con l'apporto del terzo (che metterebbe a disposizione del liquidatore, come gia' specificato, il ricavato della vendita di un suo bene personale) e non delle risorse della societa' proponente; che le classi rispondono a criteri adeguati di formazione; che in estrema sintesi il piano prevede, pertanto, una soddisfazione del creditore Erario per iva per un importo pari al patrimonio della proponente e certamente superiore a quello che la liquidazione fallimentare permetterebbe di acquisire, anche escludendo le spese di procedura che, comunque, anche se in misura pari ad almeno 11.000 (pari al minimo), dovrebbero essere poste a carico della massa; infatti, a fronte di un valore dei beni della societa' (euro 106.467) troverebbero collocazione prioritaria rispetto all'Erario per credito iva: le spese di procedura per euro 11.000; i dipendenti per euro 15.272; i professionisti per euro 51.592 con la conseguenza che all'Erario potrebbe essere attribuito al piu' l'importo di euro 28.603 (a fronte di un credito di euro 280.000) per un totale di circa il 10% a fronte della proposta di una percentuale di soddisfazione di poco piu' del 40%; che, invece, nessuna percentuale di soddisfazione potrebbero conseguire i creditori chirografari; che la necessaria applicazione delle indicate disposizioni di legge, cosi' come interpretate dalla Cassazione, nel caso di specie, determinerebbe la declaratoria de plano di inammissibilita' della proposta; che ad avviso del Tribunale, accertata per tutte le ragioni che precedono la rilevanza della questione, l'applicazione del diritto vivente potrebbe determinare la violazione del principio costituzionale del buon andamento della Pubblica amministrazione sancito dall'art. 97 della Costituzione; che, infatti, la declaratoria de plano dell'inammissibilita' della proposta impedirebbe alla Pubblica amministrazione di valutare in concreto la convenienza del piano, attribuendo alla Pubblica amministrazione un trattamento deteriore rispetto a tutti gli altri creditori privilegiati che, in base alle previsioni del novellato ad. 160 l.f., possono, in concreto, optare per la soluzione concordataria piuttosto che quella fallimentare quando non sia ad essi attribuito un grado di soddisfazione inferiore a quello ipotizzabile in sede liquidatoria; che e' ovviamente interesse della Pubblica amministrazione (anche e soprattutto per i tributi che costituiscono risorse dell'Unione europea) ottenere il massimo grado di soddisfazione possibile; che l'interpretazione della Cassazione non si e' spinta a ritenere che, data la natura di norma sostanziale della disposizione dell'art. 182-ter l.f., anche in sede fallimentare al credito iva debba essere garantito il pagamento integrale a detrimento della posizione di tutti gli altri creditori privilegiati; che il principio del buon andamento della Pubblica amministrazione nonche' il principio di parita' di trattamento implicano che la stessa debba essere messa in grado di valutare autonomamente la convenienza delle proposte ad essa effettuate quando appaiono dirette al soddisfacimento dell'interesse generale all'acquisizione delle risorse per lo svolgimento dei compiti istituzionali dello Stato; che la valutazione della convenienza non puo' essere compiuta su base astratta con riferimento al parametro ipotetico che preveda il pagamento integrale ma va effettuata con riferimento alle concrete situazioni (che nella specie, non essendo giuridicamente praticabile la soluzione concordataria, vedrebbe la soddisfazione dell'Erario in misura largamente inferiore a quella proposta); che la disposizione di legge (combinato disposto dell'art. 160 e 182-ter legge fallimentare) cosi' come interpretata dalla Cassazione, sottrarrebbe, pertanto, all'Amministrazione la possibilita' di valutare in concreto (esprimendo il voto, ovviamente per il suo credito) la proposta, impedendole di valutare la convenienza della stessa rispetto a quella fallimentare (che sarebbe sulla base dei dati acquisiti, peggiore in ragione del fatto che per la stessa Cassazione la previsione del pagamento integrale non si estenderebbe alla procedura di fallimento); che naturalmente e' ben noto al Tribunale che la previsione legislativa oggetto di censura in questa sede trova diretto fondamento nella nota pronuncia della Corte di Giustizia Europea 17 luglio 2008 c 132/06 che ha sancito l'incompatibilita' con l'ordinamento comunitario di ogni rinuncia indiscriminata e generalizzata; che la valutazione in concreto dell'opportunita' di ottenere quanto piu' possibile non costituisce, pero', una rinuncia generalizzata alla pretesa iva ma piuttosto la razionale (e quindi costituzionale) massimazione possibile della pretesa tanto piu' che per la Cassazione (Cass. 17 febbraio 2010 n. 3676) non costituisce violazione dei principi posti dall'indicata sentenza della Corte di Giustizia la possibilita' concessa dall'art. 16 della legge 289 del 2002 di definire una lite pendente in materia di iva con il pagamento di una somma inferiore a quanto dovuto in funzione del vantaggio dipendente dalla chiusura della lite in corso; che, infatti, la compatibilita' della normativa sulla chiusura delle liti pendenti e' stata riconosciuta dalla Cassazione in quanto non determina una rinuncia all'accertamento; che a conclusioni non dissimili e' giunta anche la Corte Europea di Giustizia nella decisione 29 marzo 2012 500/10 Belvedere; che nemmeno la valutazione da parte dell'ufficio della convenienza della proposta ha l'effetto di paralizzare l'accertamento ma solo di individuare, in concreto, il migliore mezzo di definizione del debito fiscale in base alle contingenti situazioni del debitore; che naturalmente non va taciuto che l'ammissibilita' di un proposta che permettesse un grado di soddisfazione dell'Iva inferiore al totale (come oggi imposto dall'art. 182-ter l.f.) potrebbe aprire la strada ad un sostanziale svuotamento delle pretese creditorie dell'Erario le volte in cui, l'Erario, in relazione al credito iva, fosse inserito in una classe apposita, inidonea a determinare autonomamente l'approvazione della proposta in ragione del numero delle altre classi previste dalla proposta ovvero in relazione all'entita' del suo credito (come nella specie in cui sono state previste tre classi ed in cui il credito iva non costituisce, di per se' solo valutato, la maggioranza dei crediti); che nella specie, pero', tale rischio non si corre atteso che la proposta prevede l'attribuzione all'Erario, in relazione al credito iva dell'intero attivo della ricorrente (e la soddisfazione piena di tutti gli altri creditori privilegiati con mezzi, pero', esterni alla procedura); che, pertanto, nella specie il piano e la proposta prevedono un grado di soddisfacimento dell'Erario per credito iva esattamente pari e comunque non inferiore alla piu' favorevole delle ipotesi immaginabili che potrebbe verificarsi solo se, ai fini del soddisfacimento della sua pretesa, l'Erario promuovesse espropriazione individuale non concorrendo con nessun altro creditore; che, infatti, secondo l'attestazione, correttamente formulata, il credito Iva, verrebbe soddisfatto in misura superiore a quello che l'Erario potrebbe ottenere dalla liquidazione fallimentare (che costituirebbe la sola diversa ipotesi se il concordato non fosse ammissibile); che, invece, non appare rilevante la questione di illegittimita' costituzionale sollevata dalla parte in relazione all'art. 3 della Costituzione con riferimento alla pretesa attribuzione di una sorta di privilegio iva applicabile solo nelle procedure concordatarie e non nelle procedure fallimentari; che in linea generale non vi sono preclusioni a che taluni crediti possano risultare privilegiati solo verificandosi alcune condizioni; che neppure puo' apprezzarsi un ingiustificato trattamento tra i creditori delle procedure concorsuali e quelli delle procedure individuali poiche' in entrambi i casi la graduazione del ricavato dovrebbe essere effettuata secondo il rispetto delle regole della graduazione dei titoli di prelazione (essendo circostanza casuale l'intervento di uno o piu' creditori privilegiati o chirografari); che pertanto, appare non infondata la questione di illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 160 e 182-ter l.f. con riferimento all'art. 97 della Costituzione nella parte in cui, rendendo necessariamente inammissibile la proposta concordataria che non preveda il pagamento integrale dell'Iva, non consente alla Pubblica amministrazione di valutare in concreto la convenienza della proposta formulata che prospetti un grado di soddisfazione del suo credito in misura pari al valore delle attivita' del proponente ed in misura superiore a quella derivante dalla liquidazione fallimentare violando il principio costituzionale del buon andamento della Pubblica amministrazione che obbliga la stessa a seguire criteri di economicita' e di massimazione delle risorse nonche' in relazione all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non consente alla Pubblica amministrazione, contrariamente a quanto accade per tutti i creditori privilegiati, di accettare un pagamento inferiore al credito ma superiore a quello ricavabile dalla liquidazione del patrimonio del debitore;
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio di ammissione al concordato preventivo della ricorrente Alkimia S.r.l. la questione di illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli arti 160 e 182-ter l.f. con riferimento all'art. 97 della Costituzione nella parte in cui, rendendo necessariamente inammissibile la proposta che non preveda l'integrale pagamento dell'Iva (ancorche' risorsa propria della Unione europea) non consente alla Pubblica amministrazione di valutare in concreto, e nel singolo caso proposto e quindi senza generalizzazione, la convenienza della proposta e del piano, piano dell'imprenditore che prospettino un grado di soddisfazione del credito per iva in misura pari al valore delle attivita' del proponente ed in misura superiore a quella ricavabile dalla procedura fallimentare ed anche in relazione all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non consente alla Pubblica amministrazione, contrariamente a quanto accade per tutti i creditori privilegiati, di accettare, in relazione a crediti Iva un pagamento inferiore al credito ma superiore a quello ricavabile dalla liquidazione del patrimonio del debitore; Dispone che a cura della Cancelleria vengano trasmessi gli atti alla cancelleria della Corte costituzione; Dispone che a cura della Cancelleria questa ordinanza sia notificata alla parte ricorrente, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati; Dispone la sospensione del presente giudizio di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Verona, 5 aprile 2013 Il Presidente est.: Platania