N. 67 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 settembre 2014

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 2 settembre 2014 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Referendum - Norme  della  Regione  Veneto  -  Referendum  consultivo
  sull'autonomia del Veneto -  Previsione  che  il  Presidente  della
  Giunta regionale e' autorizzato ad instaurare  con  il  Governo  un
  negoziato volto a definire il contenuto di un referendum consultivo
  finalizzato a conoscere la volonta' degli elettori del Veneto circa
  il conseguimento di ulteriori forme di autonomia  della  Regione  -
  Previsione che qualora il negoziato non  giunga  a  buon  fine,  il
  Presidente della Giunta  regionale  e'  autorizzato  ad  indire  un
  referendum consultivo per conoscere la volonta' degli elettori  del
  Veneto in ordine ai seguenti quesiti: 1) "Vuoi che alla Regione del
  Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di
  autonomia?"; 2) "Vuoi che una percentuale non inferiore all'ottanta
  per cento dei  tributi  pagati  annualmente  dai  cittadini  veneti
  all'amministrazione  centrale  venga  utilizzata   nel   territorio
  regionale in termini di beni e servizi?"; 3) "Vuoi che  la  Regione
  mantenga almeno  l'ottanta  per  cento  dei  tributi  riscossi  nel
  territorio regionale?"; 4) "Vuoi che  il  gettito  derivante  dalle
  fonti di finanziamento della Regione non sia soggetto a vincoli  di
  destinazione?"; 5) "Vuoi che la  Regione  del  Veneto  diventi  una
  regione a statuto speciale?" - Ricorso  del  Governo  -  Denunciato
  indebito utilizzo del referendum consultivo regionale come un mezzo
  di pressione sull'attivita' legislativa del Parlamento - Contrasto,
  con riguardo al quesito n. 5), con il  dettato  costituzionale  che
  individua le Regioni  a  statuto  speciale,  nonche'  con  l'ordine
  procedimentale per la revisione  costituzionale  -  Contrasto,  con
  riguardo al quesito n. 1), con l'iter  legislativo  previsto  dalla
  Costituzione per il conferimento alle Regioni di ulteriori forme  e
  condizioni particolari di autonomia - Violazione, con  riguardo  ai
  quesiti n. 2), n. 3) e n.  4),  del  principio  generale,  recepito
  dalle norme statutarie della Regione, che esclude  l'ammissibilita'
  del referendum consultivo per l'abrogazione delle leggi  tributarie
  e di bilancio, della competenza legislativa esclusiva in materia di
  sistema tributario e perequazione delle  risorse  finanziarie,  dei
  principi fondamentali nella materia  concorrente  di  coordinamento
  della finanza pubblica e del sistema  tributario  -  Disparita'  di
  trattamento tra i cittadini veneti e gli altri cittadini italiani -
  Incidenza  sul  principio  di  unita'   e   indivisibilita'   della
  Repubblica. 
- Legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 15. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 116, 117 e  119;  Statuto  della  Regione
  Veneto (approvato con la legge 17 aprile 2012, n. 1),  artt.  26  e
  27. 
(GU n.46 del 5-11-2014 )
    Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (C.F.
80188530587) in persona del Presidente p.t., rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato   (C.F.   80224030587),   Fax
06/96514000 presso i cui  uffici  domicilia  in  Roma  alla  Via  dei
Portoghesi n. 12, PEC ags_rm2@mailcert.avvocaturastato.it  contro  la
Regione Veneto in persona del Presidente p.t. (C.F. 80007580279)  per
la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale   della   legge
regionale del Veneto del 19.6.2014  n.  15  pubblicata  nel  BUR  del
24.6.2014  recante   norme   relative   al   "referendum   consultivo
sull'autonomia del Veneto", in base alla delibera del  Consiglio  dei
ministri adottata nella seduta dell'8.8.2014,  per  violazione  degli
artt. 3, 5, 116, 117 e 119 Cost. 
 
                                Fatto 
 
    Con la legge regionale 15/2014 in epigrafe  indicata  la  Regione
Veneto ha  dettato  una  singolare  disciplina,  articolata  tra  una
direttiva politica che  autorizza  il  Presidente  della  Giunta  "ad
istaurare con il Governo un negoziato volto a definire  il  contenuto
di un referendum consultivo finalizzato a conoscere la volonta' degli
elettori del Veneto circa il  conseguimento  di  ulteriori  forme  di
autonomia delle Regioni", contenuta nell'art. 1 e la previsione  piu'
propriamente normativa dell'art. 2 in base  alla  quale  "Qualora  il
negoziato non giunga a buon fine entro il termine di cui al  comma  2
dell'art. 1 il Presidente e'  autorizzato  ad  indire  un  referendum
consultivo per conoscere la volonta' degli  elettori  del  Veneto  in
ordine"  ad  una  serie  di  quesiti   che   si   analizzeranno   poi
singolarmente, ma tutti variamente riferibili a  diversi  livelli  di
maggiore autonomia. 
    Come  gia'  avvenuto   per   precedenti   leggi   su   referendum
"autonomistici"  si   chiede   a   codesta   Corte   di   dichiararne
l'illegittimita' costituzionale, per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
Violazione degli artt. 3, 5, 116, 117  e  119  Cost.,  nonche'  degli
artt. 26 e 27 dello Statuto della Regione  Veneto  approvato  con  L.
1/2012, come da delibera del Consiglio dei ministri dell'8.8.2014. 
    Secondo  gli  insegnamenti  di  codesta   Corte   il   referendum
consultivo  regionale,  pur  essendo   un   prezioso   strumento   di
partecipazione dell'elettorato alle scelte  dei  suoi  rappresentanti
politici, deve essere amministrato con particolare attenzione laddove
esso si presta ad essere utilizzato indebitamente come  un  mezzo  di
pressione  sull'attivita'  legislativa  del   Parlamento,   influendo
negativamente  sull'azione  costituzionale  e  politica  dello  Stato
(sent. 256/89). 
    In particolare codesta Corte ha stigmatizzato il tentativo di far
precedere un referendum consultivo alla proposizione di iniziative di
riforma della Costituzione da parte degli organi politici  regionali,
sottolineando il  rischio  che  la  manifestazione  di  una  volonta'
popolare, prima della formazione delle scelte del legislatore, alteri
l'ordine procedimentale previsto nell'art. 138 e  quindi  pregiudichi
l'equilibrio di una determinazione che il  Costituente  ha  costruito
con la massima cura, al fine  di  garantire  che  le  future  riforme
costituzionali siano frutto di un'accurata e  ponderata  riflessione,
prima  all'interno  delle  Camere,  ove  si  richiedono   maggioranze
qualificate  ed  un  duplice  passaggio  deliberativo,  e  solo  dopo
attraverso  una  conferma  popolare  sulla  condivisione  del   testo
approvato da parte dell'intero elettorato nazionale. 
    Rispetto a tale elaborata trama procedimentale  e'  stata  quindi
considerata anomala ed illegittima una forma di previa  consultazione
di una parte limitata dell'elettorato, che rischia di creare fratture
pericolose nell'unita' nazionale, contrapponendo gli elettori, non in
base alla legittima diversa scelta che essi possono fare,  ma  bensi'
per la appartenenza geografica ad  un  territorio  limitato  rispetto
all'intera estensione del Paese. 
    Alla luce della richiamata giurisprudenza di codesta Corte  anche
il  nuovo  referendum  costruito  dal  legislatore   veneto   risulta
contrastante con  il  dettato  costituzionale,  come  si  vedra'  ora
analizzando i singoli quesiti. 
    Muovendo per comodita' espositiva dal n. 5 "Vuoi che  la  Regione
del Veneto diventi una regione  a  statuto  speciale  ?"  e'  agevole
riscontrare che la  finalita'  del  legislatore  veneto  si  pone  in
contrasto  con  l'art.  116  Cost.  nel   quale   sono   precisamente
individuate le Regioni a Statuto speciale e per differenza  quelle  a
Statuto ordinario, come il Veneto. 
    Risulta  peraltro  evidente  come  rispetto  a  tale  quesito  il
referendum sia da considerare illegittimo anche poiche', alla stregua
dei precedenti scrutinati da codesta Corte, costituirebbe  una  forma
di indebito avvio del procedimento previsto nell'art. 138 Cost.,  con
tutti i rischi che cio' comporterebbe per gli  equilibri  politici  e
costituzionali. 
    Piu' articolata discussione si richiede per il quesito n. 1 "Vuoi
che alla Regione  del  Veneto  siano  attribuite  ulteriori  forme  e
condizioni particolari di autonomia?".  Esso  infatti  si  ispira  in
qualche modo al contenuto dell'art. 116 co.  3  Cost.,  laddove  esso
prevede  che   "Ulteriori   forme   e   condizioni   particolari   di
autonomia.....possono essere attribuite ad altre Regioni". 
    L'apparente conformita' al dettato costituzionale pero' si  ferma
qui, poiche' la previsione della Carta  costituzionale  e'  ben  piu'
complessa e cautelativa: essa infatti ha dei limiti contenutistici  e
delle condizioni procedurali rigorosi ed inderogabili. 
    Anzitutto le  forme  di  autonomia  ammesse  riguardano  solo  le
materie di cui all'art. 117 terzo  comma,  secondo  comma  lettera  L
limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, e lettere N
ed S.; si tratta quindi di materie analiticamente  individuate  dalle
quali  non  si  puo'  esorbitare  senza  una   legge   di   revisione
costituzionale ai sensi dell'art. 138. 
    Pertanto un quesito generico su forme e condizioni particolari di
autonomia che  non  precisa  questi  limiti  contenutistici,  neppure
implicitamente richiamando  l'art.  116,  appare  gravemente  elusivo
della  cautela  espressa  da  codesta  Corte  nella  gia'  richiamata
giurisprudenza, in quanto  la  prospettazione  all'elettorato  di  un
imprecisato incremento dell'autonomia (tanto piu' contestualmente  al
quesito 5 sulla Regione a Statuto speciale) evoca la  prospettiva  di
riforme molto ampie, suscitando un'aspettativa che  non  tiene  conto
del vincolo costituzionale e riproduce i rischi di squilibri politici
e conflitti sociali e territoriali che si sono sin qui opportunamente
prevenuti ed impediti. 
    In  secondo  luogo  la   configurazione   procedurale   dell'iter
legislativo previsto nell'art.  116  co.  3  identifica  un  percorso
"rinforzato" anche se in misura minore rispetto  a  quello  dell'art.
138, poiche'  richiede  l'approvazione  delle  Camere  a  maggioranza
assoluta dei componenti ed una intesa  con  la  Regione  interessata,
consentendo di qualificare  il  previsto  ampliamento  dell'autonomia
come una revisione costituzionale, sia pure su scala ridotta, il  che
rende  ancora  piu'  sensibile  la  formazione  del  contenuto  della
riforrna  rispetto  alle  suggestioni  ed  alle  pressioni  del  voto
popolare preventivo, di cui si e' gia' parlato. 
    E' vero che qui e'  specificamente  prevista  l'iniziativa  della
Regione interessata, ma l'art. 116 aggiunge "sentiti gli Enti locali"
conformemente  all'impostazione  seguita  da  codesta  Corte   quando
afferrna  che  "nel  nostro  sistema  le  scelte  fondamentali  della
comunita' nazionale, che ineriscono  al  patto  costituzionale,  sono
riservate alla rappresentanza politica, sulle cui  determinazioni  il
popolo non puo' intervenire  se  non  nelle  forme  tipiche  previste
dall'art. 138 della Costituzione" (sentenza 496/2000). 
    Dunque e' palese la violazione dell'art. 116 anche per  la  parte
in cui formalizzato la raccolta dei  consensi  delle  istanze  locali
individuando nei rappresentanti politici della Regione interessata  e
degli enti locali i legittimi portatori  dell'istanza  riformista  ed
evitando ancora una volta di coinvolgere un voto  popolare,  ritenuto
non solo non idoneo a  soppesare  il  significato  della  riforma  ma
soprattutto  troppo  suscettibile  di   essere   influenzato   e   di
influenzare a sua volta il corretto iter legislativo. 
    Gli altri tre quesiti previsti nell'art.  2  in  esame  hanno  un
oggetto comune e possono quindi essere esaminati unitariamente, anche
se variamente articolati: essi riguardano il gettito  dei  tributi  o
piu'  genericamente  delle  fonti  di  finanziamento  riscossi  nella
Regione, per i quali si chiede all'elettorato veneto di dichiarare se
voglia trattenerli nell'ambito regionale almeno nella misura dell'80%
e se chieda che non siano soggetti a vincoli di destinazione. 
    Pur se non  applicabile  direttamente  a  questo  referendum,  il
motivo di inammissibilita' previsto dall'art. 75  Cost.,  esprime  un
principio generale che  risulta  recepito  anche  nella  legislazione
locale, in quanto gli artt. 26  e  27  dello  Statuto  della  Regione
Veneto, approvato con L. 17.4.2012 n. 1 in base all'art.  114  Cost.,
escludono   l'ammissibilita'   del    referendum    consultivo    per
l'abrogazione delle leggi tributarie e  di  bilancio,  nonche'  delle
leggi  i  cui  contenuti  costituiscono   adempimento   di   obblighi
costituzionali, internazionali ed europei. 
    A cio' si aggiunga che l'art. 117 co. 2 attribuisce allo Stato la
legislazione esclusiva, tra l'altro, in materia di sistema tributario
e perequazione delle risorse finanziarie e  l'art.  119  co.  2,  nel
prevedere l'applicazione di tributi ed entrate propri da parte  degli
Enti locali nonche' la loro compartecipazione al gettito dei  tributi
erariali, presuppone  la  determinazione  da  parte  dello  Stato  di
principi di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario. 
    Vi sono stati in questo ambito  numerosi  interventi  di  codesta
Corte che sin dalla  sentenza  370/2003  ha  segnalato  l'urgenza  di
realizzare il sistema di  finanza  regionale;  e  successivamente  la
sentenza n. 37 del 2004_ha indicato come necessario  presupposto  per
l'attuazione del disegno costituzionale "l'intervento del legislatore
statale, il quale, al fine  di  coordinare  l'insieme  della  finanza
pubblica, dovra' non  solo  fissare  i  principi  cui  i  legislatori
regionali dovranno attenersi, ma anche determinare  le  grandi  linee
dell'intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro
i quali potra' esplicarsi la potesta' impositiva, rispettivamente, di
Stato, Regioni ed enti locali". 
    In  particolare  per  i  tributi  locali,  la  riserva  di  legge
stabilita dall'articolo 23 della Costituzione comporta la  necessita'
di  definire  l'ambito  in  cui   potra'   esplicarsi   la   potesta'
regolamentare  degli   enti   sub-regionali,   sforniti   di   poteri
legislativi, e il rapporto fra quest'ultima e la legislazione statale
e legislazione regionale per quanto attiene alla disciplina di  grado
primario. La Corte ha quindi concluso che  "non  e'  ammissibile,  in
materia tributaria, una  piena  esplicazione  di  potesta'  regionali
autonome in carenza della fondamentale legislazione di  coordinamento
dettata  dal  Parlamento  nazionale".  Questa  conclusione  e'  stata
confermata nella sentenze n.  241  del  2004  (sulla  delega  per  la
riforma del sistema  fiscale  statale)  e  n.  261  del  2004  (sulla
determinazione  delle  basi  di  calcolo  dei  sovracanoni   per   la
produzione di energia idroelettrica). 
    Per quanto  poi  riguarda  la  specificazione  della  nozione  di
tributo  proprio,  codesta  Corte  ha  affermato  costantemente   che
nell'attuale quadro normativo non si danno tributi che possano essere
definiti propri delle regioni, nel  senso  inteso  dall'articolo  119
della Costituzione. Infatti, attualmente  esistono  soltanto  tributi
istituiti e disciplinati da leggi dello Stato, connotati  dalla  sola
particolarita' che i loro gettito  e'  attribuito  alle  regioni.  La
disciplina di questi "tributi regionali" non e' divenuta  oggetto  di
legislazione concorrente, ai sensi dell'articolo  117,  terzo  comma,
della Costituzione, ma appartiene  alla  competenza  esclusiva  della
legislazione dello Stato, che disciplina i' casi e i  limiti  in  cui
puo' esplicarsi la potesta' legislativa regionale. Spetta  quindi  al
legislatore statale la potesta' di dettare norme modificative,  anche
nel dettaglio, della disciplina dei tributi  locali  esistenti.  Tale
potesta' deve tuttavia esercitarsi in armonia con  i  nuovi  principi
costituzionali,  in  particolare,  non  potrebbe  sopprimere,   senza
sostituirli, gli spazi di autonomia gia' riconosciuti alle regioni  e
agli enti locali dal vigente ordinamento. ne' configurare un  sistema
finanziario complessivo che contraddica tali principi (sentenza n. 37
del 2004). 
    Con sentenza n. 296 del 2003, su ricorso del Governo  avverso  la
legge della regione Piemonte 5 agosto 2002, n. 20, codesta  Corte  ha
dichiarato illegittime le disposizioni ivi contenute  in  materia  di
imposta regionale  sulle  attivita'  produttive  (IRAP)  e  di  tassa
automobilistica (esenzione dell'Agenzia per lo svolgimento dei giochi
olimpici invernali di Torino 2006 dal pagamento dell'IRAP;  esenzione
permanente  dal  pagamento  della  tassa  automobilistica   per   gli
autoveicoli alimentati a gas  metano;  proroga  del  termine  per  il
recupero delle tasse automobilistiche  regionali  dovute  per  l'anno
1999) e successivamente ha affermato che l'IRAP non puo' qualificarsi
tributo proprio delle Regioni nel senso inteso dell'attuale  articolo
119 della Costituzione, e che pertanto  queste  possono  variarne  la
disciplina soltanto nei limiti consentiti della normative statale  in
proposito, non rilevando in contrario  la  devoluzione  del  relativo
gettito alle regioni stesse. Spetta quindi alle regioni soltanto  una
limitata  facolta'  di  variare  l'aliquota  e  di  disciplinare   le
procedure applicative secondo quanto previsto dal D.Lgs. n.  446  del
1997. 
    Al di la' del fatto  che  sino  ad  oggi  non  si  e'  realizzato
l'auspicio espresso da  codesta  Corte  per  il  coordinamento  della
finanza   pubblica,   rimane   la   configurazione    dei    principi
costituzionali in materia tributaria  secondo  un'impostazione  molto
precisa e stringente che riconosce allo Stato il compito di  regolare
il quadro tributario generale  con  un'azione  di  coordinamento  che
consenta alle Regioni di avere proprie entrate e  di  partecipare  al
gettito dei tributi erariali riferibili al proprio territorio. 
    Ne consegue  che  poiche'  allo  stato  le  Regioni  non  possono
legiferare in questo ambito, esse non possono  evidentemente  neppure
disporre referendum che eludono per un verso il divieto dell'art.  75
attribuendo all'elettorato regionale un  potere  che  non  compete  a
quello nazionale e per altro verso violano di per se' l'esclusiva del
potere normativo statale indicendo una consultazione su  una  materia
che gli artt. 117 e 119 riservano al legislatore nazionale. 
    Sotto altro profilo emerge anche la violazione degli artt. 3 e  5
della Costituzione poiche' si vorrebbe attribuire ai cittadini veneti
una legittimazione ad esprimersi in materia non  consentita  a  tutti
gli altri cittadini italiani, con violazione del principio di parita'
dinanzi alla legge e si incrinerebbe in modo rilevante anche l'unita'
e  l'indivisibilita'  della  Repubblica  che  promuove  le  autonomie
locali, ma non ammette che esse possano pronunciarsi su un tema cosi'
delicato  come  la  devoluzione  del  gettito  delle  imposte  o   la
destinazione delle entrate,  suscitando  prevedibili  movimenti  che,
anziche'  alimentare  la  solidarieta'  sociale,  possono   suscitare
tendenze centrifughe o pretese egoistiche nella politica economica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   Costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittima   e    conseguentemente
annullare, per i motivi tutti ut supra specificati la L. Reg. 15/2014
della Regione Veneto, pubblicata nel BUR n. 62 del  24  giugno  2014,
come da delibera del Consiglio dei Ministri  in  data  8.8.2014,  per
violazione degli artt. 3, 5, 116, 117 e 119 Cost. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
      1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 8.8.2014; 
      2. copia della Legge regionale impugnata; 
      3. relazione del Ministero degli Affari Regionali. 
 
        Roma, 18 agosto 2014 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Polizzi