N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 maggio 2016

Ordinanza del 19 maggio 2016 del G.I.P. del Tribunale di Venezia  nel
procedimento penale a carico di Canton Davide e Canton Rodolfo. 
 
Processo penale - Procedimento per  decreto  -  Giudizio  conseguente
  all'opposizione  -  Competenza  del   giudice   per   le   indagini
  preliminari a celebrare i riti alternativi e ad emettere il decreto
  di giudizio immediato anche per i reati a citazione diretta. 
- Codice di procedura penale, art. 464. 
(GU n.37 del 14-9-2016 )
 
                        TRIBUNALE DI VENEZIA 
           Sezione del giudice per le indagini preliminari 
 
    Il giudice, dott.ssa Giuliana Galasso, 
    premesso che: 
        in  data  18  febbraio  2015  il  Giudice  per  le   indagini
preliminari del Tribunale di Venezia  ha  emesso  decreto  penale  di
condanna nei confronti di Canton Davide e  Canton  Rodolfo,  imputati
del reato di lesioni colpose commesso in data 21 ottobre 2013, punito
con pena fino ad un anno di reclusione e dunque a citazione diretta; 
        il decreto e' stato notificato agli imputati il 30  settembre
2015 e, nei termini, il difensore ha fatto richiesta per entrambi  di
applicazione  della  pena  nella  misura  finale  di  giorni  40   di
reclusione, il pubblico ministero ha prestato il consenso ed e' stata
fissata per la decisione, l'udienza odierna; 
    preliminarmente  solleva  d'ufficio  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 464 del codice  di  procedura  penale  nella
parte in cui secondo l'interpretazione ormai  indiscussa  attribuisce
la competenza alla celebrazione dei riti alternativi e alla emissione
del decreto di GI al giudice per le indagini preliminari anche per  i
reati a citazione diretta (e non solo per  quelli  che  prevedono  il
rinvio a giudizio in udienza preliminare) per contrasto con l'art. 25
della Costituzione per il quale «nessuno  puo'  essere  distolto  dal
giudice naturale precostituito per legge.» 
    Prima della riforma del giudice unico il Giudice per le  indagini
preliminari  presso  il  Tribunale  e  il  Giudice  per  le  indagini
preliminari presso la Pretura emettevano, a  richiesta  del  pubblico
ministero, il decreto penale di condanna per i  reati  di  rispettiva
competenza; 
    Per  i  reati  di  competenza  del  Tribunale  l'imputato  poteva
chiedere con l'atto di opposizione, ai sensi dell'art. 463 del codice
di  procedura  penale  nella  formulazione  allora  vigente,  i  riti
alternativi al giudice che aveva emesso il decreto, ovvero al giudice
per le indagini preliminari che era comunque  il  giudice  competente
per la trattazione dei  riti  alternativi  nell'udienza  preliminare,
anche dopo l'esercizio dell'azione penale nelle forme ordinarie della
richiesta di rinvio a giudizio. 
    Se l'imputato si opponeva senza optare per i riti alternativi, il
Giudice per le indagini preliminari emetteva il decreto  di  Giudizio
Immediato. 
    Nei procedimenti di competenza del Pretore era il giudice per  le
indagini preliminari presso la Pretura ad emettere il decreto  penale
di condanna ai sensi dell'art. 554, c. 1°  del  codice  di  procedura
penale e, in caso di opposizione a celebrare i riti  alternativi,  ai
sensi dell'art. 565 del codice di procedura penale. 
    Se invece di optare per il rito speciale, il  pubblico  ministero
avesse proceduto col rito ordinario emettendo il decreto di citazione
a giudizio (il procedimento presso la Pretura non prevedeva l'udienza
preliminare) gli eventuali riti  alternativi  che  l'imputato  poteva
richiedere  entro  15  giorni  dalla  notifica  del  decreto   erano,
comunque, di competenza del giudice delle indagini  preliminari,  per
l'espresso  disposto  degli  articoli  555  e  segg.  del  codice  di
procedura penale nella formulazione all'epoca vigente. 
    Sia per i reati di competenza del Tribunale, sia  per  quelli  di
competenza del Pretore, sia che il pubblico ministero  avesse  scelto
il procedimento per  decreto  sia  che  avesse  optato  per  il  rito
ordinario provvedeva in ogni caso sui riti alternativi il giudice per
le indagini preliminari. Il sistema era coerente. 
    Con la riforma del giudice unico, attuata con decreto legislativo
19 febbraio 1998, n. 51 «Norme in materia di istituzione del  giudice
unico di primo grado» e  con  la  legge  16  dicembre  1999,  n.  479
«Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in
composizione monocratica e altre modifiche  al  codice  di  procedura
penale ...» il legislatore ha  pero'  innovato,  tra  l'altro,  sulla
competenza alla trattazione dei riti  alternativi,  dopo  l'esercizio
dell'azione penale. 
    Mentre per i reati per i quali e' prevista l'udienza preliminare,
il Giudice per le indagini  preliminari e'  rimasto  competente  alla
trattazione, in tale udienza, dei riti alternativi,  per  i  reati  a
citazione diretta ex art. 550 del codice di procedura penale  i  riti
alternativi, dopo l'esercizio dell'azione penale con  l'emissione  da
parte del pubblico ministero del decreto di'  citazione  a  giudizio,
sono di competenza del Tribunale Monocratico: gli articoli 552 e  555
del codice di procedura penale stabiliscono che la richiesta di  riti
alternativi vada formulata prima della dichiarazione di apertura  del
dibattimento  e  naturalmente  a   decidere   e'   il   giudice   del
dibattimento. 
    L'art. 464 del codice di procedura  penale  stabilisce  che  dopo
l'emissione  del  decreto  penale  di  condanna  -  attribuita   alla
competenza del giudice per le  indagini  preliminari,  a  prescindere
dalle modalita' ordinarie  di  esercizio  dell'azione  penale  -  «se
l'opponente ha  chiesto  il  giudizio  immediato  il  giudice  emette
decreto a norma dell'art. 456 comma 3 e 5» del  codice  di  procedura
penale e trattiene gli atti per la celebrazione dei riti  alternativi
ove l'imputato ne abbia fatto richiesta e vi sia, per  l'applicazione
pena, il consenso del pubblico ministero. 
    L'art. 557 - Procedimento per decreto - inserito nel  libro  VIII
che disciplina il procedimento davanti al Tribunale  in  composizione
monocratica stabilisce analogamente che «1. Con l'atto di opposizione
l'imputato chiede al giudice di emettere il decreto  di  citazione  a
giudizio ovvero chiede il giudizio abbreviato o l'applicazione  della
pena a norma dell'art. 444 o presenta domanda di  oblazione.  2.  Nel
giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non puo' chiedere il
giudizio abbreviato o l'applicazione della  pena  su  richiesta,  ne'
presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice  revoca  il
decreto penale di condanna.  3.  Si  osservano  le  disposizioni  del
titolo V del libro sesto, in quanto applicabili.» 
    Una lettura coordinata degli articoli di legge suggerisce che  il
legislatore abbia  inteso  attribuire  al  Tribunale  monocratico  la
competenza ad emettere il decreto di  citazione  a  giudizio  e  alla
trattazione dei riti alternativi,  nel  caso  di  reati  a  citazione
diretta. 
    Cosi' interpretate le norme, il  sistema  conserverebbe  coerenza
perche' in caso di opposizione a DP di condanna  il  Giudice  per  le
indagini preliminari resterebbe competente per  la  celebrazione  dei
riti alternativi e l'emissione del decreto di  GI  per  i  reati  che
prevedono  l'udienza  preliminare,  mentre  passerebbe  al  Tribunale
Monocratico la competenza all'emissione del decreto  di  citazione  a
giudizio e alla celebrazione dei riti alternativi quando i reati sono
a citazione diretta. 
    Il vuoto normativo, ad esempio sulla trasmissione degli atti,  e'
superabile facendo ricorso alla disciplina  vigente.  Ad  esempio  in
caso di istanza di riti  alternativi,  il  giudice  per  le  indagini
preliminari  trasmetterebbe   al   Tribunale   monocratico   l'intero
fascicolo, e, in caso contrario, trasmetterebbe il fascicolo  per  il
dibattimento per l'emissione del decreto  di  citazione  a  giudizio,
restituendo gli atti al pubblico ministero. In ogni caso non basta  a
giustificare la violazione del dettato costituzionale. 
    E' invece invalsa ed e' indiscussa l'interpretazione per cui dopo
l'opposizione a DP di condanna il giudice per le indagini preliminari
resta competente per la  celebrazione  dei  riti  alternativi  e  per
l'emissione del decreto di GI in ogni caso,  sia  che  si  tratti  di
reati a citazione diretta, sia che si tratti di reati per i quali  il
pubblico ministero deve chiedere il  rinvio  a  giudizio  in  udienza
preliminare. 
    Si veda, ad esempio, la sentenza della Corte di' Cassazione, sez.
4ª, del 20 marzo 2013  n.  25987  Rv.  257185,  che  stabilisce:  «la
competenza a celebrare il giudizio  abbreviato  chiesto  in  sede  di
opposizione a decreto penale di condanna appartiene al giudice per le
indagini preliminari ed ha natura funzionale. (Nella specie, la Corte
ha ritenuto la nullita' assoluta del procedimento in quanto  svoltosi
dinanzi  al  tribunale,  giudice  funzionalmente  incompetente).   La
sentenza e' stata emessa in un processo pendente per il reato ex art.
186 CdS, a citazione diretta. 
    Tale interpretazione oltre ad abrogare di fatto  l'art.  557  del
codice  di  procedura  penale  poiche'  non  e'  mai   il   Tribunale
monocratico  ad  emettere  il  decreto  di  citazione   a   giudizio,
«costringe» il giudice per le indagini  preliminari  ad  emettere  il
decreto di Giudizio Immediato, anche per i reati a citazione diretta,
laddove l'art. 464 del codice di procedura  penale  dispone  che  «se
l'opponente ha chiesto il  GI  il  giudice  emette  decreto  a  norma
dell'art. 456 commi 1, 3 e 5», con un rimando  espresso  al  Giudizio
Immediato quale procedimento speciale diretto a disporre il  giudizio
senza tenere l'udienza preliminare. 
    Non e' consentito emettere  il  decreto  di  GI  per  i  reati  a
citazione diretta. La Corte di Cassazione, sez. 4ª, con sentenza  del
17 dicembre 2014, n. 3805, Rv. 261949 precisa:  «L'instaurazione  del
giudizio immediato per reati  per  i  quali  l'esercizio  dell'azione
penale deve avvenire con citazione diretta  integra  una  ipotesi  di
nullita' assoluta, in quanto,  oltre  a  precludere  all'imputato  il
diritto a ricevere  la  notifica  dell'avviso  di  conclusione  delle
indagini ex art. 415-bis del codice di procedura penale, determina un
indebito  mutamento  del  giudice  naturale  all'esito  del  giudizio
abbreviato.» 
    L'interpretazione che attribuisce  al  giudice  per  le  indagini
preliminari  la  competenza  funzionale  alla  trattazione  dei  riti
alternativi, in sede di opposizione a DP di  condanna,  anche  per  i
reati a citazione diretta e non solo e  soltanto  per  quelli  per  i
quali sia previsto il rinvio a giudizio in  udienza  preliminare,  si
pone in contrasto con l'art.  25  della  Costituzione  per  il  quale
«nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito  per
legge.» 
    Il giudice naturale precostituito per legge alla trattazione  dei
riti alternativi, dopo l'esercizio dell'azione penale,  nei  reati  a
citazione  diretta.  e',  dopo  la  riforma  del  giudice  unico,  il
Tribunale monocratico e non il giudice per le indagini preliminari. 
    La scelta  meramente  discrezionale  del  pubblico  ministero  di
esercitare l'azione penale con la richiesta di emissione  di  Decreto
Penale di condanna,  anziche'  col  rito  ordinario  della  citazione
diretta a giudizio,  ottiene  l'effetto  di  fare  celebrare  i  riti
alternativi al  giudice  per  le  indagini  preliminari  anziche'  al
Tribunale in composizione monocratica. 
    Non v'e' dubbio  che  il  pubblico  ministero  possa  ogni  volta
scegliere, in piena discrezionalita' - e poteva ben farlo  anche  nel
presente processo - di procedere o col  rito  ordinario  (decreto  di
citazione  a  giudizio  e  quindi  riti  alternativi   al   Tribunale
monocratico) o con richiesta di emissione di DP  di  condanna  (e  in
caso di opposizione riti alternativi e decreto di GI al  giudice  per
le indagini preliminari). 
    L'unica condizione, la sostituzione della pena detentiva  con  la
pecuniaria,  non  e'  vincolata  ad   alcun   parametro   rigido   ed
indiscutibile, ma e' rimessa alla valutazione del pubblico  ministero
come risulta chiaramente dall'art. 459 del codice di procedura penale
per il  quale  il  pubblico  ministero  «quando  ritiene  .....  puo'
presentare al giudice per  le  indagini  preliminari  ....  richiesta
motivata di emissione del decreto penale di condanna.» 
    Non v'e' dubbio che per la medesima  imputazione  contestata  nel
presente processo il pubblico ministero avrebbe potuto procedere  con
citazione diretta, 
    Anche il limite posto dalla norma, che la richiesta sia formulata
entro sei mesi dall'iscrizione del nome  dell'indagato  nel  registro
delle notizie di reato, non vale a circoscrivere  in  alcun  modo  la
discrezionalita' del pubblico ministero  -  che  rimarrebbe  comunque
ampia - dal momento che il termine ha natura  ordinatoria  e  il  suo
mancato rispetto configura una mera irritualita', come  hanno  deciso
le Sezioni Unite della Corte di  Cassazione,  fin  dal  lontano  1992
(sentenza 6 marzo 1992, n. 3 Rv. 189402). 
    Concludendo, nel presente procedimento pendente per il  reato  ex
art.  590  del  codice  penale  (a  citazione  diretta)  il  pubblico
ministero ben poteva emettere  il  decreto  di  citazione  diretta  a
giudizio e sarebbe stato competente  per  l'applicazione  della  pena
richiesta, il Tribunale in composizione monocratica;  avendo  optato,
nell'esercizio della discrezionalita' attribuitagli dalla norma e ben
oltre i sei mesi dall'iscrizione nel registro mod. 21,  di  formulare
richiesta di emissione di DP di condanna, gli imputati si trovano  ad
essere giudicati dal giudice per le indagini  preliminari,  sottratti
al giudice naturale precostituito  per  legge,  ovvero  il  Tribunale
monocratico. 
    L'interpretazione costituzionalmente orientata consentirebbe, tra
l'altro, di superare tutte  le  problematiche  connesse  all'istituto
della messa alla prova, qualora la richiesta sia formulata in sede di
opposizione a DP di condanna  in  uno  con  la  subordinata  di  rito
alternativo (AP o abbreviato che sia). 
    Il giudice  per  le  indagini  preliminari  dovrebbe  e  potrebbe
trattenere  il  processo  sia  per   la   messa   alla   prova   che,
eventualmente, per i riti alternativi, quando si  proceda  per  reati
che prevedono il rinvio a giudizio in udienza preliminare,  riti  che
e' competente, appunto, a trattare in udienza preliminare; quando  il
DP e' stato emesso per reati a citazione diretta dovrebbe e  potrebbe
trasmettere gli  atti  al  Tribunale  monocratico,  competente,  dopo
l'esercizio dell'azione penale, sia sulla messa alla  prova  che  sui
riti alternativi. 
    La questione e'  rilevante:  trattandosi  di  reato  a  citazione
diretta, ove la Corte dichiarasse l'incostituzionalita'  della  norma
nel senso sopra indicato il processo potrebbe essere trasmesso per la
decisione  sulla  richiesta  di  applicazione   pena   al   Tribunale
monocratico, competente nel caso in cui il pubblico ministero  avesse
scelto di procedere con rito ordinario anziche' con richiesta  di  DP
di condanna. 
 
                               P.Q.M. 
 
    il giudice dell'udienza preliminare 
    visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 464  del  codice  di  procedura
penale  nella  parte  in  cui  secondo  l'interpretazione  indiscussa
attribuisce la competenza alla celebrazione dei  riti  alternativi  e
alla  emissione  del  decreto  di  GI  al  giudice  per  le  indagini
preliminari anche per i reati a citazione diretta - e  non  solo  per
quelli che prevedono il rinvio a giudizio in  udienza  preliminare  -
per contrasto con l'art. 25 della Costituzione per il quale  «nessuno
puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.» 
    Sospende il procedimento. 
    Ordina la trasmissione degli atti  alla  Corte  costituzionale  e
manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e per la  comunicazione  ai  Presidenti  della
Camera dei deputati e del Senato. 
    Dispone che la presente ordinanza  sia  notificata,  inoltre,  al
pubblico ministero, agli imputati e al difensore. 
      Venezia, 19 maggio 2016 
 
                         Il Giudice: Galasso