N. 147 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 marzo 2015

Ordinanza del 17 marzo 2015 emessa  dalla  Corte  dei  conti  -  Sez.
giurisdizionale per la Regione Marche sul ricorso proposto da  Pagani
Riccardo contro INPS. 
 
Previdenza e assistenza - Cumulo tra pensione e reddito di  lavoro  -
  Applicabilita' del cumulo integrale in caso di cumulo tra  pensione
  privilegiata ordinaria diretta ex art. 67, comma 4, del  d.P.R.  n.
  1092/1973 - Mancata previsione in ragione della equiparazione della
  pensione privilegiata alla pensione di invalidita' - Violazione del
  principio di uguaglianza per ingiustificato  deteriore  trattamento
  del titolare di  pensione  privilegiata  rispetto  al  titolare  di
  pensione di anzianita'. 
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 72, comma 2; decreto-legge  25
  giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella  legge  6
  agosto 2008, n. 133, art. 19. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.33 del 19-8-2015 )
 
                           CORTE DEI CONTI 
                  Sezione Giurisdizionale Regionale 
                            per le Marche 
 
    Nella persona del Giudice Unico nella materia pensionistica Cons.
Giuseppe De Rosa ha pronunciato la seguente, 
 
                              Ordinanza 
 
    sul ricorso iscritto al n. 21743/PM del  Registro  di  Segreteria
presentato il 30 settembre 2014 dal  sig.  Pagani  Riccardo,  nato  a
Premosello Chiovenda  (VB)  il  23  dicembre  1950  ed  elettivamente
domiciliato ad Ancona  in  via  Menicucci  n.  1,  presso  lo  studio
dell'Avvocato Corrado Curzi dai quale e' rappresentato e difeso. 
    Nei confronti dell'INPS, la nota provvedimento n.  121294/FF  del
26  maggio  2014  della  Direzione  Provinciale  di  Ancona  Pensioni
dipendenti PP.AA. 
    Uditi, nella  pubblica  udienza  del  giorno  19  dicembre  2014,
l'Avvocato Corrado Curzi,  per  il  ricorrente,  e  l'Avvocato  Italo
Pierdominici per l'INPS. 
    Visti gli altri atti e documenti tutti di causa. 
 
                                Fatto 
 
    Con il ricorso all'esame il ricorrente - Generale  dell'Arma  dei
Carabinieri  cessato  dal  servizio  con  37   anni   di   anzianita'
contributiva in  data  9  agosto  2000,  per  riforma  conseguente  a
infermita' dipendenti dal servizio (determinanti l'attribuzione della
pensione ordinata privilegiata) - impugnava la nota provvedimento  n.
121294/FF del 26 maggio  2014  dell'INPS,  Direzione  Provinciale  di
Ancona  Pensioni  dipendenti  PP.AA.,   con   la   quale   l'Istituto
previdenziale: 
      accertava un indebito di euro di  199.000,76  relativamente  al
periodo dal 1° gennaio 2001 al 30 giugno 2014, in applicazione  della
sentenza n. 700 del 24 ottobre 2013  della  Sezione  Terza  d'appello
della Corte dei conti, statuente l'applicabilita' della disciplina di
cumulabilita' parziale tra le "pensioni d'anzianita'" e i redditi  da
lavori autonomo (nel caso, percepiti nell'ambito dell'esercizio della
professione forense svolta a far data 27 novembre 2000); 
      disponeva la refusione delle predette somme entro trenta giorni
dal ricevimento della  nota  stessa,  salvo  rateizzazione  -  previa
domanda - valutabile in base a criteri obiettivi di solvibilita'; 
      applicava, con decorrenza dalla rata del mese di  luglio  2014,
sulla pensione n. 16078337:  sia  la  ritenuta  cautelativa  di  euro
375,26 (pari a 1/5 della stessa), sia la ritenuta in via continuativa
per prestazione opera retribuita di euro 1.315,48. 
    Risulta dagli atti che: 
      l'INPDAP, con  nota  prot.  317121/NOV  del  17  ottobre  2004,
accertava nei confronti del ricorrente un debito di euro 5.601,69 per
asserita  incumulabilita'  tra  il   reddito   di   lavoro   autonomo
(professione forense dal 27 novembre 2000, data d'iscrizione all'Albo
degli Avvocati della provincia di Ancona) e la pensione  privilegiata
ordinaria del ricorrente - relativamente al  periodo  dal  1°  luglio
2004 al 30 novembre 2004 - provvedendo pertanto al recupero di  somme
ritenute non spettanti al pensionato; cio' con riferimento ai  limiti
di cumulabilita' parziale dettati dall'art. 59, comma 4, della  legge
n. 449  del  1997:  trattenuta  del  50%  della  quota  eccedente  il
trattamento minimo del Fondo  pensioni  lavoratori  dipendenti,  fino
alla concorrenza  dei  redditi  da  lavoro  autonomo  per  i  periodi
antecedenti  alla  data  del  1°  gennaio  2001  e,  successivamente,
cumulabilita' del trattamento pensionistico nella misura del  70  per
cento, con trattenute in ogni caso non superiori al  valore  pari  al
30% dei redditi da lavoro autonomo; 
      avverso il predetto  provvedimento  di  recupero  l'interessato
presentava  ricorso  innanzi   a   questa   Sezione   giurisdizionale
sostenendo non applicabile, alla pensione di privilegio in  godimento
(qualificata    di    natura    "risarcitoria"),    la     disciplina
dell'incumulabilita'  prevista  per   i   trattamenti   pensionistici
previdenziali e i redditi da lavoro autonomo; 
      con sentenza n. 170  del  18  maggio  2009  di  questa  Sezione
giurisdizionale il ricorso veniva  accolto  affermandosi  estensibile
alle pensioni d'invalidita' la deroga prevista dall'art. 10, comma 8,
del   decreto   legislativo   n.    503    del    1992    (escludente
dall'incumulabilita' predetta le pensioni di vecchiaia); cio' al fine
di  non  penalizzare  chi,  proprio  malgrado  e  contro  la  propria
volonta', costretto a  cessare  anticipatamente  da  un  rapporto  di
lavoro; l'Istituto previdenziale veniva condannato alla  restituzione
delle somme gia' recuperate, maggiorate degli accessori di legge; 
      avverso la sentenza di primo grado proponeva appello  l'INPDAP,
censurando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 59,  della
legge n. 449 del 1997 come modificato dall'art. 72 della legge n. 388
del 2000; 
      nelle more della decisione  d'appello,  in  applicazione  della
sentenza di primo grado, l'Istituto previdenziale restituiva le somme
gia'  recuperate  e  ripristinava  l'erogazione  al  pensionato   del
trattamento di privilegio nell'intero importo; 
      con sentenza n. 700 del  24  ottobre  2013,  la  Sezione  Terza
Centrale  accoglieva  l'impugnazione   dell'Istituto   previdenziale:
"Stante il chiaro  disposto  della  predetta  disposizione  di  legge
(n.d.r.: l'articolo 59, comma 14,  della  legge  n.  449  del  1997),
pertanto,   l'applicabilita'   della   previgente   disciplina   piu'
favorevole e' limitata ai trattamenti gia'  liquidati  alla  data  di
entrata in vigore della norma (1° gennaio 1998)"; 
      l'INPS,  succeduto  all'INPDAP  nell'originario  rapporto   col
pensionato, procedeva all'applicazione della sentenza n. 700  del  24
ottobre 2013  della  Sezione  d'appello  con  la  nota  provvedimento
impugnata col ricorso all'esame. 
    Nell'odierna sede giurisdizionale il ricorrente censurava  ovvero
argomentava che: 
      il giudicato  concernente  la  sentenza  d'appello  piu'  volte
citata afferiva unicamente all'affermata incumulabilita'  sussistente
tra il trattamento pensionistico di privilegio e i redditi da  lavoro
autonomo esclusivamente riferita al periodo dal 1° luglio 2004 al  30
novembre 2004; permaneva pertanto il  giudicato  della  decisione  di
primo  grado  con  riferimento   alle   statuizioni   non   impugnate
concernenti: la ritenuta cautelativa mensile di euro 575,54  (pari  a
1/5 della pensione); la ritenuta continuativa di  euro  1.162,51;  il
cumulo tra pensione privilegiata e reddito da lavoro autonomo per  il
periodo anteriore e successivo a quello dal  1°  luglio  2004  al  30
novembre 2004; 
      risultavano  in  fattispecie  pienamente  cumulabili  tutti   i
redditi in argomento, ai sensi dell'art. 139 del D.P.R. n.  1092  del
1973,  in  ragione  della  natura   "risarcitoria"   della   pensione
privilegiata (n.d.r.: argomentazioni gia' formulate  nell'ambito  del
giudizio esitato con la sentenza n. 170 del 2009 di  questa  Sezione,
al riguardo pertanto richiamata nell'odierno ricorso giurisdizionale,
nonche'  ivi  ulteriormente  sviluppate);  tanto  piu'  che   se   il
ricorrente fosse andato volontariamente in quiescenza  alla  data  di
cessazione  per  inabilita',  avrebbe  avuto  diritto  alla  pensione
ordinaria maturata sulla base di 37 anni di servizio,  in  regime  di
piena cumulabilita' con i redditi professionali; 
      l'art. 19 della legge n. 133 del 2008 aveva abolito il  divieto
di cumulo, con i redditi da lavoro, per  le  pensioni  di  anzianita'
liquidate  con  sistema  di  calcolo  retributivo;  in  proposito  si
motivava per la natura "retributiva" della pensione  privilegiata  in
argomento (commisurata  al  trattamento  ordinario  aumentato  di  un
decimo),  con  la  conseguenza  dell'illegittimita'  delle  richieste
restitutorie relative al periodo dal 1° gennaio 2009 in poi; 
      esclusa in fattispecie la sussistenza d'un giudicato favorevole
all'Istituto  previdenziale  relativo  all'intero  periodo  preso   a
riferimento nell'impugnato atto (dal 1° gennaio  2001  al  30  giugno
2014), non risultava mai pervenuta dall'Istituto previdenziale alcuna
richiesta per la refusione del  debito  relativo  al  periodo  dal  9
agosto 2000 al 1° luglio 2004 nonche' dal  30  novembre  2004  all'11
settembre  2014;  dovendosi  pertanto   applicare   la   prescrizione
quinquennale alle pretese dell'INPS con l'inibizione del recupero per
tutti i ratei eventualmente non spettanti  percepiti  dal  pensionato
anteriormente alla data dell'11 settembre 2009; 
      rilevava  nel  concreto  il  dato  della   provvisorieta'   del
trattamento pensionistico dal 9 agosto 2000 al 30  giugno  2004,  nel
cui arco temporale non veniva  avanzata  dall'Istituto  previdenziale
alcuna richiesta "risarcitoria" (rif.: Corte dei conti, Sezione Lazio
n. 517  del  2012;  in  tema  d'indebito  formatosi  sul  trattamento
pensionistico provvisorio); con la conseguenza della  "illegittimita'
dell'azione   di   recupero   afferente   il   periodo    (2000/2014)
intollerabilmente esteso". 
    Nel ricorso si concludeva: 
      per l'annullamento dei provvedimenti  dell'INPS  disponenti  il
recupero delle  somme  erogate  e  la  ritenuta  provvisoria,  previa
dichiarazione del diritto del ricorrente  al  cumulo  della  pensione
privilegiata ordinaria con il  reddito  da  lavoro  autonomo,  "oltre
interessi legali e rivalutazione  monetaria  dal  di'  della  mancata
erogazione del saldo". 
      Con memoria depositata il  7  ottobre  2014  si  costituiva  in
giudizio l'INPS sostanzialmente argomentando ovvero eccependo  quanto
segue: 
        nel rapporto tra le parti  valeva  il  principio  di  diritto
oggetto del giudicato di cui alla sentenza  n.  700  del  2013  della
Sezione d'appello, secondo  il  quale  al  trattamento  pensionistico
privilegiato del ricorrente andava applicato  l'art.  59,  comma  14,
della legge n. 449 del 1997 successivamente modificato dall'art.  72,
della legge n. 388 del 2000; 
        l'abolizione dei limiti al cumulo tra pensioni e  redditi  ex
articolo 19  della  legge  n.  133  del  2008  non  era  operante  in
fattispecie in relazione alla natura della pensione privilegiata  per
la quale continuava ad applicarsi l'art. 72, comma 2, della legge  n.
388 del 2000. 
    Con memoria depositata il 26 novembre 2014, tra  l'altro,  l'INPS
precisava che: 
      nel caso non si verteva in tema  di  "indebito  pensionistico",
come  erroneamente  sostenuto  nell'ordinanza   n.   55   del   2014,
considerato che nel caso la spettanza delle somme al Pagani era stata
postulata dalla Corte stessa con la sentenza n. 170 del 2009 (n.d.r.:
poi  riformata)  e  che  nella  specie  non  vi  era  stata   erronea
liquidazione della pensione definitiva. 
    L'Istituto previdenziale fondamentalmente concludeva: 
      per la dichiarazione dell'inammissibilita' del gravame  perche'
proposto in difetto di provvedimento amministrativo esecutorio; 
      in via riconvenzionale, per l'accertamento che la  domanda  del
Pagani come  prospettata  introduceva  un  giudizio  di  ottemperanza
avendo a oggetto l'indagine e la richiesta di chiarimenti al  Giudice
sui punti del decisum che presentavano elementi di dubbio  e  di  non
immediata  chiarezza  e,  per   l'effetto,   per   la   dichiarazione
dell'incompetenza della Corte dei conti Sezione  giurisdizionale  per
le Marche, vertendosi in questione  devoluta  alla  Corte  dei  conti
Centrale ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, della legge n.  205  del
2000; 
      in  via  subordinata,  per  il  rigetto  del  ricorso   perche'
infondato in  fatto  e  in  diritto  anche  in  considerazione  della
cognizione limitata a fatti successivi alla formazione del  giudicato
tra le parti, non allegati e non provati dal ricorrente; 
      per la condanna del Pagani al pagamento all'INPS della somma di
euro 199.000,70 oltre interessi di mora al saldo ovvero della diversa
somma di giustizia. 
    Con sentenza non definitiva n. 38 del 19 febbraio 2015 di  questa
Sezione giurisdizionale, rigettate  le  eccezioni  pregiudiziali  e/o
preliminari formulate dall'Istituto previdenziale, si riconosceva  la
legittimita' dell'operato dell'Istituto medesimo quanto al debito del
pensionato  relativo  ai  seguenti  periodi   di   attribuzione   del
trattamento pensionistico per l'intero: 
      dal 9 agosto 2000 al 30 giugno 2004, in applicazione  dell'art.
59, comma 14, della legge n. 449 del 1997 (cfr.  tuttavia  infra,  in
Diritto) e dell'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 secondo
i principi espressi nella sentenza n. 700 del 2013 d'appello; 
      dal 1° luglio 2004 al 30 novembre  2004,  in  applicazione  del
giudicato  concernente  la  precitata  sentenza  n.  700   del   2013
d'appello; 
      dal 1° dicembre 2004 al 31 dicembre 2008 (giorno precedente  il
1° gennaio 2009 d'entrata in vigore dell'art. 19,  del  decreto-legge
n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008; cfr infra) in
applicazione dell'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000. 
    Relativamente al periodo successivo, vale a dire dal  1°  gennaio
2009 al 30 giugno 2014, nella sentenza si poneva quindi la  questione
dell'applicabilita' alla pensione all'esame -  con  riferimento  alla
ritenuta incongrua equivalenza del  trattamento  di  privilegio  alle
pensioni d'invalidita' - dell'art. 19 del decreto-legge  n.  112  del
2008 convertito nella legge n. 133  del  2008  prevedente  il  cumulo
senza ulteriore requisito alcuno, con i redditi da  lavoro  autonomo,
per le pensioni di anzianita' computate nonche' liquidate col sistema
retributivo ovvero misto. 
    In proposito si rinviava a  separata  ordinanza  la  disposizione
della sospensione del giudizio e della  rimessione  degli  atti  alla
Corte  costituzionale  in  relazione  alla  connessa   questione   di
legittimita' costituzionale del combinato disposto degli articoli 72,
comma 2, della legge n. 388 del 2000 e dell'art. 19 del decreto-legge
n. 112 del 2008 convertito nella legge n.  133  del  2008,  d'ufficio
sollevata per ritenuta violazione dell'art. 3 Cost. 
 
                               Diritto 
 
    1.   Il   giudizio   introdotto   col   ricorso   all'esame    ha
fondamentalmente a oggetto  l'esatta  commisurazione  della  pensione
privilegiata del ricorrente con riferimento alle limitazioni  imposte
dalla legge al cumulo dei trattamenti pensionistici con i redditi  da
lavoro autonomo. 
    Cio',  in  particolare,  nella  prospettiva   della   valutazione
dell'operato dell'Istituto previdenziale assoggettante la pensione di
che trattasi  -  qui  si  chiarisce,  attribuita  senza  decurtazione
alcuna, pur a fronte della sussistenza di redditi da lavoro autonomo,
relativamente al complessivo periodo dal 1° gennaio 2001 al 30 giugno
2014 - al correlato recupero di somme. 
    A seguito della sentenza non definitiva n.  38  del  19  febbraio
2015 di questa Sezione giurisdizionale - Dichiarante la  legittimita'
dell'azione di recupero esperita nella sede amministrativa  dall'Ente
previdenziale, relativamente al periodo dal 1°  gennaio  2001  al  31
dicembre 2008 - residua quindi da accertare  l'esatta  commisurazione
della pensione privilegiata ordinaria spettante al ricorrente per  il
periodo dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2014. 
    In sostanza, con riferimento a  detto  periodo,  la  pensione  di
privilegio in argomento: 
      andrebbe decurtata, ove il  trattamento  pensionistico  dovesse
ritenersi soggetto ai limiti parziali di cumulo dettati dall'art. 72,
comma 2, della legge n. 388 del 2000 ("A  decorrere  dal  1°  gennaio
2001 le quote delle pensioni dirette di anzianita', di invalidita'  e
degli assegni diretti  di  invalidita'  a  carico  dell'assicurazione
generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esonerative  della
medesima, eccedenti l'ammontare  del  trattamento  minimo  del  Fondo
pensioni lavoratori dipendenti, sono  cumulabili  con  i  redditi  da
lavoro autonomo nella misura del 70 per cento. Le relative trattenute
non possono, in ogni caso, superare il valore pari al  30  per  cento
dei predetti redditi. Per i trattamenti liquidati in data  precedente
al 1° gennaio 2001 si applica la relativa  previgente  disciplina  se
piu' favorevole."); 
      spetterebbe per l'intero importo, ove  si  ritenesse  nel  caso
all'esame applicabile la norma sopprimente a far data 1° gennaio 2009
i predetti limiti di cumulo (art. 19 del  decreto-legge  n.  112  del
2008 convertito nella legge n. 133 del 2008: "1. A decorrere  dal  1°
gennaio  2009  le   pensioni   dirette   di   anzianita'   a   carico
dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed
esclusive della medesima sono totalmente cumulabili con i redditi  di
lavoro autonomo e dipendente. A decorrere dalla medesima data di  cui
al primo periodo del presente comma sono totalmente cumulabili con  i
redditi  da  lavoro  autonomo  e  dipendente  le   pensioni   dirette
conseguite nel regime contributivo in via anticipata rispetto  ai  65
anni  per  gli  uomini  e  ai  60  anni  per  le   donne   a   carico
dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed
esclusive della medesima  nonche'  della  gestione  separata  di  cui
all'art. 1, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, a condizione
che il soggetto abbia maturato i requisiti di cui all'art. 1, commi 6
e 7, della legge 23 agosto 2004, n. 243 e successive modificazioni  e
integrazioni  fermo  restando  il   regime   delle   decorrenze   dei
trattamenti disciplinato dall'art. 1, comma 6, della  predetta  legge
n. 243 del 2004. Con effetto dalla medesima  data  di  cui  al  primo
periodo del presente  comma  relativamente  alle  pensioni  liquidate
interamente col sistema contributivo: 
        a) sono  interamente  cumulabili  con  i  redditi  da  lavoro
autonomo e dipendente le pensioni di vecchiaia liquidate  a  soggetti
con eta' pari o superiore a 65 anni per gli uomini e 60 anni  per  le
donne. 
    2. I commi 21 e 22 dell'art. 1, della legge  8  agosto  1995,  n.
335, sono soppressi. 
    3. Restano ferme le disposizioni di cui all'art.  4  del  decreto
del Presidente della Repubblica 5 giugno 1965, n. 758."). 
    2. Va innanzitutto precisato che la pensione in argomento  e'  un
trattamento ordinario privilegiato - di quinta categoria di tabella A
(sino al 9 agosto 2004) nonche', successivamente, di quarta categoria
- liquidato con il  sistema  "retributivo  -  misto"  (determinazione
quota A e quota B) sulla base di anni 37 (trentasette) di servizio  a
far data 9 agosto 2000, ai sensi dell'art. 67, comma 4, del D.P.R. n.
1092 del 1973, a  mente  del  quale:  "Qualora  sia  stata  raggiunta
l'anzianita' indicata dal primo comma dell'art. 52 (n.d.r.: anni  15,
di cui anni 12 di servizio effettivo), la  pensione  privilegiata  e'
liquidata  nella  misura  della  pensione  normale  aumentata  di  un
decimo...". 
    La peculiarita' di  detto  trattamento  pensionistico -  trovante
significativo riconoscimento nel precitato D.P.R. n.  1092  del  1973
(di "Approvazione del testo unico  delle  norme  sul  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato") proprio  in
relazione alla problematica dei limiti di cumulo  con  i  redditi  da
lavoro  dipendente  e  autonomo  (rif.:  art.   139:   "La   pensione
privilegiata  o  l'assegno  rinnovabile  sono   cumulabili   con   un
trattamento  di  attivita'  ovvero  altro  trattamento  pensionistico
derivante da un rapporto di servizio diverso da quello  che  ha  dato
luogo alla pensione o all'assegno anzidetti") - e'  stata  del  tutto
disconosciuta dalla sentenza n. 700 del  24  ottobre  2013  d'appello
della Sezione  II  centrale  di  questa  Corte  dei  conti  che,  pur
riportando nelle relative premesse la natura "privilegiata" rivestita
dallo stesso (dall'appellato posta, significativamente, alla base  di
specifiche richieste di conferma della sentenza di primo grado) ne ha
poi  trascurato  ogni   considerazione   giungendo   all'affermazione
dell'applicazione  alla  pensione  medesima  dei  limiti  di   cumulo
previsti per le pensioni d'anzianita' dall'art. 59, comma  14,  della
legge n. 449 del 1997 e modificati dall'art. 72, della  legge  n.  38
del 2000. 
    In effetti, deve qui annotarsi, il Giudice di appello sembrerebbe
avere errato nel ritenere la "pensione privilegiata" di che  trattasi
equiparata,  dalla  normativa  sopra   richiamata,   alla   "pensione
d'anzianita'", laddove i limiti di cumulo in argomento  si  sarebbero
dovuti invece affermare con riferimento all'equiparazione sussistente
- per ragioni  di  coerenza  nonche'  interpretative  basilari  (cfr.
infra) -  tra  la  "pensione  privilegiata"  e   i   trattamenti   di
"invalidita'". 
    Incidentalmente deve comunque  riscontrarsi  che  l'equivoco  nel
quale parrebbe essere concettualmente incorso il Giudice  di  appello
non avrebbe determinato alcuna conseguenza sul piano  pratico,  posto
che  l'art.  59,  comma  14,  della  legge  n.  449   del   1997   ha
sostanzialmente esteso alle pensioni di anzianita' l'identico  regime
previgente per i trattamenti di "invalidita'" (recato  dall'art.  10,
comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  503  del  1992,  sostituito
dall'art. 11, comma 10, della legge n. 537 del 1993). 
    Per la migliore considerazione della fattispecie si riportano, di
seguito, le norme succedutesi nella specifica materia: 
      art. 10, del decreto legislativo n. 503  del  1992  (sostituito
dall'art. 11, comma 10, della legge n. 537 del 1993): "1. A decorrere
dal 1° gennaio 1994 le quote delle pensioni dirette di vecchiaia e di
invalidita'  e  degli  assegni  diretti  di  invalidita'   a   carico
dell'assicurazione  generale  obbligatoria  per   l'invalidita',   la
vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle  forme  di
previdenza esclusive e sostitutive  della  medesima,  delle  gestioni
previdenziali degli artigiani, degli esercenti attivita' commerciali,
dei coltivatori diretti, mezzadri  e  coloni,  eccedenti  l'ammontare
corrispondente al trattamento minimo del  Fondo  pensioni  lavoratori
dipendenti, non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente  e
autonomo nella misura del 50 per cento fino a concorrenza dei redditi
stessi.   (.....)   6.   Le   pensioni   di   anzianita'   a   carico
dell'assicurazione generale dei lavoratori dipendenti e  delle  forme
di essa sostitutive non sono  cumulabili  con  i  redditi  da  lavoro
dipendente nella loro interezza, e con i redditi da  lavoro  autonomo
nella misura per essi prevista al comma 1 ed il loro conseguimento e'
subordinato alla risoluzione del rapporto di lavoro.  (.....)  7.  Le
pensioni e i trattamenti di cui al  comma  6  sono  equiparati,  agli
effetti del presente articolo, alle pensioni di vecchiaia,  quando  i
titolari di esse compiono l'eta' stabilita per  il  pensionamento  di
vecchiaia"; 
      art. 1, commi 189 e 190, della legge n. 662 del 1996: "189. Con
effetto sui trattamenti liquidati dalla data  di  cui  al  comma  185
(n.d.r.: il 30 settembre 1996) le pensioni  di  anzianita'  a  carico
dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti  e
delle forme di essa sostitutive, nonche' i trattamenti anticipati  di
anzianita' delle forme esclusive della medesima, non sono cumulabili,
limitatamente alla  quota  liquidata  col  sistema  retributivo,  con
redditi da lavoro di qualsiasi natura  e  il  loro  conseguimento  e'
subordinato alla risoluzione del rapporto di  lavoro.  Ai  lavoratori
che alla data del 30 settembre 1996 sono titolari di pensione, ovvero
che hanno raggiunto il requisito contributivo di 36 anni o quello  di
35 anni, quest'ultimo unitamente a  quello  anagrafico  di  52  anni,
continuano ad applicarsi  le  disposizioni  di  cui  alla  previgente
normativa. Il regime previgente  continua  ad  applicarsi  anche  nei
confronti di coloro che si pensionano con 40  anni  di  contribuzione
ovvero    con    l'anzianita'    contributiva    massima     prevista
dall'ordinamento di appartenenza per le eccezioni di cui all'art.  10
del D.L. 28 febbraio 1986, n. 49, convertito con modificazioni, dalla
legge 18 aprile 1986,  n.  120.  190.  Con  effetto  sui  trattamenti
liquidati dalla data di entrata in vigore della  presente  legge,  le
pensioni  di  anzianita'   a   carico   dell'assicurazione   generale
obbligatoria dei lavoratori autonomi non sono cumulabili nella misura
del 50 per  cento  con  i  redditi  di  lavoro  autonomo,  fino  alla
concorrenza del reddito stesso. Ai lavoratori che alla  data  del  30
settembre 1996 sono titolari di pensione  ovvero  hanno  maturato  il
requisito contributivo dei 35 anni, unitamente a quello anagrafico di
55  anni,  continuano  a  applicarsi  le  disposizioni  di  cui  alla
previgente normativa"; 
      art. 59, comma 14, della legge n. 449 del 1997: "Le  quote  dei
trattamenti pensionistici di  anzianita'  eccedenti  l'ammontare  del
trattamento corrispondente al trattamento minimo del  Fondo  pensioni
lavoratori dipendenti non sono cumulabili con  i  redditi  da  lavoro
autonomo nella misura del  50%  fino  alla  concorrenza  dei  redditi
stessi. Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1°  gennaio
1998  si  applica  la  relativa   previgente   disciplina   se   piu'
favorevole"; 
      art. 72, della legge n. 388 del 2000: "1. A  decorrere  dal  1°
gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia e  le  pensioni  liquidate  con
anzianita'  contributiva  pari  o  superiore  a  40  anni  a   carico
dell'assicurazione generale obbligatoria e delle  forme  sostitutive,
esclusive  ed  esonerative  della  medesima,   anche   se   liquidate
anteriormente alla data di entrata in vigore  della  presente  legge,
sono interamente cumulabili  con  i  redditi  da  lavoro  autonomo  e
dipendente. 2. A  decorrere  dal  1°  gennaio  2001  le  quote  delle
pensioni dirette  di  anzianita',  di  invalidita'  e  degli  assegni
diretti  di  invalidita'   a   carico   dell'assicurazione   generale
obbligatoria e delle  forme  sostitutive,  esclusive  ed  esonerative
della medesima, eccedenti  l'ammontare  del  trattamento  minimo  del
Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono cumulabili con  i  redditi
da lavoro autonomo  nella  misura  del  70  per  cento.  Le  relative
trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari  al  30
per cento dei redditi. Per i trattamenti liquidati in data precedente
al 1° gennaio 2001 si applica la relativa  previgente  disciplina  se
piu' favorevole". 
    3. Tanto premesso, tenuto  conto  dell'avvenuta  omogeneizzazione
degli ordinamenti pensionistici nei termini siccome  attuati,  dubita
questo    Giudice    unico    della    legittimita'    costituzionale
dell'equiparazione delle pensioni ordinarie privilegiate dirette  con
trattamenti di "invalidita'", comunque denominati, che condurrebbe  a
ritenere non applicabile al caso  all'esame  -  poiche'  dettata  con
riferimento alle pensioni di  anzianita'  e  non  nei  confronti  dei
trattamenti di "invalidita'" - la seguente disposizione: 
      art. 19, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008  convertito
nella legge n. 133 del 2008: "A decorrere  dal  1°  gennaio  2009  le
pensioni  di  anzianita'   a   carico   dell'assicurazione   generale
obbligatoria e delle forme sostitutive ed  esclusive  della  medesima
sono totalmente  cumulabili  con  i  redditi  da  lavoro  autonomo  e
dipendente. 
    [(....) n.d.r: irrilevante, per quanto all'esame,  il  successivo
periodo disciplinante il regime di cumulo delle pensioni  interamente
liquidate col sistema contributivo]". 
    Deve preliminarmente precisarsi che, nel caso, trattandosi di una
pensione privilegiata liquidata - come sopra  precisato  (rif.:  capo
2.) - sulla base di 37 anni di servizio utile, non trova applicazione
il regime di cumulo integrale sancito per le pensioni calcolate sulla
base di almeno 40 anni di servizio (art. 72, della legge n.  388  del
2000: "1. A decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia  e
le pensioni liquidate con anzianita' contributiva pari o superiore  a
40 anni a carico dell'assicurazione  generale  obbligatoria  e  delle
forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, anche  se
liquidate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente
legge, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e
dipendente."). 
    Appare  peraltro  significativo  il   fatto   che   la   pensione
d'invalidita' - non espressamente menzionata dal precitato comma 1  -
risulti   riguardata   dalla   norma   con   riferimento   al    dato
dell'anzianita' contributiva (cfr., il punto 3. della Circolare  INPS
n. 108 del 2008 in tema di "Articolo 19 del decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008,  n.  133.  Abolizione
dei limiti al cumulo tra pensione e redditi di lavoro"), per i motivi
di  successivo  chiarimento  non  tenuto  in  considerazione   alcuna
nell'ambito della specifica vicenda all'esame. 
    Per le argomentazioni sostanzialmente gia' introdotte ai capi che
precedono, ove la pensione ex art. 67, comma 4, del  D.P.R.  n.  1092
del 1973 dovesse ritenersi sussumibile - ai fini  di  che  trattasi -
nell'ambito dei "trattamenti di  invalidita'"  di  cui  all'art.  77,
comma 2, della legge n.  388  del  2000,  la  medesima  non  potrebbe
beneficiare della soppressione dei limiti di cumulo prevista  per  le
sole pensioni d'anzianita', a far data 1° gennaio 2009, dall'articolo
19, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge
n. 133 del 2008. 
    E' appena il caso di precisare che, in fattispecie, si  configura
del tutto irrilevante il dato della non  comparabilita'  dei  diversi
sistemi  pensionistici  considerato  che  sono  proprio  istituti  di
diversi ordinamenti pensionistici che vengono  contemporaneamente  e,
si ritiene, ingiustificatamente riguardati dalla medesima  disciplina
dei limiti di cumulo in argomento. 
    Ulteriormente, deve sottolinearsi  che  nel  caso  all'esame  non
viene in rilievo la posizione del pensionato che continui a  prestare
attivita' lavorativa con quella del  soggetto  il  quale,  con  piena
capacita' di lavoro,  abbia  raggiunto  i  requisiti  assicurativi  e
contribuitivi della pensione di anzianita' - posizioni diverse e  non
comparabili in ragione della tutela previdenziale di  cui  gia'  gode
l'invalido ai sensi dell'articolo  38  Cost.  -  considerato  che  in
questo giudizio non si verte in tema di "conversione" del trattamento
d'invalidita' (conseguito a seguito della cessazione del rapporto  di
lavoro per infermita' senza la maturazione dei requisiti previsti per
il   conseguimento   della   pensione   d'anzianita')   in   pensione
d'anzianita' posto che il ricorrente, a seguito della cessazione  dal
servizio per infermita', aveva gia' maturato  il  requisito  previsto
per la concessione del trattamento d'anzianita' (rif. Tab. "C"  della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, per l'anno 2000 consistente nel  solo
requisito di anzianita' di anni 37; cfr. l'art. 59,  comma  6,  della
legge   medesima)   pertanto   da   ritenersi    sostanzialmente    e
provvisoriamente attribuito, con l'aumento di un  decimo,  a  seguito
del favorevole accertamento medico-legale effettuato sull'istanza  di
concessione del trattamento di privilegio. 
    Al riguardo si  ritiene  di  dover  richiamare  un  caso  analogo
suscettibile di considerazione per l'eclatanza dei sottostanti  fatti
(requisito contributivo non solo maturato,  ma  altresi'  "riscosso";
per la sufficienza della maturazione del requisito pensionistico,  ai
fini di che  trattasi,  si  e'  univocamente  espressa  la  Corte  di
Cassazione con sentenze della Sezione lavoro, tra cui le seguenti: n.
15741 del 2009,  13835  del  2001,  n.  132  del  2000):  quello  del
pensionato che, avendo conseguito i  requisiti  per  la  liquidazione
della pensione d'anzianita', otteneva trattamento  previdenziale  per
l'intero importo e, successivamente, intraprendeva l'esercizio di una
professione;  a  seguito  del  riconoscimento   della   pensione   di
privilegio, l'interessato  veniva  riguardato  dall'azione  dell'Ente
previdenziale di recupero di somme nonostante l'avvenuta  abolizione,
per le pensioni d'anzianita', dei predetti limiti  di  cumulo  (rif.:
Corte dei conti, Sezione Veneto n. 184 del 10 giugno 2013, rigettante
il correlato ricorso). 
    Tutto cio', si constata e si rileva, sulla base della sostanziale
equiparazione della pensione privilegiata ex art. 67,  comma  4,  del
D.P.R. n. 1092 del 1973 alla pensione  di  invalidita'  di  cui  alla
normativa in tema di  limiti  di  cumulo  con  i  redditi  da  lavoro
autonomo. 
    In effetti, costante si manifesta in proposito la  giurisprudenza
della Corte dei conti affermante che le pensione di privilegio  altro
non integrano che - per analogia di "ratio", ai fini delle  normative
in argomento - trattamenti di "invalidita'", piuttosto  che  pensioni
di anzianita' (cfr., sul punto, oltre alla precitata decisione  della
Sezione Veneto: Sezione Emilia Romagna n.  143  del  15  giugno  2012
confermata da Sezione I  d'appello  n.  173  del  19  febbraio  2015;
Sezione Veneto 15 giugno 2010, n. 424). 
    Senonche',  qui  si  rileva,  e'  proprio  la  peculiarita'   dei
trattamenti di "privilegio"  -  in  tal  senso  gia'  precedentemente
riguardati da normativa di favore (l'art. 139, del D.P.R. n. 1092 del
1973), del tutto sconosciuta  nell'ordinamento  "privatistico"  (cfr.
l'art. 20, comma 1, del  D.P.R.  n.  488  del  1968  come  sostituito
dall'art. 20, comma 1,  della  legge  n.  153  del  1969:  "Non  sono
cumulabili nella misura del 50% del loro importo, con la retribuzione
lorda percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze  di
terzi e fino alla concorrenza della  retribuzione  stessa,  le  quote
eccedenti i trattamenti minimi  delle  pensioni  di  vecchiaia  e  di
invalidita' liquidate eccedenti i trattamenti minimi  delle  pensioni
di vecchiaia e di invalidita' liquidate a  carico  dell'assicurazione
generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti
dei lavoratori dipendenti") - che: 
      se, da  un  lato,  ha  potuto  pressoche'  dissolversi  in  una
prospettiva di contenimento della complessiva spesa pensionistica con
la sussunzione, in via interpretativa, della  pensione  in  argomento
nell'ambito delle "pensioni di invalidita'" di cui all'art.  10,  del
decreto legislativo n. 503 del 1992 (come  sostituito  dall'art.  11,
comma 10, della legge n. 537 del 1993) e all'art. 72, comma 2,  della
legge n. 388 del 2000; 
      dall'altro, non  sembra  comunque  poter  assumere  consistenza
deteriore rispetto a  istituti  quale  la  pensione  di  anzianita' -
"avente una finalita' di riconoscimento e di premio nei confronti dei
cittadini che hanno  adempiuto  il  dovere  prescritto  dall'art.  4,
secondo comma, Cost. con una partecipazione  assidua  alle  attivita'
della produzione sociale, durata  almeno  trentacinque  anni"  (rif.:
Corte cost. n. 194 del 1991) - nel momento in cui il  legislatore  ha
ritenuto di poter  progressivamente  abolire  i  predetti  limiti  di
cumulo delle pensioni con i redditi da lavoro autonomo (rif.:  l'art.
44, comma 2, della legge n. 289 del 2002, non applicabile al concreto
caso all'esame in  mancanza  d'una  previa  istanza  e  di  ulteriori
adempimenti da parte del pensionato, e l'art. 19 del decreto-legge n.
112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008). 
    Per tutto quanto sopra esposto e motivato, questo  Giudice  unico
delle pensioni dubita della legittimita' costituzionale del combinato
disposto: 
      dell'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 nella  parte
in cui, con decorrenza dalla data del 1° gennaio 2009, equipara  alla
pensione d'invalidita' quella privilegiata ordinaria diretta ex  art.
67,comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973, conseguita dal  soggetto  in
possesso dei  requisiti  necessari  ai  fini  della  maturazione  del
diritto alla pensione d'anzianita' (nel  concreto  caso,  individuati
dalla tabella "C" della legge 27 dicembre 1997, n. 449); 
      dell'art. 19, del decreto-legge  n.  112  del  2008  convertito
nella legge n. 133 del 2008, nella parte in cui esclude dal beneficio
del cumulo integrale con i redditi da  lavoro  autonomo  la  pensione
privilegiata ordinaria diretta ex art. 67, comma  4,  del  D.P.R.  n.
1092 del 1973, conseguita dal  soggetto  in  possesso  dei  requisiti
necessari  ai  fini  della  maturazione  del  diritto  alla  pensione
d'anzianita' (nel concreto caso, individuati dalla tabella "C"  della
legge 27 dicembre 1997, n. 449). 
    Cio', per contrasto delle precitate norme  con  il  principio  di
uguaglianza prescritto  dall'art.  3  Cost.,  in  ragione  della  non
giustificata  discriminazione  del  pensionato,  ex  militare  ovvero
categoria equiparata, fruente del trattamento pensionistico  previsto
dall'art. 67, comma 4, del D.P.R.  n.  1092  del  1973,  rispetto  al
pensionato in godimento d'una pensione  d'anzianita'  conseguita  con
gli identici requisiti anch'essi maturati, all'atto della  cessazione
del servizio, dal primo pensionato. 
    Tale discriminazione, poi, si configurerebbe  a  maggior  ragione
ingiustificata tenuto conto della natura sostanziale  della  pensione
di privilegio ex art. 67, comma 4, del D.P.R. n. 1092 del 1973. 
    In  diversa  fattispecie,  non  riguardata  dai  precisi  dettati
normativi sopra richiamati - deponenti, in particolare, per la  netta
dicotomia sussistente tra le pensioni di anzianita' e le pensioni  di
invalidata - le Sezioni Riunite della Corte dei  conti,  in  sede  di
risoluzione d'una  questione  di  massima,  hanno  articolatamente  e
sostanzialmente smentito la  valenza  "risarcitoria"  della  pensione
privilegiata ordinaria attribuita ai cc.dd. "decimisti" (rif.:  Corte
dei conti, Sezioni Riunite 17 giugno 2005, n. 2/QM: "..  il  militare
in servizio permanente o continuativo che cessi  dal  servizio  senza
aver conseguito il diritto alla pensione ordinaria,  ma  con  diritto
alla pensione privilegiata prevista dall'art. 67, del D.P.R. n.  1092
del  1973,  non  ha  diritto  alla   costituzione   della   posizione
assicurativa prevista dall'art. 124 dello stesso D.P.R."). 
    La Suprema Corte inoltre, in altra  materia  (quella  fiscale)  -
insuscettibile, pertanto, la relativa giurisprudenza di  legittimita'
di costituire orientamento consolidato con riferimento  alla  vicenda
in argomento - ha inequivocabilmente affermato che detti  trattamenti
di privilegio (pensioni normali aumentate di un decimo) hanno  natura
reddituale di retribuzione differita per prestazioni  di  lavoro  non
assumendo   rilievo,   in   senso   contrario,   la    considerazione
dell'eventuale componente risarcitoria (rif.:, tra  le  altre,  Cass.
Sez. Trib. n. 18852 del 2009, n. 28735 del 2005, n. 17896 del 2002). 
    La disparita' di trattamento rilevata, infine, si  configurerebbe
anche irrazionale sotto il profilo  della  meritevolezza,  posto  che
l'esclusione delle pensioni ordinarie privilegiate ex art. 67,  comma
4, del D.P.R. n. 1092 del 1973 dal beneficio del cumulo integrale con
i redditi da lavoro autonomo colpisce cittadini che  non  solo  hanno
adempiuto al dovere ex art. 4, comma  2,  Cost.  -  identicamente  ai
titolari di pensione d'anzianita' (cfr. Corte cost. n. 194 del  1991,
precit.) - ma che proprio a causa  del  servizio  svolto,  in  favore
dello Stato, hanno subito una menomazione dell'integrita' personale. 
    5. In definitiva, quanto alla rilevanza della sollevata questione
di   legittimita'    costituzionale    nello    specifico    giudizio
pensionistico, depongono i profili normativi, soggettivi, oggettivi e
temporali sopra indicati segnatamente riferiti: 
      all'applicabilita' al concreto trattamento pensionistico, a far
data 1° gennaio 2009, nel senso prospettato,  delle  disposizioni  di
cui all'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000 e  all'art.  19
del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n.  133  del
2008; 
      all'avvenuta determinazione e liquidazione del  trattamento  di
privilegio di che trattasi ai sensi dell'art. 67, comma 4, del D.P.R.
n. 1092 del 1973; 
      al possesso, da parte del ricorrente, alla data della  relativa
cessazione del servizio, dei  requisiti  previsti  per  l'ottenimento
della pensione di anzianita'. 
    Con riferimento all'art. 72, comma 2, della legge n. 388 del 2000
giustificandosi,  in  punto  di  rilevanza,   l'equiparazione   della
pensione ordinaria privilegiata alla pensione d'invalidita'  -  nella
richiamata prospettiva  di  contenimento  della  spesa  pensionistica
(cfr. supra, capo 4.) - sino alla data di entrata in vigore dell'art.
19  del  decreto-legge  n.  112  del  2008;   diversamente,   potendo
l'eventuale  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della
norma riflettersi anche  sull'applicazione  dell'art.  44,  comma  2,
della legge n. 289 del 2002  (fattispecie  estranea  al  giudizio  di
merito, nei termini chiariti al capo 4.). 
    In ordine alla non manifesta infondatezza  della  q.l.c.  che  in
questa sede si solleva, deporrebbero quindi le argomentazioni  svolte
ai capi 3. e 4. che precedono. 
    In punto  di  ammissibilita',  ritiene  questo  Giudice  di  aver
ottemperato al dovere  di  autosufficienza  della  descrizione  della
fattispecie e delle motivazioni -  presumibilmente  non  apodittiche,
carenti, contraddittorie, ipotetiche, eventuali  e/o  implausibili  -
del presente  atto,  nella  prospettiva  sia  della  possibilita'  di
verifica    della    rilevanza    della    sollevata    q.l.c.    sia
dell'individuazione,  con  sufficiente   chiarezza,   delle   censure
formulate alle  disposizioni  precitate  in  relazione  al  parametro
costituito dall'art. 3 Cost. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale  per  le  Marche  con
sede ad Ancona in composizione monocratica, visti  gli  articoli  134
della Costituzione, 1 della legge costituzionale n. 1 del 1984  e  23
della legge n. 87 del 1953: 
      Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  -   per
contrasto con l'articolo  3  Cost.  -  la  prospettata  questione  di
legittimita' costituzionale del combinato disposto degli articoli 72,
comma 2,  della  legge  n.  388  del  2000  e  dell'articolo  19  del
decreto-legge n. 112 del 2008 convertito nella legge n. 133 del 2008; 
      Ordina la trasmissione degli atti  alla  Corte  costituzionale,
con la prova delle notificazioni  e  delle  comunicazioni  prescritte
nell'articolo 23, della legge n. 87 del 1953 (ai sensi degli articoli
1 e 2 del regolamento della  Corte  costituzionale  7  ottobre  2008,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 novembre 2008, n. 261); 
      Che, a cura della Sezione, la presente ordinanza sia notificata
alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
nonche' comunicata, anche via pec, ai  Presidenti  della  Camera  dei
Deputati e del Senato della Repubblica; 
      La conseguente sospensione del giudizio. 
 
        Cosi' deciso ad Ancona, nella Camera di  Consiglio  all'esito
dell'udienza del 19 dicembre 2014. 
 
                      Il Giudice unico: De Rosa