N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 marzo 2015
Ordinanza del 9 marzo 2015 emessa dalla Corte d'appello di Catanzaro nel procedimento civile promosso da Consorzio «Valle Crati» contro Fallimento forni ed impianti industriali ing. De Bartolomeis Spa e Regione Calabria. Arbitrato - Norme della Regione Calabria - Arbitrato sulle controversie relative alla realizzazione di opere pubbliche nel territorio regionale - Composizione del Collegio arbitrale - Omessa previsione della nomina di uno dei componenti da parte dell'ente locale committente, diverso dalla Regione, che sia parte della controversia - Disparita' di trattamento rispetto all'appaltatore privato e alla stessa Regione (autorizzati, rispettivamente, a nominare come arbitri un professionista di propria fiducia e due funzionari regionali) - Violazione del principio di eguaglianza e del diritto alla difesa - Richiamo alla sentenza n. 33 del 1995 della Corte costituzionale. - Legge della Regione Calabria 30 maggio 1983, n. 18, art. 15. - Costituzione, artt. 3, 24, commi primo e secondo, e 117.(GU n.34 del 26-8-2015 )
CORTE D'APPELLO DI CATANZARO I Sezione Civile Composta da: 1) dott. Bruno Arcuri - Presidente 2) dott. Maria Concetta Belcastro - Consigliere 3) dott. Francesca Garofalo - Consigliere rel. Riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile in unico grado n. 13/2007, avente ad oggetto Impugnazione di Lodo Arbitrale - vertente tra Consorzio «Valle Crati», con sede in Rende, via F.lli Bandiera n. 8, in persona del Presidente pro tempore, Mario De Rose, rappresentato e difeso, giusto decreto presidenziale n. 10 del 10 ottobre 2006, dall'avv. Oreste Morcavallo, presso il cui studio in Cosenza, C.so L. Fera n. 23, elettivamente domiciliato, attore, e Fallimento Forni ed Impianti Industriali Ingg. De Bartolomeis S.P.A., in persona del curatore avv. Cesare Pietro Franzi, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dall'avv. Marzia Eoli del foro di Milano, elettivamente domiciliato in Catanzaro, via Buccarelli n. 49, presso lo studio dell'avv. Valerio Zimatore; Regione calabria, in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per procura generale alle liti per notar Rocco Guglielmo da Catanzaro del 16 maggio 2005, n. 122.5251, rep. n. 18.735, dall'avv. Mariano Calogero, come da decreto del Dirigente dell'Avvocatura Regionale, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell'Avvocatura Regionale, convenuto attore in riconvenzionale, Rilevato in fatto Con atto del 15 aprile 2005, ritualmente notificato al Consorzio Valle Crati, e alla Regione Calabria - nonche', anche ai fini delle designazione arbitrali devolute alla loro rispettiva competenza ai sensi dell'articolo 15 della l.r. Calabria n. 18/1983, al Presidente della Corte di Appello di Catanzaro ed al Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria di Catanzaro, il Fallimento Forni ed Impianti Industriali Ing. De Bartolomeis s.p.a., in persona del curatore pro tempore, instaurava controversia arbitrale,- esponendo: che con contratto pubblico del 7 aprile 1983, la Cassa per il Mezzogiorno (CASMEZ), cui era poi subentrata l'AGENSUD (Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno) aveva affidato all'Impresa Forni ed Impianti Industriali ing. De Bartolomeis s.p.a. (SAFII), l'appalto per i «lavori di realizzazione dell'impianto per il trattamento scarichi liquidi ed RSU di Cosenza - Rende»; che, con atto del 13 aprile 1990, i contratti erano stati trasferiti all'AGENSUD, che li aveva, a sua volta, ceduti al Consorzio Valle Crati, con atto n. 343/92 del 23 dicembre 1992; che il Consorzio Valle Crati si era reso inadempiente nei pagamenti degli importi fatturati per gli anni 1989/1996; che la SAFII aveva presentato cauzione per l'importo di lire 370.930.000; che in data 11 luglio 1996 il Tribunale di Milano aveva decretato il fallimento della societa'; che la procedura fallimentare aveva sollecitato il consorzio all'estinzione delle partite debitorie, e stante l'esito negativo, aveva incaricato, dietro autorizzazione del giudice delegato, l'ing. Umberto Gialloreti di avviare le opportune trattative per una transattiva definizione dell'insorgente vertenza, previa ricostruzione contabile delle posizioni; che, informato il consorzio, avevano manifestato la loro adesione a collaborare al tentativo di transazione l'ing. Giampiero Pugliese, all'epoca responsabile della commessa e procuratore del fallito sodalizio, e l'ing. Giorgio Donzella, della Direzione dei Lavori pro tempore; che, in data 5 aprile 2002, era stato presentato un «verbale di ricognizione e determinazione dei crediti», prendendo in esame sia quelli in conto capitale che quegli in conto interessi e rivalutazione monetaria, escludendosi tuttavia le spettanze maturate nei cinque anni precedenti all'ottobre 1997, non risultando atti solenni di costituzione in mora; che, all'esito di tale operazione, l'importo dei crediti del Fallimento era risultato pari globalmente, al netto di IVA, a lire 7.956.827.755 (pari ad € 4.109.358,59); che, in data 11 ottobre 1992, il Presidente del Consorzio Valle Crati, e gli ingegneri summenzionati, si erano riuniti per analizzare le risultanze del predetto verbale; che i rappresentanti del consorzio si erano proposti di ridiscutere la questione nei successivi 20 giorni; che, nonostante il sostanziale riconoscimento del debito, il Consorzio, che pure in piu' occasioni aveva palesato il proposito di onorare i debiti, non aveva poi assolto agli impegni presi; che, all'articolo 11 del contratto di appalto, le parti avevano stabilito di dirimere le controversie tra loro nascenti per l'esecuzione del negozio, mediante ricorso ad un Collegio Arbitrale avente la composizione ex art. 15 della richiamata legge regionale n. 18/1983. Tutto cio' premesso, la Curatela Fallimentare proponeva domanda di arbitrato, indicando quale proprio arbitro il dott. ing. Oreste Viterbo da Busto Arsizio, invitando le autorita' e gli organismi a scegliere gli arbitri di rispettiva pertinenza, sottoponendo al costituendo collegio il quesito relativo alla quantificazione dei crediti secondo quanto gia' previsto nel «verbale di ricognizione e determinazione». Con decreto del 17 maggio 2005, il Presidente del Tar della Calabria di Catanzaro nominava Presidente del Collegio Arbitrale il Cons. Luigi Passanisi; il Presidente della Corte d'Appello di Catanzaro, con decreto del 30 giugno 2005, designava quale arbitro il dott. Michele Amatruda, magistrato di cassazione idoneo alle funzioni direttive superiori collocato in stato di quiescenza. Il Presidente della Giunta Regionale della Calabria, con atto di significazione del 16 settembre 2005, indicava come arbitri l'ing. Domenico Genise, direttore del settore A.A.G.G. del dipartimento lavori pubblici della regione Calabria, e l'avv. Roberta Porcelli, dirigente del settore A.A.G.G. e II del dipartimento della presidenza della regione Calabria. Gli arbitri, in data 7 febbraio 2006, si radunavano in una sala degli uffici direzionali della SACAL S.p.a. di Lamezia Terme, accettavano l'incarico e nominavano il segretario; quindi fissavano la sede del collegio, assegnavano alle parti termini per il deposito di prime memorie e documentazione, nonche' per eventuale precisazione dei quesiti e proposizione di contro-quesiti e repliche, e disponevano la comparizione delle parti, ai fini di un tentativo di conciliazione, per il 6 aprile 2006 (poi spostato al 10 aprile 2006). Prevedevano il provvisorio deposito dei compensi arbitrali. Con apposite memorie, la Regione Calabria resisteva all'avversa domanda formulando una serie di eccezioni preliminari, tra le quali: l'inesistenza materiale e giuridica della clausola compromissoria; la mancata formulazione di domande nei suoi confronti; la carenza della propria legittimazione passiva stante l'intervenuta cessione al Consorzio Valle Crati dei rapporti obbligatori de quibus; l'inapplicabilita' dell'arbitrato a poste di credito extracontrattuali; la rinuncia ex adverso alla clausola compromissoria; il difetto di legittimazione attiva del fallimento; la prescrizione dei presunti crediti. Chiedeva, pertanto, l'estromissione dal giudizio e, in subordine, il rigetto di tutti i quesiti posti dal fallimento. Il Consorzio Valle Crati, a sua volta costituitosi, rilevava: l'inammissibilita' della pretesa di pagamento, per identita' con petitum identico a quello che contraddistingueva analoghe cause pendenti dinanzi alla Corte d'Appello di Roma e al Tribunale di Catanzaro; il difetto della propria legittimazione passiva, riguardando i crediti un periodo antecedente per i quali era tenuta la Regione Calabria; l'infondatezza della domanda avversaria. La Curatela Fallimentare della societa' De Bartolomeis, con memoria integrativa, rinunciava alla parte della domanda afferente al periodo 1989/1991, e riformulava i quesiti, proponendo la domanda nei confronti del consorzio con riferimento alla gestione dei liquami e linea rifiuti e formulando la domanda nei confronti di entrambe le parti convenute per la costruzione dell'impianto RSU (cfr. 2 marzo 2006). Le controparti depositavano le repliche, deducendo anche la novita' e l'inammissibilita' di parte della domanda (cfr. repliche depositate il 21 marzo 2006). Alla seduta del 10 aprile 2006, era esperito un tentativo di conciliazione. Poiche' il Fallimento si dichiara disponibile ad una composizione transattiva della vicenda nella misura del 50% delle domande, la controversia veniva aggiornata al 28 aprile 2006. Nell'adunanza del 28 aprile 2006, il legale del Fallimento depositava schema di «profferta» completo di «nota esplicativa» che aveva anticipatamente notificato ai legali delle altre parti. La Regione Calabria non aderiva alla proposta e il Consorzio Valle Crati, a mezzo del suo difensore, presentava deduzioni scritte, con le quali, eccepiva «la anomala composizione del collegio arbitrale», sul presupposto che esso non annoverava tra i suoi membri un soggetto «legittimato a rappresentare gli interessi del Consorzio Valle Crati». Dette deduzioni venivano ritenute dal Collegio Arbitrale «estranee e inconferenti» sicche' la controversia era rinviata alla seduta del 29 maggio 2006, con assegnazione alle parti di termini per il deposito di memorie illustrative ed eventuali repliche. Con lodo pronunziato il 27 luglio 2006, il Collegio Arbitrale - preso atto della rinuncia all'azione in relazione alla domanda proposta dal Fallimento per la parte relativa alla Gestione Linea Liquami per il periodo intercorrente tra il 1° ottobre 1989 ed il 22 settembre 1991, dichiarava inammissibile la domanda relativa alle somme richieste in riferimento alla «Costruzione dell'impianto RSU» e il non luogo a provvedere nei confronti della Regione Calabria in ordine alla richiesta di svincolo della polizza fideiussoria. Condannava, quindi, il Consorzio Valle Crati al pagamento in favore del Fallimento Forni ed Impianti Industriali Ing. De Bartolomeis S.p.a. dei crediti per le altre causali azionate, complessivamente quantificati in euro 1.897.973,79, oltre interessi legali e moratori, con conseguente ordine di procedere all'immediato svincolo della cauzione prestata dalla SAFII. Con atto di impugnazione lodo, notificato il 29 dicembre 2006, il Consorzio Valle Crati, come legalmente rappresentato, chiedeva la declaratoria di nullita' della decisione arbitrale per i seguenti motivi di diritto: nullita' del lodo per violazione degli artt. 158, c.p.c. e 829, comma 1, n. 2, c.p.c.: irregolare, anomala ed illegittima composizione e/o costituzione del collegio arbitrale; violazione del principio della partecipazione paritaria di tutte le parti alla nomina degli arbitri: in via preliminare, l'ente territoriale consorziato deduceva di non avere potuto nominare un proprio arbitro, e che tanto ledeva fortemente l'inderogabile ed imprescindibile diritto di ciascuna delle parti alla nomina del proprio arbitro. Evidenziava che l'eccezione era ammissibile, ove dedotta nel giudizio arbitrale, e che cio' era stato regolarmente fatto; nullita' del lodo arbitrale per carenza di legittimazione attiva del fallimento; questio de validitatis legis: sempre in relazione alla preliminare eccezione sollevata, il Consorzio Valle Crati evidenziava di essere stato parte nel giudizio arbitrale in forza di clausola contrattuale contenuta nell'originario contratto d'appalto, stipulato tra la S.p.a. Forni ed Impianti Industriali Ing. De Baitolomeis in bonis, e la CASMEZ - alla quale era poi subentrata - per effetto del richiamo effettuato in contratto all'articolo 15 della legge regionale della Calabria del 30 maggio 1983, n. 18. Tale disposizione, prevedeva: «Art. 15 (Collegio arbitrale). - Per le opere ed i lavori pubblici di competenza regionale e degli altri Enti locali, il collegio arbitrale e' cosi' composto: a) un magistrato amministrativo con qualifica non inferiore a consigliere amministrativo regionale, che lo presiede, nominato dal Presidente del Tribunale Amministrativo della Calabria; b) un magistrato giudicante o in quiescenza con qualifica non inferiore a consigliere di Corte d'Appello, nominato dal primo Presidente della Corte di Appello della Calabria; c) un funzionario tecnico ed un funzionario amministrativo della Regione, con qualifica di dirigente, nominati dal Presidente della Giunta regionale; d) un libero professionista, iscritto nel relativo albo professionale, nominato dall'appaltatore. 2. Gli arbitri nominati ai sensi del precedente comma, lettere a), b) e c), continuano nelle loro funzioni anche se cessino dall'ufficio che occupano al momento della nomina o ne assumano uno diverso. 3. Qualora venga a mancare, per qualsiasi causa, nel corso del giudizio arbitrale, qualcuno degli arbitri, si procede alla sostituzione con le norme del precedente primo comma. In aggiunta ai casi d'incompatibilita' previsti dal codice di procedura civile, non possono essere nominati arbitri coloro che abbiano compilato il progetto o dato parere su di esso ovvero diretto, sorvegliato o collaudato i lavori cui si riferiscono le controversie ne' coloro che in qualsiasi modo abbiano espresso un giudizio o parere sulle controversie stesse. 4. Il segretario del collegio arbitrale e' scelto dal collegio stesso tra i funzionari della carriera direttiva amministrativa della Regione.». Tale disposizione, quindi, non prevedeva la possibilita' per l'ente e/o organismo locale pubblico, che divenga parte di un contratto di appalto, di nominare un proprio arbitro, a differenza di quanto invece era consentito all'appaltatore, con grave violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa, artt. 3 e 24 Cost. Rilevava inoltre che la disposizione richiamata violava l'art. 117 della Costituzione, poiche' si era legiferato in una materia che esulava da quella dei lavori pubblici, per sconfinare nella «disciplina della giurisdizione» riservata a legge dello Stato, nonche' l'articolo 102 della Costituzione, poiche' si trattava di un arbitrato solo meramente facoltativo. Evidenziava, infine, che analoga questione era stata sollevata dalla Corte d'Appello di Bari in relazione agli artt. 1 e 61 della legge regionale della Puglia 16 maggio 1985, n. 27, di contenuto analogo, successivamente dichiarata incostituzionale con sentenza Corte costituzionale n. 33 del 1995. Pertanto cosi' concludeva: «Voglia l'Ecc.ma Corte adita, respinta ogni altra difesa, eccezione e deduzione, dichiarare nullo il lodo arbitrale messo in data 29 maggio 2006 come in epigrafe individuato.». Nel merito, chiedeva il rigetto della domanda avanzata dal Fallimento Forni ed Impianti Industriali Ing. De Bartolomeis azionata nei suoi confronti. Quest'ultima si costituiva in giudizio, contestando l'impugnativa e deducendo che il Consorzio Valle Crati aveva sottoscritto la clausola che richiamava la legge regionale, con conseguente sua integrale accettazione e trasformazione dell'arbitrato in arbitrato volontario. Deduceva altresi' che la questione era stata tardivamente posta, poiche' - all'udienza del 28 aprile 2006 - erano gia' scaduti i termini per produrre memorie. Nel merito, contestava l'eccezione di difetto di legittimazione attiva, e proponeva impugnazione incidentale in relazione alla dichiarata inammissibilita' di parte della domanda nei confronti della regione Calabria. Si costituiva altresi' la Regione Calabria, come legalmente rappresentata, contestando l'impugnativa e chiedendone il rigetto per ragioni analoghe a quelle gia' esposte dal fallimento; ribadiva le eccezioni di merito formulate nel corso del giudizio arbitrale (difetto di legittimazione e prescrizione) e proponeva impugnazione incidentale condizionata, per il caso dell'accoglimento di quella principale. Dopo la serie di rinvii, all'udienza del 15 aprile 2014, le parti precisavano le conclusioni, e la causa era trattenuta a sentenza previa concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e delle memorie di replica. Ritenuto in diritto Va, in primo luogo, rammentato che - ricondotto il lodo, come e' costante insegnamento di questa Corte (dalla pronuncia delle S.U. 527/00 alla piu' recente sentenza S.U. 3075/03), nell'ambito di una decisione richiesta per la soluzione della controversia sul piano privatistico - il vizio afferente l'invalida od irregolare costituzione del Collegio puo' essere dedotto non gia' attraverso il richiamo all'art. 158 c.p.c. (pure operato dall'impugnante) ma avvalendosi della ipotesi di nullita' di cui all'art. 829, comma 1 n. 2 c.p.c., tutte le volte in cui si assume che la nomina degli arbitri sia tata effettuata in violazione dei modi e delle forme di cui ai capi primo e secondo del titolo ottavo del libro quarto del c.p.c. Cio' detto, va osservato - a fronte dell'eccezione avanzata dalle parti convenute - che il motivo di nullita' fatto valere dal Consorzio e relativo appunto alla regolare nomina degli arbitri (art. 829 comma primo n. 2 cod. proc. civ.), e' ammissibile, atteso che - per tale ipotesi - l'ammissibilita' dell'impugnazione stessa e' condizionata alla deduzione della relativa nullita' nell'arco dell'intero giudizio arbitrale, senza che possa, conseguentemente, porsi alcuna questione di limiti temporali nell'ambito dello stesso giudizio che non derivi dal necessario rispetto del principio del contraddittorio, restando, per l'effetto, irrilevante che la relativa deduzione sia sollevata non nella prima difesa della parte eccipiente, ma (come nella specie) in una memoria successiva (cfr. per tutte Cass. 2208 2003, ma anche 14588/1999 quale argomento a contrario, atteso che in quella ipotesi l'eccezione era stata avanzata solo in sede di precisazione delle conclusioni). Nel caso di specie, l'eccezione - limitatamente alla disparita' di trattamento e violazione del principio di difesa, e non anche per la asserita obbligatorieta' della clausola arbitrale - e' stata ritualmente sollevata all'udienza del 28 aprile 2006, dopo un rinvio disposto per tentativo di conciliazione, e quindi, comunque, in un momento anteriore all'udienza di discussione della controversia arbitrale. Cio' detto, ritiene il Collegio la necessita' di investire la Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dedotta nei motivi di impugnazione, con particolare riferimento al richiamato art. 15 della legge regionale della Calabria n. 18/1983. Tale norma regionale, nello stabilire che i collegi arbitrali, per la risoluzione delle controversie relative ai lavori pubblici realizzati nel territorio regionale, siano composti da due magistrati, da due funzionari della regione (uno tecnico ed uno amministrativo), nominati dal presidente della regione, e da un libero professionista, nominato dall'appaltatore, determina con tale composizione una evidente disparita' di trattamento tra la posizione dell'ente locale committente, quando esso sia diverso dalla regione, rispetto all'altro contraente che puo' includervi un professionista di propria fiducia. Essendo l'arbitrato un modo di risoluzione di controversie tra i soggetti dell'ordinamento, alternativo alla devoluzione di esse al giudice ordinario su concorde volonta' delle parti, una legge, la quale preveda la composizione del collegio arbitrale per la soluzione di controversie fra un soggetto pubblico ed un privato, non puo' far venir meno la caratteristica fondamentale dell'istituto secondo cui, se e' dato ad una delle parti di designare uno o piu' componenti del collegio che deve decidere la controversia, pari facolta' deve essere concessa all'altra parte. Tale disposizione, appare, infatti, di dubbia compatibilita' con le disposizioni degli artt. 3, 24 della Costituzione, atteso che, secondo dette disposizioni, in ipotesi di arbitrato relativo a opere pubbliche svolte nel territorio regionale che interessi quale parte, un ente territoriale dotato di autonomia locale, quest'ultimo non puo' designare il proprio arbitro, a differenza dell'appaltatore, che a cio' risulta dalla legge espressamente autorizzato. Va al riguardo osservato che il diritto costituzionale di agire o di contraddire in giudizio presuppone un giudice in posizione di assoluta indipendenza («terzieta'») rispetto alle parti in conflitto; che per le controversie svolte in sede di giurisdizione ordinaria detta posizione e' garantita da specifiche disposizioni di legge, mentre per i giudizi arbitrali e' assicurata dalle clausole che se consentono ad una parte di nominare un arbitro analoga facolta' attribuiscono all'altra parte; che la presenza dell'arbitro designato dalla parte e' intesa ad ottenere una piu' completa cognizione della controversia e degli interessi in gioco; che per quanto riguarda la composizione del collegio arbitrale sussiste evidente disparita' tra la posizione del Consorzio - sbilanciato dall'impossibilita' di inserirvi l'arbitro di scelta e nomina proprie - rispetto all'altro contraente, e - nel caso di specie anche rispetto alla stessa regione Calabria - pure convenuta, che ha dedotto il proprio difetto di legittimazione passiva e che pertanto non puo', quale ente sovraordinato, tutelare la posizione del consorzio in contrapposizione alla propria - e che invece possono includervi un professionista di propria fiducia: ne consegue manifestamente la compromissione del diritto alla difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione e del principio di uguaglianza racchiuso nell'art. 3. Va aggiunto che la rilevanza della questione e' evidente, ove si osservi che, la declaratoria di illegittimita' costituzionale, si riverberebbe, evidentemente, sulla validita' del lodo tempestivamente impugnato con motivo ammissibile nei termini sopra precisati; mentre la non manifesta infondatezza appare altresi' lapalissiana, atteso che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima una norma del tutto analoga prevista nella legge regionale della Puglia n. 27 del 1986 (sentenza n. 33/1995).
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ordina la sospensione del giudizio sino all'esito della decisione della Corte costituzionale; Dispone la trasmissione degli atti a detta Corte per la risoluzione delle prospettate questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 15 della legge regionale della Calabria n. 18/1983, in relazione agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 117 della Costituzione; Dispone che l'ordinanza a cura della cancelleria sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Catanzaro nella Camera di Consiglio del 16 febbraio 2015. Il Presidente: Arcuri Il Consigliere relatore: Garofalo