N. 142 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2015
Ordinanza del 16 dicembre 2015 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto dal Comune di Regalbuto ed altri contro Ministero dell'economia e delle finanze ed altri. Imposte e tasse - Esenzione dell'IMU agricola per i terreni ubicati in comuni montani o parzialmente montani ove posseduti o condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. - Decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4 (Misure urgenti in materia di esenzione IMU ), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2015, n. 34, art. 1, comma 1, lett. a) e b).(GU n.34 del 24-8-2016 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Seconda) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 3084 del 2015, proposto da: Comune di Regalbuto, Comune di Belpasso, Comune di Santa Maria di Licodia, Comune di Niscemi, Comune di Modica, Comune di Sortino, Comune di Santa Venerina, Comune di Aci Sant'Antonio, Comune di Graniti, Comune di Catenanuova, Comune di Gaggi, Comune di Pietraperzia, in persona dei sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Andrea Scuderi e Luca Ardizzone, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Andrea Scuderi in Roma, via Antonio Stoppani, 1; Contro Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dell'interno, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, Istituto nazionale di statistica - ISTAT, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune di Rapina, Comune di Motta Camastra; Per l'annullamento: dell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT richiamato quanto alla classificazione dei comuni totalmente e parzialmente montani ai fini dell'esenzione dell'Imposta municipale propria dall'art. 1 del decreto-legge del 24 gennaio 2015, n. 4 (con particolare riferimento all'elenco del 1° gennaio 2015 e relativo aggiornamento del 30 gennaio 2015); delle tabelle riportate negli allegati A e B del medesimo decreto-legge del 24 gennaio 2015 numero 4, recanti gli importi delle variazioni compensative operate in danno dei comuni ricorrenti, sulle risorse precedentemente stanziate in loro favore a valere sul Fondo di solidarieta' comunale; di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura generale dello Stato; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2015 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 1. Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, istitutivo dell'imposta comunale sugli immobili ha previsto, all'art. 7, comma 1, lettera h), l'esenzione da tale imposta per «... i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984». I comuni ricorrenti espongono che, rientrando a pieno titolo tra quelli espressamente individuati ai sensi dell'art. 15 della legge n. 984 del 1977, sono stati coerentemente inseriti nell'elenco allegato alla circolare ricognitiva del Ministero delle finanze del 16 giugno 1993, n. 9 (con cui si era provveduto alla ricognizione di tutti i comuni ritenuti «montani» o di «collina» ai fini dell'esenzione dall'ICI). Soggiungono che la situazione non e' cambiata con l'istituzione della nuova imposta municipale propria (IMU), che ha sostituito l'ICI in quanto l'art. 9, comma 8, decreto legislativo n. 23 del 2011 ha mantenuto, anche per la nuova imposta, la stessa esenzione gia' prevista dall'art. 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992. Rappresentano altresi' che il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno e con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con decreto del 28 novembre 2014, adottato ai sensi dell'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 66 del 2014, ha assunto quale criterio di riferimento per l'esenzione dalla c.d. IMU agricola la sola quota altimetrica della Casa comunale. Di talche', i comuni ricorrenti, ad eccezione del Comune di Modica, hanno impugnato con separati ricorsi il decreto interministeriale del 28 novembre 2014 e tali ricorsi sono stati definiti con sentenze di questa sezione 4 agosto 2015, nn. 10657 e 10659, che, per sopravvenuta carenza di interesse, hanno dichiarato l'improcedibilita' degli stessi. Successivamente, e' stato adottato il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, che ha dettato altri criteri per l'individuazione dei comuni esenti. I ricorrenti hanno premesso che ne' l'elenco dei comuni classificati «montani» e «parzialmente montani» predisposto dall'ISTAT e richiamato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2015, ne' le tabelle sulle variazioni compensative al Fondo di solidarieta' comunale richiamate ai commi successivi della medesima disposizione sarebbero oggetto di un rinvio recettizio idoneo ad attribuire loro forza e valenza di legge formale, con conseguente sottoposizione alla giurisdizione amministrativa. In particolare, la mancata specificazione degli estremi di pubblicazione dell'elenco richiamato dalla norma impedirebbe di cristallizzare nel corpo della disposizione richiamante uno specifico contenuto. La medesima natura di atto amministrativo dovrebbe essere conseguentemente riconosciuta alle tabelle richiamate ai commi sette, otto e nove dell'art. 1 del decreto legislativo n. 5 del 2014 che, contenendo l'indicazione delle variazioni compensative da applicarsi al Fondo di solidarieta' a seguito della previsione di maggior gettito dell'imposta, sarebbero strettamente dipendenti dall'elenco di cui al primo comma e parteciperebbero della medesima natura amministrativa di tale elenco. Il ricorso e' articolato nei seguenti motivi di impugnativa: Violazione del principio di riserva di legge ex art. 23 Cost. Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza dell'imposizione tributaria. Violazione degli artt. 29 legge n. 142 del 1990, 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 e 15 della legge n. 984 del 1977. Eccesso di potere per difetto di motivazione, disparita' di trattamento ed ingiustizia manifesta. L'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015 rinvia «all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica» sia per l'individuazione dei comuni totalmente montani, nel cui territorio tutti i terreni agricoli sono esenti dall'Imposta municipale propria, che per l'individuazione dei comuni parzialmente montani, nel cui territorio i terreni agricoli sono esenti dall'imposta solo se posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola. I criteri per l'applicazione dell'esenzione tributaria non potrebbero essere stabiliti dall'ISTAT mediante i propri elenchi, ma avrebbero dovuti essere predeterminati in modo formale con l'atto legislativo. Viceversa, sarebbe violato il principio di cui all'art. 23 Cost. a mente del quale nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge. Infatti, l'esenzione dall'imposta, in precedenza, era regolata dalla disposizione contenuta al primo comma, lettera h), dell'art. 7 decreto legislativo n. 504 del 1992. I comuni ricorrenti avrebbero i requisiti oggettivi fissati dalla legge n. 991 del 1952 per il riconoscimento del carattere di «montanita'». Illegittimita' derivata. Eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria e sviamento dalla causa tipica. Difetto assoluto di motivazione. Irragionevolezza e ingiustizia manifesta. Violazione dei principi comunitari di legittimo affidamento, e certezza del diritto. Le censure dedotte, in ragione del rapporto di consequenzialita' tra l'esenzione dall'imposta e la decurtazione delle risorse finanziarie in danno dei comuni ricorrenti, refluirebbero in via derivata sull'illegittimita' delle variazioni compensative disposte con le tabelle allegate al decreto-legge n. 5 del 2014. Le variazioni compensative, peraltro, sarebbero affette anche da vizi propri quale, in particolare, la mancata elaborazione sulla base di una effettiva stima del maggior gettito conseguente per ciascun comune dal venir meno dell'esenzione dall'imposta. I comuni, in ogni caso, non potrebbero imporre retroattivamente in capo ai contribuenti il pagamento dell'IMU agricola per il 2014, ostandovi il fondamentale principio, di derivazione comunitaria, del legittimo affidamento. Il preteso maggior gettito d'imposta che i comuni sono obbligati ad iscrivere in bilancio determinerebbe riflessi negativi sul patto di stabilita' interno. L'Avvocatura generale dello Stato, in via preliminare, ha sollevato le seguenti eccezioni processuali: inammissibilita' del ricorso collettivo in quanto non si riscontrerebbe un interesse univoco che accomuna le posizioni di tutti i ricorrenti. In particolare, non si comprenderebbe quale interesse al ricorso possa avere un comune i cui terreni, esenti sulla base dei vecchi criteri, continuano ad essere esenti; mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri enti territoriali tra i quali e' ripartito l'onere determinato dal vincolo di bilancio statale previsto dal comma 5-bis dell'art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2012. Nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso, infatti, la somma portata in riduzione per comuni incisi dalle norme dovrebbe essere necessariamente riversata sugli altri enti locali; inammissibilita' del ricorso in quanto l'elenco dei comuni italiani pubblicato sulla pagina web dell'ISTAT non potrebbe essere configurato come un provvedimento amministrativo e comunque non sarebbe autonomamente impugnabile, atteso che, oltre ad essere privo delle caratteristiche e dei requisiti tipici del provvedimento amministrativo, costituirebbe il risultato di una raccolta di dati ed informazioni, riportati in una tabella per ciascun comune italiano, in virtu' dell'attivita' di cui all'art. 15 decreto legislativo n. 322 del 1989; carenza di legittimazione passiva dell'ISTAT che non avrebbe elaborato la classificazione censurata ne' avrebbe concorso ad adottare gli atti impugnati, sicche' dovrebbe essere estromesso dal giudizio. L'ISTAT, per quanto concerne la classificazione dei comuni in montani/parzialmente montani/non montani, si sarebbe limitato a raccogliere e diffondere sul proprio sito istituzionale informazioni derivanti da fonti diverse; assenza di qualunque doglianza volta a contestare presunti vizi di legittimita' del decreto ministeriale 28 novembre 2014; inammissibilita' per carenza di interesse in quanto il ricorso sarebbe principalmente rivolto avverso un atto ex se non impugnabile e privo dei presupposti tipici del provvedimento amministrativo ed in quanto, inoltre, non si evincerebbe che parte ricorrente abbia subito un pregiudizio diretto ed immediato dall'elenco impugnato. Nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso. I ricorrenti hanno depositato altre memorie a sostegno delle proprie ragioni. 2. Con sentenza 4 agosto 2015, n. 10606, questa sezione, riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese, ha cosi' provveduto sul ricorso in epigrafe: ha respinto l'eccezione di inammissibilita' dell'azione di annullamento proposta avverso l'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT; ha respinto la richiesta di estromissione dal giudizio dell'ISTAT; ha disposto che la parte ricorrente depositi in giudizio, entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della sentenza non definitiva, una tabella indicante la classificazione di ogni singolo comune ricorrente, ai fini dell'applicazione dell'IMU agricola, prima della emanazione del decreto-legge n. 66 del 2014 ed a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 1 del 2015; ha disposto che le amministrazioni resistenti depositino entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva una dettagliata relazione al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a quanto gia' rappresentato circa le pregresse competenze, della Commissione censuaria centrale e dell'UNCEM, quali sono stati in concreto i criteri, in base ai quali la classificazione e' stata effettuata e, quindi, e' stato predisposto l'impugnato elenco dei comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei comuni ricorrenti. Il percorso motivazionale della detta sentenza e' stato il seguente: «2. Il collegio ritiene opportuno premettere una sintetica descrizione del quadro normativo in materia. L'art. 2 del decreto del 28 novembre 2014, adattato dal Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'interno, ha stabilito che sono esenti dall'imposta municipale propria, ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 504 del 1992: i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di 601 metri e oltre, individuati sulla base dell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'ISTAT, tenendo conto dell'altezza riportata nella colonna "Altitudine del centro (metri)"; i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, dei comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base dell'Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell'ISTAT, tenendo conto dell'altezza riportata nella colonna "Altitudine del centro (metri)"; i terreni di cui al precedente alinea nel caso di concessione degli stessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004 iscritti nella previdenza agricola. Il decreto e' stato adottato visto, tra l'altro, l'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2002, convertito dalla legge n. 44 del 2012, come modificato dal comma 2 dell'art. 22 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, in base al quale, con decreto di natura non regolamentare sono individuati i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola e gli altri terreni. Nelle premesse, il decreto interministeriale del 28 novembre 2014 ha altresi' fatto riferimento al medesimo comma 5-bis dell'art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2012 in base al quale, dalle disposizioni di cui allo stesso comma 5-bis, deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 ed in base al quale il recupero del maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito dell'adozione del decreto e' operato con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 (per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna), vale a dire mediante decurtazione alle assegnazioni finanziarie stanziate in loro favore dall'apposito fondo di solidarieta' comunale. L'art. 1, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2013, n. 4, convertito dalla legge n. 34 del 24 mano 2015, ha abrogato il comma 5-bis dell'art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2012. Il primo comma dello stesso art. 1 ha previsto che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, si applica: a) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT; a-bis) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, ubicati nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A della legge n. 448 del 2001; b) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT. I criteri de quibus, ai sensi del terzo comma del detto articolo 1, si applicano anche all'anno di imposta 2014, per il quale, ai sensi del quarto comma, non e' comunque dovuta l'IMU per i terreni esenti in virtu' del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto, con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'interno, del 28 novembre 2014. Per quanto maggiormente interessa in questa sede, giova rilevare inoltre che: ai sensi del comma 7 dell'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, a decorrere dall'anno 2015, le variazioni compensative di risorse conseguenti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, sono operate nelle misure riportate nell'allegato A al provvedimento, per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna, nell'ambito del fondo di solidarieta' comunale e con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 e, per i comuni del Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, in sede di attuazione del comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificatomi, dalla legge n. 214 del 2011; ai sensi del comma 9-quinquies, al fine di assicurare la piu' precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse di cui agli allegati A, B e C al decreto, fermo restando l'ammontare complessivo delle suddette variazioni, pari, complessivamente, 230.691.885,23 euro per l'anno 2014 e 268.652.847,44 euro per l'anno 2015, il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base di una metodologia condivisa con l'Associazione nazionale dei comuni italiani: (ANCI) e adottata sentita la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, provvede, entro il 30 giugno 2015, alla verifica del gettito per l'anno 2014, derivante dalle disposizioni di cui allo stesso art. 1, sulla base anche dell'andamento del gettito effettivo. Ne consegue che - con l'espressa abrogazione dell'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, in attuazione del quale e' stato adottato il decreto del 28 novembre 2014 - costituisce un dato inconfutabile che i criteri per l'esenzione dall'IMU agricola, allo stato, sono stabiliti esclusivamente dalle norme sopravvenute, di cui all'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015. 3. L'interesse che muove i comuni ricorrenti all'impugnazione dell'elenco ISTAT denominato elenco dei comuni italiani al 1° gennaio 2015 puo' essere individuato nella volonta' degli enti locali di conservare lo status quo ante, vale a dire di non subire i "tagli" al fondo di solidarieta' comunale derivanti dal venire meno dell'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ricadenti nel proprio territorio, e, quindi, di opporsi a tale decisione del Governo centrale, atteso che la riduzione dei terreni esentati dal pagamento dell'IMU agricola e' volta proprio ad aumentare il gettito fiscale in favore dei comuni, a compensazione delle decurtazioni nell'ambito del fondo di solidarieta' comunale. L'ammontare complessivo delle variazioni per effetto del maggior gettito derivante dalla riduzione delle esenzioni dall'imposta, peraltro, e' stato ridotto da euro 350.000.000,00 a partire dal 2014 (importo previsto nel decreto-legge n. 66 del 2014) ad euro 230.691.885,33 per il 2014 e ad euro 268.652.847,44 per il 2015 (importi previsti nel decreto-legge n. 4 del 2015). Diversamente, infatti, il ricorso si rivelerebbe inammissibile per carenza di interesse in quanto l'ente territoriale, in astratto, avrebbe un evidente interesse ad ottenere un maggior gettito derivante dall'assoggettamento ad IMU di terreni agricoli in precedenza esclusi, sicche' il reale interesse, come detto, sembra individuabile - sempre che effettivamente sia questa la posizione dei comuni ricorrenti, vale a dire esentati con il precedente regime ed assoggettati in base al nuovo regime - nel mantenimento dello status quo ante, vale a dire nella conservazione dell'esenzione dall'imposta al fine di evitare i tagli al fondo di solidarieta' comunale che l'estensione dell'imposta con conseguente maggior gettito comporta. Il collegio deve rappresentare altresi' che la decisione operata dal Governo centrale di operare decurtazioni al fondo di solidarieta' comunale costituisce un atto politico, che attiene ai rapporti tra Governo centrale e Governi territoriali, un assoggettato, in quanto tale, al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo. Va da se', allora, che l'interesse al ricorso non puo' essere fatto discendere dall'interesse dei ricorrenti a non subire le decurtazioni al fondo di solidarieta' comunale in quanto tale scelta si configura come una decisione espressione di volonta' politica, il cui eventuale sindacato sarebbe del tutto esorbitante dai limiti di questa giurisdizione. Di contro, l'interesse qualificato e differenziato in grado di rendere ammissibile il ricorso appare costituito dall'aspirazione al mantenimento dello status quo ante, attraverso l'inclusione tra i comuni esenti, che eviterebbe di sostituire ad un'entrata certa, quale quella derivante dal finanziamento a carico del fondo di solidarieta' comunale, un'entrata presunta e piu' difficile da realizzare immediatamente e per intero, oltre che piu' onerosa per i proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non piu' esentati dal pagamento dell'imposta, quale il gettito derivante dal pagamento dell'IMU agricola. Ne consegue che l'interesse sotteso alle censure rivolte avverso l'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT deve intendersi finalizzato a ottenere l'inclusione di ogni comune ricorrente tra i comuni totalmente montani o, eventualmente, parzialmente montani, mentre non e' percepibile quale interesse possa sussistere alla integrale caducazione dell'elenco, atteso che, ad un suo eventuale travolgimento, non potrebbe in alcun caso seguire il ripristino della situazione normativa precedente al di n. 4 del 2015 ed al decreto-legge n. 66 del 2014, ma esclusivamente l'obbligo di procedere ad una nuova predisposizione dello stesso. 3.1 Cosi' delineata la cornice fattuale e giuridica in cui si inserisce il presente ricorro con riferimento agli interessi sostanziali che appaiono perseguiti dai ricorrenti, il collegio, per quanto concerne l'eccezione di inammissibilita' del ricorso collettivo, ritiene necessario, al fine della sua delibazione, acquisire una tabella da parte dei comuni ricorrenti con l'indicazione, per ciascuno di essi, del regime impositivo, vale a dire della loro classificazione come esente o meno dall'IMU agricola, precedente alle modifiche normative intervenute a far tempo dal decreto-legge n. 66 del 2014, ed alla loro classificazione come comuni totalmente montani, parzialmente montani o non montani contenuta nell'elenco ISTAT di cui all'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015. 3.2 L'eccezione di inammissibilita' dell'impugnazione dell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica e' da disattendere. In primo luogo, la classificazione del singolo comune quale totalmente montana, parzialmente montano o non montano, con la conseguente esenzione o meno dall'applicazione dell'imposta, discende dall'elenco in discorso, sicche' lo stesso ha certamente efficacia provvedimentale e potenzialmente lesiva dei destinatari e, d'altra parte, se tale atto fosse ritenuto non impugnabile, non potrebbe esservi alcuna tutela per il comune (o per il contribuente) che ritenga di essere stato illegittimamente classificato come non montano, anziche' totalmente o parzialmente montano, o parzialmente montano, anziche' totalmente montano. Per altro verso, il richiamo contenuto nell'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015 all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT costituisce mero rinvio non recettizio e non ha carattere novativo della fonte. Il rinvio recettizio, infatti, opera una novazione della fonte che eleva la norma richiamata al rango primario, mentre la funzione del rinvio non recettizio non e' quella di incorporare il contenuto della norma richiamata, bensi' di indicare la fonte competente a regolare una determinata materia. La stessa differenza tra rinvio materiale e rinvio formale e' stata recepita anche dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha ulteriormente precisato che l'effetto di incorporazione si produce soltanto quando la volonta' del legislatore di recepire mediante rinvio sia espressa oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti, operando altrimenti, come nel caso di specie, una presunzione di rinvio formale agli atti amministrativi (ex multis: Corte costituzionale 7 novembre 2014, n. 250). Va da se' che, avendo natura provvedimentale l'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, non puo' essere accolta la richiesta di estromissione dal giudizio dell'Istituto nazionale di statistica in quanto anch'esso da qualificare come amministrazione resistente. 3.3 L'ISTAT, nella relazione illustrativa depositata in ottemperanza all'ordinanza istruttoria di questa Sezione in altro ricorso afferente analoga fattispecie (ricorso R.G. n. 1968 del 2015) - come peraltro evidenziato anche nella memoria difensiva dell'Avvocatura generale dello Stato - ha rappresentato che la classificazione dei territori in montani e parzialmente montani e' stata formulata dalla Commissione censuraria centrale che operava presso il Ministero dell'economia e delle finanze negli anni '50, tanto che la legge 25 luglio 1952, n. 991, contenente "Provvedimenti in favore dei territori montani" assegnava alla Commissione censuaria centrale il compito di compilare e tenere aggiornato un elenco nel quale, in applicazione dei criteri stabiliti dalla stessa legge, venivano individuati i territori montani. L'istat ha tra l'altro soggiunto che, successivamente, la legge n. 142 del 1990 ha abrogato gli artt. 1 e 14 della legge n. 991 del 952, eliminando di fatto il meccanismo di classificazione dei comuni per "grado di montanita'" da parte della detta Commissione censuaria, ma, tuttavia, fino al 2009 l'attivita' di revisione della classificazione e' stata comunque svolta dall'UNCEM (Unione nazionale comuni comunita' enti montani), ora confluita nell'ANCI; nell'ambito delle attivita' connesse al monitoraggio delle comunita' montane. Ha inoltre posto in rilievo che soltanto alcuni dati della tabella fornita sono imputabili all'Istituto. Il collegio rileva che tali indicazioni appaiono all'evidenza insufficienti a chiarire in base a quali criteri i comuni italiani siano stati classificati come totalmente montani, parzialmente montani o non montani nell'elenco cui rinvia l'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, facendo conseguire rilevanti conseguenze giuridiche in ordine all'imposizione all'IMU agricola dei terreni agricoli situati nei vari comuni dello Stato. Pertanto, si rende necessario acquisire una ulteriore dettagliata relazione redatta in maniera congiunta dall'ISTAT, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'economia e delle finanze, che potranno eventualmente assumere informazioni e documentazione presso altre strutture pubbliche interessate al procedimento, al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a quanto gia' rappresentato circa le pregresse competenze della Commissione censuaria centrale e dell'UNCEM, quali sono stati in concreto i criteri in base ai quali la classificazione e' stata effettuata e, quindi, e' stato predisposto l'impugnato elenco dei comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei comuni ricorrenti. 4. In conclusione, il collegio - decidendo in maniera non definitiva sulla presente controversia e riservando al definitivo ogni ulteriore decisione in rito, nel merito e sulle spese - cosi' provvede: respinge l'eccezione di inammissibilita' dell'azione di annullamento proposta avverso l'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT; respinge la richiesta di estromissione dal giudizio dell'ISTAT; dispone che la parte ricorrente depositi in giudizio, entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva, una tabella indicante la classificazione di ogni singolo comune ricorrente, ai fini dell'applicazione dell'IMU agricola, prima della emanazione del decreto-legge n. 66 del 2014 ed a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 1 del 2015; dispone che le amministrazioni resistenti depositino entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva una dettagliata relazione al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a quanto gia' rappresentato circa le pregresse competenze della Commissione censuaria centrale e dell'UNCEM, quali sono stati in concreto criteri in base ai quali la classificazione e' stata effettuata e, quindi, e' stato predisposto l'impugnato elenco dei comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei comuni ricorrenti». 3. In esito agli incombenti istruttori disposti, i ricorrenti hanno depositato la richiesta tabella indicando che, in base alla classificazione precedente al decreto-legge n. 66 del 2014, erano tutti esenti (il Comune di Modica parzialmente delimitato), mentre la classificazione successiva al decreto-legge n. 1 del 2015 li individua come parzialmente montani (Comuni di Regalbuto, Belpasso, Santa Maria di Licodia, Sortino, Graniti e Gaggi) o non montani (Comuni di Niscemi, Modica, Santa Venerina, Aci Sant'Antonio, Catenanuova e Pietraperzia), per cui il ricorso collettivo e' ammissibile. Parimenti, per adempiere all'incombente istruttorio, la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, ha inviato la relazione predisposta dall'ISTAT, il cui contenuto e' stato integralmente condiviso sia dalla stessa Presidenza sia dal Ministero dell'economia e delle finanze, reiterando sostanzialmente quanto gia' in precedenza rappresentato. Le parti hanno entrambe depositato la dichiarazione di riserva di appello ex art. 103 c.p.a. avverso la richiamata sentenza non definitiva di questa Sezione n. 10606 del 2015. I ricorrenti hanno prodotto altra memoria a sostegno ed illustrazione delle proprie ragioni. All'udienza pubblica del 4 novembre 2015, la causa e' stata trattenuta per la decisione. 4. Il collegio ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT. 4.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della decisione della controversia in quanto la legittimita' dell'impugnato elenco ISTAT e delle conseguenti tabelle riportanti gli importi delle variazioni compensative sulle risorse precedentemente stanziate a valere sul Fondo di solidarieta' comunale e, quindi, la definizione del presente giudizio discende inevitabilmente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale della norma nella parte in cui determina che l'esenzione dall'IMU per i terreni agricoli situati in ogni singolo comune discende dalla classificazione del grado di montanita' dei comuni stessi contenuta nell'elenco predisposto dall'ISTAT. 4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della decisione della controversia, non e' manifestamente infondata con riferimento alla possibile violazione dell'art. 23 Cost. secondo cui nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge. La riserva di legge di cui all'art. 23 Cost., gia' prevista nello Statuto albertino, contiene il principio classico delle democrazie liberali «no taxation without representation» e, attraverso la locuzione «in base alla legge», si configura come una riserva relativa e non assoluta, per cui la legge puo' non regolare integralmente il rapporto tributario, demandando ad un regolamento, o ad altra fonte subordinata, la disciplina specifica degli elementi fissati in generale dalla norma primaria. La problematica di maggiore rilievo, quindi, si concreta nell'individuazione di quale contenuto minimo la legge debba avere nel disciplinare la fattispecie tributaria e, di tale contenuto minino, e' stato ritenuto essere elemento ineliminabile la specificazione del presupposto di fatto fonte dell'obbligazione. La Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire come, in linea di principio, non vi sia dubbio che le norme di agevolazione tributaria siano anch'esse, al pari delle norme impositive, sottoposte alla riserva relativa di legge di cui all'art. 23 Cost. perche' realizzano un'integrazione degli elementi, essenziali del tributo (sentenze n. 60 del 2011 e n. 123 del 2010). Ne consegue che i profili fondamentali della disciplina agevolativa, cosi' come di quella impositiva, devono essere regolati direttamente dalla fonte normativa primaria. Nel caso esaminato nella sentenza n. 60 del 2010, ad esempio, nel dichiarare infondata la questione di legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 23 Cost., la Corte costituzionale ha rappresentato che le norme censurate hanno attribuito alla Giunta regionale la possibilita' di concedere agevolazioni fiscali «nei limiti stabiliti annualmente con legge finanziaria regionale», per cui, affinche' la riserva di legge sia rispettata, e' necessario che il riferimento alla legge finanziaria sia inteso nel senso che quest'ultima non deve limitarsi a fissare i tetti massimi dell'importo delle agevolazioni accordate, ma deve determinare in modo sufficiente anche le fattispecie di agevolazioni, individuandone gli elementi fondamentali, quali, tra gli altri, i presupposti soggettivi ed oggettivi per usufruire del beneficio. L'art. 1, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, come innanzi precisato, ha previsto che, a decorrere dall'anno 2015, l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si applica: «a) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT); b) ai terreni agricoli, nonche' a quelli non coltivati, posseduti condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali... ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT». Di talche', la norma di legge ha fissato il criterio generale per ottenere l'esenzione dall'IMU, vale a dire l'ubicazione dei terreni agricoli e di quelli non coltivati nei comuni totalmente montani e l'ubicazione dei terreni agricoli e di quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, nei comuni parzialmente montani, ma ha demandato la classificazione dei comuni come totalmente montani, parzialmente montani non montani all'ISTAT, vale a dire all'elenco predisposto da tale Istituto. Il presupposto di fatto per l'applicazione dell'agevolazione e, di converso, per l'applicazione dell'imposta, quindi, discende da una variabile esogena al dettato legislativo, la classificazione dei singoli comuni nell'elenco predisposto dall'ISTAT. Il rispetto o meno della riserva relativa di legge, di conseguenza, postula la verifica della natura del potere amministrativo nella formazione del suddetto elenco, nel senso che se il potere esercitato e' vincolato da norme di legge, sia pure differenti rispetto alla norma di cui all'art. 1 decreto-legge n. 4 del 2015, il presupposto di fatto dell'agevolazione deve comunque ritenersi stabilito dalla legge con conseguente compatibilita' costituzionale della norma, mentre se il potere esercitato nella predisposizione dell'elenco non e' vincolato ma e' espressione di discrezionalita' amministrativa, il presupposto di fatto dell'agevolazione e, di contro, dell'imposizione non puo' ritenersi stabilito dalla legge, con conseguente sospetto di incostituzionalita' della norma attributiva del beneficio e, in definitiva, indicativa del perimetro di applicazione dell'imposta. L'Istituto nazionale di statistica, nelle proprie relazioni, ha posto in rilievo che il legislatore, nel richiamare il predetto elenco dei comuni italiani pubblicato sul sito istituzionale dell'ISTAT, rinvia in concreto ad una tabella nella quale sono congiuntamente riportate una pluralita' di informazioni sui comuni stessi. In particolare, ha rappresentato che alcune di queste informazioni, quali i codici identificativi dei comuni italiani, i dati relativi alla popolazione legale e alla superficie territoriale (di forma censuaria), sono state elaborate dall'Istituto nell'ambito dell'attivita' classificatoria di propria competenza, mentre altre, e in particolare quelle concernenti la qualificazione montana/parzialmente montana/non montana, derivano invece da fonti diverse che l'ISTAT si e' limitato a raccogliere e diffondere sul proprio sito istituzionale con finalita' informative. L'Istituto ha soggiunto che, ai fini dell'individuazione e della classificazione dei territori montani, la legge 25 luglio 1952, n. 991 assegnava alla Commissione censuaria centrale il compito di compilare e tenere aggiornato un elenco nel quale, in applicazione dei criteri stabiliti dagli articoli 1 e 14 della suddetta legge, venivano individuati i territori montani e che, successivamente, la legge 8 giugno 1990, n. 142, ha abrogato gli artt. 1 e 14 della legge n. 991 del 1952, eliminando di fatto il meccanismo di classificazione dei comuni per «grado di montanita'» da parte della Commissione censuaria; tuttavia, fino al 2009, l'attivita' di revisione della classificazione e' stata svolta dall'UNCEM (Unione nazionale comuni comunita' enti montani ora confluita nell'ANCI), nell'ambito delle attivita' connesse al monitoraggio delle comunita' montane. L'Avvocatura generale dello Stato, nelle proprie memorie, ha parimenti rilevato, quanto alla classificazione per grado di montanita' che la suddivisione dei comuni in «totalmente montani», «parzialmente montani» e «non montani» non deriva da una classificazione operata dall'ISTAT, ma e' essenzialmente applicativa dell'art. 1 della legge n. 991 del 1952 nonche' dell'art. 14 della stessa legge ed e' stata definita dalla Commissione censuaria centrale e trasmessa all'ISTAT dall'UNCEM; la difesa erariale ha altresi' sottolineato che, con l'entrata in vigore della legge n. 142 del 1990, la quale ha abrogato gli artt. 1 e 14 della legge n. 991 del 1952, sono state cancellate le norme che prevedevano l'aggiornamento della suddetta classificazione. L'art. 1 della legge n. 991 del 1952 considerava territori montani i comuni censuari situati per almeno l'80% della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non e' minore di seicento metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro fosse inferiore a certe soglie, attribuendo alla Commissione censuaria centrale il compito di compilare e tenere aggiornato un elenco ed altresi' la facolta' di includere nell'elenco stesso i comuni, o le porzioni di comune, anche non limitrofi ai precedenti, i quali, pur non trovandosi nelle condizioni anzidette, presentino pari condizioni economico-agrarie, con particolare riguardo ai comuni gia' classificati montani nel catasto agrario ed a quelli riconosciuti, per il loro intero territorio, danneggiati per eventi bellici. Tale articolo e' stato prima sostituito dall'articolo unico della legge n. 657 del 1957 e successivamente abrogato dall'art. 29 della legge n. 142 del 1990. Ne consegue che, se durante la vigenza dell'art. 1 della legge n. 991 del 1952 l'elenco formano dalla Commissione censuaria poteva dirsi sostanzialmente vincolato dalla norma di legge, una volta abrogata tale disposizione, i parametri per la formazione dell'elenco sono divenuti discrezionali e se l'ISTAT, o qualunque altra amministrazione abbia il potere di incidere sulla formazione dell'elenco stesso, ha deciso di mantenere la classificazione effettuata prima dalla Commissione censuaria e dopo dall'UNCEM lo ha fatto in modo del tutto volontario e svincolato da un dettato legislativo non piu' esistente. In altri termini, con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 4 del 2015, il criterio di esenzione dall'IMU agricola e' basato sulla classificazione dei comuni di cui all'elenco ISTAT, sicche', abrogate gia' nel 1990 le norme del 1952 che dettavano i parametri per la redazione dell'elenco, l'eventuale riferimento agli stessi parametri da parte dell'amministrazione competente costituisce una determinazione discrezionale e non piu' vincolata dalla norma di legge. Il collegio, sulla base di tali considerazioni, ritiene che la norma di cui all'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 34 del 2015, possa rivelarsi violativa della riserva relativa di legge di cui all'art. 23 Cost. nella parte in cui, alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT. Infatti, il presupposto di fatto fonte dell'esenzione tributaria e' demandato ad una classificazione del grado di montanita' dei comuni contenuta in un atto amministrativo non predisposto nell'attuazione vincolata di criteri prefissati da una norma di legge, ma frutto di discrezionalita' dell'amministrazione che redige l'elenco o, eventualmente (anche se dagli atti del giudizio e nonostante i reiterati incombenti istruttori non risulta chiaro quale sia l'autorita' amministrativa effettivamente competente, fermo restando, ovviamente, che un'amministrazione competente deve necessariamente esserci), di altra amministrazione che abbia il potere di incidere sui criteri di formazione dello stesso. 5. Il collegio, diversamente, ritiene che siano manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale astrattamente ipotizzabili con riferimento agli articoli 3, 81 e 119 Cost. nonche' quelle relative alla violazione del principio di irretroattivita' delle norme. 5.1 Nel caso di specie, non viene in rilievo il canone di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., assurto nella giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore, in quanto la questione di compatibilita' costituzionale della norma riguarda proprio l'assenza di criteri utili a definire il grado di montanita' - che in una materia coperta da riserva relativa di legge dovrebbero essere necessariamente presenti - e non gia' la presenza di criteri che possano essere reputati irragionevoli o lesivi del principio di uguaglianza. 5.2 In relazione agli artt. 81 e 119 Cost., inoltre, il collegio rileva che se e' vero, ed in questo e' stato enucleato l'interesse al ricorso, che un comune, precedentemente classificato come montano, puo' essere leso dalla sostituzione di un'entrata certa, quale quella derivante dal finanziamento a carico del fondo di solidarieta' comunale, con un'entrata presunta e piu' difficile da realizzare immediatamente e per intero, oltre che piu' onerosa per i proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non piu' esentati dal pagamento dell'imposta, quale il gettito derivante dal pagamento dell'IMU agricola, e' altrettanto vero che non sembra da questa previsione di legge desumersi alcuna violazione dei precetti costituzionali. In particolare, non appare ravvisabile alcuna lesione delle prerogative costituzionalmente riconosciute agli enti locali atteso che, come in modo condivisibile posto in rilievo dall'Avvocatura generale dello Stato, il versamento di un tributo ha ontologicamente insito un profilo di incertezza per cio' che riguarda sia la corresponsione dello stesso, dipendente dalla volonta' del contribuente o dall'eventuale accertamento del comune, sia la quantificazione della prestazione che puo' dar luogo ad errori o inesattezze, per le quali il comune e' comunque dotato degli strumenti adeguati per accertare l'evasione o l'inesattezza dei versamenti e ripristinare cosi' la regolarita' della posizione tributaria. 5.3 Per quanto concerne, infine, la prospettata violazione del principio di irretroattivita', occorre in primo luogo rilevare che la riduzione delle esenzioni dall'IMU agricola per farne derivare un maggior gettito annuo complessivo e' stata prevista dall'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 44 del 2012, come sostituito dall'art. 22, comma 2, decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014. Ne consegue che la modifica del regime di esenzione dall'IMU agricola, avente decorrenza dal periodo d'imposta 2014, non puo' dirsi abbia effetto retroattivo e, comunque, non puo' ritenersi leso il principio di affidamento dei contribuenti prima esentati in quanto, almeno dal 24 aprile 2014 (data di pubblicazione del decreto-legge n. 66 del 2014), gli stessi erano in grado di conoscere che il regime di esenzione sarebbe variato per ricavarne un maggior gettito complessivo annuo. Inoltre, per l'ipotesi in cui un determinato terreno, esente in base alla previsione del decreto interministeriale del 28 novembre 2014, sia invece assoggettato all'IMU agricola in base alla previsione dell'art. 1 del decreto-legge n. 4 del 2015, ai sensi del quarto comma 4 dello stesso art. 1, conserva efficacia in parte qua il decreto interministeriale con esclusivo riferimento all'anno di imposta 2014. A cio' si aggiunga, ad ogni buon conto, che fra i precetti costituzionali preposti all'ordinamento tributario non esiste il divieto di retroattivita' delle norme, come invece accade per il diritto penale ai sensi dell'art. 25 Cost. 6. Per tutte le ragioni sopraesposte, il collegio ritiene rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata, per violazione dell'art. 23 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, sicche' deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 delta legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione seconda, riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese, cosi' provvede; dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 23 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui alle lettere a) e b), prevede l'esenzione dall'IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT; dispone la sospensione del giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che, a cura della Segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del giorno 4 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati: Filoreto D'Agostino, Presidente; Silvia Martino, consigliere; Roberto Caponigro, consigliere, estensore. Il Presidente: D'Agostino L'estensore: Caponigro