N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 marzo 2015

Ordinanza del 9 marzo 2015 emessa dalla Corte d'appello di  Catanzaro
nel procedimento civile promosso da Consorzio  «Valle  Crati»  contro
Fallimento forni ed impianti industriali ing. De  Bartolomeis  Spa  e
Regione Calabria. 
 
Arbitrato  -  Norme  della  Regione  Calabria   -   Arbitrato   sulle
  controversie relative alla realizzazione  di  opere  pubbliche  nel
  territorio regionale - Composizione del Collegio arbitrale - Omessa
  previsione della nomina di uno dei componenti  da  parte  dell'ente
  locale committente, diverso dalla  Regione,  che  sia  parte  della
  controversia - Disparita' di trattamento  rispetto  all'appaltatore
  privato e alla  stessa  Regione  (autorizzati,  rispettivamente,  a
  nominare come arbitri un professionista di propria  fiducia  e  due
  funzionari regionali) - Violazione del principio di  eguaglianza  e
  del diritto alla difesa - Richiamo alla sentenza  n.  33  del  1995
  della Corte costituzionale. 
- Legge della Regione Calabria 30 maggio 1983, n. 18, art. 15. 
- Costituzione, artt. 3, 24, commi primo e secondo, e 117. 
(GU n.34 del 26-8-2015 )
 
                    CORTE D'APPELLO DI CATANZARO 
                          I Sezione Civile 
 
    Composta da: 
        1) dott. Bruno Arcuri - Presidente 
        2) dott. Maria Concetta Belcastro - Consigliere 
        3) dott. Francesca Garofalo - Consigliere rel. 
    Riunita in camera di consiglio, ha emesso la  seguente  ordinanza
nella causa civile in unico  grado  n.  13/2007,  avente  ad  oggetto
Impugnazione di Lodo Arbitrale - vertente tra 
    Consorzio «Valle Crati», con sede in Rende, via F.lli Bandiera n.
8,  in  persona  del  Presidente  pro   tempore,   Mario   De   Rose,
rappresentato e difeso, giusto decreto presidenziale  n.  10  del  10
ottobre 2006, dall'avv. Oreste Morcavallo, presso il  cui  studio  in
Cosenza, C.so L. Fera n. 23, elettivamente domiciliato, attore, e 
    Fallimento Forni ed Impianti  Industriali  Ingg.  De  Bartolomeis
S.P.A., in persona del curatore avv.  Cesare  Pietro  Franzi,  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso  dall'avv.  Marzia
Eoli del foro di Milano, elettivamente domiciliato in Catanzaro,  via
Buccarelli n. 49, presso lo studio dell'avv. Valerio Zimatore; 
    Regione calabria, in persona del Presidente legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa per procura  generale  alle  liti
per notar Rocco  Guglielmo  da  Catanzaro  del  16  maggio  2005,  n.
122.5251, rep. n. 18.735, dall'avv. Mariano Calogero, come da decreto
del Dirigente dell'Avvocatura  Regionale,  elettivamente  domiciliato
presso gli uffici  dell'Avvocatura  Regionale,  convenuto  attore  in
riconvenzionale, 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    Con atto del 15 aprile 2005, ritualmente notificato al  Consorzio
Valle Crati, e alla Regione Calabria - nonche', anche ai  fini  delle
designazione arbitrali devolute alla loro  rispettiva  competenza  ai
sensi dell'articolo 15 della l.r. Calabria n. 18/1983, al  Presidente
della Corte di Appello di Catanzaro ed al  Presidente  del  Tribunale
Amministrativo Regionale della Calabria di Catanzaro,  il  Fallimento
Forni ed Impianti Industriali Ing. De Bartolomeis s.p.a., in  persona
del  curatore  pro  tempore,  instaurava   controversia   arbitrale,-
esponendo: 
        che con contratto pubblico del 7 aprile 1983, la Cassa per il
Mezzogiorno (CASMEZ), cui era poi subentrata l'AGENSUD  (Agenzia  per
la  Promozione  dello  Sviluppo  del  Mezzogiorno)   aveva   affidato
all'Impresa Forni ed Impianti Industriali ing. De Bartolomeis  s.p.a.
(SAFII), l'appalto per i «lavori di realizzazione  dell'impianto  per
il trattamento scarichi liquidi ed RSU di Cosenza - Rende»; 
        che, con atto del 13 aprile 1990,  i  contratti  erano  stati
trasferiti  all'AGENSUD,  che  li  aveva,  a  sua  volta,  ceduti  al
Consorzio Valle Crati, con atto n. 343/92 del 23 dicembre 1992; 
        che il Consorzio Valle Crati si  era  reso  inadempiente  nei
pagamenti degli importi fatturati per gli anni 1989/1996; 
        che la SAFII aveva presentato cauzione per l'importo di  lire
370.930.000; 
        che in data 11 luglio  1996  il  Tribunale  di  Milano  aveva
decretato il fallimento della societa'; 
        che la procedura fallimentare aveva sollecitato il  consorzio
all'estinzione delle partite debitorie, e  stante  l'esito  negativo,
aveva incaricato, dietro autorizzazione del giudice delegato,  l'ing.
Umberto  Gialloreti  di  avviare  le  opportune  trattative  per  una
transattiva    definizione    dell'insorgente    vertenza,     previa
ricostruzione contabile delle posizioni; 
        che, informato il  consorzio,  avevano  manifestato  la  loro
adesione a collaborare al tentativo di transazione  l'ing.  Giampiero
Pugliese, all'epoca responsabile della  commessa  e  procuratore  del
fallito sodalizio, e l'ing. Giorgio  Donzella,  della  Direzione  dei
Lavori pro tempore; 
        che, in data 5 aprile 2002, era stato presentato un  «verbale
di ricognizione e determinazione dei crediti», prendendo in esame sia
quelli  in  conto  capitale  che  quegli   in   conto   interessi   e
rivalutazione monetaria, escludendosi tuttavia le spettanze  maturate
nei cinque anni precedenti  all'ottobre  1997,  non  risultando  atti
solenni di costituzione in mora; 
        che, all'esito di tale operazione, l'importo dei crediti  del
Fallimento era risultato pari globalmente, al netto di  IVA,  a  lire
7.956.827.755 (pari ad € 4.109.358,59); 
        che, in data 11 ottobre 1992,  il  Presidente  del  Consorzio
Valle Crati, e gli ingegneri  summenzionati,  si  erano  riuniti  per
analizzare le risultanze del predetto verbale; 
        che i rappresentanti  del  consorzio  si  erano  proposti  di
ridiscutere la questione nei successivi 20 giorni; 
        che, nonostante il sostanziale riconoscimento del debito,  il
Consorzio, che pure in piu' occasioni aveva palesato il proposito  di
onorare i debiti, non aveva poi assolto agli impegni presi; 
        che, all'articolo 11  del  contratto  di  appalto,  le  parti
avevano stabilito di dirimere le controversie tra loro  nascenti  per
l'esecuzione del negozio, mediante ricorso ad un  Collegio  Arbitrale
avente la composizione ex art. 15 della richiamata legge regionale n.
18/1983. 
    Tutto cio' premesso, la Curatela Fallimentare  proponeva  domanda
di arbitrato, indicando quale proprio arbitro il  dott.  ing.  Oreste
Viterbo da Busto Arsizio, invitando le autorita' e  gli  organismi  a
scegliere gli  arbitri  di  rispettiva  pertinenza,  sottoponendo  al
costituendo collegio il quesito  relativo  alla  quantificazione  dei
crediti secondo quanto gia' previsto nel «verbale di  ricognizione  e
determinazione». 
    Con decreto del 17 maggio  2005,  il  Presidente  del  Tar  della
Calabria di Catanzaro nominava Presidente del Collegio  Arbitrale  il
Cons.  Luigi  Passanisi;  il  Presidente  della  Corte  d'Appello  di
Catanzaro, con decreto del 30 giugno 2005, designava quale arbitro il
dott. Michele Amatruda, magistrato di cassazione idoneo alle funzioni
direttive superiori collocato in stato di quiescenza.  Il  Presidente
della Giunta Regionale della Calabria, con atto di significazione del
16 settembre 2005, indicava  come  arbitri  l'ing.  Domenico  Genise,
direttore del settore A.A.G.G. del dipartimento lavori pubblici della
regione Calabria, e l'avv. Roberta Porcelli,  dirigente  del  settore
A.A.G.G.  e  II  del  dipartimento  della  presidenza  della  regione
Calabria. 
    Gli arbitri, in data 7 febbraio 2006, si radunavano in  una  sala
degli  uffici  direzionali  della  SACAL  S.p.a.  di  Lamezia  Terme,
accettavano l'incarico e nominavano il segretario;  quindi  fissavano
la sede del collegio, assegnavano alle parti termini per il  deposito
di prime memorie e documentazione, nonche' per eventuale precisazione
dei  quesiti  e  proposizione  di  contro-quesiti   e   repliche,   e
disponevano la comparizione delle parti, ai fini di un  tentativo  di
conciliazione, per il 6 aprile 2006 (poi spostato al 10 aprile 2006).
Prevedevano il provvisorio deposito dei compensi arbitrali. 
    Con apposite memorie, la Regione Calabria  resisteva  all'avversa
domanda formulando una serie di eccezioni preliminari, tra le  quali:
l'inesistenza materiale e giuridica della clausola compromissoria; la
mancata formulazione di domande nei suoi confronti; la carenza  della
propria  legittimazione  passiva  stante  l'intervenuta  cessione  al
Consorzio  Valle  Crati   dei   rapporti   obbligatori   de   quibus;
l'inapplicabilita'    dell'arbitrato    a    poste     di     credito
extracontrattuali;   la   rinuncia   ex   adverso    alla    clausola
compromissoria; il difetto di legittimazione attiva  del  fallimento;
la   prescrizione   dei   presunti   crediti.   Chiedeva,   pertanto,
l'estromissione dal giudizio e, in subordine, il rigetto di  tutti  i
quesiti posti dal fallimento. 
    Il Consorzio Valle Crati, a  sua  volta  costituitosi,  rilevava:
l'inammissibilita' della pretesa  di  pagamento,  per  identita'  con
petitum identico  a  quello  che  contraddistingueva  analoghe  cause
pendenti dinanzi alla Corte d'Appello  di  Roma  e  al  Tribunale  di
Catanzaro;  il  difetto   della   propria   legittimazione   passiva,
riguardando i crediti un periodo antecedente per i quali  era  tenuta
la Regione Calabria; l'infondatezza della domanda avversaria. 
    La Curatela  Fallimentare  della  societa'  De  Bartolomeis,  con
memoria integrativa, rinunciava alla parte della domanda afferente al
periodo 1989/1991, e riformulava i quesiti, proponendo la domanda nei
confronti del consorzio con riferimento alla gestione dei  liquami  e
linea rifiuti e formulando la domanda nei confronti  di  entrambe  le
parti convenute per la costruzione dell'impianto RSU  (cfr.  2  marzo
2006). 
    Le controparti  depositavano  le  repliche,  deducendo  anche  la
novita' e l'inammissibilita' di parte della  domanda  (cfr.  repliche
depositate il 21 marzo 2006). 
    Alla seduta del 10 aprile 2006,  era  esperito  un  tentativo  di
conciliazione. 
    Poiche' il Fallimento si dichiara disponibile ad una composizione
transattiva della vicenda nella misura  del  50%  delle  domande,  la
controversia veniva aggiornata al 28 aprile 2006. 
    Nell'adunanza del  28  aprile  2006,  il  legale  del  Fallimento
depositava schema di «profferta» completo di «nota  esplicativa»  che
aveva anticipatamente notificato ai legali delle altre parti. 
    La Regione Calabria non aderiva  alla  proposta  e  il  Consorzio
Valle Crati, a mezzo del suo difensore, presentava deduzioni scritte,
con  le  quali,  eccepiva  «la  anomala  composizione  del   collegio
arbitrale», sul presupposto che esso non annoverava tra i suoi membri
un soggetto «legittimato a rappresentare gli interessi del  Consorzio
Valle Crati». 
    Dette  deduzioni  venivano  ritenute   dal   Collegio   Arbitrale
«estranee e inconferenti» sicche' la controversia era  rinviata  alla
seduta del 29 maggio 2006, con assegnazione alle parti di termini per
il deposito di memorie illustrative ed eventuali repliche. 
    Con lodo pronunziato il 27 luglio 2006, il Collegio  Arbitrale  -
preso atto  della  rinuncia  all'azione  in  relazione  alla  domanda
proposta dal Fallimento per la parte  relativa  alla  Gestione  Linea
Liquami per il periodo intercorrente tra il 1° ottobre 1989 ed il  22
settembre 1991, dichiarava inammissibile  la  domanda  relativa  alle
somme richieste in riferimento alla «Costruzione dell'impianto RSU» e
il non luogo a provvedere nei confronti  della  Regione  Calabria  in
ordine  alla  richiesta  di  svincolo  della  polizza   fideiussoria.
Condannava, quindi, il Consorzio Valle Crati al pagamento  in  favore
del Fallimento Forni ed  Impianti  Industriali  Ing.  De  Bartolomeis
S.p.a. dei crediti per le altre  causali  azionate,  complessivamente
quantificati in euro 1.897.973,79, oltre interessi legali e moratori,
con conseguente ordine  di  procedere  all'immediato  svincolo  della
cauzione prestata dalla SAFII. 
    Con atto di impugnazione lodo, notificato il 29 dicembre 2006, il
Consorzio Valle Crati, come  legalmente  rappresentato,  chiedeva  la
declaratoria di nullita' della decisione  arbitrale  per  i  seguenti
motivi di diritto: 
        nullita' del lodo per violazione degli artt.  158,  c.p.c.  e
829, comma 1,  n.  2,  c.p.c.:  irregolare,  anomala  ed  illegittima
composizione e/o costituzione del collegio arbitrale; violazione  del
principio della partecipazione  paritaria  di  tutte  le  parti  alla
nomina  degli  arbitri:  in  via  preliminare,  l'ente   territoriale
consorziato deduceva di non avere potuto nominare un proprio arbitro,
e che  tanto  ledeva  fortemente  l'inderogabile  ed  imprescindibile
diritto di ciascuna delle parti  alla  nomina  del  proprio  arbitro.
Evidenziava che l'eccezione era ammissibile, ove dedotta nel giudizio
arbitrale, e che cio' era stato regolarmente fatto; 
        nullita' del lodo arbitrale  per  carenza  di  legittimazione
attiva del fallimento; 
        questio  de  validitatis  legis:  sempre  in  relazione  alla
preliminare eccezione sollevata, il Consorzio Valle Crati evidenziava
di essere stato parte nel giudizio arbitrale  in  forza  di  clausola
contrattuale contenuta nell'originario contratto d'appalto, stipulato
tra la S.p.a. Forni ed Impianti Industriali Ing.  De  Baitolomeis  in
bonis, e la CASMEZ - alla quale era poi subentrata - per effetto  del
richiamo  effettuato  in  contratto  all'articolo  15   della   legge
regionale  della  Calabria  del  30  maggio   1983,   n.   18.   Tale
disposizione, prevedeva: «Art. 15  (Collegio  arbitrale).  -  Per  le
opere ed i lavori pubblici di competenza regionale e degli altri Enti
locali, il collegio arbitrale e' cosi'  composto:  a)  un  magistrato
amministrativo   con   qualifica   non   inferiore   a    consigliere
amministrativo regionale, che lo presiede,  nominato  dal  Presidente
del  Tribunale  Amministrativo  della  Calabria;  b)  un   magistrato
giudicante o in quiescenza con qualifica non inferiore a  consigliere
di Corte d'Appello, nominato dal  primo  Presidente  della  Corte  di
Appello della Calabria; c) un funzionario tecnico ed  un  funzionario
amministrativo della Regione, con qualifica  di  dirigente,  nominati
dal Presidente della Giunta regionale; d) un  libero  professionista,
iscritto nel relativo albo professionale, nominato  dall'appaltatore.
2. Gli arbitri nominati ai sensi del precedente comma, lettere a), b)
e c), continuano nelle loro funzioni anche  se  cessino  dall'ufficio
che occupano al momento della nomina o ne assumano  uno  diverso.  3.
Qualora venga a mancare, per qualsiasi causa, nel corso del  giudizio
arbitrale, qualcuno degli arbitri, si procede alla  sostituzione  con
le  norme  del  precedente  primo  comma.   In   aggiunta   ai   casi
d'incompatibilita' previsti  dal  codice  di  procedura  civile,  non
possono essere nominati  arbitri  coloro  che  abbiano  compilato  il
progetto o dato parere su  di  esso  ovvero  diretto,  sorvegliato  o
collaudato i lavori cui si riferiscono le controversie ne' coloro che
in qualsiasi  modo  abbiano  espresso  un  giudizio  o  parere  sulle
controversie stesse. 4.  Il  segretario  del  collegio  arbitrale  e'
scelto dal collegio stesso tra i funzionari della carriera  direttiva
amministrativa della Regione.». 
    Tale disposizione, quindi,  non  prevedeva  la  possibilita'  per
l'ente e/o  organismo  locale  pubblico,  che  divenga  parte  di  un
contratto di appalto, di nominare un proprio arbitro, a differenza di
quanto invece era consentito all'appaltatore,  con  grave  violazione
del principio di uguaglianza e del diritto di difesa, artt.  3  e  24
Cost. 
    Rilevava inoltre che la disposizione  richiamata  violava  l'art.
117 della Costituzione, poiche' si era legiferato in una materia  che
esulava  da  quella  dei  lavori  pubblici,  per   sconfinare   nella
«disciplina della  giurisdizione»  riservata  a  legge  dello  Stato,
nonche' l'articolo 102 della Costituzione, poiche' si trattava di  un
arbitrato solo meramente facoltativo. 
    Evidenziava, infine, che analoga questione  era  stata  sollevata
dalla Corte d'Appello di Bari in relazione agli artt. 1  e  61  della
legge regionale della Puglia 16 maggio  1985,  n.  27,  di  contenuto
analogo, successivamente  dichiarata  incostituzionale  con  sentenza
Corte costituzionale n. 33 del 1995. 
    Pertanto cosi' concludeva: 
        «Voglia l'Ecc.ma Corte adita,  respinta  ogni  altra  difesa,
eccezione e deduzione, dichiarare nullo il lodo  arbitrale  messo  in
data 29 maggio 2006 come in epigrafe individuato.». 
    Nel merito,  chiedeva  il  rigetto  della  domanda  avanzata  dal
Fallimento Forni ed Impianti Industriali Ing. De Bartolomeis azionata
nei suoi confronti. 
    Quest'ultima si costituiva in giudizio, contestando l'impugnativa
e deducendo che  il  Consorzio  Valle  Crati  aveva  sottoscritto  la
clausola che richiamava  la  legge  regionale,  con  conseguente  sua
integrale accettazione e trasformazione dell'arbitrato  in  arbitrato
volontario. 
    Deduceva altresi' che la questione era stata tardivamente  posta,
poiche' - all'udienza del 28 aprile  2006  -  erano  gia'  scaduti  i
termini per produrre memorie. 
    Nel merito, contestava l'eccezione di difetto  di  legittimazione
attiva,  e  proponeva  impugnazione  incidentale  in  relazione  alla
dichiarata inammissibilita' di  parte  della  domanda  nei  confronti
della regione Calabria. 
    Si costituiva  altresi'  la  Regione  Calabria,  come  legalmente
rappresentata, contestando l'impugnativa e chiedendone il rigetto per
ragioni analoghe a quelle gia' esposte dal  fallimento;  ribadiva  le
eccezioni di  merito  formulate  nel  corso  del  giudizio  arbitrale
(difetto di legittimazione e prescrizione) e  proponeva  impugnazione
incidentale condizionata, per il  caso  dell'accoglimento  di  quella
principale. 
    Dopo la serie di rinvii, all'udienza del 15 aprile 2014, le parti
precisavano le conclusioni, e la  causa  era  trattenuta  a  sentenza
previa concessione dei termini di legge per il deposito  di  comparse
conclusionali e delle memorie di replica. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    Va, in primo luogo, rammentato che - ricondotto il lodo, come  e'
costante insegnamento di questa Corte  (dalla  pronuncia  delle  S.U.
527/00 alla piu' recente sentenza S.U. 3075/03), nell'ambito  di  una
decisione richiesta per la soluzione  della  controversia  sul  piano
privatistico  -  il  vizio   afferente   l'invalida   od   irregolare
costituzione del Collegio puo' essere dedotto non gia' attraverso  il
richiamo  all'art.  158  c.p.c.  (pure  operato  dall'impugnante)  ma
avvalendosi della ipotesi di nullita' di cui all'art. 829, comma 1 n.
2 c.p.c., tutte le volte in cui si assume che la nomina degli arbitri
sia tata effettuata in violazione dei modi e delle forme  di  cui  ai
capi primo e secondo del titolo ottavo del libro quarto del c.p.c. 
    Cio' detto, va osservato - a fronte dell'eccezione avanzata dalle
parti convenute  -  che  il  motivo  di  nullita'  fatto  valere  dal
Consorzio e relativo appunto alla regolare nomina degli arbitri (art.
829 comma primo n. 2 cod. proc. civ.), e' ammissibile, atteso  che  -
per tale  ipotesi  -  l'ammissibilita'  dell'impugnazione  stessa  e'
condizionata  alla  deduzione  della  relativa   nullita'   nell'arco
dell'intero giudizio arbitrale, senza  che  possa,  conseguentemente,
porsi alcuna questione di limiti temporali nell'ambito  dello  stesso
giudizio che non derivi dal necessario  rispetto  del  principio  del
contraddittorio, restando, per l'effetto, irrilevante che la relativa
deduzione  sia  sollevata  non  nella  prima   difesa   della   parte
eccipiente, ma (come nella specie) in una  memoria  successiva  (cfr.
per tutte Cass. 2208 2003, ma  anche  14588/1999  quale  argomento  a
contrario,  atteso  che  in  quella  ipotesi  l'eccezione  era  stata
avanzata solo in sede di precisazione delle conclusioni). 
    Nel caso di specie, l'eccezione - limitatamente  alla  disparita'
di trattamento e violazione del principio di difesa, e non anche  per
la asserita obbligatorieta'  della  clausola  arbitrale  -  e'  stata
ritualmente sollevata all'udienza del 28 aprile 2006, dopo un  rinvio
disposto per tentativo di conciliazione, e quindi,  comunque,  in  un
momento  anteriore  all'udienza  di  discussione  della  controversia
arbitrale. 
    Cio' detto, ritiene il Collegio la  necessita'  di  investire  la
Corte costituzionale della questione di  legittimita'  costituzionale
dedotta nei motivi di impugnazione, con  particolare  riferimento  al
richiamato art. 15 della legge regionale della Calabria n. 18/1983. 
    Tale norma regionale, nello stabilire che  i  collegi  arbitrali,
per la risoluzione delle controversie  relative  ai  lavori  pubblici
realizzati  nel  territorio  regionale,   siano   composti   da   due
magistrati, da due funzionari  della  regione  (uno  tecnico  ed  uno
amministrativo), nominati dal  presidente  della  regione,  e  da  un
libero professionista, nominato dall'appaltatore, determina con  tale
composizione una evidente disparita' di trattamento tra la  posizione
dell'ente locale committente, quando esso sia diverso dalla  regione,
rispetto all'altro contraente che puo' includervi  un  professionista
di propria fiducia. 
    Essendo l'arbitrato un modo di risoluzione di controversie tra  i
soggetti dell'ordinamento, alternativo alla devoluzione  di  esse  al
giudice ordinario su concorde volonta' delle  parti,  una  legge,  la
quale preveda la composizione del collegio arbitrale per la soluzione
di controversie fra un soggetto pubblico ed un privato, non puo'  far
venir meno la caratteristica fondamentale dell'istituto secondo  cui,
se e' dato ad una delle parti di designare uno o piu' componenti  del
collegio che deve decidere la controversia, pari facolta' deve essere
concessa all'altra parte. 
    Tale disposizione, appare, infatti, di dubbia compatibilita'  con
le disposizioni degli artt. 3, 24  della  Costituzione,  atteso  che,
secondo dette disposizioni, in ipotesi di arbitrato relativo a  opere
pubbliche svolte nel territorio regionale che interessi quale  parte,
un ente territoriale dotato di  autonomia  locale,  quest'ultimo  non
puo' designare il proprio arbitro, a differenza dell'appaltatore, che
a cio' risulta dalla legge espressamente autorizzato. 
    Va al riguardo osservato che il diritto costituzionale di agire o
di contraddire in giudizio presuppone  un  giudice  in  posizione  di
assoluta indipendenza («terzieta'») rispetto alle parti in conflitto;
che per le controversie svolte in  sede  di  giurisdizione  ordinaria
detta posizione e' garantita da  specifiche  disposizioni  di  legge,
mentre per i giudizi arbitrali e' assicurata dalle  clausole  che  se
consentono ad una parte  di  nominare  un  arbitro  analoga  facolta'
attribuiscono all'altra parte; che la presenza dell'arbitro designato
dalla parte e' intesa ad ottenere una piu' completa cognizione  della
controversia e degli interessi in gioco; che per quanto  riguarda  la
composizione del collegio arbitrale sussiste evidente disparita'  tra
la posizione  del  Consorzio  -  sbilanciato  dall'impossibilita'  di
inserirvi l'arbitro di scelta e nomina proprie -  rispetto  all'altro
contraente, e - nel caso di specie anche rispetto alla stessa regione
Calabria - pure convenuta, che  ha  dedotto  il  proprio  difetto  di
legittimazione  passiva  e  che  pertanto  non   puo',   quale   ente
sovraordinato,   tutelare   la    posizione    del    consorzio    in
contrapposizione alla propria - e che invece  possono  includervi  un
professionista di propria  fiducia:  ne  consegue  manifestamente  la
compromissione del diritto alla difesa garantito dall'art.  24  della
Costituzione e del principio di uguaglianza racchiuso nell'art. 3. 
    Va aggiunto che la rilevanza della questione e' evidente, ove  si
osservi che, la declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale,  si
riverberebbe, evidentemente, sulla validita' del lodo tempestivamente
impugnato con motivo ammissibile nei termini sopra precisati;  mentre
la non manifesta infondatezza appare  altresi'  lapalissiana,  atteso
che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima una  norma  del
tutto analoga prevista nella legge regionale della Puglia n.  27  del
1986 (sentenza n. 33/1995). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ordina la sospensione del giudizio sino all'esito della decisione
della Corte costituzionale; 
    Dispone  la  trasmissione  degli  atti  a  detta  Corte  per   la
risoluzione   delle    prospettate    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 15 della legge regionale della  Calabria  n.
18/1983, in relazione agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e  117
della Costituzione; 
    Dispone che l'ordinanza a cura della cancelleria  sia  notificata
alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri  e  che
sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso in  Catanzaro  nella  Camera  di  Consiglio  del  16
febbraio 2015. 
 
                        Il Presidente: Arcuri 
 
 
                                    Il Consigliere relatore: Garofalo