N. 43 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 giugno 2017

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 7 giugno 2017 (della Regione Veneto). 
 
Servizio  civile  universale  -   Programmazione   e   attuazione   -
  Procedimento di predisposizione del Piano  triennale  e  dei  Piani
  annuali - Procedura di valutazione ed approvazione dei programmi di
  intervento - Previsione che i programmi, attuati dalle Regioni  con
  risorse proprie, siano sottoposti ad approvazione della  Presidenza
  del Consiglio dei ministri ai fini della verifica del rispetto  dei
  principi e delle finalita' del servizio civile universale. 
- Decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40 (Istituzione  e  disciplina
  del servizio civile universale, a norma dell'articolo 8 della legge
  6 giugno 2016, n. 106), artt. 4, comma 4, 5, comma 5, e 7, comma 1,
  lett. d). 
(GU n.28 del 12-7-2017 )
    Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279  -  P.IVA
02392630279),  in  persona  del  Presidente  dott.  Luca  Zaia  (C.F.
ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della giunta regionale n.
714/2017, rappresentato e difeso, per mandato a margine del  presente
atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon
(c.f. ZNNZEI57L07B563K, ezio.zanon@venezia.pecavvocati.it), Francesco
Zanlucchi            (c.f.            ZNLFNC67R22L736U            pec
francesco.zanlucchi@venezia.pecavvocati.it    -    fax    0412794912)
dall'avvocato Andrea Manzi del foro di Roma (c.f. MNZNDR64T26I804V  -
pec andreamanzi@ordineavvocatiroma.org - fax 063211370) con domicilio
eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, 5; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 per
la dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  delle  seguenti
disposizioni del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40,  avente  ad
oggetto  «l'istituzione  e  la   disciplina   del   servizio   civile
universale, a norma dell'art. 8 della legge 6 giugno 2016,  n.  106»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale 3  aprile  2016,
n. 78: 
        1) art. 4, comma 4, per violazione degli articoli 117,  commi
3 e 4, e 120 della Costituzione; 
        2) art. 5, comma 5 per violazione degli articoli 117, commi 3
e 4, e 120 della Costituzione; 
        3) art. 7, comma 1, lettera d), per violazione degli articoli
119, comma 1, della Costituzione; 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, per violazione
degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione. 
    Il provvedimento legislativo 6 marzo 2017,  n.  40,  oggetto  del
presente  ricorso,  istituisce  e  disciplina  il   servizio   civile
universale. 
    Il servizio civile costituisce un'attivita' che  storicamente  e'
stata costituita quale forma alternativa  del  servizio  militare  di
leva quando questo rappresentava un dovere civile obbligatorio per il
cittadino. 
    Tradizionalmente esso e' percio' stato annoverato quale forma  di
difesa non armata dello Stato  e  quindi  trova  il  suo  riferimento
nell'art. 52  della  Costituzione  e  tra  le  materie  a  competenza
esclusiva del legislatore statale ai sensi dell'art.  117,  comma  2,
lettera d) della Costituzione. 
    Peraltro, come giustamente osservato da codesta ecc.ma Corte,  la
riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile
nazionale, «non comporta pero' che ogni  aspetto  dell'attivita'  dei
cittadini  che  svolgono  detto  servizio  ricada  nella   competenza
statale. 
    Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi  e  procedurali
del  servizio.  Questo,  in  concreto,  comporta  lo  svolgimento  di
attivita'  che  investono  i  piu'  diversi  ambiti  materiali,  come
l'assistenza sociale, la tutela dell'ambiente, la protezione  civile:
attivita' che, per gli aspetti di  rilevanza  pubblicistica,  restano
soggette   alla   disciplina   dettata   dall'ente    rispettivamente
competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla
normativa  degli  enti  locali,  fatte  salve  le  sole  specificita'
direttamente connesse alla struttura  organizzativa  del  servizio  e
alle  regole  previste   per   l'accesso   ad   esso»   (cfr.   Corte
costituzionale, 16 luglio 2004, n. 228). 
    L'intersecarsi nel servizio civile universale  di  una  sfera  di
competenza  statale  e  di  una  sfera  di  competenza  regionale  e'
confermato, nel caso di specie, dall'art. 3 del decreto legislativo 6
marzo 2017, n. 40, il quale, individuando  i  settori  di  intervento
«nei quali si realizzano le finalita' del servizio civile universale»
indica tra questi: 
        a) l'assistenza; 
        b) la protezione civile; 
        c) il patrimonio ambientale e la riqualificazione urbana; 
        d) il patrimonio storico, artistico e culturale; 
        e) l'educazione e la promozione culturale e lo sport; 
        f) l'agricoltura in zona di montagna, l'agricoltura sociale e
le biodiversita'; 
        g) la promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e
della difesa non armata; la promozione e la tutela dei diritti umani;
la cooperazione allo sviluppo; la promozione della  cultura  italiana
all'estero e sostegno alle comunita' di italiani all'estero. 
    Da questa  elencazione  e'  di  tutta  evidenza  che  gli  ambiti
d'intervento  sono  in  molti  casi  riconducibili  alla   competenza
concorrente od esclusiva delle Regioni. 
    In particolare intersecano le materie contemplate dall'art.  117,
comma   3,   la   protezione   civile,   il   patrimonio   ambientale
(valorizzazione dei  beni  ambientali),  la  riqualificazione  urbana
(governo del territorio) il patrimonio storico, artistico e culturale
(valorizzazione dei beni culturali, promozione e organizzazione delle
attivita'  culturali),  l'educazione  (istruzione),   la   promozione
culturale e dello  sport  e  la  promozione  della  cultura  italiana
all'estero (promozione delle attivita' culturali). 
    Mentre rientrano per lo piu' nella competenza residuale esclusiva
delle Regioni,  l'agricoltura  in  zona  di  montagna,  l'agricoltura
sociale. 
    Inoltre le Regioni concorrono in vario  modo  alla  tutela  delle
biodiversita',  alla  promozione  della  pace  tra  i  popoli,  della
nonviolenza e al sostegno alle comunita' di italiani all'estero. 
    Anche  l'assistenza,  per  la  parte   che   non   attiene   alla
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti sociali, rientra nella competenza regionale. 
    Secondo un diverso profilo  va  poi  considerato  che  il  legame
dell'istituto del servizio civile con la difesa dello Stato e' venuto
attenuandosi con la sospensione dell'obbligo della leva  obbligatoria
e con il venir meno dell'alternativita' tra il servizio di leva ed il
servizio civile. 
    Questo aspetto e' stato  colto  dalla  sentenza  n.  119/2015  di
codesta ecc.ma Corte, nella  quale  si  legge  che:  «L'istituto  del
servizio civile ha subito una rilevante trasformazione a seguito  dei
ripetuti interventi legislativi che ne hanno modificato i contorni. 
    Dall'originaria matrice di prestazione sostitutiva  del  servizio
militare di  leva,  che  trovava  il  suo  fondamento  costituzionale
nell'art. 52 della Costituzione, esso si qualifica ora come  istituto
a carattere volontario, al quale si accede per pubblico concorso. 
    L'ammissione al servizio civile consente  oggi  di  realizzare  i
doveri inderogabili di solidarieta' e di rendersi utili alla  propria
comunita', il che corrisponde, allo stesso tempo, ad  un  diritto  di
chi ad essa appartiene. 
    In realta', e' lo  stesso  concetto  di  "difesa  della  Patria",
nell'ambito del quale e' stato tradizionalmente collocato  l'istituto
del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel
senso dell'apertura a molteplici valori costituzionali. 
    Come gia' affermato da questa Corte, il dovere  di  difesa  della
Patria non si risolve soltanto in attivita' finalizzate a contrastare
o  prevenire  un'aggressione  esterna,  ma  puo'  comprendere   anche
attivita' di impegno sociale non armato. 
    Accanto alla difesa militare, che e'  solo  una  delle  forme  di
difesa della Patria, puo' dunque ben  collocarsi  un'altra  forma  di
difesa, che si traduce nella prestazione di servizi rientranti  nella
solidarieta'  e   nella   cooperazione   a   livello   nazionale   ed
internazionale». 
    Da queste considerazioni si evince che  il  servizio  civile  non
puo' piu' trovare la sua base costituzionale solo nell'art. 52  della
Carta fondamentale ma anche nelle disposizioni relative ai doveri  di
solidarieta' tanto che «L'esclusione  dei  cittadini  stranieri,  che
risiedono regolarmente in Italia, dalle  attivita'  alle  quali  tali
doveri si riconnettono appare di per se' irragionevole». 
    L'istituto del  servizio  civile  universale  non  e'  dunque  da
agganciarsi solo all'art. 52 della  Costituzione  (che  riguarda  tra
l'altro  solo  i  cittadini)  ma  anche  all'art.  2  sul  dovere  di
solidarieta' che riguarda tutti gli esseri umani  e  che  nel  nostro
ordinamento trova affermazione, al fine  di  conseguire  lo  sviluppo
della personalita' umana,  anche  attraverso  le  formazioni  sociali
intermedie. 
    In conclusione la materia regolata  dal  decreto  legislativo  n.
40/2017 poggia attualmente su due basi costituzionali e cioe'  l'art.
2 e l'art. 52,  di  cui  solo  il  secondo  rientra  in  una  materia
attribuita alla competenza esclusiva dello Stato. 
    Inoltre l'istituto in questione si esplica in ambiti, che a  loro
volta rientrano nella competenza delle Regioni. 
    Da questo quadro risulta che si e' in presenza di un intreccio di
materie che coinvolgono sia la competenza esclusiva dello  Stato  sia
la  competenza  concorrente  quanto  residuale  delle  Regioni,  dove
appartiene alla competenza esclusiva statale,  essendo  riconducibile
alla difesa  non  armata,  solo  per  gli  «aspetti  organizzativi  e
procedurali  del  servizio»  ed,  in  particolare,   per   «le   sole
specificita' direttamente connesse alla struttura  organizzativa  del
servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso» (cfr. sentenza
16 luglio 2004, n. 228 citata sopra). 
    A fronte di questo intreccio di competenze  va  rilevato  che  la
programmazione relativa alle attivita' del servizio civile universale
e' realizzata attraverso un piano triennale e dei piani  annuali  che
definiscono gli obbiettivi  e  gli  indirizzi  generali  in  materia,
programmano gli interventi e ne individuano gli standard  qualitativi
(cfr. art. 4 del decreto legislativo n. 40/2017). 
    Ai sensi del comma 4 di detto art. 4, risulta che tale  attivita'
di programmazione e' predisposta: «dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri sentite le amministrazioni competenti per i settori previsti
dall'articolo 3 e  le  Regioni  e  sono  approvati  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere  della  Consulta
nazionale per  il  servizio  civile  universale  e  della  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano». 
    Una siffatta disposizione e' ingiusta e irragionevole, oltre  che
ad essere illegittima  perche'  in  contrasto  con  il  principio  di
riparto delle competenze tra Stato e Regioni e in violazione del piu'
generale principio di leale collaborazione che informa i rapporti tra
i due livelli istituzionali, perche' a fronte delle forme  di  intesa
previste nel caso di attivita' dove sono particolarmente  intrecciati
i compiti, il decreto legislativo in argomento prevede una  modalita'
di  programmazione  del  servizio  civile   universale   decisa   con
l'acquisizione di un  semplice  parere  della  Conferenza  permanente
Stato Regioni e di una generica consultazione delle Regioni. 
    In questo ambito la giurisprudenza di codesta  Ecc.ma  Corte,  ha
piu' volte affermato che: «il  principio  generale  secondo  cui,  in
ambiti caratterizzati da una pluralita' di  competenze,  qualora  non
risulti possibile  comporre  il  concorso  di  competenze  statali  e
regionali   mediante   un   criterio   di    prevalenza,    non    e'
costituzionalmente illegittimo l'intervento del  legislatore  statale
purche' agisca nel rispetto del principio  di  leale  collaborazione,
che deve in ogni caso permeare di se' i rapporti tra lo  Stato  e  il
sistema delle autonomie e che  puo'  ritenersi  congruamente  attuato
mediante   la   previsione   dell'intesa»   (cfr.   per   es.   Corte
costituzionale, 11 febbraio 2016, n. 21). 
    Nel presente caso non apre infatti praticabile il criterio  della
prevalenza poiche', come si e' visto, il dovere di difesa  (anche  se
non armata) non e' il preponderante riferimento costituzionale di  un
istituto, che invece, dal punto di vista  operativo  attiene  ad  una
serie di ben altre materie. 
    Inoltre il criterio di prevalenza della materia statale su quella
regionale  puo'  ritenersi  al  massimo  operante  per   quello   che
riguardano gli aspetti strettamente  organizzativi  e  procedimentali
del sistema e  per  quelli  che  attengono  all'accesso  al  servizio
civile. 
    Non certo per quelli che riguardano lo svolgimento dell'attivita'
in cui il servizio si concreta in cui la competenza delle Regioni  e'
sicuramente assai rilevante e,  nel  quale  la  programmazione  ha  a
riguardo alle attivita' con cui esso si realizza. 
    Conseguentemente la norma in tema di piani triennali  ed  annuali
avrebbe dovuto prevedere l'intesa  con  le  Regioni  e  non  un  mero
parere, perche' essa incide  direttamente  sull'organizzazione  delle
funzioni  amministrative  e  legislative  delle   Regioni,   le   cui
competenze rimangono di conseguenza  lese  per  violazione  dell'art.
117, commi 3  e  4,  della  Costituzione  e  per  la  violazione  del
principio di leale collaborazione tra enti. 
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 5, per violazione
degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione. 
    L'art.  5  del  decreto  legislativo  n.  40/2017,  disciplina  i
programmi di intervento, dovendosi intendere,  ai  sensi  dell'art.1,
comma  2,  lettera  a)  del  decreto  in  esame,  per  «Programma  di
intervento» il «documento proposto dagli enti iscritti all'albo degli
enti di servizio civile universale, contenente un insieme organico di
progetti  di  servizio  civile  universale  coordinati  tra  loro   e
finalizzati ad intervenire in uno o piu'  settori,  anche  aventi  ad
oggetto specifiche aree territoriali». 
    Tali programmi si articolano in progetti i quali, a  loro  volta,
«indicano le azioni, con riferimento ai settori inseriti nel relativo
programma di intervento; gli ambiti  territoriali,  ivi  comprese  le
sedi di attuazione come definite nell'art. 1, comma 2, lettera f); il
numero di operatori volontari e la loro distribuzione .nelle predette
sedi  di  attuazione;  il   personale   dell'ente   coinvolto   nello
svolgimento delle attivita',  in  relazione  alla  tipologia  e  alla
dimensione dei progetti». 
    Ai  sensi  del  comma  6  dell'articolo  in  esame  i   programmi
d'intervento poi, qualora riguardino «specifiche aree territoriali di
una singola regione o di piu' Regioni  limitrofe,  sono  valutati  ed
approvati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri d'intesa con le
Regioni interessate». 
    Da questo impianto si ricava che negli  altri  casi  i  programmi
d'intervento sono  approvati  dal  Consiglio  dei  ministri,  con  un
generico «coinvolgimento» delle Regioni. 
    Si confronti a tal fine l'art. 5, comma 5, il quale  prevede  che
«I programmi di  intervento  sono  presentati  da  soggetti  iscritti
all'albo  degli  enti   di   servizio   civile   universale,   previa
pubblicazione di un avviso pubblico, e  sono  valutati  ed  approvati
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri,  con  il  coinvolgimento
delle  Regioni  interessate  e  nei   limiti   della   programmazione
finanziaria prevista all'articolo 24». 
    Come si e' detto al punto  precedente,  l'istituto  del  servizio
civile, essendo riconducibile anche  al  tema  della  solidarieta'  e
svolgendosi nell'ambito di materie rientranti  nell'ambito  regionale
interseca sia la competenza  dello  Stato  sia  la  competenza  delle
Regioni. 
    Per cui in ogni caso e' da ritenersi necessaria un'intesa sia  al
fine del rispetto delle competenze regionali, sia come corretta forma
di raccordo tra l'azione del Governo e quella delle Regioni. 
    Questa corretta impostazione e' invece derogata per  il  caso  in
cui, fuori dall'ambito descritto invece al comma 6,  si  prevede  una
generica forma di «coinvolgimento» delle Regioni,  nella  definizione
dei programmi di intervento. 
    La  qual  cosa  e'   evidente   e,   al   contempo   maggiormente
ingiustificata, propro per il distinguo posto dal comma  6  dell'art.
5,  il  quale  prevede,  per  l'approvazione  dei  piani  riguardanti
specifiche aree che si trovino all'interno di una Regione o  di  piu'
Regioni limitrofe, la previa intesa con le Regioni interessate.  Cio'
rispecchia la necessita' di un'intesa che e' soddisfatto solo in caso
di piani con  ambito  territoriale  limitato,  mentre  e'  del  tutto
pretermessa nel caso dell'approvazione dei programmi d'intervento che
incidono su settori d'interesse e di competenza regionale  quando  il
loro ambito non e' limitato a specifiche aree regionali o ad aree che
coinvolgono Regioni limitrofe. 
    Quando invece e' piu' plausibile che  interventi  che  riguardino
intere Regioni, ancorche'  non  limitrofe,  potrebbero  incidere  sui
settori di interesse regionale piu' di interventi limitati a  piccole
aree. 
    La previsione legislativa di un mero coinvolgimento regionale che
non impone che vi sia l'intesa ma  che  possa  bastare  una  semplice
richiesta  di  parere  non  vincolante  o   comunque   modalita'   di
partecipazione   al   procedimento   non   assicura   la    effettiva
valorizzazione delle competenze regionali nella materia in  questione
e costituisce una lesione delle stesse. 
    La disposizione in definitiva viola l'art. 117, commi 3 e 4, e il
principio di leale collaborazione, poiche' si tratta di un ambito  in
cui si intersecano materie di competenza regionale  e  statale  senza
che vi sia un adeguato rispetto,  come  costituzionalmente  definito,
dell'ambito applicativo degli articoli 117 e 120 della Costituzione. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, lettera d) per
violazione dell'art. 119, comma primo della Costituzione. 
    L'art. 7, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 40/2017
prevede, a sua volta, che le Regioni attuino «programmi  di  servizio
civile universale con risorse proprie presso i  soggetti  accreditati
all'albo  degli  enti   di   servizio   civile   universale,   previa
approvazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, consistente
nella verifica del  rispetto  dei  principi  e  delle  finalita'  del
servizio civile universale di cui al presente decreto». 
    La  norma  prevede  dunque  che  le  Regioni  possano  realizzare
programmi  di  servizio  civile  universale  con  risorse  proprie  e
impegnando il proprio bilancio. 
    Cio' e' logico e conforme alla previsione della legge delega,  la
quale ha previsto che «le regioni, gli enti locali,  gli  altri  enti
pubblici territoriali ed enti del  Terzo  settore»  possano  attivare
autonomamente con risorse proprie progetti di servizio civile. 
    Singolare e del tutto in violazione del testo  costituzionale  e'
la circostanza che l'attuazione di programmi con risorse proprie  sia
sottoposta alla previa approvazione da  parte  della  Presidenza  del
Consiglio. 
    La quale approvazione si concretizza una sorta atto di  controllo
preventivo (o, se si  preferisce,  di  vigilanza)  da  esercitare  su
soggetti autonomi, quali  le  Regioni,  relativamente  ad  ambiti  di
funzioni che questi godono come competenza propria e che attuano  con
provvedimenti interamente finanziati con risorse proprie. 
    Il provvedimento statale di  approvazione,  per  quanto  limitato
alla «verifica del  rispetto  dei  principi  e  delle  finalita'  del
servizio civile universale» e'  autoritativo  ed  unilaterale  e  non
prevede alcuna forma di accordo con le Regioni. 
    Esso pertanto e' espressamente rivolto ad incide sulla  autonomia
di spesa delle Regioni in  violazione  dell'art.  119,  primo  comma,
della Costituzione, il quale al  contrario  dispone  che  le  Regioni
«hanno autonomia finanziaria di entrata  e  di  spesa,  nel  rispetto
dell'equilibrio dei relativi  bilanci,  e  concorrono  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea». 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione del Veneto chiede che l' ecc.ma  Corte  costituzionale
voglia  dichiare  l'illegittimita'  costituzionale   delle   seguenti
disposizioni del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40,  avente  ad
oggetto  «l'istituzione  e  la   disciplina   del   servizio   civile
universale, a norma dell'art. 8 della legge 6 giugno 2016,  n.  106»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale 3 aprile 2016  -
n. 78: 
        1) art. 4, comma 4 per violazione degli articoli 117, commi 3
e 4, e 120 della Costituzione; 
        2) art. 5, comma 5 per violazione degli articoli 117, commi 3
e 4, e 120 della Costituzione; 
        3) art. 7, comma 1, lettera d), per violazione degli articoli
119, comma 1, della Costituzione. 
    Si deposita: 
        1) delibera n. 714 del 29 magio 2017 della  giunta  regionale
di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento  dell'incarico  di
patrocinio per la difesa regionale. 
 
          Venezia-Roma, 31 maggio 2017 
 
   avv. Ezio Zanon - avv. Francesco Zanlucchi - avv. Andrea Manzi