N. 90 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 gennaio 2017
Ordinanza del 16 gennaio 2017 del Tribunale di Verona nel procedimento civile promosso da Bragato Morris in proprio e n.q. di legale rappresentante della Agrojepistema Bragato Luciano di Bragato Morris & C. S.n.c. contro Carpenedo Diego.. Procedimento civile - Passaggio dal rito ordinario al rito speciale - Mancata previsione, in caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetta al rito speciale e di conseguente mutamento del rito, che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producano secondo le norme del rito ordinario, seguito fino alla trasformazione. - Codice di procedura civile, art. 426(GU n.26 del 28-6-2017 )
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VERONA Sezione II Il Tribunale di Verona, Sezione II, nella persona del dott. Pierpaolo Lanni, a scioglimento della riserva assunta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso da Morris Bragato in proprio e quale legale rappresentante della Agrojepistema Bragato Luciano di Bragato Morris & C. S.n.c. (Avv. Silvia Muraro) nei confronti di Diego Carpenedo (Avv. Alberto Borghetti) ed iscritta con il numero di R.G. 12509/14 Osserva Con atto di citazione notificato il 25 ottobre 2014 e depositato per l'iscrizione della causa a ruolo il 4 novembre 2014, Morris Bragato in proprio e quale legale rappresentante della Agrojepistema Bragato Luciano di Bragato Morris & C. S.n.c. (come si desume, dalla procura alle liti, dal testo e dalle conclusioni dell'atto di citazione), ha promosso opposizione al decreto ingiuntivo n. 9744/2014 dal Tribunale di Verona. notificato il 28 agosto 2014, con il quale gli era stato ingiunto quale socio della suddetta societa' e in solido con essa, il pagamento della somma di € 6.497,96 in favore di Diego Carpenedo, pari al costo degli interventi di ripristino dell'immobile locato alla societa' opponente con contratto di locazione del 26 giugno 2001, riconosciuti come dovuti dallo stesso Morris Bragato personalmente al termine della locazione con scrittura privata del 27 settembre 2013. Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 29 gennaio 2015 si e' costituito in giudizio l'opposto e ha contestato la fondatezza dell'opposizione chiedendone il rigetto. La causa pretendi dalla domanda oggetto del ricorso monitorio deve essere individuata nel contratto di locazione del 27 settembre 2013, in quanto il ricorrente, quale locatore, ha fatto valere l'inadempimento dell'obbligazione della societa' conduttrice, derivante da tale contratto, di rilasciare l'immobile, al termine della locazione, nello stesso stato di manutenzione in cui l'aveva ricevuto e ha chiesto l'ingiunzione del pagamento delle spese sostenute per gli interventi di ripristino necessari a tal fine, riconosciuti come dovuti dal socio e legale rappresentante della stessa societa'. Su questo presupposto, rilevata la soggezione della causa di opposizione al rito previsto dall'art. 447-bis c.p.c., con ordinanza del 12 marzo 2015 e' stata disposta la conversione del rito ordinario (con cui e' stata instaurata la causa di opposizione) in rito locatizio, ai sensi dell'art. 426 c.p.c. All'esito l'opposto ha eccepito la tardivita' dell'opposizione, in quanto l'atto di citazione, dopo la notificazione, e' stato depositato (per l'iscrizione della causa a ruolo) oltre il termine di 40 giorni previsto dall'art. 641 c.p.c. Quest'eccezione si basa sull'orientamento giurisprudenziale (pacifico nella giurisprudenza di legittimita': cfr. tra le piu' recenti, Cass. n. 797113 e n. 8014/09), secondo cui, se la causa petendi dell'ingiunzione di pagamento e' costituita da un contratto di locazione, l'opposizione deve essere proposta con ricorso ex art. 447-bis c.p.c., e, se in questo caso l'opposizione viene proposta con atto di citazione, il rapporto processuale deve ritenersi comunque validamente instaurato, in quanto con il deposito dell'atto di citazione (per l'iscrizione della causa a ruolo) si verifica una sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156 c.p.c., a condizione pero' che tale deposito intervenga nel termine previsto dall'art. 641 c.p.c. (rimanendo irrilevante il fatto che il termine stesso sia stato rispettato con la notificazione dell'atto di citazione). Quest'orientamento e' giustificato dalla mancanza, nell'art. 426 c.p.c., di una previsione (analoga a quella contenuta nell'art. 4 decreto legislativo n. 150/11), secondo cui, in caso di erronea introduzione di un causa con le forme del rito ordinario e di conseguente trasformazione del rito, tutti gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono comunque secondo le norme del rito ordinario, seguito prima della trasformazione. Ma questa mancanza appare irragionevole e per questo motivo che viene sollevata un questione di costituzionalita' della citata disposizione in relazione agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione. Non manifesta infondatezza della questione La questione che si intende sollevare si basa innanzi tutto sul rilievo dell'orientamento giurisprudenziale (pacifico da decenni), secondo cui, nel caso di instaurazione con rito erroneo di una causa sottoposta ad un termine di decadenza, la litispendenza (necessaria per verificare il tempestivo esercizio dell'azione) si realizza quando viene solo quando viene posto in essere un atto idoneo a realizzare gli effetti dell'atto introduttivo, proprio del rito corretto, secondo le regole generali previste dall'art. 39 c.p.c. In termini piu' specifici: in caso di introduzione con atto di citazione di una causa sottoposta a rito speciale (da introdurre con ricorso), la litispendenza si realizza solo nel momento dei deposito per l'iscrizione a ruolo dell'atto notificato, con la conseguititi che il termine di decadenza cui sia sottoposta la causa, non puo' ritenersi rispettato se l'atto, pur notificato prima della sua scadenza, sia stato depositato dopo di essa; viceversa, in caso di introduzione con ricorso di una causa sottoposta al rito ordinario di cognizione (da introdurre con, atto di citazione), la litispendenza si realizza solo nel momento della notificazione del ricorso e del provvedimento di fissazione dell'udienza, con la conseguenza che il termine di decadenza cui sia sottoposta la causa, non puo' ritenersi rispettato se il ricorso, pur depositato prima della sua scadenza, sia stato notificato dopo di essa. Sulla base di questa motivazione, la giurisprudenza ha affermato che: -) in caso di introduzione con atto di citazione di una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, sottoposta al rito del lavoro o al rito locatizio, il rapporto processuale puo' ritenersi validamente e tempestivamente instaurato, solo se il deposito per l'iscrizione al ruolo dell'atto notificato avvenga nel termine di 40 giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo (previsto dall'art, 641 c.p.c.), rimanendo irrilevante il momento della precedente notificazione dell'atto di citazione (Cass. S.U. n. 2714/91, Cass. nn. 11318/92, 4867/93, 8/98, 8014/09, 797/13): -) in caso di introduzione con ricorso di una causa di opposizione a decreto ingiuntivo sottoposta al rito ordinario, il rapporto processuale puo' ritenersi validamente e tempestivamente instaurato, solo se la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza avvenga nel termine di 40 giorni dalla notificazione del decreto ingiuntivo, rimanendo irrilevante il precedente momento del deposito del ricorso (v. Cass. nn. 23813/07, 30193/11, Cass. SU n, 21675/13); -) in caso di introduzione con atto di citazione di un appello sottoposto a rito speciale da introdurre con ricorso, il rapporto processuale puo' ritenersi validamente e tempestivamente instaurato, solo se il deposito per l'iscrizione al ruolo dell'atto notificato avvenga nei termini previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c., rimanendo irrilevante il momento della precedente notificazione dell'atto di citazione (Cass. SU nn. 4876/91, 22848/13, Cass. nn. 14100/00, 5150/04, 13660/06, 8947/07, 17645/10, 9530/11, 21161/11, 14646/16); -) in caso di introduzione con ricorso di un appello sottoposto ai rito ordinario, il rapporto processuale puo' ritenersi validamente e tempestivamente instaurato, solo se la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza avvenga nei termini previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c., rimanendo irrilevante il momento precedente del deposito del ricorso (v. Cass. SU n. 2907/14, Cass. nn. 11657/98, 23412/08, 4498/09, 6412/11, 12290/11, 2430/12, 3058/12, 14502/14); -) in caso di introduzione dell'opposizione agli atti esecutivi con atto di citazione (invece che con il ricorso), rapporto processuale puo' ritenersi tempestivamente e validamente instaurato, solo se se il deposito per l'iscrizione al ruolo dell'atto notificato, avvenga nel termine previsto dall'art. 617 c.p.c., rimanendo irrilevante il momento della precedente notificazione dell'atto di citazione (v. Cass. nn. 10643/14, 717/15, 2490/16). L'unica eccezione al principio affermato in modo cosi consolidato si rinviene con riferimento al giudizio di impugnazione della delibera. condominiale. Ed infatti, con la sentenza n. 8491/11 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, precisato che l'impugnazione delle delibere condominiali si propone, con citazione, e non con ricorso, hanno risolto il problema dell'ammissibilita' della sanatoria dell'impugnazione spiegata a mezzo di ricorso, considerandola tempestiva anche all'esito del semplice deposito in cancelleria nel termine perentorio previsto dalla legge, restando cosi' irrilevante la circostanza che la notificazione dell'atto avvenga in un momento successivo. Tuttavia, l'eccezionalita' di questa affermazione e' stata immediatamente evidenziata e confermata delle stesse Sezioni Unite (con le sentenze nn. 21675/13 e 2907/14), con la giustificazione delle peculiarita' del giudizio di impugnazione della delibera condominiale. Quest'orientamento interpretativo cosi univoco si e' affermato in conseguenza della mancanza, nella disciplina della prosecuzione del processo in caso di erronea scelta del rito (contenuta negli art. 426 e 427 c.p.c., espressione di un principio generate ritenuto applicabile anche al di fuori del rapporto tra rito ordinario e rito del lavoro), di una previsione che ricolleghi tutti gli effetti processuali della domanda (e quindi anche quello della litispendenza) all'atto introduttivo del rito erroneamente scelto, secondo le forme proprie di quest'ultimo. Ma questa mancanza, ed il conseguente orientamento giurisprudenziale su evidenziato, che, per il livello di stratificazione acquisito negli anni, assurge a vero e proprio «diritto vivente», appaiono irragionevoli (e quindi contrastanti con l'art. 3 della Costituzione) e lesivi del diritto all'effettivita' della tutela giurisdizionale e dei principio del giusto processo (e quindi contrastanti con gli artt. 24 e 111 della Costituzione). In particolare, sotto il primo profilo assume rilievo la considerazione della valenza generale, che ha assunto nel nostro ordinamento principio di conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda in caso di instaurazione della causa con un vizio di rito (principio, espressivo della regola generale prevista dal terzo comma dell'art. 156. c.p.c.), alla luce dei piu' recenti interventi normativi e delle stesse pronunce della Corte Costituzionale. Ci si riferisce, piu' precisamente, alla modificazione dell'art. 182 c.p.c. ad opera della legge n. 69/09, con la previsione di una sanatoria retroattiva anche in caso di vizi di rappresentanza tecnica, all'introduzione della disciplina della translatio iudicii in caso di declaratoria di difetto di giurisdizione sempre ad opera della legge n. 69/09 (e dopo la sentenza n. 77/07 della Corte Costituzionale), alla previsione della conservazione di tutti gli effetti processuali della domanda introdotta con rito erroneo nel caso in cui il rito corretto sia uno di quello previsti dal decreto legislativo n. 150/11 (art. 4 di tale decreto), all'introduzione della translatio iudicii anche nei rapporti tra giudice ordinario ed arbitro (con la sentenza n. 223/13 della Corte Costituzionale). In questa prospettiva assume rilievo soprattutto la considerazione della previsione della translatio iudicii, ormai con riferimento a tutte le ipotesi di declaratoria di difetto di competenza o giurisdizione. Questo meccanismo consente infatti di conservare tutti gli effetti processuali della domanda proposta dinanzi al giudice incompetente o al giudice privo di giurisdizione (e quindi di ritenere tempestiva l'azione sottoposta ad un termine di decadenza se questo termine e' rispettato con l'atto introduttivo del giudizio dinanzi al giudice incompetente o privo di giurisdizione), anche nell'ipotesi in cui l'atto introduttivo del giudizio dinanzi al giudice competente o titolare di giurisdizione sia radicalmente diverso da quello utilizzato per l'introduzione della causa dinanzi al incompetente o al giudice privo di giurisdizione. Orbene, appare irragionevole il fatto che la stessa conservazione di tutti gli effetti processuali della domanda (anche quello della litispendenza) non sia prevista per l'ipotesi (che, in un'ottica di graduazione dei vizi processuali, appare meno grave) dell'erronea scelta del rito con cui e' stata introdotta la causa, pur dinanzi al giudice titolare della giurisdizione e competente. Questa irragionevolezza appare poi ancor piu' evidente, qualora si consideri l'art. 4 decreto legislativo n. 150/11, che proprio con riferimento all'erronea scelta del rito con cui introdurre una causa sottoposta ad uno dei riti speciali previsti dal decreto, prevede espressamente che «gli effetti processuali e sostanziali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento», cosi' consentendo di ritenere tempestiva l'azione soggetta ad un termine di decadenza e da proporre con uno dei riti speciali previsti dal decreto, anche se introdotta con un rito erroneo, purche' il termine sia rispettato secondo le forme introduttive di quest'ultimo. In particolare, non e' ravvisabile alcuna ragione idonea a giustificare quest'applicazione piena del principio di conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda solo nel caso dei riti speciali previsti da quel decreto, e non anche con riferimento ai rapporti tra rito ordinario e rito dello locazioni o rito del lavoro (tanto piu' ove si consideri che alcuni dei riti speciali previsti dal decreto sono semplici varianti proprio del rito ordinario e del rito del lavoro). Con riferimento, invece, agli art. 24 e 111 della Costituzione, e' sufficiente richiamare una delle motivazioni che hanno indotto la Corte Costituzionale ad estendere la translatio iudicii alla declaratoria di difetto di giurisdizione o di incompetenza in favore dell'arbitro (sentenze nn. 77/07 e 223/13), ed in particolare il richiamo della necessaria finalizzazione delle previsioni processuali alla migliore qualita' della decisione di merito. In questa prospettiva va osservato che l'applicazione riduttiva del principio di strumentalita' della forma giustificata dal difetto normativo su evidenziato ed affermata dal conseguente orientamento interpretativo, ed in particolare il condizionamento dell'operativita' del principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo alla tempestiva realizzazione degli effetti tipici dell'atto introduttivo del rito corretto, appare ingiustificata e lesiva del diritto all'effettivita' della tutela giurisdizionale dell'attore. Piu' precisamente il rispetto delle forme introduttive di un rito erroneo e la tempestivita' dell'azione secondo tali forme, una volta recuperate le forme del rito corretto (con il provvedimento di conversione), garantisce quel nucleo essenziale dell'instaurazione del rapporto processuale, idonea a giustificare in ogni caso la prose del giudizio con la conservazione di tutti gli effetti processuali e sostanziali della domanda secondo le norme del rito erroneo, e quindi ad assicurare la qualita' della decisione di merito, senza arrecare alcun pregiudizio rilevante al principio della ragionevole durata del processo o al principio del contraddittorio (e quindi alla posizione difensiva della parte convenuta). Per queste motivazioni la questione che si solleva in relazione all'art. 426 c.p.c., applicabile nel giudizio a quo, appare non manifestamente infondata. Rilevanza della questione La questione e' altresi' rilevante nel giudizio in esame, poiche' l'opposizione a decreto ingiuntivo dovrebbe, considerarsi tardiva nel quadro normativo e giurisprudenziale su evidenziato, posto che l'atto di citazione, pur tempestivamente notificato il 400 giorno successivo alla scadenza del periodo di sospensione feriale nel corso del quale e' stato notificato il decreto ingiuntivo, e' stato depositato oltre tale termine, mentre diverrebbe tempestiva in caso di dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 426. c.p.c., (con pronuncia additiva nei termini esposti).
P.Q.M. Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 e l'art 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, - dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per contrarieta' agli artt. 3, 111 e 24 della Costituzione, dell'art. 426 c.p.c. nella parte in cui non prevede che, in caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetto al rito previsto dagli art. 409 e ss c.p.c. e di conseguente mutamento del rito, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producano secondo le norme del rito ordinario, seguito fino al mutamento; - dispone che la presente ordinanza sia comunicata alle parti, notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica: - dispone che il fascicolo sia trasmesso, con la prova delle comunicazioni e notificazione, alla Corte Costituzionale: - dispone la sospensione del processo. Verona, 23 dicembre 2016 Il Giudice: Lanni