N. 70 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 2014
Ordinanza del 10 dicembre 2014 del Tribunale di Cagliari nel procedimento penale a carico di L. S. A.. Processo penale - Incapacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo - Accertata irreversibilita' - Sospensione del corso della prescrizione - Parita' di trattamento di situazioni difformi - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio della ragionevole durata del processo - Inosservanza degli obblighi internazionali. - Codice penale, art. 159. - Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, 111, primo comma, e 117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Reati e pene - Estinzione del reato - Assoluta e irreversibile incapacita' di intendere e di volere sopravvenuta al fatto derivante da una lesione cerebrale ingravescente - Mancata previsione quale causa di estinzione del reato - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto in caso di morte del reo prima della condanna - Violazione del principio di personalita' della responsabilita' penale. - Codice penale, art. 150. - Costituzione, artt. 3 e 27, primo comma.(GU n.18 del 6-5-2015 )
TRIBUNALE DI CAGLIARI (prima sezione penale) Il Tribunale Penale di Cagliari Sez. 1°, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Silvia Badas, alla pubblica udienza del 27 novembre 2014, nel procedimento penale n. 3732/200 R.G., Contro L. S. A., nato ad U. il ... ivi residente, libero-contumace, imputato «del delitto previsto dall'art. 372 c.p., per avere, deponendo quale testimone innanzi alla Corte d'Assise di Cagliari nel processo contro G. G. accusato di aver sequestrato e cagionato la morte di L. G. affermando il falso nelle udienze del 20 giugno e 8 luglio 1997, sostenendo di aver dato incarico di acquisire e trasmettere notizie circa le condizioni fisiche della sequestrata, le pretese economiche degli autori del sequestro e le disponibilita' della famiglia dell'ostaggio non solo a P. S. e P. L. ma anche, e unitamente a costoro, a G. G. Accertato in Cagliari, il 20 giugno 1997 e 8 luglio 1997.». Ha pronunciato la seguente ordinanza Visto l'art. 23, commi I, II e III legge 11 marzo 1953 n. 87; Letti tutti gli atti processuali; F a t t o Nel processo nei confronti di G. G., per concorso nel sequestro a scopo di estorsione di L. G. M., avvenuto il 14 marzo 1995, e proseguito fino al novembre-dicembre del 1995, epoca della morte dell'ostaggio cagionata dagli stessi sequestratori, celebrato davanti alla Corte d'Assise di Cagliari, alle udienze del 20 giugno e 8 luglio 1997 era stato esaminato in qualita' di teste l'odierno imputato L. S. Il processo nei confronti del G. si era concluso in primo grado con la condanna di quest'ultimo alla pena di 30 anni di reclusione, integralmente confermata con la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Cagliari in data 21 maggio 1998, irrevocabile il 12 aprile 1999, la Corte di Cassazione avendo rigettato il ricorso proposto dall'imputato. Con la sentenza di primo grado, letta e pubblicata il 3 ottobre 1997, inoltre, ai sensi dell'articolo 207 c.p.p., ravvisati indizi del reato di falsa testimonianza, era stata disposta la trasmissione al pubblico ministero dei verbali delle deposizioni del teste S. L. Ed infatti, come appare palese dalla ricostruzione dei fatti operata nel corpo dell'articolata sentenza, ove si tiene conto anche degli esiti della attivita' di intercettazione ambientale delle conversazioni avvenute sulle auto in uso a tale C. N., a P. S. e allo stesso G., il L. nel corso delle citate deposizioni testimoniali rese dichiarazioni in aperto contrasto col quadro probatorio, sostenendo che G. si era limitato ad adoperarsi per acquisire notizie in merito alla sorte della sequestrata ed alle richieste patrimoniali degli autori del sequestro, cosi' come avevano fatto P. L. e P., laddove plurimi elementi deponevano invece per un suo diretto coinvolgimento nel sequestro e nel conseguimento del riscatto, fatti ben noti al L. Sulla base di questi elementi, con decreto del giudice dell'udienza preliminare in data 28 settembre 2000, e' stato disposto il rinvio a giudizio di S. L. davanti al Tribunale di Cagliari per rispondere del delitto di falsa testimonianza. Sin dall'udienza dell'8 maggio 2001, il giudice procedente, esaminata la documentazione sanitaria prodotta dalla difesa dell'imputato, disponeva accertarsi con perizia la capacita' di partecipare al dibattimento del L. oltre a quella di intendere e di volere sia al momento che all'epoca dei fatti. Il perito nominato dal tribunale, con articolata relazione depositata il 21 marzo 2002, esprimeva le ragioni che lo avevano indotto a ritenere la piena capacita' di intendere e di volere del L. all'epoca dei fatti (1) e, di converso, la sua attuale incapacita' di intendere e di volere e di partecipare coscientemente al processo, trattandosi - gia' da allora - di persona assolutamente incapace di seguire un colloquio, di comprendere le domande di dare risposte adeguate, poiche' affetto da grave infermita' di mente; esattamente da una demenza di tipo Alzheimer o vascolare grave, riscontrata anche tramite esami specialistici quale la T.C. del cranio e la risonanza magnetica. Il giudice pertanto, i sensi degli articoli 70 e 71 c.p.p., considerato che lo stato di mente dell'imputato era tale da impedire la cosciente partecipazione al processo e non ricorrendo i presupposti per pronunciare sentenza di proscioglimento alla luce dei gravi elementi a carico emergenti dagli atti e della indubbia capacita' di intendere e di volere del L. all'epoca dei fatti, disponeva la sospensione del processo e nominava all'imputato un curatore speciale nella persona della moglie R. A. Inoltre lo stesso giudice, secondo il disposto di cui all'art. 72, comma primo, c.p.p. prevedeva nuovi accertamenti peritali sullo stato di mente dell'imputato allo scadere del sesto mese dalla pronunzia dell'ordinanza di sospensione del processo (21 marzo 2002) ed al decorso di ogni successivo semestre, risultando sempre confermata l'assoluta incapacita' di partecipare coscientemente al processo del L. e sempre piu' aggravate le sue complessive condizioni neurologiche e comunque di salute. Per l'esattezza il perito ha confermato l'iniziale diagnosi per oltre un decennio ed esattamente: il 12 novembre 2002, il 6 maggio 2003, il 2 dicembre 2003, il 20 maggio 2004, il 12 ottobre 2004, il 7 aprile 2005, il 19 luglio 2005, il 24 gennaio 2006, il 30 maggio 2006, il 5 dicembre 2006, il 29 maggio 2007, il 6 novembre 2007, il 12 giugno 2008, il 18 dicembre 2008, il 16 luglio e il 24 settembre 2009, il 20 aprile 2010, il 12 ottobre 2010, il 5 maggio 2011, l'8 febbraio 2012 e il 3 ottobre 2012. All'esito dei richiesti accertamenti il perito ha oltretutto chiarito e da ultimo ribadito con forza lo scorso ottobre 2012 e di nuovo il 27 novembre 2014 (2) , che dal momento di esordio della malattia il L. ha subito un progressivo aggravamento sia sotto l'aspetto cognitivo che comportamentale,tanto che attualmente ha subito la perdita delle funzioni cognitive superiori, soffrendo di una demenza irreversibile in relazione alla quale non e' possibile nessun miglioramento, ne' e' conosciuta o ipotizzabile alcuna terapia farmacologica che possa determinare una regressione dei sintomi - conseguenza delle gravissime lesioni vascolari - e comunque giammai in misura tale da far recuperare al paziente (tra l'altro ormai per la maggior parte della sua esistenza e' allettato, non avverte piu' lo stimolo della fame, non e' nemmeno in grado di nutrirsi per cui viene imboccato) la capacita' di interloquire ed interagire con gli altri, gli antipsicotici somministratigli concorrendo soltanto a sedarlo al fine di controllare parte dei sintomi quali le esplosioni di aggressivita' ed i comportamenti impulsivi. D i r i t t o Alla luce di quanto risulta dai rinnovati accertamenti peritali questo giudice dovrebbe pertanto oggi, ai sensi dell'art. 71 c.p.p., disporre nuova sospensione del processo nei confronti del L. procedimento che, a decorrere dal rinvio a giudizio operato in data 28 settembre 2000, pende da oltre 14 anni e riguarda fatti commessi oltre 17 anni or sono (20 giugno e 8 luglio 1997). In virtu' del tempo decorso dalla commissione dei fatti, i reati per cui si procede, secondo le ordinarie regole ed in assenza delle disposte sospensioni, sarebbero stati prescritti, sin dall'8 gennaio 2005, fatta applicazione della piu' favorevole disciplina introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che fissa in sette anni e sei mesi il termine massimo di prescrizione per questo tipo di reato. Gli elementi evidenziati inducono questo giudice a ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 159, comma primo, c.p.p. nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza delle condizioni di cui agli articoli 71 e 72 c.p.p., laddove sia accertata l'irreversibilita' dell'incapacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo, per contrasto con gli articoli 3, 24, secondo comma, 27, terzo comma, 111, secondo comma e 117, primo comma, della Costituzione. In punto di rilevanza si e' gia' visto come se alla sospensione del processo non fosse conseguita anche la sospensione del corso della prescrizione il reato in contestazione sarebbe da lungo tempo prescritto. Si e' gia' detto in proposito da una parte come sia positivamente accertata la circostanza che all'epoca di commissione del fatto, risalente ad oltre tre anni prima della instaurazione del giudizio, l'imputato fosse certamente capace di intendere di volere e come dal complesso degli atti di disposizione, in particolare dalle sentenze irrevocabili di condanna emesse nel processo a carico di G. G., emergano elementi che portano ad escludere la possibilita' di pervenire ad una sentenza di proscioglimento dell'imputato come quella di esperire nuovi mezzi di prova utili ai fini di una simile pronuncia. Quanto al giudizio di non manifesta infondatezza, ritiene altresi' questo giudice che alla luce dei valori costituzionali espressi dalle norme sopra richiamate sussista quanto meno un consistente dubbio di costituzionalita' dell'articolo 159, comma primo, c.p. nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione anche nell'ipotesi di sospensione del procedimento disposta ai sensi dell'articolo 71 c.p.p., nei confronti di imputati divenuti incapaci di partecipare coscientemente al procedimento successivamente al fatto e la cui incapacita' sia, come nel caso in esame, assolutamente irreversibile. La disciplina di cui al vigente codice penale e di procedura penale se da una parte garantisce appieno il diritto di partecipazione personale e cosciente dell'imputato al processo che lo riguarda, dall'altra produce anche effetti sfavorevoli sul piano degli interessi presidiati dai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che, in larga parte, interessano lo stesso imputato, ed oltretutto importa che lo stesso, pur gravemente infermo, sia sottoposto a periodiche e fastidiose visite mediche - oltre tutto inutili in caso di patologie non reversibili - non necessarie a fini terapeutici. Sotto questo profilo deve rilevarsi che la disfunzionalita' dello schema normativo italiano si manifesta in maniera radicale quando l'incapacita' dell'imputato dipenda da patologie di lunghissima durata che le nozioni medico scientifiche piu' avanzate ritengano irreversibili, il che e' tanto piu' evidente quando il vizio di mente derivi da una lesione cerebrale causata da infortunio (es. coma irreversibile in conseguenza di sinistro stradale) ovvero da malattia (es. la demenza vascolare del caso in esame), trattandosi di cause fisiologiche e non gia' meramente psichiatriche. In particolare la malattia da cui risulta affetto il L. determina, com'e' noto, l'irreversibile degenerazione della sostanza cerebrale, la cui riduzione risulta perfino fisicamente misurabile, di tal che, in punto di irreversibilita' dell'accertamento, si puo' osservare che l'odierno imputato non ha alcuna possibilita' di recuperare la capacita' cosi' come un individuo che per qualsiasi causa subisca l'amputazione di un arto non ha alcuna speranza che lo stesso rincresca. A cio' si aggiunga che la verifica periodica rischia, spesso, di risolversi in uno spreco di tempo e denaro, in palese contrasto con il principio di ragionevole durata del processo penale. D'altra parte, non essendo in alcun modo prevista una definizione del processo per l'incapacita' processuale dell'accusato (a differenza del difetto di imputabilita' al momento del fatto), e per effetto della gia' citata implicazione della sospensione dei termini prescrizionali (del tutto logica in caso di sospensione temporanea del processo, non essendo ammissibile che l'imputato transitoriamente incapace sia privilegiato) situazioni del genere danno ordinariamente vita a pluriennali pendenze, capaci di protrarsi per un tempo indefinito, destinate a chiudersi, in sostanza, solo con la morte dell'interessato e con la conseguente sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato. La situazione e', tra l'altro, ben nota anche alla dottrina italiana, la quale, sin dai primi anni del ventesimo secolo, ha coniato l'espressione «Eterni Giudicabili» che raffigura con chiarezza lo status acquisito da coloro che, affetti da patologie incurabili, non possono che attendere l'ultimo evento per porre fine al processo penale che li riguarda. Cio' con il risultato paradossale di creare danno ai diritti ed alle aspettative dello stesso imputato - che concorrono e si scontrano con quella alla partecipazione personale - a cominciare dal cd. diritto all'oblio ed all'interesse a che l'eventuale ripristino della capacita', dopo un lungo tempo dal fatto, non comporti la celebrazione di un processo ormai disfunzionale, per le stesse ragioni che sottendono alla disciplina della prescrizione. Del resto, non v'e' chi non veda come tutte le altre ipotesi enucleate dall'articolo 159 c.p. riguardano fattispecie transitorie destinate ad avere esito in un ragionevole arco di tempo. In particolare, si ricordi che la disposizione di cui all'art. 159 c.p., comma 1, n. 3, cosi' come sostituito dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 6, comma 3, stabilisce che la prescrizione e' sospesa, tra l'altro, in caso di sospensione del procedimento o del processo penale «per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori, ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore». La norma disciplina la durata della sospensione del processo, stabilendo che, in ipotesi di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori (e non quindi anche nell'ipotesi di sospensione a richiesta dell'imputato o del suo difensore, cfr. Cass. Sez. I. sentenza n. 5956 del 4 febbraio 2009), l'udienza non puo' essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento, ovvero calcolando la sospensione della prescrizione per il solo tempo dell'impedimento, aumentato di sessanta giorni. La funzionalita' dell'istituto della sospensione della prescrizione a regolare situazioni transitorie e comunque destinate ad avere una soluzione nell'arco di breve tempo, mette in luce dunque l'irragionevolezza dell'applicazione della medesima disciplina all'ipotesi in cui l'impedimento sia legato ad un incapacita' processuale irreversibile, con conseguente violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) in quanto situazioni del tutto difformi viene riservato lo stesso trattamento. Appare infatti irragionevole che dalla condizione dell'imputato incapace in modo assolutamente irreversibile di partecipare al processo, tanto piu' se per cause fisiologiche, derivino le stesse conseguenze giuridiche previste dall'ordinamento nei casi di impedimenti transitori, quali un generico impedimento cosi' come l'incapacita' processuale transitoria e suscettibile di risoluzione, accertata ai sensi dell'articolo 70 c.p.p. A cio' si aggiunga che la stessa ratio sottesa la disciplina della sospensione del processo nell'ipotesi di cui all'articolo 71 c.p.p., nel caso di incapacita' processuale irreversibile rischia di essere frustrata dalle conseguenze della sospensione del corso della prescrizione perche', nell'eventuale improbabile ipotesi in cui incapacita' venga meno, l'imputato si troverebbe comunque costretto a difendersi nell'ambito di un processo per fatti risalenti nel tempo, nel caso in esame a quasi un ventennio or sono, con le evidenti difficolta' di apprestare un'adeguata strategia difensiva. Deve ribadirsi, come e' noto, che poiche' i casi di persistente incapacita' processuale non hanno di norma sbocchi se non in limitate ipotesi, tra l'altro comunque caratterizzate da un significativo decorso del tempo idoneo a consentire l'eventuale modifica delle condizioni dell'interessato ovvero delle conoscenze mediche, l'imputato si troverebbe nella condizione di essere eternamente giudicabile e qualora l'incapacita' dovesse finalmente cessare, comunque nell'impossibilita' concreta di difendersi adeguatamente, con conseguente palese violazione del diritto di difesa (art. 24, comma II, Cost.). Gli ulteriori profili di incostituzionalita' evidenziati sono costituiti dalla violazione del principio di ragionevole durata del processo, quale sancito dal novellato art. 111, comma secondo, Cost. e comunque tutelato dall'art. 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e dunque indirettamente dall'art. 117 comma primo, Cost. Il sistema costituito dalle citate norme di cui agli articoli 70, 71 e 72 c.p.p. e 159 c.p. che impongono, una volta accertata la incapacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo a causa di infermita' mentale, la sospensione del processo per un periodo indefinito fino a che permanga questa condizione e di fatto fino alla morte del giudicando, accertamenti periodici semestrali oltretutto concretamente inutili ed invasivi della sfera del paziente e del suo diritto all'oblio, in definitiva non sono sacrifica il cosiddetto diritto di questi all'oblio, ma comporta altresi' un inutile dispendio di energie e risorse dello Stato. Orbene l'articolo 111, com'e' noto, al comma secondo, sancisce tra gli altri anche il principio della ragionevole durata del processo, rimettendone l'attuazione al legislatore, essendo pacifico che l'attuazione del predetto canone non puo' in alcun modo compromettere le garanzie dell'imputato e la qualita' dell'accertamento processuale, da bilanciarsi con gli altri valori primari tutelati dallo stesso articolo della costituzione. Occorre tenere presente che mentre la Convenzione europea inserisce la ragionevole durata nel catalogo dei diritti soggettivi immediatamente azionabili, riconosciuti all'imputato, la Costituzione si limita ad una previsione di tipo oggettivo, che tuttavia non esclude, ma assorbe la componente soggettiva, con un rinvio alla legge ordinaria quale necessario quid medium. Il rispetto di un termine ragionevole e' stato analizzato dal giudice comunitario anzitutto come criterio in base al quale valutare l'eventuale violazione di alcuni principi generali del diritto comunitario, quali - ad esempio - il principio di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento, di tutela dei diritti della difesa, oltre che con riferimento al diritto ad un equo processo. Inoltre, e' stato preso in considerazione anche come criterio in base al quale valutare la conformita' dell'azione delle Istituzioni e degli organi comunitari alla buona amministrazione, anche alla luce del principio di proporzionalita' che sempre deve ispirare l'azione di tutti i soggetti tenuti all'applicazione del diritto comunitario (ed, nel caso di specie, gli organi giurisdizionali) (3) . La norma della cui costituzionalita' si dubita, nella sua applicazione al caso in esame, si pone in contrasto al predetto principio sia nella sua accezione di garanzia oggettiva relativa al buon funzionamento della amministrazione giudiziaria ed all'esigenza di evitare la prosecuzione di giudizi dilatati nel tempo, che di garanzia soggettiva costituita dal diritto, appunto soggettivo, dell'imputato ad essere giudicato in un tempo ragionevole, dunque in contrasto mediato anche con l'articolo 117, comma primo della Costituzione che impone al legislatore il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Come si e' detto l'assoluta ed irreversibile incapacita' di partecipare coscientemente al procedimento del L. e' stata accertata con costanza dal perito, sulla base dell'esame del periziando e della documentazione sanitaria acquisita presso le strutture pubbliche che lo hanno in cura, a partire da 14 anni a questa parte e, per di piu', e' basata su una patologia che determina specifiche lesioni dell'area cerebrale inequivocabilmente documentate e documentabili con esami strumentali. Va da ultimo rilevato che non ignora questo giudice come piu' volte la Corte costituzionale sia stata investita della questione di legittimita' costituzionale relativa ad alcune delle norme richiamate nel caso in esame, sempre al fine di sollecitare interventi utili allo scopo di razionalizzare la disciplina del processo nei casi di incapacita' processuale permanente ed irreversibile dell'imputato. Con sentenza del 28 giugno 1995, n. 281, la Corte costituzionale si e' espressa per la necessaria prevalenza del diritto all'autodifesa sul diritto ad essere giudicati e sulle stesse ragioni di celerita' del processo e di economia delle risorse. D'altra parte la stessa sospensione del termine prescrizionale e' stata ritenuta confacente al dettato costituzionale, in quanto utile a garantire la ripresa del processo anche nei casi di patologie asseritamente irreversibili, che pero' risultino ad un certo punto superate, come asserito con l'ordinanza del 4 febbraio 2003, n. 33, che si e' espressa, ritenuta l'inammissibilita' della questione sottoposta, contro l'ipotesi della sentenza di non doversi procedere. Ed anche in tempi relativamente recenti, con ordinanza del 29 marzo 2007, n. 112, la Corte costituzionale - chiamata a risolvere la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 70 e 71 c.p.p. per contrasto con gli articoli 3, 24, secondo comma, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione - ha nuovamente escluso (4) , seppur sotto diversi profili, la possibilita' di introdurre un'autonoma causa di improcedibilita', trattandosi di valutazioni discrezionali comunque rimesse al legislatore. L'ordinanza n. 289 del 4 novembre 2011 - chiamata a valutare un intervento additivo, sempre col sistema della parziale dichiarazione di illegittimita' costituzionale, sull'articolo 150 c.p.p., che stabilisce l'estinzione del reato in caso di morte del reo - e' invece incentrata sul tema della fallibilita' della diagnosi circa l'irreversibilita' della patologia che rende non comparabili, nell'ambito del principio di eguaglianza, la posizione del morto e quella dell'incapace, pur nell'ipotesi di asserita incapacita' insuperabile. Da ultimo, con la recentissima sentenza n. 23 del 14 febbraio 2013, la Corte costituzionale pur dichiarando inammissibile - seppur non manifestamente - la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 159 c.p. - relativo alla sospensione del termine prescrizionale - sottoposta dal giudice di merito, ha formulato un aperto monito al legislatore osservando come non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa in ordine al grave problema della imprescrittibilita' del reato nei casi di effettiva irreversibilita' della condizione patologica che determina lo stato d'incapacita', individuato nella suddetta pronuncia. Orbene, un tempo considerevole e' decorso anche da quest'ultima pronuncia e, a tutt'oggi, non risulta nelle priorita' del legislatore un intervento nella materia de qua per cui questo giudice, dopo avere inutilmente tentato la strada del rinvio pregiudiziale alla Corte europea di giustizia, ritiene, come gia' il tribunale di Milano con ordinanza del 21 marzo 2013, di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 159 c.p. sussistendone i presupposti. Per lo stesso complesso di ragioni, rilevato che nel caso in esame non appare neppure in astratto ipotizzabile, al di fuori dell'ipotesi della truffa processuale (ma cio' evidentemente e' possibile anche con riferimento all'accertamento del decesso), la fallibilita' della diagnosi circa l'irreversibilita' della patologia, giacche' oltre che confermata per oltre 10 anni (si rammenti che il perito ha chiaramente indicato come nell'attualita', ed ormai da diversi anni, l'imputato non abbia piu' capacita' cognitive o espressive, si trovi allettato e viva in uno stato di limitatissima coscienza del tutto privo delle funzioni cognitive superiori) in ogni caso e' inequivocabilmente accertata sulla base di esami strumentali, esclusa pertanto in radice la possibilita' di comportamenti simulatori, si ritiene altresi' rilevante, giacche' l'eventuale accoglimento comporterebbe la definitiva decisione del caso in esame, e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 150 del codice penale nella parte in cui non equipara l'assoluta ed irreversibile incapacita' di intendere di volere sopravvenuta al fatto derivante da una lesione cerebrale ingravescente alla morte dell'imputato quale causa di estinzione del reato. La assimilabilita' sotto il profilo giuridico, se non naturalistico, delle due condizioni, deriva dal fatto che entrambi gli eventi determinano, in concreto, l'impossibilita' definitiva ed irreversibile dell'imputato di gestire il rapporto processuale come di essere destinatario della sanzione; in tutte e due le ipotesi - e non soltanto con riguardo alla morte dell'imputato - l'estinzione del reato imponendosi anche quale diretto riflesso del principio di personalita' della responsabilita' penale sancito dall'art. 27, comma primo, Cost. (5) Del resto, e' di tutta evidenza come il trattamento di fattispecie simili, quanto meno con riferimento ai concreti effetti - nei termini di cui si e' detto - sul rapporto processuale, in maniera difforme induce a dubitare fortemente della legittimita' costituzionale della norma che cio' dispone per contrasto con l'art. 3 della Cost. Va da ultimo rilevato infine come non ignora questo giudice il divieto di pronunzie additive, quale quella che si sollecita, in materia penale, ma che, nel caso in esame, si tratterebbe comunque di una decisione che non andrebbe ad incidere sul novero e sulla estensione delle condotte di rilievo penale ed invece persegue un risultato esclusivamente finalizzato a favorire il reo. (1) Di fatto le prime manifestazioni della patologia risalivano al settembre del 2000 quando attraverso la prima TAC venne evidenziata la presenza di atrofia corticale frontale. (2) Alla ripresa del processo successivamente alla sospensione del giudizio disposta in attesa della decisione delle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte di giustizia dell'Unione europea, con ordinanza in data 11 aprile 2013. (3) Avvocato generale. Mengozzi: 16 novembre 2006, C-523/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. p. I-3267, paragrafi 57 a 60. (4) Naturalmente in termini tecnici ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimita' sottopostale. (5) In tal senso vedi ordinanza n. 289 del 2011, con limitato riferimento all'ipotesi dell'estinzione per morte del reo.
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 159 c.p., nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione anche in presenza delle condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p., laddove sia accertata l'incapacita' di partecipare coscientemente al procedimento dell'imputato per effetto di una patologia irreversibile e non suscettibile di miglioramenti, per ritenuto contrasto con gli articoli 3, 24, secondo comma, 111, primo comma e 117 primo comma della Costituzione, dell'articolo 150 c.p. nella parte in cui non prevede l'assoluta ed irreversibile incapacita' di intendere di volere sopravvenuta al fatto derivante da una lesione cerebrale ingravescente quale causa di estinzione del reato, per ritenuto contrasto con gli articoli 3 e 27, comma primo, della Costituzione, Sospende il presente procedimento a carico di S. A. L. Dispone la trasmissione degli atti della Corte costituzionale affinche', ove ne ravvisi presupposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 159 c.p. e dell'art. 150 c.p. nelle parti indicate. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Cagliari, addi' 10 dicembre 2014. Il giudice: Badas Allegato al verbale dell'udienza del 10 dicembre 2014.