N. 70 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 2014

Ordinanza  del  10  dicembre  2014  del  Tribunale  di  Cagliari  nel
procedimento penale a carico di L. S. A.. 
 
Processo  penale   -   Incapacita'   dell'imputato   di   partecipare
  coscientemente  al  processo   -   Accertata   irreversibilita'   -
  Sospensione del corso della prescrizione - Parita'  di  trattamento
  di situazioni difformi - Lesione del diritto di difesa - Violazione
  del principio della ragionevole durata del processo -  Inosservanza
  degli obblighi internazionali. 
- Codice penale, art. 159. 
- Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, 111, primo comma, e  117,
  primo comma, in relazione  all'art.  6  della  Convenzione  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
Reati e pene -  Estinzione  del  reato  -  Assoluta  e  irreversibile
  incapacita'  di  intendere  e  di  volere  sopravvenuta  al   fatto
  derivante  da  una  lesione  cerebrale  ingravescente   -   Mancata
  previsione quale causa di estinzione  del  reato  -  Disparita'  di
  trattamento rispetto a quanto previsto in caso  di  morte  del  reo
  prima della condanna - Violazione  del  principio  di  personalita'
  della responsabilita' penale. 
- Codice penale, art. 150. 
- Costituzione, artt. 3 e 27, primo comma. 
(GU n.18 del 6-5-2015 )
 
                        TRIBUNALE DI CAGLIARI 
                       (prima sezione penale) 
 
    Il  Tribunale  Penale  di  Cagliari  Sez.  1°,  in   composizione
monocratica, nella persona della dott.ssa Silvia Badas, alla pubblica
udienza del 27 novembre 2014, nel  procedimento  penale  n.  3732/200
R.G., 
    Contro  L.  S.  A.,  nato   ad   U.   il   ...   ivi   residente,
libero-contumace, imputato «del delitto previsto dall'art. 372  c.p.,
per avere, deponendo quale testimone innanzi alla Corte  d'Assise  di
Cagliari nel processo contro G. G. accusato  di  aver  sequestrato  e
cagionato la morte di L. G. affermando il falso nelle udienze del  20
giugno e 8 luglio 1997, sostenendo di aver dato incarico di acquisire
e trasmettere notizie circa le condizioni fisiche della  sequestrata,
le pretese economiche degli autori del sequestro e le  disponibilita'
della famiglia dell'ostaggio non solo a P. S. e P.  L.  ma  anche,  e
unitamente a costoro, a G. G. 
    Accertato in Cagliari, il 20 giugno 1997 e 8 luglio 1997.». 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza 
    Visto l'art. 23, commi I, II e III legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Letti tutti gli atti processuali; 
 
                              F a t t o 
 
    Nel processo nei confronti di G. G., per concorso nel sequestro a
scopo di estorsione di L.  G.  M.,  avvenuto  il  14  marzo  1995,  e
proseguito fino al novembre-dicembre  del  1995,  epoca  della  morte
dell'ostaggio cagionata dagli stessi sequestratori, celebrato davanti
alla Corte d'Assise di Cagliari, alle  udienze  del  20  giugno  e  8
luglio 1997 era  stato  esaminato  in  qualita'  di  teste  l'odierno
imputato L. S. 
    Il processo nei confronti del G. si era concluso in  primo  grado
con la condanna di quest'ultimo alla pena di 30 anni  di  reclusione,
integralmente  confermata  con  la  sentenza  della  Corte   d'Assise
d'Appello di Cagliari in data 21  maggio  1998,  irrevocabile  il  12
aprile 1999, la Corte  di  Cassazione  avendo  rigettato  il  ricorso
proposto dall'imputato. 
    Con la sentenza di primo grado, letta e pubblicata il  3  ottobre
1997, inoltre, ai sensi dell'articolo 207  c.p.p.,  ravvisati  indizi
del reato di falsa testimonianza, era stata disposta la  trasmissione
al pubblico ministero dei verbali delle deposizioni del teste S. L. 
    Ed infatti, come appare  palese  dalla  ricostruzione  dei  fatti
operata nel corpo dell'articolata sentenza, ove si tiene conto  anche
degli esiti  della  attivita'  di  intercettazione  ambientale  delle
conversazioni avvenute sulle auto in uso a tale C. N., a P. S. e allo
stesso G., il L. nel corso delle citate deposizioni testimoniali rese
dichiarazioni in aperto contrasto col quadro  probatorio,  sostenendo
che G. si era limitato ad adoperarsi per acquisire notizie in  merito
alla sorte della sequestrata ed  alle  richieste  patrimoniali  degli
autori del sequestro, cosi' come avevano fatto P. L.  e  P.,  laddove
plurimi elementi deponevano invece per un suo diretto  coinvolgimento
nel sequestro e nel conseguimento del riscatto, fatti ben noti al L. 
    Sulla  base  di  questi  elementi,  con   decreto   del   giudice
dell'udienza preliminare in data 28 settembre 2000, e' stato disposto
il rinvio a giudizio di S. L. davanti al Tribunale  di  Cagliari  per
rispondere del delitto di falsa testimonianza. 
    Sin dall'udienza  dell'8  maggio  2001,  il  giudice  procedente,
esaminata  la  documentazione   sanitaria   prodotta   dalla   difesa
dell'imputato, disponeva  accertarsi  con  perizia  la  capacita'  di
partecipare al dibattimento del L. oltre a quella di intendere  e  di
volere sia al momento che all'epoca dei fatti. 
    Il  perito  nominato  dal  tribunale,  con  articolata  relazione
depositata il 21 marzo 2002, esprimeva  le  ragioni  che  lo  avevano
indotto a ritenere la piena capacita' di intendere e di volere del L.
all'epoca dei fatti (1) e, di converso, la sua attuale incapacita' di
intendere e di volere e di partecipare  coscientemente  al  processo,
trattandosi - gia' da allora - di persona assolutamente  incapace  di
seguire un colloquio, di comprendere  le  domande  di  dare  risposte
adeguate, poiche' affetto da grave infermita' di  mente;  esattamente
da una demenza di tipo Alzheimer o vascolare grave, riscontrata anche
tramite esami specialistici quale la T.C. del cranio e  la  risonanza
magnetica. 
    Il giudice pertanto, i sensi  degli  articoli  70  e  71  c.p.p.,
considerato che lo stato di mente dell'imputato era tale da  impedire
la  cosciente  partecipazione  al  processo  e   non   ricorrendo   i
presupposti per pronunciare sentenza di proscioglimento alla luce dei
gravi elementi  a  carico  emergenti  dagli  atti  e  della  indubbia
capacita' di intendere e  di  volere  del  L.  all'epoca  dei  fatti,
disponeva la sospensione del  processo  e  nominava  all'imputato  un
curatore speciale nella persona della moglie R. A. 
    Inoltre lo stesso giudice, secondo il disposto  di  cui  all'art.
72, comma primo, c.p.p. prevedeva nuovi accertamenti  peritali  sullo
stato di mente  dell'imputato  allo  scadere  del  sesto  mese  dalla
pronunzia dell'ordinanza di sospensione del processo (21 marzo  2002)
ed  al  decorso  di  ogni  successivo  semestre,  risultando   sempre
confermata l'assoluta incapacita' di  partecipare  coscientemente  al
processo del L. e sempre piu' aggravate le sue complessive condizioni
neurologiche e comunque di salute. 
    Per l'esattezza il perito ha confermato l'iniziale  diagnosi  per
oltre un decennio ed esattamente: il 12 novembre 2002,  il  6  maggio
2003, il 2 dicembre 2003, il 20 maggio 2004, il 12 ottobre 2004, il 7
aprile 2005, il 19 luglio 2005, il 24  gennaio  2006,  il  30  maggio
2006, il 5 dicembre 2006, il 29 maggio 2007, il 6 novembre  2007,  il
12 giugno 2008, il 18 dicembre 2008, il 16 luglio e il  24  settembre
2009, il 20 aprile 2010, il 12 ottobre 2010, il 5  maggio  2011,  l'8
febbraio  2012  e  il  3  ottobre  2012.  All'esito   dei   richiesti
accertamenti il perito ha oltretutto chiarito e  da  ultimo  ribadito
con forza lo scorso ottobre 2012 e di nuovo il 27 novembre 2014 (2) ,
che dal momento  di  esordio  della  malattia  il  L.  ha  subito  un
progressivo  aggravamento   sia   sotto   l'aspetto   cognitivo   che
comportamentale,tanto che attualmente  ha  subito  la  perdita  delle
funzioni cognitive superiori, soffrendo di una demenza  irreversibile
in relazione alla quale non e' possibile nessun miglioramento, ne' e'
conosciuta o ipotizzabile  alcuna  terapia  farmacologica  che  possa
determinare  una  regressione  dei  sintomi   -   conseguenza   delle
gravissime lesioni vascolari - e comunque giammai in misura  tale  da
far recuperare al paziente (tra l'altro ormai per  la  maggior  parte
della sua esistenza e' allettato, non avverte piu' lo  stimolo  della
fame, non e' nemmeno in grado di nutrirsi per cui viene imboccato) la
capacita'  di  interloquire  ed  interagire  con   gli   altri,   gli
antipsicotici somministratigli concorrendo soltanto a sedarlo al fine
di controllare parte dei sintomi quali le esplosioni di aggressivita'
ed i comportamenti impulsivi. 
 
                            D i r i t t o 
 
    Alla luce di quanto risulta dai rinnovati  accertamenti  peritali
questo giudice dovrebbe pertanto oggi, ai sensi dell'art. 71  c.p.p.,
disporre  nuova  sospensione  del  processo  nei  confronti  del   L.
procedimento che, a decorrere dal rinvio a giudizio operato  in  data
28 settembre 2000, pende da oltre 14 anni e riguarda  fatti  commessi
oltre 17 anni or sono (20 giugno e 8 luglio 1997). 
    In virtu' del tempo decorso dalla commissione dei fatti, i  reati
per cui si procede, secondo le ordinarie regole ed in  assenza  delle
disposte sospensioni, sarebbero stati prescritti, sin dall'8  gennaio
2005, fatta applicazione della piu' favorevole disciplina  introdotta
dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che fissa in sette  anni  e  sei
mesi il termine massimo di prescrizione per questo tipo di reato. 
    Gli elementi  evidenziati  inducono  questo  giudice  a  ritenere
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'articolo 159, comma primo, c.p.p. nella parte  in
cui prevede la sospensione del  corso  della  prescrizione  anche  in
presenza delle condizioni di  cui  agli  articoli  71  e  72  c.p.p.,
laddove    sia    accertata    l'irreversibilita'    dell'incapacita'
dell'imputato  di  partecipare  coscientemente   al   processo,   per
contrasto con gli articoli 3, 24, secondo  comma,  27,  terzo  comma,
111, secondo comma e 117, primo comma, della Costituzione. 
    In punto di rilevanza si e' gia' visto come se  alla  sospensione
del processo non fosse conseguita  anche  la  sospensione  del  corso
della prescrizione il reato in contestazione sarebbe da  lungo  tempo
prescritto. 
    Si e' gia' detto in proposito da una parte come sia positivamente
accertata la circostanza che  all'epoca  di  commissione  del  fatto,
risalente ad oltre tre anni prima della instaurazione  del  giudizio,
l'imputato fosse certamente capace di intendere di volere e come  dal
complesso degli atti di disposizione, in particolare  dalle  sentenze
irrevocabili di condanna emesse nel  processo  a  carico  di  G.  G.,
emergano  elementi  che  portano  ad  escludere  la  possibilita'  di
pervenire ad  una  sentenza  di  proscioglimento  dell'imputato  come
quella di esperire nuovi mezzi di prova utili ai fini di  una  simile
pronuncia. 
    Quanto  al  giudizio  di  non  manifesta  infondatezza,   ritiene
altresi' questo giudice  che  alla  luce  dei  valori  costituzionali
espressi  dalle  norme  sopra  richiamate  sussista  quanto  meno  un
consistente dubbio  di  costituzionalita'  dell'articolo  159,  comma
primo, c.p. nella parte in cui prevede la sospensione del corso della
prescrizione  anche  nell'ipotesi  di  sospensione  del  procedimento
disposta ai sensi dell'articolo 71 c.p.p., nei confronti di  imputati
divenuti  incapaci  di  partecipare  coscientemente  al  procedimento
successivamente al fatto e la cui incapacita' sia, come nel  caso  in
esame, assolutamente irreversibile. 
    La disciplina di cui al vigente  codice  penale  e  di  procedura
penale  se  da  una  parte   garantisce   appieno   il   diritto   di
partecipazione personale e cosciente dell'imputato al processo che lo
riguarda, dall'altra produce  anche  effetti  sfavorevoli  sul  piano
degli interessi presidiati dai principi di economia processuale e  di
ragionevole durata del processo, che, in larga parte, interessano  lo
stesso imputato, ed oltretutto importa che lo stesso, pur  gravemente
infermo, sia sottoposto a periodiche e fastidiose  visite  mediche  -
oltre tutto inutili in  caso  di  patologie  non  reversibili  -  non
necessarie a fini terapeutici. 
    Sotto questo profilo deve rilevarsi che la disfunzionalita' dello
schema normativo italiano si manifesta  in  maniera  radicale  quando
l'incapacita'  dell'imputato  dipenda  da  patologie  di  lunghissima
durata che le nozioni medico  scientifiche  piu'  avanzate  ritengano
irreversibili, il che e' tanto piu' evidente quando il vizio di mente
derivi da una lesione  cerebrale  causata  da  infortunio  (es.  coma
irreversibile in conseguenza di sinistro stradale) ovvero da malattia
(es. la demenza vascolare del caso in esame),  trattandosi  di  cause
fisiologiche e non gia' meramente psichiatriche. 
    In  particolare  la  malattia  da  cui  risulta  affetto  il   L.
determina, com'e' noto, l'irreversibile degenerazione della  sostanza
cerebrale, la cui riduzione risulta perfino  fisicamente  misurabile,
di tal che, in punto di irreversibilita' dell'accertamento,  si  puo'
osservare che  l'odierno  imputato  non  ha  alcuna  possibilita'  di
recuperare la capacita' cosi' come un  individuo  che  per  qualsiasi
causa subisca l'amputazione di un arto non ha alcuna speranza che  lo
stesso rincresca. 
    A cio' si aggiunga che la verifica periodica rischia, spesso,  di
risolversi in uno spreco di tempo e denaro, in palese  contrasto  con
il principio di ragionevole durata del processo penale. 
    D'altra parte, non essendo in alcun modo prevista una definizione
del  processo  per   l'incapacita'   processuale   dell'accusato   (a
differenza del difetto di imputabilita' al momento del fatto), e  per
effetto della gia' citata implicazione della sospensione dei  termini
prescrizionali (del tutto logica in caso  di  sospensione  temporanea
del processo, non essendo ammissibile che l'imputato transitoriamente
incapace sia privilegiato) situazioni del genere danno ordinariamente
vita a  pluriennali  pendenze,  capaci  di  protrarsi  per  un  tempo
indefinito, destinate a chiudersi, in sostanza,  solo  con  la  morte
dell'interessato  e  con   la   conseguente   sentenza   dichiarativa
dell'estinzione del reato. 
    La situazione e', tra  l'altro,  ben  nota  anche  alla  dottrina
italiana, la quale, sin dai  primi  anni  del  ventesimo  secolo,  ha
coniato  l'espressione  «Eterni  Giudicabili»   che   raffigura   con
chiarezza lo status acquisito da coloro  che,  affetti  da  patologie
incurabili, non possono che attendere l'ultimo evento per porre  fine
al processo penale che li riguarda. 
    Cio' con il risultato paradossale di creare danno ai  diritti  ed
alle  aspettative  dello  stesso  imputato  -  che  concorrono  e  si
scontrano con quella alla partecipazione personale - a cominciare dal
cd. diritto all'oblio ed all'interesse a che  l'eventuale  ripristino
della capacita', dopo un lungo  tempo  dal  fatto,  non  comporti  la
celebrazione di  un  processo  ormai  disfunzionale,  per  le  stesse
ragioni che sottendono alla disciplina della prescrizione. 
    Del resto, non v'e' chi non veda  come  tutte  le  altre  ipotesi
enucleate dall'articolo 159 c.p. riguardano  fattispecie  transitorie
destinate ad avere esito in un ragionevole arco di tempo. 
    In particolare, si ricordi che la disposizione  di  cui  all'art.
159 c.p., comma 1, n. 3, cosi' come sostituito dalla legge 5 dicembre
2005, n. 251, art. 6, comma 3,  stabilisce  che  la  prescrizione  e'
sospesa, tra l'altro, in caso di sospensione del procedimento  o  del
processo penale  «per  ragioni  di  impedimento  delle  parti  e  dei
difensori, ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore». La
norma disciplina la durata della sospensione del processo, stabilendo
che, in ipotesi di sospensione del  processo  per  impedimento  delle
parti o dei difensori (e non quindi anche nell'ipotesi di sospensione
a richiesta dell'imputato o del suo difensore,  cfr.  Cass.  Sez.  I.
sentenza n. 5956 del 4 febbraio  2009),  l'udienza  non  puo'  essere
differita oltre il sessantesimo giorno  successivo  alla  prevedibile
cessazione dell'impedimento, ovvero calcolando la  sospensione  della
prescrizione  per  il  solo  tempo  dell'impedimento,  aumentato   di
sessanta giorni. 
    La   funzionalita'   dell'istituto   della   sospensione    della
prescrizione a regolare situazioni transitorie e  comunque  destinate
ad avere una soluzione nell'arco di breve tempo, mette in luce dunque
l'irragionevolezza  dell'applicazione   della   medesima   disciplina
all'ipotesi  in  cui  l'impedimento  sia  legato  ad  un  incapacita'
processuale irreversibile, con conseguente violazione  del  principio
di uguaglianza (art. 3 Cost.) in quanto situazioni del tutto difformi
viene riservato lo stesso trattamento. 
    Appare infatti irragionevole che dalla  condizione  dell'imputato
incapace  in  modo  assolutamente  irreversibile  di  partecipare  al
processo, tanto piu' se per cause fisiologiche,  derivino  le  stesse
conseguenze  giuridiche  previste  dall'ordinamento   nei   casi   di
impedimenti transitori, quali  un  generico  impedimento  cosi'  come
l'incapacita' processuale transitoria e suscettibile di  risoluzione,
accertata ai sensi dell'articolo 70 c.p.p. 
    A cio' si aggiunga che la  stessa  ratio  sottesa  la  disciplina
della sospensione del processo nell'ipotesi di  cui  all'articolo  71
c.p.p., nel caso di incapacita' processuale irreversibile rischia  di
essere frustrata dalle conseguenze della sospensione del corso  della
prescrizione  perche',  nell'eventuale  improbabile  ipotesi  in  cui
incapacita' venga meno, l'imputato si troverebbe comunque costretto a
difendersi nell'ambito di un processo per fatti risalenti nel  tempo,
nel caso in esame a quasi un  ventennio  or  sono,  con  le  evidenti
difficolta' di apprestare un'adeguata strategia difensiva. 
    Deve ribadirsi, come e' noto, che poiche' i casi  di  persistente
incapacita' processuale non hanno di norma sbocchi se non in limitate
ipotesi, tra l'altro  comunque  caratterizzate  da  un  significativo
decorso del tempo idoneo  a  consentire  l'eventuale  modifica  delle
condizioni  dell'interessato   ovvero   delle   conoscenze   mediche,
l'imputato si  troverebbe  nella  condizione  di  essere  eternamente
giudicabile  e  qualora  l'incapacita'  dovesse  finalmente  cessare,
comunque nell'impossibilita' concreta  di  difendersi  adeguatamente,
con conseguente palese violazione del diritto  di  difesa  (art.  24,
comma II, Cost.). 
    Gli ulteriori profili  di  incostituzionalita'  evidenziati  sono
costituiti dalla violazione del principio di ragionevole  durata  del
processo, quale sancito dal novellato art. 111, comma secondo,  Cost.
e comunque tutelato dall'art.  6  della  Convenzione  europea  per  i
diritti dell'uomo e dunque indirettamente dall'art. 117 comma  primo,
Cost. 
    Il sistema costituito dalle citate norme di cui agli articoli 70,
71 e 72 c.p.p. e 159 c.p.  che  impongono,  una  volta  accertata  la
incapacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo a
causa di infermita' mentale,  la  sospensione  del  processo  per  un
periodo indefinito fino a che permanga questa condizione e  di  fatto
fino alla morte del  giudicando,  accertamenti  periodici  semestrali
oltretutto concretamente inutili ed invasivi della sfera del paziente
e del suo diritto all'oblio, in  definitiva  non  sono  sacrifica  il
cosiddetto diritto di  questi  all'oblio,  ma  comporta  altresi'  un
inutile dispendio di energie e risorse dello Stato. 
    Orbene l'articolo 111, com'e' noto, al  comma  secondo,  sancisce
tra gli  altri  anche  il  principio  della  ragionevole  durata  del
processo, rimettendone l'attuazione al legislatore, essendo  pacifico
che  l'attuazione  del  predetto  canone  non  puo'  in  alcun   modo
compromettere   le   garanzie    dell'imputato    e    la    qualita'
dell'accertamento processuale, da bilanciarsi con  gli  altri  valori
primari tutelati dallo stesso articolo della costituzione. 
    Occorre  tenere  presente  che  mentre  la  Convenzione   europea
inserisce la ragionevole durata nel catalogo dei  diritti  soggettivi
immediatamente azionabili, riconosciuti all'imputato, la Costituzione
si limita ad una previsione  di  tipo  oggettivo,  che  tuttavia  non
esclude, ma assorbe la componente  soggettiva,  con  un  rinvio  alla
legge ordinaria quale necessario quid medium. 
    Il rispetto di un termine ragionevole  e'  stato  analizzato  dal
giudice comunitario anzitutto come criterio in base al quale valutare
l'eventuale  violazione  di  alcuni  principi  generali  del  diritto
comunitario, quali - ad  esempio  -  il  principio  di  certezza  del
diritto, di tutela del legittimo affidamento, di tutela  dei  diritti
della difesa, oltre  che  con  riferimento  al  diritto  ad  un  equo
processo. Inoltre,  e'  stato  preso  in  considerazione  anche  come
criterio in base al quale valutare la conformita'  dell'azione  delle
Istituzioni e degli organi  comunitari  alla  buona  amministrazione,
anche alla luce del principio di  proporzionalita'  che  sempre  deve
ispirare l'azione di tutti i  soggetti  tenuti  all'applicazione  del
diritto  comunitario  (ed,   nel   caso   di   specie,   gli   organi
giurisdizionali) (3) . 
    La  norma  della  cui  costituzionalita'  si  dubita,  nella  sua
applicazione al caso in esame,  si  pone  in  contrasto  al  predetto
principio sia nella sua accezione di garanzia oggettiva  relativa  al
buon funzionamento della amministrazione giudiziaria ed  all'esigenza
di evitare la prosecuzione di giudizi  dilatati  nel  tempo,  che  di
garanzia  soggettiva  costituita  dal  diritto,  appunto  soggettivo,
dell'imputato ad essere giudicato in un tempo ragionevole, dunque  in
contrasto  mediato  anche  con  l'articolo  117,  comma  primo  della
Costituzione che  impone  al  legislatore  il  rispetto  dei  vincoli
derivanti   dall'ordinamento    comunitario    e    dagli    obblighi
internazionali. 
    Come si e'  detto  l'assoluta  ed  irreversibile  incapacita'  di
partecipare coscientemente al procedimento del L. e' stata  accertata
con costanza dal perito, sulla base dell'esame del periziando e della
documentazione sanitaria acquisita presso le strutture pubbliche  che
lo hanno in cura, a partire da 14 anni a questa parte e, per di piu',
e' basata su una patologia che determina specifiche lesioni dell'area
cerebrale inequivocabilmente documentate e  documentabili  con  esami
strumentali. 
    Va da ultimo rilevato che non ignora  questo  giudice  come  piu'
volte la Corte costituzionale sia stata investita della questione  di
legittimita' costituzionale relativa ad alcune delle norme richiamate
nel caso in esame, sempre al fine  di  sollecitare  interventi  utili
allo scopo di razionalizzare la disciplina del processo nei  casi  di
incapacita' processuale permanente ed irreversibile dell'imputato. 
    Con sentenza del 28 giugno 1995, n. 281, la Corte  costituzionale
si  e'  espressa   per   la   necessaria   prevalenza   del   diritto
all'autodifesa sul diritto ad essere giudicati e sulle stesse ragioni
di celerita' del processo e di economia delle risorse. 
    D'altra parte la stessa sospensione del termine prescrizionale e'
stata ritenuta confacente al dettato costituzionale, in quanto  utile
a garantire la ripresa del  processo  anche  nei  casi  di  patologie
asseritamente irreversibili, che pero' risultino ad  un  certo  punto
superate, come asserito con l'ordinanza del 4 febbraio 2003,  n.  33,
che si  e'  espressa,  ritenuta  l'inammissibilita'  della  questione
sottoposta, contro l'ipotesi della sentenza di non doversi procedere. 
    Ed anche in tempi relativamente recenti,  con  ordinanza  del  29
marzo 2007, n. 112, la Corte costituzionale - chiamata a risolvere la
questione di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  70  e  71
c.p.p. per contrasto con gli articoli  3,  24,  secondo  comma,  111,
secondo comma, e 112 della Costituzione - ha nuovamente escluso (4) ,
seppur  sotto  diversi  profili,  la   possibilita'   di   introdurre
un'autonoma causa di  improcedibilita',  trattandosi  di  valutazioni
discrezionali comunque rimesse al legislatore. 
    L'ordinanza n. 289 del 4 novembre 2011 - chiamata a  valutare  un
intervento additivo, sempre col sistema della parziale  dichiarazione
di  illegittimita'  costituzionale,  sull'articolo  150  c.p.p.,  che
stabilisce l'estinzione del reato in caso  di  morte  del  reo  -  e'
invece incentrata sul tema della fallibilita'  della  diagnosi  circa
l'irreversibilita'  della  patologia  che  rende   non   comparabili,
nell'ambito del principio di eguaglianza, la posizione  del  morto  e
quella  dell'incapace,  pur  nell'ipotesi  di  asserita   incapacita'
insuperabile. 
    Da ultimo, con la recentissima sentenza n.  23  del  14  febbraio
2013, la Corte costituzionale pur dichiarando inammissibile -  seppur
non manifestamente -  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 159  c.p.  -  relativo  alla  sospensione  del  termine
prescrizionale - sottoposta dal giudice di merito,  ha  formulato  un
aperto monito al legislatore osservando come non sarebbe  tollerabile
l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa  in  ordine  al  grave
problema della imprescrittibilita' del reato nei  casi  di  effettiva
irreversibilita' della condizione patologica che determina  lo  stato
d'incapacita', individuato nella suddetta pronuncia. 
    Orbene, un tempo considerevole e' decorso anche  da  quest'ultima
pronuncia e, a tutt'oggi, non risulta nelle priorita' del legislatore
un intervento nella materia de qua per cui questo giudice, dopo avere
inutilmente tentato la strada del  rinvio  pregiudiziale  alla  Corte
europea di giustizia, ritiene, come gia' il tribunale di  Milano  con
ordinanza  del  21  marzo  2013,  di  dover  sollevare  d'ufficio  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  159  c.p.
sussistendone i presupposti. 
    Per lo stesso complesso di ragioni,  rilevato  che  nel  caso  in
esame non appare  neppure  in  astratto  ipotizzabile,  al  di  fuori
dell'ipotesi della  truffa  processuale  (ma  cio'  evidentemente  e'
possibile anche con riferimento  all'accertamento  del  decesso),  la
fallibilita' della diagnosi circa l'irreversibilita' della patologia,
giacche' oltre che confermata per oltre 10 anni (si rammenti  che  il
perito ha chiaramente indicato  come  nell'attualita',  ed  ormai  da
diversi  anni,  l'imputato  non  abbia  piu'  capacita'  cognitive  o
espressive, si trovi allettato e viva in uno stato  di  limitatissima
coscienza del tutto privo delle funzioni cognitive superiori) in ogni
caso e' inequivocabilmente accertata sulla base di esami strumentali,
esclusa  pertanto  in  radice  la   possibilita'   di   comportamenti
simulatori,  si  ritiene  altresi'  rilevante,  giacche'  l'eventuale
accoglimento comporterebbe la definitiva decisione del caso in esame,
e  non  manifestamente  infondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 150 del codice penale nella parte in cui
non equipara l'assoluta ed irreversibile incapacita' di intendere  di
volere sopravvenuta al  fatto  derivante  da  una  lesione  cerebrale
ingravescente alla morte dell'imputato quale causa di estinzione  del
reato. 
    La  assimilabilita'  sotto   il   profilo   giuridico,   se   non
naturalistico, delle due condizioni, deriva dal  fatto  che  entrambi
gli eventi determinano, in concreto, l'impossibilita'  definitiva  ed
irreversibile dell'imputato di gestire il rapporto  processuale  come
di essere destinatario della sanzione; in tutte e due le ipotesi -  e
non soltanto con riguardo alla morte dell'imputato - l'estinzione del
reato imponendosi anche  quale  diretto  riflesso  del  principio  di
personalita' della responsabilita' penale sancito dall'art. 27, comma
primo, Cost. (5) 
    Del  resto,  e'  di  tutta  evidenza  come  il   trattamento   di
fattispecie simili, quanto meno con riferimento ai concreti effetti -
nei termini di cui si e' detto - sul rapporto processuale, in maniera
difforme   induce   a   dubitare   fortemente   della    legittimita'
costituzionale della norma che cio' dispone per contrasto con  l'art.
3 della Cost. 
    Va da ultimo rilevato infine come non ignora  questo  giudice  il
divieto di pronunzie additive, quale  quella  che  si  sollecita,  in
materia penale, ma che, nel caso in esame, si tratterebbe comunque di
una decisione che  non  andrebbe  ad  incidere  sul  novero  e  sulla
estensione delle condotte di rilievo penale  ed  invece  persegue  un
risultato esclusivamente finalizzato a favorire il reo. 

(1) Di fatto le prime manifestazioni della  patologia  risalivano  al
    settembre  del  2000  quando  attraverso  la  prima   TAC   venne
    evidenziata la presenza di atrofia corticale frontale. 

(2) Alla ripresa del processo successivamente  alla  sospensione  del
    giudizio disposta  in  attesa  della  decisione  delle  questioni
    pregiudiziali sottoposte  alla  Corte  di  giustizia  dell'Unione
    europea, con ordinanza in data 11 aprile 2013. 

(3) Avvocato  generale.  Mengozzi:  16   novembre   2006,   C-523/04,
    Commissione/Paesi Bassi, Racc. p. I-3267, paragrafi 57 a 60. 

(4) Naturalmente in  termini  tecnici  ha  dichiarato  manifestamente
    infondata la questione di legittimita' sottopostale. 

(5) In tal senso  vedi  ordinanza  n.  289  del  2011,  con  limitato
    riferimento all'ipotesi dell'estinzione per morte del reo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e  la  non  manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale 
        dell'articolo  159  c.p.,  nella  parte  in  cui  prevede  la
sospensione del corso della  prescrizione  anche  in  presenza  delle
condizioni di cui agli artt. 71 e 72 c.p.p.,  laddove  sia  accertata
l'incapacita'   di   partecipare   coscientemente   al   procedimento
dell'imputato per  effetto  di  una  patologia  irreversibile  e  non
suscettibile  di  miglioramenti,  per  ritenuto  contrasto  con   gli
articoli 3, 24, secondo comma, 111, primo comma  e  117  primo  comma
della Costituzione, 
        dell'articolo  150  c.p.  nella  parte  in  cui  non  prevede
l'assoluta  ed  irreversibile  incapacita'  di  intendere  di  volere
sopravvenuta  al   fatto   derivante   da   una   lesione   cerebrale
ingravescente quale causa  di  estinzione  del  reato,  per  ritenuto
contrasto con gli articoli 3 e 27, comma primo, della Costituzione, 
        Sospende il presente procedimento a carico di S. A. L. 
    Dispone la trasmissione degli  atti  della  Corte  costituzionale
affinche',   ove   ne   ravvisi   presupposti,   voglia    dichiarare
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 159 c.p.  e  dell'art.  150
c.p. nelle parti indicate. 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente
del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti  delle  due
camere del Parlamento. 
        Cagliari, addi' 10 dicembre 2014. 
 
                          Il giudice: Badas 
 
    Allegato al verbale dell'udienza del 10 dicembre 2014.